Valle.
Come si può rilevare da quanto esposto finora, nel corso della manifestazione fiorentina del 1861 la maggior parte degli espositori che presentano oggetti in stile neomedievale è di provenienza toscana, come è il caso anche di una coppia di artigiani livornesi, i fratelli Pietro e Giuseppe Della Valle. Nel Catalogo ufficiale compaiono in due categorie, tra gli espositori di mobilia – nella sezione “oggetti e mobili di lusso e decorazione” 45 – e, all’interno della classe XXIII – “Pittura, Incisione, Disegni, Litografie e Litocromie” – tra le pitture varie46. All’interno di quest’ultima categoria compare in particolare un tavola realizzata in scagliola, avente per tema Dante ed il rinnovamento d’Italia47. L’opera, com’era prevedibile in occasione di un’esposizione che celebrava l’unificazione dell’Italia e la nascita del nuovo Stato, ebbe un vasto successo di critica, ed il comitato della classe XXIII le assegnò una medaglia per “buona composizione e gusto”48
.
Gli autori dell’opera discendevano da una lunga tradizione di famiglia di lavori in scagliola: la bottega era stata difatti fondata dal nonno Pietro e dal padre Filippo, originari di Roma, alla fine del Settecento49. Tuttavia fu con Pietro e Giuseppe che giunsero i primi successi, partecipando regolarmente alle esposizioni toscane – tranne la prima, del 1839 – e ricevendo vari premi50. Furono presenti anche all’Esposizione Universale di Londra, dove esposero un piano in scagliola a soggetto storico51. Contribuì sicuramente al successo il contributo di Pietro, il quale rifiniva i lavori di scagliola grazie alla pittura, trasformandoli in oggetti di
45 “VALLE (DELLA), Livorno – Tavole di scagliola con ornati, figure ecc.”. Esposizione italiana agraria, cit., 1862, p. 282.
46 “VALLE (DELLA) Pietro, Livorno.
8878. Dante e il rinnovamento d’Italia (pittura su scagliola)”. Esposizione italiana agraria, cit., 1862, p. 347. La prima edizione del catalogo riportava invece, nella medesima sezione, una descrizione più generica, i livornesi esponevano difatti “5 tavole di scagliuola rappresentanti soggetti storici, ornati ec.”. Cfr Esposizione
italiana agraria, cit., 1861, p. 231.
47 Sulla tecnica della scagliola si veda A. M. MASSINELLI, Scagliola, l’arte della luna, Roma 1997.
48 F. MANFREDINI, Disegno, Pittura, Incisione e Litografia, in Esposizione Italiana, cit., 1865, vol. 3 – classi
XIII a XXIV, pp. 279-300.
49 A partire dal 1823 si hanno notizie circa l’esportazione di tavole dei Della Valle in tutta Europa, con un giro d’affari, riporta la Lazzarini, di circa 12 mila lire. Sulle vicende della bottega si veda CHIARUGI, 1994, pp. 457- 458; M. T. LAZZARINI, Artigianato artistico in età Lorenese (1814-1859), Livorno 1996, pp. 148-156. 50
Il primo riconoscimento dei fratelli Della Valle fu la medaglia di bronzo ottenuta all’Esposizione dei prodotti delle Arti e delle Manifatture toscane svoltasi a Firenze nel 1841 con un piano di tema paesaggistico – al centro una veduta del Vesuvio, attorniata da sei vedute di Pompei –. Tornarono ad esporre alle esposizioni fiorentine nel 1844 e nel 1850, in quest’ultima occasione presentarono la tavola Milton che visita Galileo chiuso nelle
carceri romane, tratto da un dipinto contemporaneo esposto a Firenze. In quest’occasione i Della Valle furono
premiati con la medaglia d’oro, e l’opera fu scelta per l’Esposizione Universale del 1851. Cfr. LAZZARINI, 1996, pp. 150-151.
