Oltre che nel catalogo della mostra è stato possibile individuare altri oggetti in pubblicazioni contemporanee, come il giornale illustrato dell’esposizione, che comprende numerosi articoli monografici – spesso corredati da illustrazioni – sui singoli pezzi esposti, soprattutto su quelli che riscuotevano maggior successo per l’aspetto sfarzoso o il virtuosismo tecnico. È il caso di Armand-Calliat, orefice lionese che espone un servizio liturgico da Messa14, che sarà in seguito donato al Papa da Monsignor de Dreux-Brézé, vescovo di Moulins, e dal barone d’Aubigny, ed è attualmente conservato presso la Sacrestia Papale (Tavv. 2-3)15
. Sulle opere esposte da questo celebrato argentiere si incentrano alcuni articoli del giornale illustrato, in particolare sul suddetto servizio e diversi reliquiari, di cui purtroppo il periodico non fornisce alcuna incisione; Pio IX inoltre manda all’Esposizione una croce processionale astata del medesimo artista, donatagli in precedenza dal “Marchese di Bute” (Tav. 4)16
. Le descrizioni
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In realtà non si ha alcuna certezza sulla reale presenza di tutti i pezzi all’esposizione romana. Essi furono difatti realizzati, secondo quanto riportato dal Berthod, tra il 1864 ed il 1867, ed esposti all’Esposizione Universale di Parigi di quell’anno, ma nelle pubblicazioni coeve alla mostra vaticana mancano riferimenti espliciti alle opere di Armand-Calliat. Dell’orefice sono difatti descritte solo la pisside e la brocca con il vassoio, oltre alla croce processionale già in possesso di Pio IX e da lui esposta di cui si dirà più avanti. Tuttavia è lecito ipotizzare, la presenza all’esposizione romana di tutti gli oggetti in questione, la stampa si sarà poi concentrata sui pezzi di maggiore impatto visivo. Sul servizio liturgico cfr. B. BERTHOD, N° 3 – Aiguière et bassin, in ID.,
Bossan, Armand-Calliat, cat. della mostra, Lyon 1986, pp. 41-42; ID., N° 8 – Ciboire aux aigles, ivi, pp. 44-45;
ID., N° 13 – Calice, ivi, pp. 48-49; ID., N° 14 – Burettes, clochette et plateau, ivi, pp. 49-50.
Per un profilo biografico di Armand-Calliat (1822-1901) si rimanda a BERTHOD, 1986, pp. 23-25; ID., 1994, pp. 95-97.
15 Come già accennato in precedenza, secondo il Berthod il servizio sarebbe stato realizzato prima dell’Esposizione Vaticana, e donato al pontefice solo in seguito, nel 1876. Lo stemma presente sulla brocca sarebbe stato aggiunto in seguito, al momento della donazione del corredo. Anche Orsini ipotizza una data di arrivo del corredo nelle collezioni pontificie più tarda rispetto all’esposizione romana, attribuendo il dono al solo marchese d’Aubigy Uberherru di Mainlins. In effetti le fonti ottocentesche non fanno in effetti alcun riferimento alla donazione, il servizio liturgico potrebbe essere stato quindi effettivamente esposto a Roma ed in seguito donato a Pio IX.
Cfr. L’Esposizione Romana, cit., 1870, pp. 118-119; BERTHOD, 1986, pp. 41-42; ID, Armand-Calliat, orfèvre
lyonnais du néogothique à l’Art Nouveau, in C. ARMINJON (a cura di), L’orfèvre au XIXe siècle, atti del
convegno, Paris 1994, pp. 95-114; ORSINI, 1998, pp. 158-159 e tavv. XX-XXVI; C. PELLEGRINI, Pisside di
Papa Pio IX, in G. CECCARELLI, G. GENTILINI, S. NARDICCHI (a cura di), Santi e Papi in terra d’Umbria: Arte e Fede nelle otto Chiese sorelle, cat. della mostra, Spoleto 2007, p. 54.
