La confessione di Anna Bolena, di Elena Cesari.
Tav 2 P Saltini, Simon Memmi che per incarico del Petrarca ritrae madonna Laura; U De Matteis, cornice lignea.
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Tavv. 3-5. A. Rossi, porte in legno di noce intagliato e intarsiato. Siena, Palazzo del Capitano.
41 Tavv. 6-7. Domenico di Niccolò dei Cori, stalli corali della Cappella dei Signori, particolari. Siena, Palazzo Pubblico.
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Tav. 8. Barna di Turino, residenza lignea. Siena, Palazzo Pubblico.
43 Tav. 10. R. Barbetti, porta della cappella ortodossa di Villa Demidoff, stato originale (incisione d’epoca).
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Tav. 12. G. e P. Della Valle, Dante e il rinnovamento d’Italia. Ubicazione sconosciuta.
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Esposizione Dantesca in Firenze (1865).
Nel corso dell’Ottocento si assiste, come già accennato in precedenza, ad una rinnovata fortuna della figura di Dante. L’intera produzione del poeta è rivalutata e letta in chiave romantico-risorgimentale, sia in Italia che all’estero – paesi anglosassoni in primis, basti pensare alla nascita del movimento preraffaellita –, dando origine ad un diffuso revival artistico-letterario90. Naturalmente Firenze era il centro privilegiato del recupero culturale dantesco, in quanto città natale del Sommo Poeta, ma anche grazie alla presenza di facoltosi esponenti della colonia anglo-americana, promotori – tra l’altro – di numerose imprese decorative di gusto neomedievale91.
Lo stretto rapporto che legava Firenze al poeta spiega il rilievo che assunse, sul piano culturale, il sesto centenario della nascita di Dante, celebrato l’anno 1865. In tale occasione, la Società Promotrice di Belle Arti fiorentina organizzò un’esposizione di arte medievale in parallelo ad una dantesca, da tenersi entrambe negli ambienti del Palazzo del Podestà, attualmente sede del Museo Nazionale del Bargello92. La scelta di tale edificio è legata al rinvenimento, nel 1840, del supposto ritratto del poeta; grazie all’opera del restauratore Antonio Marini il poeta fu identificato nel ciclo giottesco presente nella cappella del palazzo93. A seguito della scoperta si impose un ripensamento circa l’uso dell’ambiente, adibito in parte a carceri ed in parte a magazzino, e più in generale dell’edificio stesso, al
90 Sull’argomento si veda: MARIANI, 1962, pp. 159-173; MAZZOCCA, 2002, pp. 57-69; LEONE, 2005, pp. 111-121; M. Mc LAUGHLIN, I Preraffaelliti e la letteratura italiana, in C. HARRISON, C. NEWALL, C. SPADONI (a cura di), I Preraffaelliti: il sogno del ‘400 italiano da Beato Angelico a Perugino da Rossetti a
Burne-Jones, cat. della mostra, Milano 2010, pp. 30-37.
91 Morolli, a proposito del Neomedievalismo a Firenze, parla di un rinnovato “stile fiorentino”, formula di ampio successo commerciale ma non solo. Cfr. G. MOROLLI, Firenze degli stranieri: architetture dell’Ottocento
immaginate “per” un contesto europeo, in M. BOSSI, L. TONINI (a cura di), L’idea di Firenze. Temi e interpretazioni nell’arte straniera dell’Ottocento, atti del convegno, Firenze 1989, pp. 267-298; F. BALDRY, John Temple Leader e il castello di Vincigliata. Un episodio di restauro e di collezione nella Firenze dell’Ottocento, Firenze 1997; G. MOROLLI, “Il vago incanto”, suggestioni “medieval-umanistiche” nell’architettura della Firenze fin de siècle fra Storicismo e Decadentismo, in L. MOZZONI, S. SANTINI (a
cura di), Tradizionalismi e regionalismi. Aspetti dell’Eclettismo in Italia, atti del convegno, Napoli 2000, pp. 229-306; COLLE, 2004, pp. 113-114; ID., 2007, pp. 245-252.
92 Per l’esposizione dantesca si rimanda a P. BAROCCHI, G. GAETA BERTELÁ (a cura di), Dal ritratto di
Dante alla Mostra del Medioevo 1840-1865, Firenze 1985.
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Le prime proposte di finanziamenti per eseguire dei saggi di restauro nella cappella si datano al 1839, ad opera di Seymur Kirkup, Giovanni Aubrey Bezzi ed Enrico Wilde. Furono però le sollecitazioni di Paolo Feroni, Lorenzo Bartolini e lo stesso Bezzi, qualche tempo dopo, a ricevere ascolto. P. BAROCCHI, La scoperta del
ritratto di Dante nel Palazzo del Podestà: Dantismo letterario e figurativo, in Studi e ricerche del collezionismo e museografia. Firenze 1820-1920, Pisa 1985, pp. 151-178.
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quale avevano accesso visitatori del calibro di Kirkup e Vogel94. Nonostante le discussioni e le polemiche della stampa inglese in merito al restauro del ritratto di Dante la cappella rimase a lungo l’ambiente più significativo del Palazzo del Podestà: l’importanza dell’intero edificio per la storia fiorentina fu suggellata definitivamente dall’istituzione nello stesso del Museo Nazionale per il Medioevo ed il Rinascimento, sulla scorta dei contemporanei modelli francesi ed inglesi95.
