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Nell’XI canto del Paradiso Dante trat- teggia, del Santo d’Assisi, un’immagine distante dai cliché di certa agiografia: Francesco che ammansisce il lupo; che parla agli uccelli; che cammina sui tetti. La figura di Francesco è ritratta a partire da un gesto di rottura, assimilabile ai ge- sti delle donne della Divina Commedia sin qui ritratte: il perdono di Pia, il rifiuto di Piccarda della logica perversa delle violenze partitiche. Proprio come Piccar- da, Francesco è anch’egli “giovinetto” in “fuga” dal mondo: più precisamente, dal- la figura paterna, dalle logiche affaristiche e borghesi di Pietro di Bernardone, ricco commerciante assisiate, che per il figlio maschio aveva progettato la car-

7. A. Vauchez, La spiritualità dell’Occidente medievale

(1975), tr. it. di Francesca Kaucisvili Melzi d’Eril, Vita e Pen- siero, Milano 1993, p. 151.

8. Ibi, pp. 152-153.

9. E. Pasztor, Il monachesimo al femminile in G.C. Alessio

et al., Dall’eremo al cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di Dante, Scheiwiller-Credito Italiano, Milano 1987, p. 156.

Dante Gabriel Rossetti,

Paolo e Francesca

(1855).

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riera di «sottile mercante» e un avvenire di grassa opulenza, ottenuta con «i rag- giri ed i rischi della mercatura»10 . A tut- to questo Francesco dice di no. E lo fa nel nome di una donna: «…per tal donna, giovinetto, in guerra del padre corse…» (Pd XI, 58-59).

È questa la prima anomalia del racconto dantesco: mentre si narra del santo d’Assisi, l’attenzione di Dante si concen- tra su una misteriosa donna, che diventa l’assoluta protagonista della vicenda ter- rena dell’autore del cantico delle crea- ture. La donna capace di incidere in modo così rilevante nella storia di una figura esemplare del Medioevo, se- gnandone la conversione e facendo di Francesco il paradigma di un nuovo e più autentico umanesimo, è Madonna Povertà: «Ma perch’io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povertà per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso» (Pd XI, 73-74). L’agiografia francescana metaforizza nel Sacrum Commercium cum domina

Paupertate l’atto col quale, nel 1207,

Francesco rinunciò solennemente al- l’eredità dei beni paterni, spogliandosi di tutte le vesti e votandosi alla totale povertà. L’allegoria della Povertà è, dunque, da Dante mutuata proprio dal Sacrum Commercium, dove Povertà «è il modo di Francesco di imitare Cristo, di uscire dalla cultura della di- scriminazione e della violenza, nella previsione di un nuovo contratto sociale che ha come prima norma la solidarietà e il servizio dell’uomo all’uomo»11.

Nella storia di Francesco e Madonna Povertà c’è, però, molto più che una poetica rielaborazione di un racconto agiografico; molto più, se vogliamo, del- la presa di posizione teologica e politica che Dante, nella vicenda che vedeva contrapposti “zelatori” e “rilassati”, in- tendeva prendere, manifestando le pro- prie simpatie verso «un’interpretazione sostanzialmente rigorosa, anche se se-

rena, non estremista, della regola di S. Francesco»12; la quale, nell’ottica di

un recupero dell’evangelico praeceptum

prohibitivum, «doveva impedire alla

Chiesa il possesso delle ricchezze»13. Il

valore aggiunto dell’episodio, in termini di significato, risiede proprio nel senso letterale, che non è mera «fictio esco- gitata per esprimere un secondo signi- ficato»14: esso possiede una sua verità

che reclama di non essere elusa. D’altra parte, come nota Auerbach, collegando una persona allegorica, la Povertà, ad una personalità storica, ossia concreta- mente reale, Dante: «attira l’allegoria nell’attualità, la connette strettamente alla storia»15. Dunque, se vogliamo li-

mitarci al valore autonomo del signifi- cato in verbis, la lettera racconta l’amore tra Francesco e Povertà «come si farebbe di un amore umano tra due giovani»16:

aggiungo, come si farebbe nei più alti versi della tradizione della lirica erotica. Nella descrizione della fenomenologia erotica dei due amanti, Francesco e Po- vertà, troviamo chiare allusioni non solo al lessico di matrice stilnovista («lieti sembianti»; «meraviglia»: parola chiave dell’epifania d’amore; «dolce sguardo»), ma anche al relativo e ben noto concetto di «virtù salutifera» («fa- cieno esser cagione di pensier santi», Pd XI, 78), che rimanda la memoria ad al- cuni passi paradigmatici della Vita