Di parte del servizio liturgico Armand-Calliat eseguì una versione semplificata in occasione di una Esposizione Universale parigina – Berthod ritiene si tratti del 1878, mentre Alcouffe, confondendo queste opere con quelle romane, anticipa la loro esposizione al 1867 –, in quanto non gli era possibile presentare le oreficerie conservate nelle collezioni vaticane. Nonostante fossero state realizzate le repliche del ciborio e della brocca, gli studiosi ritengono che solo il primo sia stato esposto a Parigi, ignorando il secondo. A tal proposito si vedano B. BERTHOD, N° 7 – Aiguière et bassin modifiés, in ID., 1986, p. 43; ID., N° 9 – Ciboire aux aigles, ivi, p. 45; D. ALCOUFFE, Exposition Universelle, Parigi, 1867, in ID., BASCOU, DION-TENENBAUM, THIÉBAUT (a cura di), 1988, pp. 133-182; B. BERTHOD, N° 7 – Aiguiere et bassin modifiés, in ID., 1986, p. 43.
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L’autore dell’articolo sulla croce processionale riferisce che essa “apparve la prima volta nella splendida cerimonia dell’apertura del concilio ecumenico”, quindi fu donata al Pontefice prima del Concilio Vaticano I (1868-1870). Più precisamente il Berthod ha rilevato come in realtà essa sia stata offerta dal marchese O’Bute, di Cardiff, in occasione dell’apertura del suddetto concilio, l’8 dicembre 1869. Cfr. L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 68; B. BERTHOD, N° 1 – Croix du Concile, in ID., 1986, pp. 39-40.
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di buona parte degli oggetti esposti o realizzati da Armand-Calliat pongono in rilievo la presenza di caratteri medievali, o anche – ma non in opposizione ad essi – bizantini, come nel caso del ciborio e della brocca. La croce, ad esempio, fu definita “alla maniera del secolo XIII” su progetto di Bossan, ma a tal proposito l’articolista rileva anche che “ritraendo lo stile bizantino non volse l’animo ad imitare alcuna opera antica, ma procacciò di essere al tutto originale”17
. Le altre due oreficerie lionesi sarebbero a loro volta ascrivibili allo stile bizantino, “assai diverso” però “dalle forme già note che porge l’arte del medio evo, di che non è a dirsi che l’autore abbia preso ad imitare, ma fornite opere del tutto originali”18
.
Particolare attenzione è rivolta dal Giornale illustrato all’apparato decorativo delle oreficerie lionesi in questione, soprattutto relativamente alla decorazione simbolica “assolutamente cristiana”, e “liturgica” della pisside e della brocca, mostrando di conoscere il programma iconografico realizzato su disegno dell’architetto Pierre Bossan19. L’ornamentazione delle
opere si presenta effettivamente complessa: per la croce processionale l’architetto si sarebbe basato, secondo i testi che accompagnarono l’esposizione, sul valore salvifico che essa ha assunto con la morte di Cristo, ivi rappresentato in “tutta la maestà di Redentore”20
. Gli angeli ai piedi del Crocifisso elevano invece due calici per raccogliere il sangue di Gesù, con un evidente richiamo al rito eucaristico. La decorazione comprende sia smalti che pietre preziose e semi-preziose, ed è caratterizzata da tinte pastello, in evidente contrasto con i colori tradizionalmente presenti nelle oreficerie medievali21.
Anche il ciborio e la brocca sono caratterizzate da un complesso programma iconografico: le figure che decorano il primo si richiamerebbero direttamente all’Eucarestia – l’Agnello mistico sulla cima e le spighe di grano – ed ai pericoli a cui è sottoposta la fede – i draghi “nemici delle colombe” ritratte sul piede –, mentre nella brocca sono numerosi i richiami
Anche di quest’opera esiste una riproduzione semplificata, attualmente conservata presso la Primaziale di Lione. Si ignora se l’opera sia stata realizzata a sua volta per essere esposta a Parigi nel 1878, o se si tratti semplicemente della riproposizione di un modello di successo. B. BERTHOD, N° 2 – Croix processionelle, in ID., 1986, pp. 40-41.
