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Sempre grazie alle pubblicazioni contemporanee all’Esposizione Vaticana è stato possibile includere nel corpus di oggetti rilevanti per la presente ricerca due vetrate realizzate dalla “fabbrica di Inspruck [sic]” – italianizzazione dell’Innsbrucker Glasmalerei-Anstalt –, delle quali una in “stile antico bizantino” (Tavv. 8-9)42

. Dalle incisioni contenute nel Giornale

illustrato dell’esposizione è possibile ricostruire l’aspetto delle vetrate: una – apparentemente

quella di dimensioni maggiori – sembrerebbe svolta in effetti in stile neomedievale, a cominciare dalla forma archiacuta. Anche gli elementi decorativi che circondano la scena principale – la Vergine che, scesa dal trono, presenta il Bambino all’osservatore – sono riferibili all’arte medievale: gli archetti presenti nella parte inferiore della vetrata, probabilmente trilobati; la forma stessa dell’arcata sotto la quale è raffigurata la Madonna, e le decorazioni fogliate che da essa si dipartono, così come le guglie goticheggianti ai suoi lati. Anche la seconda opera è caratterizzata un tema mariano, è difatti nuovamente rappresentata la Vergine con il Bambino, ma la raffigurazione è a mezzo busto. I motivi ornamentali in questo caso si limitano ad alcune cornici concentriche, una delle quali polilobata: l’insieme presenta caratteri più arcaicizzanti rispetto all’altra, pare rifarsi soprattutto a stilemi bizantini. È interessante notare come le due vetrate siano stilisticamente definite: sebbene di entrambe il periodico riporti le incisioni, quella di dimensioni maggiori e di chiara derivazione medievale non è connotata stilisticamente dall’autore dell’articolo, mentre l’altra è appunto riconosciuta come di stile bizantino. Più avanti nell’articolo l’autore rileva inoltre che la vetrata in questione è stata eseguita con il vetro catedrale, che per la maggiore opacità e i colori più brillanti, “giova molto pe’ lavori che imitano il musaico”: probabilmente la definizione di bizantino si deve, in questo caso, all’uso di materiali e tecniche riconducibili all’arte musiva, nell’Ottocento associata per antonomasia all’arte bizantina43

. Si noti che entrambe le opere si basano su disegni originali di due collaboratori della fabbrica in questione – il pittore Giorgio Mader ed il professore Klein –, manca quindi qualunque riferimento diretto a modelli tratti dall’antico.

L’autore dell’articolo nel Giornale illustrato mostra di apprezzare le due vetrate nell’ottica della ripresa delle tecniche antiche, tant’è che la descrizione delle opere in questione è preceduta da un breve elogio circa la loro funzione di elevazione spirituale, poiché “là dove

42 L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 70.

43 “Peraltro nel secondo dipinto il vetro è meno trasparente, più grosso, ma insieme più brillante, e giova molto pe’ lavori che imitano il musaico, e vien detto con termine d’arte Catedrale”. L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 70.

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tutto deve apparire misterioso e venerando questo incanto dell’ottica giova a sollevare la mente a sublimi pensieri, e il sole che mandando la sua luce attraverso di que’ cristalli […] favella all’anima assai dolcemente”44. L’antica arte vetraria non sembra però essere ripresa in

chiave strettamente filologica, a proposito delle vetrate in questione l’articolista rileva, a motivo di lode, il “bellissimo” colore dei vetri, caratterizzati da un’intonazione “sì forte e insieme trasparente da rendere ragione della maggiore perfezione degli smalti”45. La ditta di Innsbruck si rifaceva quindi alle contemporanee metodologie di realizzazione della vetrata, a scapito di un risultato filologicamente più corretto. Come rilevato dalla Silvestri, la rinnovata fortuna di tale tipo di manufatti aveva portato a differenti correnti: tra di esse assumono particolare importanza, ai fini del presente argomento, quella filologica – il cui principale esponente a livello europeo è Adolphe-Napoléon Didron – e quella della pittura a smalto, più moderna ed in grado di realizzare effetti superiori rispetto alle vetrate antcihe46. Quest’ultimo metodo prevedeva l’utilizzo di lastre di vetro trasparenti che venivano quindi dipinte a smalto ed in seguito cotte, dando ai piombi una funzione puramente decorativa e non di giunzione come nella tecnica tradizionale; ciò permetteva, ovviamente, un risultato più vicino alla pittura, come sembrano confermare le incisioni delle vetrate in questione, in particolar modo quella più goticheggiante47.

