• Non ci sono risultati.

1. L’affermazione deriva dalla famosa

esperienza di Torricelli, eseguita nel 1646. L’esperimento consiste essenzial- mente in questo. Si prende un tubo di vetro robusto lungo circa un metro e di diametro di circa un centimetro, chiuso ad un’estremità. Collocato il tubo, con l’estremità aperta in alto, vertical- mente su una bacinella, vi si versa del mercurio fino a riempirlo completa- mente. Si versa mercurio anche nella bacinella fino ad uno spessore di qual- che centimetro.

Si chiude poi l’orifizio con un dito e si rovescia il tubo, immergendone l’estre- mità inferiore nel mercurio della baci- nella. Quando si toglie il dito, si osserva che una parte del mercurio esce dal tubo (nella bacinella), ma solo fino ad un certo punto: il mercurio rimane nel tubo fino ad un’altezza di 76 cm.

L’esperimento riuscirebbe anche usando acqua in luogo del mercurio, ma ri- chiederebbe un tubo molto più lungo. In- fatti, essendo pari a 13,56 il rapporto tra la densità del mercurio e quella dell’ac- qua, il livello raggiunto dalla colonna d’acqua sarebbe di 13,56 x 0,76 m = 10,3

m.

Poiché un piede parigino corrispondeva a 32,5 cm e un pollice a 2,5 cm (circa), i 31 piedi e 2 pollici indicati da Pascal corrispondono a 10,12 m circa, un valore leggermente inferiore a quello at- tualmente accettato (a livello del mare)

2. Pascal si riferisce al celebre esperimen-

to compiuto, dietro sua indicazione, da suo cognato Perier il 22 settembre 1648 sul Puy de Dôme, nell’Auvergne. È de- scritto dallo stesso Perier inm una lettera che Pascal pubblicò in appendice al suo

Traitez.

«Signore, ho finalmente fatto l’esperimento che così da lungo tempo aspettavate…. Ci trovammo dunque, quel giorno, tutti riu- niti, verso le otto del mattino, nel giardino dei Padri Minimi,che è situato nella parte quasi più bassa della città, e dove ebbe inizio l’esperimento nel seguente modo. Prima di tutto, versai in un recipiente sedici libbre di mercurio, che avevo rettificato du- rante i tre giorni precedenti, quindi presi due tubi di vetro della stessa sezione, ed alti quattro piedi ciascuno, chiusi ermeticamen- te ad un estremo e aperti dall’altro. Feci, per ognuno di essi il solito esperimento del vuoto in quello stesso recipiente; dopo

di che avvicinai e feci toccare i due tubi l’uno con l’altro, senza però estrarli dal loro recipiente, e osservai che il mercurio rimasto in ognuno di essi raggiungeva lo stesso li- vello, e che in ciascuno dei tubi, al di sopra del livello del mercurio contenuto nella va- schetta, ce n’era ventisei pollici e tre linee e mezzo. Ho ripetuto quest’esperimento in questo stesso luogo, con i due medesimi tubi, con il medesimo mercurio, e con la stessa bacinella, ed ho riscontrato sempre che il mercurio raggiungeva nei due tubi, alla me- desima quota, la stessa altezza della prima volta.

Una volta fatto ciò, fissai uno dei due tubi sulla bacinella in esperimento continuo, se- gnai sul vetro l’altezza del mercurio e, la- sciato questo tubo sul posto, pregai il R.P. Chastin, uno dei religiosi della Casa, uomo tanto pio quanto valente, e molto esperto in questa materia, di osservare, istante per istante, durante tutta la giornata, se avve- nissero mutamenti; io con l’altro tubo e una parte di quello stesso mercurio, andai con tutti quei signori sulla cima del Puy de Dôme, che si trova 500 tese al di sopra del giardino dei minimi, e ripetei gli stessi espe- rimenti nello stesso modo in cui li avevo ese- guiti dai Minimi. Si vide che nel tubo non rimanevano più di 23 pollici e due linee di mercurio, mentre dai Minimi in quello stes- so tubo il mercurio raggiungeva un livello di 26 pollici e 3 linee e mezzo, quindi fra i due livelli esisteva una differenza di tre pol- lici e una linea e mezzo. Ciò suscitò in tutti noi meraviglia e ci sorprese a tal punto che, per soddisfazione personale, volemmo ri- provarlo. Questo è il motivo per cui eseguii l’esperimento ancora cinque volte con