51 Si trattava del piano esposto a Firenze l’anno precedente, Milton che visita Galileo chiuso nelle carceri
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“Belle Arti anziché d’industria”52
. La tecnica applicata ai piani di scagliola era difatti frutto della collaborazione dei due fratelli, specializzati in ambiti diversi: Giuseppe si occupava degli ornati e delle parti da eseguirsi a tarsia, mentre il fratello dipingeva i quadretti e rifiniva gli ornati a pennello53. Partecipò anche ad alcune esposizioni, sia in Toscana che all’estero, presentando prevalentemente scene di paesaggio, per essere riconosciuto in qualità di paesaggista54. La fortuna della bottega sembra comprovata dall’Indicatore generale del
commercio livornese redatto dal Meozzi negli anni compresi tra il 1861 ed il 1865, che
inserisce l’attività rispettivamente tra i “Gabinetti d’oggetti di Belle Arti” – nel 1861 e 1864 – e come “Laboratorio in Scagliola a Mosaico sul Marmo” nel 186555. L’autore non si limita a
fornire i dati sensibili dei Della Valle, ma riporta anche un breve elenco delle medaglie conseguite alle esposizioni a cui hanno partecipato56.
Nonostante il plauso riscosso dal piano di scagliola, le pubblicazioni dell’epoca non ne riportano alcuna immagine, pur fornendo dettagliate descrizioni57. Da esse è possibile
52
COMANDUCCI, 1945 [1962], p. 580; LAZZARINI, 1996, p. 150. 53
Sui diversi compiti svolti all’interno della bottega cfr. LAZZARINI, 1996, p. 151.
54 Pietro Della Valle è inoltre segnalato all’interno dell’Indicatore generale del commercio di Livorno degli anni 1861, 1864 e 1865, all’interno della categoria “Pittori a olio e a fresco di figura storia ec.” come pittore ad olio, “paesista e maestro di pittura fregiato nel 1851 della decorazione di seconda classe del merito industriale di Toscana, e socio accademico del R. Istituto tecnico” Cfr. Indicatore generale del commercio, delle arti, delle
industrie ec. della città di Livorno per l’anno 1861, compilato da V. Meozzi, Livorno 1861; COMANDUCCI,
1945 [1962], p. 580; LAZZARINI, 1996, p. 155. 55
Si veda Indicatore generale, cit., 1861, p. 88; Indicatore generale del commercio, delle arti, delle industrie ec.
della città di Livorno per l’anno 1864, compilato da V. Meozzi, Livorno 1864; Indicatore generale del commercio, delle arti, delle industrie ec. della città di Livorno per l’anno 1865, compilato da V. Meozzi, Livorno
1865.
56 “A questo Stabilimento fa parte lo Studio, e laboratorio di novità di lavori in scagliola, a pittura e mosaico, ove i medesimi hanno riportato alla esposizione di Firenze nel 1841 premio di medaglia di bronzo, nel 1844 di medaglia d’argento, nel 1850 di medaglia d’oro, nel 1851 di medaglia di merito alla grande esposizione mondiale di Londra e nel 1861 distinti, con medaglia dal Giurì della Pittura cl. XXIII, alla GRANDE ESPOSIZIONE ITALIANA di Firenze”. Indicatore generale, cit., 1864, p. 152.
57 Tra le possibili descrizioni, si riporta quella di Yorick, nel suo Viaggio attraverso l’Esposizione:
“In mezzo alla Sala si ammirano la tavola in mosaico del signor Taddei di Roma […], e le tavole in scagliola dei fratelli Pietro e Giuseppe Della Valle di Livorno, fra le quali merita speciale descrizione, per l’alto soggetto, quella rappresentante Dante e il Rinnuovamento [sic] italiano.
In una superficie circolare che ha un metro e sedici centimetri di diametro, si racchiudono nove dipinti, uno maggiore di forma circolare, nel centro, e otto minori circolari od ottagoni, intorno alla circonferenza.