La ditta autrice della coppia di vetrate sembra essere abbastanza nota, almeno secondo il periodico dell’Esposizione Romana. Fondata circa otto anni prima da tre artisti – Albert Neuhauser, Georg Mader e Josef von Stadl – doveva godere di una certa notorietà, visto che in tale lasso di tempo realizzarono “più di trecento finestre con immagini di Santi, e più di duemila ornate con semplice decorazione”, con una diffusione dei loro pezzi che si estenderebbe “pressoché in tutte le provincie dell’impero austro-ungarese”, in Germania e nell’Italia settentrionale48

. Nonostante la capillare diffusione delle sue opere a livello internazionale, la ditta è stata finora scarsamente indagata. Al di fuori di qualche rapido cenno nell’opera della Silvestri le uniche informazioni reperibili sui fondatori della ditta Innsbrucker Glasmalerei-Anstalt provengono da alcuni brevi profili all’interno del Kunstler Lexikon49. È stato così possibile ascrivere al 1861 la data di fondazione della ditta, la quale pochi anni dopo l’Esposizione Romana – nel 1877 – ampliò la propria produzione alla decorazione a mosaico,

44

Ivi, p. 70. 45 Ibid.

46 Sull’argomento si veda SILVESTRI, 2006, pp. 57-61; ivi, pp. 90-94. 47 L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 70; SILVESTRI, 2006, pp. 93-94. 48

L’Esposizione Romana, cit., 1870, p. 70.

49 Cfr. SILVESTRI, 2006, p. 224; H. HAMMER, Mader Georg, in THIEME, BECKER, 1929, vol. XXIII, p. 528; A. SCHUSCHNIGG, Neuhauser Albert, ivi, vol. XXV, p. 409; ivi, vol. XXXIV, p. 541. Per Klein si rimanda a quanto esposto già in occasione della sua collaborazione con la ditta Salviati; THIEME, BECKER, 1920, vol. XX, p. 440.

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ma non si sono rinvenute ulteriori notizie sul laboratorio di vetrate50. Anche sui fondatori della Innsbrucker Glasmalerei-Anstalt si hanno pochi dati: la figura più nota è quella di Georg Mader, pittore tirolese facente parte del movimento nazareno, mentre degli altri componenti si hanno scarse notizie sulla relativa attività artistica51. L’Hammer, nella redazione del profilo dell’artista in questione, cita anche alcuni cartoni per vetrate, eseguiti dopo il 1861, ma sembra che nessuno di questi fosse destinato a cantieri italiani52. La sola traccia nota della ditta in Italia è costituita dalle vetrate per Santa Maria dell’Anima a Roma – chiesa della nazione tedesca –, citate brevemente dalla Silvestri53: nel corso degli anni Settanta dell’Ottocento l’edificio fu difatti interessato da un ampio intervento di restauro, sotto la direzione di Emilio Stramucci e Ludwig Seitz, che comprese l’introduzione di nuove vetrate, visto che quelle originali erano state rimosse nel 167754. Il secondo artista in particolare si occupò dei disegni preparatori delle finestre, che furono quindi commesse alla ditta di Innsbruck: il risultato è una serie di vetrate neo-cinquecentesche, in stile con la facies della chiesa risultante dai restauri55. È probabile che, come riportato dai periodici coevi all’esposizione, l’Innsbrucker Glasmalerei-Anstalt avesse eseguito altre commissioni in Italia, ma, a causa della scarsità di studi sull’argomento, non è possibile delineare un elenco degli interventi della ditta austriaca.

50 HAMMER, 1929, p. 528; SCHUSCHNIGG, 1931, p. 409.

51 Di Mader (1824-1881) si è già detto poc’anzi; Neuhauser (1832-1901) viene identificato da Schuschnigg come pittore su vetro – seguì gli appositi corsi dell’Istituto di Pittura su vetro di Monaco –, oltre ad essere il fondatore della suddetta ditta di vetrate, inaugurata nel 1861. Infine il terzo membro della fabbrica, von Stadl (1828-1893), era un architetto autodidatta, specializzato in edifici religiosi. Cfr. SCHUSCHNIGG, 1931, p. 409; THIEME, BECKER, 1940, vol. XXXIV, p. 541.

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Cfr. HAMMER, 1929, p. 528. 53 SILVESTRI, 2006, p. 224.

54 Su Santa Maria dell’Anima si veda Geschichte der Deutschen Nationalkirche in Rom S. Maria dell’Anima von

Dr. theol. et hist. Joseph Schmidlin, Freiburg 1906; U. V. FISCHER PACE, Gli interni, in Santa Maria dell’Anima Roma, Ratisbona 2008, pp. 14-29; H. GÜNTHER, Storia della costruzione e vicende architettoniche, ivi, pp. 2-14.

55 GÜNTHER, 2008, pp. 13-14. Per le vetrate in realtà solo la Silvestri fa riferimento alla Innsbrucker Glasmalerei-Anstalt, Günther e la Fischer Pace si limitano ad ascrivere le opere ai disegni di Seitz. SILVESTRI, 2006, p. 224; FISCHER PACE, 2008, p. 15; GÜNTHER, 2008, pp. 12-14.

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