17 L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 68. Effettivamente è stato individuato dall’Alcouffe un possibile modello per il ciborio: la coppa di sant’Agnese attualmente conservata al British Museum, ma all’epoca dell’Esposizione ancora conservata in Francia. Tuttavia lo studioso evidenzia la forma come unico elemento di contatto tra le due oreficerie, mentre la decorazione è completamente diversa. Cfr. D. ALCOUFFE, 87. Ciboire, in L’art en France
sous le Second Empire, cat. della mostra, Paris 1979, pp. 182-183; sul calice di sant’Agnese si veda J.
ROBINSON, Masterpieces: Medieval Art, London 2008. 18
L’Esposizione Romana, cit., 1870, pp. 118-119. 19 L’Esposizione Romana, cit., 1870, pp. 118-119.
Sulle reciproche influenze di Bossan ed Armand-Calliat e sul simbolismo presente nelle loro opere, si veda B. BERTHOD, Armand-Calliot et Bossan, in ID., 1986, pp. 25-34; E. HARDOUIN-FUGIER, Bossan et Armad-
Calliat, ivi, pp. 17-22; ID., 1994, pp. 95-100.
20 L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 68. Il brano dell’articolo relativo alla croce è presente nell’Appendice Documentaria.
21 Per la descrizione delle tecniche e della cromia impiegata si rimanda a L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 68.
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all’acqua, ovviamente intesa in senso evangelico come fonte di vita22
. I delfini sul bordo del piatto simboleggerebbero i primi cristiani, i pesci e la nave – raffigurata sul fondo di esso– rispettivamente Cristo e la Chiesa, oltre al motivo del cervo in cerca d’acqua, di ispirazione vetero-testamentaria. La lucertola infine simboleggerebbe, a causa del suo cambio di pelle, il rinnovamento, la rinascita, intesa ovviamente in senso cristiano23.
Oltre alla lettura iconografica ottocentesca sopra riportata sarebbe presente, secondo il Berthod, una tematica apocalittica, che percorrerebbe tutto il servizio liturgico, e troverebbe nel ciborio l’espressione più completa, con l’Agnello mistico a presiedere il Giudizio Finale, accompagnato dalle aquile e dagli angeli a guardia dei draghi, simbolo del Male24. Tale interpretazione non è da escludere, considerando il resto della produzione dell’orafo, secondo il quale l’opera non è mai realizzata per se stessa, “n’est pas gratuite”, ma “elle est ornée des figures, des couleurs, qui font d’elle la représentation d’un drame correspondant a sa destination”25
.
Armand-Calliat era presente all’esposizione anche con altre oreficerie, a loro volta oggetto d’interesse da parte della stampa dell’epoca. In particolare viene citato un reliquiario, contenente un frammento della croce di Gesù Cristo, “il più grande che possiede la Francia”26. L’opera, secondo l’articolista già famosa prima del suo arrivo a Roma, sarebbe di stile “del medio-evo, e di tale perfezione da potere stare a fronte di qualsivoglia lavoro di quell’età”27. Purtroppo nel periodico non si trova alcuna immagine dell’oreficeria in questione, ma l’articolo riporta comunque una descrizione sommaria: la decorazione si incentrerebbe sulle vicende legate alla reliquia in questione, raffigurate tramite bassorilievi; ai piedi del reliquiario vi sarebbero quattro grifoni, e sovrasterebbe il tutto “una specie di padiglione sparso di fiordalisi”, stemma dei Borboni, committenti dell’opera e donatori della reliquia28
. L’ubicazione dell’opera è al momento ignota: in teoria, essendo un oggetto di devozione a causa del suo contenuto, sarà ancora nelle collezioni vaticane, a meno che non sia stato donato da Pio IX o in seguito ad un’altra chiesa o luogo di culto.
22 Cfr. L’Esposizione Romana, cit., 1870, pp. 118-119.
23 L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 119. Si veda in proposito anche l’Appendice documentaria. 24
Cfr. BERTHOD, 1986, pp. 44-45; ID., 1994, pp. 98-100. 25 BERTHOD, 1986, p. 25.
26 L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 120. 27 Ibid.
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