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Crisi e donne in Italia Giovanna Vertova

1. Il tasso di femminilizzazione indica la quota delle donne occupate sul totale delle

persone occupate. È dato dal rapporto F/(M+F).

2. Fonte dei dati: Eurostat per Italia, Eurozona ed Europa Unita; ILO per USA e Giappone. 3. Le indagini sull’uso del tempo sono state presentate delle Nazioni Unite nel suo

Human Development Report del 1995. L’Istat ha iniziato a condurre indagini sull’uso del tempo con una certa regolarità (si vedano le Indagini multiscopo Uso del tempo, del 1988-89, 2002-03, 2008-09).

John French Sloan, Donne delle pulizie

nella Astor Library (1911).

per il lavoro domestico, gli italiani meno (5h20m le italiane a fronte di 1h35m gli italiani).

L’Italia è il paese dove la differenza tra il tempo del lavoro domestico da parte delle donne rispetto a quello degli uo- mini è maggiore. Cioè dipende sia dalla particolare situa- zione del welfare pubblico che dai forti stereotipi sociali e culturali, che vedono ancora la donna come “naturalmente” portata al lavoro domestico. Il dibattito femminista ha evi- denziato come la partecipazione di uomini e donne al mer- cato del lavoro fosse fortemente condizionata dalle disparità nelle responsabilità familiari. Ancora oggi la difficoltà di con- ciliare il lavoro pagato con il lavoro domestico pone grossi problemi alla partecipazione delle italiane al mercato del la- voro.

La situazione del welfare pubblico prima della crisi deriva dalla politica fiscale governativa. Per migliorare lo stato delle finanze pubbliche e garantire l’entrata dell’Italia nella zona euro, durante gli anni ’90 sono state attuate politiche

fiscali particolarmente restrittive (cioè, simultanei aumenti delle tasse e riduzione della spesa pubblica).

Il contenimento della spesa pubblica si traduceva prevalen- temente in tagli alla spesa sociale.

A ciò si aggiungevano le privatizzazioni, che hanno concorso a mercificare4parte dei servizi pubblici. Tutto ciò ha delle

ricadute immediate sulla possibilità (o meno) di conciliare lavoro pagato e lavoro non pagato. Le privatizzazioni impe- discono la possibilità di usufruire dei servizi sociali (ormai sempre più privati e a pagamento) per le classi più disagiate. I tagli alla spesa sociale hanno una immediata dimensione di genere. Si pensi, per esempio, alla riduzione delle giornate di degenza ospedaliera. Questo “risparmio” di spesa sanitaria si traduce in un aumento del lavoro di cura. Aumentano, così, i costi “invisibili” delle donne.

Vediamo ora cosa è successo durante la crisi.

Nel mercato del lavoro la crisi si fa sentire a partire dal 2009 (-379mila di posti di lavoro), continua nel 2010 (-154mila), rallenta nel 2011 (+90mila)5. Va tuttavia ricordato che la per-

dita occupazionale è stata mitigata dalla cassa integrazione, di cui, purtroppo, non esistono dati disaggregati per genere. In Italia, come in tutti i paesi avanzati, gli uomini perdono più posti di lavoro delle donne, poiché que- sta è una crisi che si abbatte, soprattutto, sul settore industriale che ha un’occupazione prevalentemente maschile.

Nel 2009 gli uomini perdono 271mila posti di lavoro mentre le donne solo 98mila; nel 2010 gli uomini perdono 149mila posti di lavoro mentre le donne ne guadagnano 10mila; nel 2011 gli uomini conti- nuano a perdere posti di lavoro (-27mila) mentre le donne continuano a guadagnarne (+99mila). Tut- tavia, come già detto, va ricordato che la minor per- dita femminile avviene in un mercato del lavoro in cui le donne erano meno presenti già prima della crisi.

L’impatto della crisi sul sistema di welfare familiare sarà visibile solo nel medio-lungo periodo. Al con- trario, gli effetti sul sistema di welfare pubblico di- pendono dal pacchetto anti-crisi varato del governo Berlusconi. Un confronto tra i paesi OCSE6ha mo-

strato che l’Italia è il paese che ha introdotto il pac- chetto anti-crisi di minore entità.