Le esposizioni del 1865 costituirono quindi un banco di prova per il nascente museo: entrambe furono allestite nel palazzo, ma presentavano differenti impostazioni scientifiche. Se la mostra sul Medioevo esponeva esclusivamente opere ed oggetti ascrivibili a tale epoca, quella di Dante costituiva invece un affondo monografico sulla figura del poeta: articolata in tre sezioni – codici e documenti, edizioni ed oggetti d’arte –, mirava a presentare un quadro complessivo circa la fortuna del poeta dal Trecento all’Ottocento, oltre a fornire prove documentarie circa le sue vicende biografiche. Le opere in mostra spaziavano da antiche copie manoscritte e versioni a stampa della Divina Commedia, comprendendo inoltre una selezione di documenti due-trecenteschi riferenti ad episodi del poema dantesco ed alla vita del suo autore96.
L’ultima sezione del catalogo è invece composta da opere antiche e contemporanee – in alcuni casi si tratta di copie fedeli di modelli celebri97 – suddivise a loro volta in diverse categoria: si va dalla ritrattistica dantesca, all’illustrazione della Commedia, passando per le medaglie celebrative. È infine presente, sempre tra gli oggetti d’arte, la sezione “Onoranze rese al poeta”, al cui interno sono elencate le opere di carattere maggiormente celebrativo, esaltanti la figura di Dante quale Sommo Poeta italiano.
A differenza della Mostra del Medioevo – che ebbe luogo dal 14 maggio al primo luglio – l’evento durò solo tre giorni – dal 14 al 16 giugno – ma, a quanto riportato da Barocchi e Gaeta Bertelà, contò più di 8000 visitatori98. L’esposizione fu corredata, come accennato in precedenza, da un breve catalogo, che si limita ad indicare, oltre a titolo ed autore dell’opera, il nome dell’espositore, qualora non fosse l’artista stesso. L’assenza di ulteriori fonti coeve – quali periodici illustrati o guide – è giustificabile con la breve durata della manifestazione, ma pone un notevole limite all’analisi delle opere esposte.
94 BAROCCHI, 1985, pp. 158-159.
95 Sulle vicende legate alla nascita del Museo del Bargello si rimanda a P. BAROCCHI, G. GAETA BERTELÁ,
Ipotesi per un museo nel Palazzo del Podestà, in Studi e ricerche, cit., 1985, pp. 211-378.
96 Esposizione Dantesca, cit., 1865, vol. I – Codici e documenti, pp. 105-109.
97 Alessandro Chiari espone, ad esempio, un ritratto di Dante ripreso dal ciclo di villa Pandolfini, di Andrea del Castagno. Cfr. Esposizione Dantesca, cit., 1865, vol. III – Oggetti d’arte, pp. 6-7.
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Dante ed il rinnovamento d’Italia, piano di scagliola dei fratelli Della
Valle.
Dall’esame del catalogo si possono identificare alcuni nominativi di artisti già incontrati all’Esposizione Generale del 1861. Ciò era abbastanza prevedibile, considerando che buona parte degli espositori di entrambi gli eventi provenivano da Firenze o altre città toscane, ed erano trascorsi pochissimi anni dal primo evento espositivo.
Un primo esempio di tale categoria è costituito dai fratelli Della Valle, attivi a Livorno nell’arte della scagliola. Pietro e Giuseppe avevano già presentato un piano di soggetto dantesco, eseguito con tale tecnica, all’esposizione fiorentina del 1861, Dante ed il
rinnovamento d’Italia, il medesimo esposto a Firenze nel 186599
. Secondo il catalogo della mostra dantesca la tavola è difatti divisa in nove comparti, con episodi tratti dalla Divina
Commedia; in particolare, riporta il redattore dell’opuscolo, la scena principale rappresenta
Dante e Beatrice nell’empireo100. Dalla descrizione fornita l’ipotesi che si tratti della
medesima opera premiata con medaglia nel 1861 a Firenze per la classe XXIII – “Pittura, Incisione, Disegni, Litografie e Litocromie” – sembra piuttosto plausibile101. Potrebbe anche trattarsi di un’altra versione del piano del 1861, realizzato sull’onda del successo del primo: la Massinelli ha difatti rilevato come la scelta di questo tema non costituisse un unicum nella produzione dei due livornesi, i quali avrebbero trattato lo stesso soggetto in altri tavoli, eseguiti con schema differente ed attualmente conservati in collezione privata102. Non avendo però alcuna notizia circa l’articolazione iconografica degli altri piani di scagliola, e considerando che la descrizione combacia perfettamente con quello esposto nel 1861 a Firenze – anche nelle misure riportate –, si può sostenere con una certa sicurezza che l’opera presentata alle due esposizioni fosse la medesima.
Il redattore del catalogo riporta i fratelli Della Valle come espositori della tavola, che quindi nel 1865 era ancora in vendita presso la bottega livornese. Come già accennato in precedenza, è probabile che dopo l’esposizione – se non nel corso di essa – il piano sia stato acquistato, ed attualmente faccia parte di una collezione privata. Si spiegherebbe così la mancanza di successivi riferimenti ad esso, o la sua presenza nelle raccolte museali italiane.
99 Esposizione italiana agraria, cit., 1862, p. 347.
100 “Tavola in scagliola su lavagna, eseguita dai fratelli Pietro e Giuseppe della Valle di Livorno, sulla quale sono dipinti in nove quadri altrettanti soggetti allusivi alla Divina Commedia. Quello al centro rappresenta Dante e Beatrice all’Empireo. Diametro 1,m
16. Espositore: i sig.i fratelli Della Valle di Livorno”. Esposizione Dantesca, cit., 1865, vol. III – Oggetti d’arte, p. 36.
101 Per la premiazione si veda MANFREDINI, 1865, p. 287.
102 La documentazione dei suddetti piani sarebbe reperibile presso l’“Archivio fotografico Bianchi”. MASSINELLI, 1997, p. 51 n.
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