P

ERCORSI DIDATTICI

molta cura in diversi punti della cima, sia al coperto nella piccola cappella che vi si tro- va, sia all’aperto, sia con il vento, sia con il bel tempo, sia con la pioggia e la nebbia, che di volta in volta trovammo, dopo avere, ogni volta, vuotato il tubo dell’aria con grandissima cura. In tutti questi espe- rimenti ho sempre trovato che il mercurio raggiungeva la stessa altezza di 23 pollici e 2 linee, cioè tre pollici e una linea e mezzo di differenza dai 26 pollici e tre linee e mez- zo che si erano misurati dai Minimi. Ciò ci soddisfece pienamente... L’indomani il M.R.P. de la Mare, Prete dell’Oratorio e Teologo della Cattedrale, che aveva assistito a ciò che avevamo fatto durante la matti- nata del giorno prima, nel giardino dei Mi- nimi, ed al quale avevo riferito ciò che ave- vamo fatto sul Puy de Dôme, mi propose di ripetere lo stesso esperimento ai piedi e sulla cima della più alta torre di Notre-Dame di Clermont, per vedere se vi fosse una diffe- renza.

Per soddisfare la curiosità di un uomo di tanto valore, che ha dato prove dei proprii meriti a tutta la Francia, ripetei, lo stesso giorno, il solito esperimento del vuoto, in una casa situata nella parte più elevata del- la città, più alta di 6 o 7 tese rispetto al giar- dino dei Minimi, e al livello della base della torre, e constatai che il mercurio raggiun- geva il livello di circa 26 pollici e tre linee, inferiore di circa mezza linea di quello rag- giunto dai Minimi. In seguito, l’ho ripetuto sulla cima della torre, la cui altezza, dalla base, è di 20 tese, ed è più alta del giardino dei Minimi di 26 o 27 tese, e trovai che il mercurio vi raggiungeva il livello di 26 pol- lici e una linea, inferiore di circa due linee a quello raggiunto ai piedi della torre, e di circa 2 linee e mezza a quello raggiunto nel giardino dei Minimi…»

3. L’altezza del Puy de Dôme su cui il co-

gnato misurò l’altezza barometrica.

4. La questione dell’umidità dell’aria è

affrontata nel Cap. 4 del Traitez:

«La pressione dovuta al peso dell’aria, che è la causa di tutti i fenomeni che abbiamo preso in esame, non è sempre la stessa in un dato luogo, dato che varia di ora in ora a seconda dei vapori che si formano … Anche l’esperienza lo conferma e mostra come il valore di 31 piedi d’acqua, che ab- biamo dato come indicazione, non è una misura precisa e costante; l’acqua infatti,

non si innalza nelle pompe rimanendo sempre sollevata a quell’altezza precisa. … L’esperienza dimostra che una data pompa è capace di sollevare l’acqua a due livelli di- versi, uno maggiore dell’altro di un piede e otto pollici, in due momenti diversi…» 5. Si tratta di un valore approssimato

per .

Infatti differisce da π per circa una parte su 2500.

Il simbolo π venne introdotto solo nel 1706 dall’inglese W. Jones.

Il valore utilizzato da Pascal è quello cal- colato da Archimede (287 – 212 A.C.) nel trattato Sulla misura del cerchio, in cui dimostra che .

6. Anche questo risultato è dovuto ad

Archimede che lo espose nel suo Me-

todo relativo ai problemi meccanici.

Alla fine della proposizione II di questo saggio, Archimede racconta come abbia potuto divinare il valore della superficie della sfera, ricavandolo dal suo volume. Una supposizione basata su una analo- gia che Archimede coglieva tra la super- ficie del cerchio in relazione alla circon- ferenza e il volume della sfera in rela- zione alla sua superficie. Possiamo in- fatti pensare di tagliare la superficie di un cerchio in un numero arbitrario di settori che hanno come base un arco e per lato il raggio del cerchio. Se il loro numero è grande, è possibile assimilare i settori a triangoli di uguale altezza.

L’area dei triangoli ( cioè l’area del cer- chio) è la metà dell’area del rettangolo che ha come base la circonferenza e come altezza il raggio.