L’unica cosa che accomuna il nostro paese con gli

Nuova Secondaria - n. 7 2013 - Anno XXX

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4. I servizi sociali non sono più un “bene pubblico” offerto gratuitamente,

o a prezzi calmierati, dallo stato, ma sono sempre di più una merce da ac- quistare sul mercato.

Archibald Standish Hartrick,

Donna al lavoro in fabbrica durante la Prima Guerra Mondiale (ca. 1917).

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altri paesi OCSE è l’assoluta mancanza di interventi attenti alla dimensione di genere. Il pacchetto anti- crisi statunitense, quello di maggiore entità, è stato fortemente criticato dalle economiste di genere. Esso prevedeva aiuti finanziari alle industrie au- tomobilistiche e grandi infrastrutture nel tentativo di creare occupazione attraverso la costruzione di opere pubbliche. Peccato che sia l’industria che il settore delle costruzioni hanno una occupazione in maggioranza maschile e, così, questi incentivi si sarebbero tradotti in nuovi posti di lavoro quasi solo per gli uomini.

Tuttavia, nella zona euro, questo periodo “keyne- siano” è stato di breve durata e si è presto tornati a parlare di austerità e di rigore del bilancio pubblico. La crisi europea del debito sovrano ha riportato le politiche restrittive al centro dell’agen- da politica. Così arriviamo alla situazione odier- na.

Il mercato del lavoro sta reagendo alla crisi con un “effetto di sostituzione”: si licenziano gli uomini e si assumono le donne. Tuttavia aumenta l’occu-

pazione femminile non qualificata (servizi di pulizia ad im- prese ed enti, collaboratrici domestiche, assistenti familiari), così come il part-time involontario femminile7. Sembra,

quindi, che esista anche un “effetto di sostituzione” tra le italiane e le immigrate: le italiane rimpiazzano le immigrate nei lavori domestici pagati. Peggiora la situazione anche per il welfare familiare: aumenta il lavoro domestico a carico delle donne8. Si sta lentamente arrivando al “paradosso del

lavoro”: poco lavoro pagato a disposizione e tanto lavoro do- mestico scaricato sulle donne.

Inoltre, le politiche di austerità avranno ulteriori conseguen- ze negative sia sull’occupazione femminile, prevalentemente concentrata nel pubblico impiego, sia sul lavoro domestico, per via dei tagli alla spesa sociale. Quindi, anche il sistema di welfare pubblico ne sta risentendo. I tagli alla spesa sociale renderanno ancora più complicato per le donne riuscire a conciliare lavoro pagato e lavoro domestico.

La situazione attuale delle italiane sta diventando così pro- blematica che, per la prima volta, la Relazione Annuale della Banca d’Italia9contiene un capitolo tutto dedicato alle que-

stione femminile.

In conclusione, la crisi colpisce uomini e donne in modo diverso. Tuttavia, si può ipotizzare che, nell’attraversare que- sta crisi, di cui ancora oggi non si vede l’uscita, le donne stan- no diventando l’ammortizzatore sociale per eccellenza: la- vorano in posizioni precarie e dequalificate per ottenere un reddito e si accollano la maggior parte del lavoro domestico con pochi aiuti dallo stato sociale.

Il faticoso cammino verso l’uguaglianza di genere si è de- cisamente interrotto.

Giovanna Vertova Università di Bergamo Archibald Standish Hartrick,

Donne che riparano una ferrovia durante la Prima Guerra Mondiale (ca. 1917).

5. Fonte dei dati: Istat (vari anni), Rilevazione delle forze lavoro.

6. OCSE (2009), Fiscal packages across OECD countries: overview and country details. 7. Istat (2011), Rapporto Annuale. La situazione del Paese nel 2010.

8. Istat (2011), op. cit.

9. Banca d’Italia (2012), Relazione Annuale (cap. 11, “Il ruolo delle donne nell’economia

italiana”).

La crisi e gli insegnanti