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Nonostante questa selezione il nucleo neomedievale dell’esposizione presenta un elevato numero di pezzi al suo interno7. Purtroppo per la quasi totalità non è stato possibile reperire alcuna immagine, in quanto non contenute nelle pubblicazioni coeve all’esposizione. Inoltre le descrizioni degli oggetti esposti sono così generiche da non permettere il loro riconoscimento confrontandole con gli attuali studi sull’oreficeria papale8

. Si discostano da questa tendenza il Calvario dell’orefice Dorelli – di cui si dirà più avanti – e le opere di Antonio Salviati9. Titolare della nota ditta veneziana fondata nel 1859 che portò alla rinascita del mosaico e del vetro muranese, presentò numerosi pezzi: un “ritratto in piccolissime proporzioni della Madonna della Basilica di S. Donato di Murano, lavoro del secolo XI”, un “quadro in musaico di stile gotico tedesco rappr. [sic] la Cena in Emaus [sic] dal disegno originale del Sig. Prof. Klein”, ed altri due quadri a mosaico, rappresentanti rispettivamente “l’Ultima Cena; stile bizantino” – da un disegno del mosaicista Francesco Novo – ed “il Salvatore, stile gotico”, su progetto di Gambier Parry10.

In tal modo, pur non essendo pervenuta alcuna immagine dei suddetti oggetti, è comunque possibile aver un’idea più o meno precisa circa l’aspetto delle opere esposte ed il concetto di Medioevo che ne derivava. Il Giornale illustrato non fornisce ulteriori informazioni o immagini sulle opere esposte da Salviati, l’autore dell’articolo sul vicentino si limita ad apprezzare la qualità dei pezzi esposti nonostante la “varietà costante” caratteristica della sua produzione11. All’elenco di opere fornito dal catalogo il periodico aggiunge una copia del

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Anche per tale elenco si rimanda all’Appendice Documentaria.

8 Ci si riferisce in particolare a F. S. ORLANDO (a cura di), Il tesoro di San Pietro, Milano 1958; G. MORELLO, Splendida Dona. Omaggi ai Papi da Pio IX a Giovanni Paolo II, cat. della mostra, Milano 1996; L. ORSINI, Sacrarium Apostolicum – Sacra Suppellettile ed Insegne Pontificali della Sacrestia Papale, Torino 1998; ID., La sacrestia papale: suppellettili e paramenti liturgici, Cinisello Balsamo 2000; B. BERTHOD, P. BLANCHARD, Trésors inconnus du Vatican : cérémonial et liturgie, Paris 2001.

9 Considerati i contributi sulla vita di Antonio Salviati (1816-1890) e le vicende relative all’omonima ditta si rimanda ad essi per eventuali approfondimenti: A. DE GUBERNATIS, Dizionario degli artisti italiani viventi:

pittori, scultori e architetti, Firenze 1906; Dizionario enciclopedico Bolaffi, cit., 1972-1976; G. MARIACHER, Antonio Salviati vicentino (1816-1890), in R. BAROVIER MENTASTI, Antonio Salviati e la rinascita ottocentesca del vetro artistico veneziano, cat. della mostra, Vicenza 1982, pp. 5-16; R. LEIFKES, Antonio Salviati and the nineteenth-century renaissance of Venetian glass, in “The Burlington Magazine”, 1994, n. 136,

pp. 283-290; A. BOVA, Antonio Salviati e la rinascita del vetro muranese tra il 1859 e il 1877, in ID., A. DORIGATO, P. MIGLIACCIO (a cura di), Vetri artistici: Antonio Salviati 1866-1878, Venezia 2008, pp. 133- 156.

10 Catalogo degli oggetti ammessi, cit., 1870, pp. 10-11. 11

“[…] Antonio Salviati, di cui molti saggi figurano nella nostra Esposizione, degnissimi tutti di grande lode. Come copie o riduzioni di altri musaici vi è il Cristo esistente nel tempio Mariano di Venezia, e la Madonna della Basilica di S. Donato di Murano. Da disegni originali, vedesi in stile romano una testa del Salvatore; in stile gotico-tedesco la Cena in Emmaus, dall’originale del Klein; dal disegno di Francesco Novo, in stile bizantino, l’ultima Cena; in stile gotico, sull’originale del Gambier Parry, il Salvatore. In mezzo alla qual varietà

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“Cristo esistente nel tempio Mariano di Venezia”, un’altra derivazione quindi da modelli antichi. In realtà si può notare come solo una parte degli oggetti presentati da Salviati sia riconducibile a tale categoria, nonostante si utilizzi una tecnica recuperata dal passato come il mosaico. A parte il Cristo tratto dal “tempio Mariano” – chiesa che, a causa della generica indicazione, non si è ancora individuata – e la Madonna della chiesa di San Donato in Murano (Tav. 1) non sono presenti ulteriori riferimenti all’arte bizantina o medievale. D’altro canto è anche vero che i pezzi che derivano da disegni contemporanei sono connotati stilisticamente – sia in catalogo che nel Giornale illustrato – come “gotico tedesco”, “bizantino” o semplicemente “gotico”12

. Sarebbe interessante scoprire se le definizioni proposte fossero legate semplicemente all’uso della tecnica in questione o se presentassero effettivamente qualche affinità con gli stili sopraccitati, ma la mancanza di immagini d’epoca e l’irreperibilità delle opere impediscono al momento concrete deduzioni13

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costante mantiensi la bontà della esecuzione e dei materiali che formano il prestigio più singolare di cotal genere di pittura”. L’esposizione romana, cit., 1870, p. 88.

12 Catalogo degli oggetti ammessi, cit., 1870, pp. 10-11; L’esposizione romana, cit., 1870, p. 88. In realtà nell’elenco del periodico è compresa una testa del Salvatore eseguita in “stile romano”, ma ciò non è rilevante ai fini della presente ricerca.

13 Sugli autori dei cartoni realizzati per i mosaici della Società Salviati si veda R. FRY, Pictures in the collection

of Sir Hubert Parry, at Highnam Court, near Gloucester, in “The Burlington magazine for connoisseurs”, 1903,

vol. II, p. 117-131; U. THIEME, F. BECKER, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, Leipzig 1932, vol. XXVI, p. 259 per il Gambier Parry. Non è stato possibile individuare con certezza un profilo biografico di Klein, ma è molto probabile, a mio giudizio, che si tratti di Johann Klein (1823-1883), pittore austriaco che eseguì alcuni cartoni per mosaici, ma si tratta solo di un’ipotesi. Probabilmente si tratta del medesimo “professore Klein” che eseguì il disegno preparatorio per la vetrata in “stile antico bizantino” – rappresentante una Madonna con Bambino – esposta da una ditta di Innsbruck, della quale si parlerà più avanti. IID., 1927, vol. XX, p. 440.

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