Un’altra ditta veneziana presente alla mostra di Belle Arti torinese è la Società Musiva Veneziana, specializzata in decorazioni a mosaico. Anch’essa, come le compagnie precedenti, propone numerosi oggetti realizzati con la tecnica musiva, tra cui un “Cristo Bizantino in mosaico” ed un più generico “Ornamento Bizantino in mosaico”19. In questo caso è possibile
che la connotazione stilistica non fosse legata alla tecnica musiva: tutti gli oggetti esposti dall’impresa in questione sono difatti realizzati con tale procedimento, e solo i mosaici sopracitati sono definiti bizantineggianti. Per gli altri – tra i quali è presente anche una riproduzione della Famiglia del satiro del Tiepolo – è semplicemente riportato il riferimento alla tecnica20. Probabilmente le opere neobizantine in questione riprendevano lavori di area
veneziana ascrivibili a tale stile, come già la produzione musiva Salviati all’esposizione romana del 1870; tale possibilità non è da escludersi, soprattutto se si considera che la Società Musiva presentava alla mostra di Belle Arti di Torino la copia in mosaico di un dipinto del Tiepolo, denotando un certo interesse per i modelli di area veneta.
19 Cfr. IV Esposizione Nazionale, cit., 1880, p. 154. 20 IV Esposizione Nazionale, cit., 1880, p. 154.
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“Imitazione di un mobile gotico Valdostano”, di Luigi Bosco.
All’Esposizione torinese erano ovviamente presenti numerosi artisti piemontesi, anche nella sezione delle arti industriali. Alcuni di essi collaboreranno, pochi anni più tardi, alla realizzazione del Borgo Medievale di Torino, partecipando all’evento anche come espositori: è il caso di Luigi Bosco, artista chierese specializzato in scultura ed intaglio ligneo. Praticamente ignorato dai repertori artistici otto e novecenteschi, le uniche notizie sulla sua attività si sono ricavate dai cataloghi delle esposizioni: oltre alla mostra di Belle Arti del 1880 partecipa difatti, come precedentemente accennato, a quella Generale del 1884, nella sezione “Storia dell’Arte”21
. Probabilmente si occupava anche di scultura monumentale, il Panzetta difatti, nel suo Nuovo dizionario degli scultori, lo definisce autore di opere funerarie, tra le quali cita un’edicola presentata all’esposizione della Promotrice del 188422
.
Non è stato possibile reperire ulteriori notizie nemmeno nelle guide commerciali ottocentesche relative al Piemonte, le annate dell’Annuario commerciale piemontese esaminate non riportano alcuna segnalazione circa l’attività di Luigi Bosco. Al di là di possibili omonimie l’unica possibile menzione della bottega potrebbe essere nella categoria dei fabbricanti di arredi in legno, dove nel biennio 1901-1902 sono citati per Chieri “Bosco Angela” e “Bosco e Mensio”23
. Considerando il lasso di tempo intercorso tra le esposizioni in questione e tali citazioni è possibile che il Bosco si fosse associato con un altro artigiano, da cui potrebbe derivare la nuova titolazione della bottega. Un’altra possibilità è costituita dal decesso dell’artista, la moglie o una figlia sarebbero quindi subentrate nella gestione del laboratorio, portando al relativo cambio di intestazione del laboratorio. In realtà si è rintracciato un Luigi Bosco nelle Guide Paravia degli anni Ottanta dell’Ottocento, con bottega al numero 18 di via Cavour; è citato però tra i “Marmorai ornatisti” nel 1880, e tra i “Marmisti” nell’edizione del 1884, senza alcun riferimento alla sua attività di intagliatore ligneo24. È possibile che si tratti di un caso di omonimia, e che non vi sia alcun nesso tra i due artigiani, o che il redattore della guida abbia commesso un errore, riportando solo una delle sue specializzazioni.
21
Cfr. L’Esposizione Generale Italiana in Torino del 1884. Catalogo ufficiale, Torino 1884, p. 1; P. VAYRA, I
mobili, in Esposizione Generale italiana, Torino 1884: catalogo ufficiale della sezione Storia dell’Arte: guida illustrata al castello feudale del secolo XV, Torino 1884 [rist. anast. 1997], pp. 87-168.
22 Si veda PANZETTA, 2003, vol. I, p. 104. 23
Cfr. Annuario commerciale del Piemonte. Provincie di Torino, Alessandria, Cuneo, Novara, Torino 1901, p. 323; Annuario commerciale del Piemonte. Provincie di Torino, Alessandria, Cuneo, Novara, Torino 1902, p. 479.