Nuova collegati all’influenza soteriolo-

gica dell’apparizione della «donna de la cortesia»: «Dico che quando ella apparia da parte alcuna, per la speranza de la mirabile salute nullo nemico mi rima- nea, anzi mi giugnea una fiamma di ca- ritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m’avesse offeso» (V.N. XI). Quei rimandi sono, però, ora collocati in un contesto totalmente nuovo in cui «povertà e piccolezza non consentono interpretazioni svenevoli e leziose, ma fanno tutt’uno con la fortezza e il co- raggio»17. L’intento è quello di rivisitare

criticamente un canone insieme cultu- rale e sociale, all’interno del quale ridi- segnare una nuova cortesia centrata non più sulla donna angelo, ma sulla donna Povertà.

Nella donna “povera” la povertà non è più mera virtù monastica, praticata come esercizio di mortificazione, ma una scoperta esistenziale che capovolge i termini di giudizio comune: quel che appare triste è fonte di gioia, quel che sembra debole è invece forte; ciò che è disprezzato diviene privilegio e l’umi- liazione diventa esaltazione. La donna povera diviene incarnazione di uno scandalo per l’uomo. Ella è figura della povera per antonomasia: Maria di Na- zareth.

Nel tratteggiare la fisionomia di madon- na Povertà, Dante arricchisce il vocabo- lario stilnovista ricorrendo ad un lessico nuovo che insiste sul punto di vista eroi- co già utilizzato per introdurre la figura di Francesco («in guerra / del padre cor- se»), nel quale «l’accento batte sulla lot- ta»18: «sicura» (v. 67), «costante» (v. 70),

«feroce» (v. 70) significano una femmi- nilità intrepida e fiera; scandalosa («di- spetta» e «scura» ne stanno appunto a significare la marginalità culturale e so- ciale) nel suo essere ben distante dai cli- ché culturali della donna strutturalmen-

10. M. Sticco, San Francesco d’Assisi, Edizioni O.R., Milano

1982, p. 52.

11. G.Rossi, Bramosia di possesso e umiltà: Dante tra due

fuochi, in http://corriere.it/speciali/2004/cultura/dante/ canto11paradiso-bis.shtml.

12. U. Bosco, Introduzione al canto XI, in la Divina Com-

media, Paradiso, a cura di U. Bosco e G. Reggio, Le Mon- nier, Firenze 1993, pp. 177-178.

13. Ibi, p. 178.

14. C.S. Singleton, La poesia della Divina Commedia, Il

Mulino, Bologna 1999, p. 122.

15. E. Auerbach, Studi su Dante, Feltrinelli, Milano 2001,

p. 230.

16. A.M. Chiavacci Leonardi, Note integrative a Pd XI, in

Dante Alighieri, Commedia, vol. 3, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1994, p. 315.

17. P. Millefiorini, Provando e riprovando. Impegno, poli-

tica ed etica nella grande letteratura italiana, Jaca Book, Milano 2009, p. 85.

18. J.A. Scott, Dante magnanimo. Studi sulla “Commedia”,

Olschki, Firenze 1977, p. 340.

Nuova Secondaria - n. 7 2013 - Anno XXX

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te debole da un punto di vista morale, passivamente remissiva, più soggetta per natura alla concupiscenza e alla se- duzione. La fedeltà strenua e coraggiosa della donna Povertà si spinge sino alla scelta radicale della croce: «ella con Cri- sto pianse in su la croce» (Pd XI,72); scelta ancor più scabrosa se si pensa che «è già piuttosto bizzarro che una donna salga con Cristo sulla croce»19.

La sponsalità cristologica, espressa nella scelta di carità di Piccarda Donati, si declina ora più compiutamente in un nuovo protagonismo vissuto insieme a Cristo sul Calvario. Il processo di ac- costamento della figura femminile a Cristo, già avviato da Dante nella Vita Nuova, è portato a compimento nella

19. E. Auerbach, Studi su Dante, cit., p. 234.

20. E.R. Curtius, Letteratura europea e medioevo latino

(1948), tr. it. di A. Luzzatto e M. Candela, R.C.S. Libri, Mi- lano 2000, p. 412.

piena adesione alla logica della croce, che introduce una nuova prospettiva nel rapporto con l’altro da sé, im- prontato all’assunzione di responsabi- lità e alla condivisione; alla compassio- ne (cum-patior) e al sacrificio estremo di se stessi. Dare la propria vita per l’al- tro è perfetta carità: la donna Povertà è il punto di approdo di tale carità d’amore e insieme assoluta cristofania, compimento dell’itinerarium femmi- nile di imitatio Christi.