Nel quadro principale fu dall’artista rappresentato l’Alighieri, che asceso al’Empireo con Beatrice, vede il futuro rinnovamento italiano, e addita il Seggio, ove Colui s’assiderà, che, ridotte in una le cento divise contrade, valga a tornare l’Italia nella primitiva grandezza.
I minori quadri ottagoni presentano a chiaro scuro altrettanti episodi della Divina Commedia, cioè: 1. Farinata degli Uberti (Inferno, canto X) in cui volle l’artista rappresentare l’amore di patria, 2. Sordello Mantovano (Purgatorio, canto VI) che fu scelto a significare la Carità cittadina, 3. San Pietro in atto d’anatemizzare la Corte Romana (Paradiso, canto XXVII) ove si simboleggiano i molti danni che seguirono l’infausto cannubio [sic] dello scettro col pastorale e 4. Re Manfredi (Purgatorio, canto III) che ritrae la difesa del proprio diritto contro la prepotente invasione straniera.
Nei circolari è stato simbolicamente, e giusta le idee di quell’epoca, istoriata l’enciclopedia. Le tre piccole figure nei cieli della Luna, di Mercurio e di Venere, sistema tolemaico, corrispondono alle scene del Trivio, cioè: Grammatica, Dialettica e Rettorica; le altre nei cieli del Sole, di Giove e di Saturno, indicano il Quadrivio, che abbracciò l’Aritmetica, la Musica, la Geometria, e l’Astrologia: le due donne successive esprimono la Fisica e la Metafisica; e le quattro ultime con gli emblemi delle virtù cardinali, l’Etica e la Scienza Morale. –
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evincere un puntuale programma iconografico dell’opera, la quale comprendeva sia scene di ispirazione dantesca – e, più specificatamente, legate alla Divina Commedia – che allegorie legate al processo di unificazione nazionale. Tale commistione è presente già nel riquadro centrale, ove Dante indicherebbe uno scranno vuoto, di colui che, “ridotte in una le cento divise contrade”, “valga a tornare l’Italia nella primitiva grandezza”, riferendosi ovviamente a Vittorio Emanuele II58. A porre in maggior evidenza la connessione tra il poeta fiorentino e l’Unità d’Italia – legame già esplicitato dal titolo dell’opera – gli stemmi delle principali città italiane sono posti ad ornamento della cornice “gotica” della scena principale59
. Il riferimento all’arte medievale non sarebbe presente solo nel suddetto fregio, secondo il Giornale
dell’Esposizione per tutta la parte ornamentale “l’artista bramò accostarsi, per quanto era
possibile, allo stile dell’epoca cui ha riferimento il Soggetto”60
.
Sebbene l’oggetto fosse stato lodato sia dalla giuria della classe XXIII – la quale, come già accennato, premiò gli autori con una medaglia61 – ed apprezzato dalla critica contemporanea, dopo l’esposizione fiorentina se ne perdono le tracce. Venne esposto quattro anni dopo in occasione della mostra celebrativa il centenario dantesco a Firenze; durante tale evento il tavolo sarà presentato, secondo il catalogo ufficiale, dagli autori stessi, i fratelli Della Valle, che ne erano verosimilmente ancora in possesso62. Probabilmente in tale occasione, o anche in seguito, l’opera fu acquistata da un privato, e per questo non è stato possibile rintracciarla nelle principali collezioni museali italiane. La sola testimonianza figurativa del piano di scagliola è una fotografia realizzata dal fotografo fiorentino Pietro Semplicini, che la accluse nell’album ricordo dell’esposizione da lui donato a Vittorio Emanuele II, attualmente conservato presso la Biblioteca Reale di Torino (Tav. 12)63. La riproduzione ricalca fedelmente la descrizione fornita dalle fonti dell’epoca, anche se non sembra influenzata in modo così stringente dallo stile medievale. La cornice della scena principale richiama
A compiere l’intero albero enciclopedico null’altro mancava tranne la scienza divina o teologica, la quale venne dall’artista in Beatrice stessa raffigurata; e perciò ella reca nelle sue vestimenta i colori simbolici delle teologali virtù.