24 Si vedano G. MARZORATI, Guida di Torino 1880, Torino 1880, p. 125; ID., Guida di Torino 1884, Torino 1884, p. 119.
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All’Esposizione di Belle Arti Luigi Bosco presenta un arredo ligneo, indicato nel catalogo come “imitazione di un mobile gotico Valdostano”, di proprietà della contessa Teresa Faà di Bruno25. L’aspetto che più colpisce della descrizione dell’opera è la specificità con la quale essa è citata: considerando che per Pompeo Bertini, sicuramente più noto dell’intagliatore chierese, la medesima fonte si limita a parlare di “dipinti in vetro”, sorge spontaneo interrogarsi sul motivo di tale attenzione26. Ciò è spiegabile in parte se si considera l’attività artistica dell’autore del mobile: come precedentemente accennato, il Bosco fu uno degli artigiani coinvolti dal D’Andrade nella realizzazione della sezione di Storia dell’arte dell’Esposizione Generale del 1884, connotata da un’attenzione filologica ai modelli del XV secolo di area piemontese e valdostana27. L’allestimento è ascrivibile però solamente al maggio 1882, con l’ingresso del D’Andrade nella commissione per la sezione Storia dell’arte e l’abbandono del progetto iniziale – una teoria di edifici di epoche diverse, analoga alla “Rues des Nations” dell’Esposizione Universale parigina del 1878 – in favore di un villaggio piemontese quattrocentesco28. Non è quindi plausibile che il Bosco collaborasse già con l’artista portoghese in vista della mostra del 1884, ma è comunque certa la collaborazione con la sua cerchia: nel 1872 difatti si colloca l’acquisto del castello di Issogne da parte di Vittorio Avondo, il cui obbiettivo è riportare il maniero al suo antico splendore29. A tal fine, dopo aver consolidato l’edificio ed aver eliminato le trasformazioni apportate dal precedente proprietario, procedette al suo riarredo, in primis cercando di recuperare i mobili originali, facendoli restaurare ed integrare da artigiani di fiducia ove necessario; non essendo possibile
25 IV Esposizione Nazionale, cit., 1880, p. 138; si veda anche l’Appendice documentaria. 26
Ivi, p. 135.
27 Considerata l’ampia bibliografia esistente sul Borgo Medievale, Alfredo D’Andrade e le vicende relative si rimanda ad essa per eventuali approfondimenti, oltre che al capitolo sull’Esposizione torinese del 1884: C. BOITO, Il Castello Medioevale, in Torino e l’Esposizione Italiana del 1884 – cronaca illustrata della
esposizione nazionale-industriale ed artistica del 1884, Torino 1884, pp. 321-323; A. D’ANDRADE, Il Borgo,
in Esposizione Generale italiana, cit., 1884 [rist. anast. 1997], pp. 47-63; ID., La Rocca, ivi, pp. 64-86; G. GIACOSA, Introduzione, ivi, pp. 9-24; VAYRA, 1884 [rist. anast. 1997], pp. 87-168; A. FRIZZI, Il Borgo ed il
Castello Medioevali, Torino 1893 [rist. anast. 1982]; C. BARTOLOZZI, C. DAPRÁ, La Rocca e il Borgo Medievale di Torino (1882-1884). Dibattito di idee e metodo di lavoro, in M. G. CERRI, D. BIANCOLINI FEA,
L. PITTARELLO (a cura di), Alfredo D’Andrade: tutela e restauro, cat. della mostra, Firenze 1981, pp. 189- 214; R. MAGGIO SERRA, Uomini e fatti della cultura piemontese nel secondo Ottocento intorno al Borgo
Medievale del Valentino, ivi, pp. 19-44; R. MAGGIO SERRA (a cura di), Torino 1884: perché un castello medioevale?, Torino 1985; PICONE PETRUSA, 1988, pp. 92-95; L. AIMONE, L’esposizione del 1884 al Valentino, in V. CASTRONOVO (a cura di), Storia illustrata di Torino, vol. 5 – Torino nell’Italia unita, Milano
1993, pp. 1221-1240; PAGELLA, 2006, pp. 201-210. 28 Cfr. MAGGIO SERRA, 1985, pp. 6-11.
29
Si vedano in proposito S. BARBERI, L’ultimo castellano della Valle d’Aosta: Vittorio Avondo e il maniero di
Issogne, in R. MAGGIO SERRA, B. SIGNORELLI (a cura di), Tra verismo e storicismo: Vittorio Avondo dalla pittura al collezionismo, dal museo al restauro, atti del convegno, Torino 1997, pp. 137-164; P. SAN
MARTINO, Vittorio Avondo conoscitore d’arte e lo stile del mobile d’alta epoca piemontese, ivi, pp. 107-119; P. CAVANNA, Storia con fotografie, in Vittorio Avondo e la fotografia, Torino 2005, pp. 13-56.
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ricostituire completamente l’arredo dell’epoca fece quindi realizzare ex novo alcuni mobili dalle medesime maestranze incaricate del reintegro delle opere antiche30. Luigi Bosco apparteneva a quest’ultima categoria, avendo realizzato – secondo le fonti archivistiche studiate dalla Barberi – numerosi arredi lignei, spesso copie di quelli presenti in origine nel castello e disegnati dal D’Andrade o, qualora non fosse stato possibile, di provenienza valdostana31. I pagamenti sono quasi tutti datati 1879, un anno prima dell’esposizione di Belle Arti di Torino: questo spiega la dimestichezza dell’intagliatore con la mobilia legata alla Valle d’Aosta, e la volontà da parte sua di segnalare l’area stilistica di riferimento.
30 BARBERI, 1997, pp. 139-142; SAN MARTINO, 1997, pp. 107-109.
31 Bosco eseguì una bussola, una dozzina di sedie pieghevoli, alcune porte, un banco gotico ed una serie di stalli. Cfr. BARBERI, 1997, p. 145.
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