Introdurre la donna Povertà nella teo- logia della croce, significa, dunque, inserire a pieno titolo la femminilità nell’opera di redenzione e di salvezza. Mai era successo che un poeta arrivasse a tanto: la poesia aveva cantato il pro-

John William Waterhouse,

Dante e Beatrice

(1915).

cesso spirituale di purificazione per mezzo della donna; ne aveva esaltato le doti sovrannaturali di essere angelicato. Afferma E.R. Curtius: «che la donna, così sublimata, fungesse da guida in una visione poetica dell’aldilà, era un’idea ancora aderente al pensiero e alla fede cristiana»20. Sennonché Dante va di

gran lunga più oltre, inserendo la donna nella progettualità salvifica di- vina; e nel far questo «si arroga il diritto di introdurre nella Rivelazione un elemento nuovo che altera il sistema dottrinale accettato dalla Chiesa. E questo è eresia – o mito»21.

Domenico Corcella Liceo Scientifico "A. Einstein" di Cerignola (FG)

21. Ibidem. Non si intende avallare l’idea di un Dante

“eretico”, né tanto meno sposare l’interpretazione mi- tologica o neoplatonica di Beatrice “emanazione di Dio”. Si rileva l’originalità del punto di vista di Curtius, il quale

attribuisce a Dante un’intuizione “profetica” che, sotto- lineandone la speciale vocazione nella storia della rive- lazione, guarda alla donna quale veicolo di grazia divina e sacramento di salvezza.

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È indubbio che la scienza moderna fondata da Galilei e Newton oggi é qualcosa di molto diverso, perché l'av- vento della Big Science (nata dopo il Progetto Manhattan e la costruzione della prima bomba atomica) ha modi- ficato il modo di fare ricerca. Il Nove- cento ha visto l’affermazione del model- lo americano, fondato su uno stretto col- legamento fra le esigenze di sviluppo della società capitalista avanzata e le ca- ratteristiche, sociali ed economiche, della scienza contemporanea. Nel mondo contemporaneo una parte cospicua dei finanziamenti va a ricerche nel breve o medio periodo, che possano trovare applicazioni, ed è più difficile trovare risorse per la cosiddetta ricerca pura (la reinterpretazione della mecca- nica quantistica, l’elaborazione di teorie alternativa al Big Bang o alla teoria del- l’evoluzione di Darwin, ecc.). Questo ac- cade anche perché la ricerca è finanziata spesso con denaro privato portatore di precisi interessi, oppure di denaro pub- blico. E il pubblico deve rendere conto al cittadino. Il cittadino non ha solo in- teressi culturali, ma anche pratici. La scienza non deve investire le proprie ri- sorse in argomenti che appaiono troppo astratti e non chiaramente utili per la so- cietà moderna.

Nel corso del Novecento la scienza ha as- sunto delle caratteristiche essenzial- mente nuove, diventando sempre più collegata all’apparato produttivo della

moderna società capitalista. Se prima la scienza era stata quasi esclusivamente nelle mani di veri e propri dilettanti, spinti dall’amore per la ricerca della ve- rità, ed anche ovviamente dall’ambizione di conquistare onore e prestigio con le proprie scoperte, oggi al contrario l’ar- rivo in massa di un esercito di professio- nisti della scienza ha contribuito ad aumentare la competitività ed il deside- rio di aggiudicarsi gli ingenti finanzia- menti economici destinati alla ricerca1.

Il bene più prezioso di uno scienziato è sempre stato la libertà di ricerca ed il di- ritto di svolgere il proprio lavoro in totale autonomia, senza controlli esterni sul- l’oggetto del proprio studio. Nella società capitalista tutto questo diventa abbastan- za problematico: lo scienziato può attin- gere a cospicui finanziamenti solo se par- tecipa a dei programmi di ricerca, dove gli obiettivi più importanti sono già stati stabiliti in precedenza.

Di conseguenza la scienza non è più so- lamente uno strumento di conoscenza “pura”, ma anche in una certa misura uno strumento di potere. In questo modo la scienza pura tende ad avere meno importanza e contribuire ad edi- ficare la base sulla quale costruire il gran- de edificio della scienza applicata.

I nemici della scienza (1)