Gli stemmi de’ principali municipii italiani ornano la cornice gotica che cinge il quadro centrale” Viaggio
attraverso, cit., 1861, pp. 125-127.
Una descrizione analoga è presente in La Esposizione Italiana, cit., 1861, p. 83. 58 Viaggio attraverso, cit., 1861, p. 126.
59 La Esposizione Italiana, cit., 1861, p. 83. 60
Ibid.
61 Cfr. MANFREDINI, 1865, p. 287.
62 Si veda a tal proposito il capitolo successivo. Cfr. Esposizione Dantesca in Firenze, Firenze 1865.
63 P. SEMPLICINI, Album Officiale dell’Esposizione Italiana del 1861, Firenze 1861. L’immagine è stata pubblicata anche dal Colle, a volte senza l’indicazione della sua provenienza. Cfr. COLLE, 1990, pp. 114-115; ID., Il mobile dell’Ottocento in Italia: arredi e decorazioni d’interni dal 1815 a 1900, Milano 2007.
Per l’Album del Semplicini si rimanda a G. GIACOBELLO BERNARD, Biblioteca Reale di Torino, in M. FALZONE DEL BARBARÓ, M. MAFFIOLI, E. SESTI (a cura di), Alle origini della fotografia: un itinerario
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sicuramente gli stilemi neomedievali all’epoca in voga, ma i racemi che uniscono i riquadri secondari e le lesene sotto ciascuna di esse rimandano verosimilmente alla decorazione di matrice neorinascimentale. La parte pittorica sembra invece rifarsi al romanticismo storico, influsso evidente già a partire dal tema trattato, proprio della tradizione figurativa romantica; più in generale si può rilevare, secondo la Lazzarini, uno schema compositivo ricorrente nelle opere dei Della Valle, che richiamerebbe la pittura murale di Sette ed Ottocento, in particolare negli apparati decorativi a quadro riportato64.
Il Medioevo nel piano dei Della Valle appare quindi strettamente connesso alla contemporaneità: la figura di Dante quale precursore dell’uomo moderno e dell’unificazione dell’Italia – Colle parla, a tal proposito, di “storicismo patriottico”65
– costituisce sicuramente in quegli anni una tematica fortemente sentita, sull’onda del rinato interesse per il poeta e la sua opera66. All’ambito dei contenuti bisogna affiancare quello della forma, anch’essa – secondo le fonti ottocentesche – di ispirazione medievale.
64 La decorazione dei piani dei Della Valle sarebbe solitamente costituita da un motivo trompe-l’oeil al centro, circondato da un fregio “alla raffaella”. Tra il fogliame della cornice trovano posto medaglioni rappresentanti scene e figure legate al tema principale. Cfr. LAZZARINI, 1996, p. 151.
65 COLLE, 1990, p. 114.
66 Circa la fortuna ottocentesca di Dante si parlerà più diffusamente in seguito. Cfr. V. MARIANI, Dante e le
arti figurative dell’Ottocento, in Dante nel secolo dell’Unità d’Italia, atti del I Congresso Nazionale di Studi
danteschi, Firenze 1962, pp. 159-173; F. MAZZOCCA, Fortuna visiva e interpretazioni di Dante nella cultura
artistica tra la Restaurazione e il Risorgimento, in L. M. GALLI MICHIERO (a cura di), Museo Poldi Pezzoli. Restituzioni. Lo studiolo del collezionista restaurato, Milano 2002, pp. 57-69; F. LEONE, Il culto di Dante, in F.
MAZZOCCA (a cura di), Romantici e Macchiaioli: Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea, cat. della mostra, Milano 2005, pp. 111-121.
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