Così, Archimede stabilisce un’analogia

che fa corrispondere il volume della sfe- ra all’area del cerchio e la superficie del- la sfera alla circonferenza.

Poiché il rapporto tra l’area del cerchio e la circonferenza è , Archimede, sulla base dell’analogia, può divinare che il rapporto tra il volume della sfera e la sua superficie sia . Il manoscritto del Metodo di Archimede (una semplice lettera al collega Erato- stene) fu scoperto solo nel 1906 da uno studioso tedesco (Heiberg) in un antico palinsesto proveniente dal Monastero del S. Sepolcro di Gerusalemme.

7. La prima misura delle dimensioni

della Terra si deve ad Eratostene (276 – 195 A.C.), contemporaneo di Archi- mede.

Il procedimento seguito era descritto in un'opera (perduta) in due libri Sulla

misura della Terra. Egli aveva osservato

che, il giorno del solstizio d’estate (21 giugno), a mezzogiorno, nella città di Siene (l’odierna Assuan, che sta sul tro- pico) un palo infisso perpendicolar- mente al terreno non proietta ombra: quindi i raggi del sole sono esattamente sulla verticale.

La stessa cosa non si osservava ad Alessandria, dove un palo proietta un’ombra che ha una lunghezza che è circa 1/8 di quella del palo.

Nuova Secondaria - n. 7 2013 - Anno XXX

86

P

ERCORSI DIDATTICI

L’angolo che si individua in questo modo è uguale all’angolo al centro (della Terra) che corrisponde all’arco determinato dalle due città (considerate su uno stesso meridiano).

Questa osservazione permette di deter- minare l’angolo al centro, ovvero la dif- ferenza delle latitudini delle due città, di angolo giro. Se ne deduce che il meridiano terrestre è cinquanta volte la distanza fra Siene ed Alessandria.

La misura a disposizione di Pascal è che un grado di differenza di latitudine o longitudine corrisponde ad un arco di 50 mila tese.

Una tesa parigina corrispondeva a 1,95 m (circa) e quindi 50 mila tese sono 100 mila metri, ovvero 100 km. Poiché una lega corrisponde circa a 5 km, un grado corrisponde a 20 leghe.

8. Una tesa corrisponde a 6 piedi, per

cui un piede (parigino) corrisponde a 32,5 cm. Pertanto, un piede cubo vale 3,253dm3= 34,3 litri. Pertanto, un pie-

de cubo l’acqua ha una massa di 34,3 kg, che Pascal indica come 72 libbre. In effetti una libbra viene data come cor- rispondente a 454 g.

9. È il meridiano terrestre:

20 X 360 leghe = 7200 leghe

cioè (essendo una lega 5 km) 36 mila km. Sappiamo che il suo valore è, in re- altà, prossimo a 40 mila km.

Illustrazione tratta dal Traitez di Pascal. 10. Il fattore di proporzionalità è π che

Pascal approssima con 22/7.

11. Applica la già citata divinazione di

Archimede.

12. Pascal non dispone della nozione di

pressione.

13. Colpisce il numero delle cifre con

cui viene espresso il risultato: 8283 889 440 000 000 000 libbre.

La prima cosa da osservare è che se il moderno metro è definito con una in- certezza di una parte su 1012, la libbra

parigina sarà stata definita all’1 per mil- le. Pertanto, il risultato avrebbe senso solo entro questa incertezza.

Ai tempi di Pascal non era in uso la no- tazione scientifica, adottando la quale si scriverebbe 8,284x1018libbre.

Ledo Stefanini, Università di Mantova-Pavia

P

ERCORSI DIDATTICI

P

er un paese come l’Italia, povero di risorse energetiche fossili, la na- scita di una industria idroelettrica nazionale, negli anni a cavallo fra Otto- cento e Novecento, rappresentò una straordinaria opportunità di crescita, ed un fattore essenziale per il consolida- mento di uno sviluppo industriale che nei primi decenni che avevano fatto seguito all’unificazione politica del paese aveva trovato non pochi ostacoli e difficoltà ad affermarsi. In questo contesto il lavoro svolto dall’ingegner Alberto Riva, dai suoi collaboratori e dall’azienda meccanica che da lui prese il nome, vale la pena di essere raccontato come una delle imprese che hanno contribuito a consolidare la storia patria, forse non meno di tante vicende politico-militari delle quali i libri di storia sono pieni.

Macchine agricole