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Dai primordi dell’industria elettrica al «carbone bianco»

Nel 1883 aveva iniziato a funzionare la prima centrale elettrica italiana (centrale di Santa Radegonda a Milano, realizzata dalla Società Edison), che era di tipo ter- moelettrico, così come lo furono tutti i principali impianti costruiti negli anni successivi, a Torino (1884), a Napoli, Pa- lermo e Livorno (1887), a Parma (1888), a Verona e Venezia (1889), eccetera. La loro gestione era ovviamente assai one- rosa (anche per la scarsa efficienza delle macchine termiche ed elettriche), per in un paese come l’Italia, privo di carbone. Ma già nel 1884 fu sperimentata la co- struzione, a Tivoli, del primo, modesto impianto idroelettrico italiano che sfrut- tava il salto delle famose cascate. Dopo Tivoli, quello costruito vicino a Genova nel 1889-90, sfruttando le acque del Gorzente, e quello realizzato a Torino nel 1892, sfruttando il canale del Regio Parco, furono fra i primi significativi esempi di centrali idroelettriche italiane.

Tivoli fece da precursore anche nel campo del trasporto di energia elettrica a grande distanza, quando nel 1892, in contempo- ranea alla costruzione della «Centrale Ac- quoria», fu realizzata la prima linea di tra- smissione del nostro paese in corrente al- ternata, che raggiungeva Roma con un percorso di 28 km. Questa linea segnò l’ingresso in Italia della tecnologia del tra- sporto a distanza della corrente elettrica alternata polifase, della quale si era avuta la prima significativa e convincente dimo- strazione appena l’anno precedente, alla Esposizione di Francoforte del 18913.

Val la pena di sottolineare che si trattò di uno sviluppo tecnologico di importanza fondamentale per tutto il sistema elettrico, che abbandonò rapidamente i sistemi in corrente continua, tipo Edison, usati nei primi anni, ma in particolare lo fu per l’energia elettrica prodotta con le cadute d’acqua, in quanto consentiva di sfruttare risorse in genere disponibili a distanze si- gnificative dai luoghi di utilizzo del-

l’energia elettrica. Il primissimo coinvol- gimento della Riva con gli impianti idroelettrici risale al 1890, con la fornitura alla Società Edison di una modestissima turbina da circa 12 kW per un piccolo im- pianto ad Alagna Valsesia. In quegli anni negli uffici e nella fabbrica della «Riva» ve- nivano progettati e costruiti tutti i tipi di turbine idrauliche allora in uso; l’azienda si distingueva in effetti per una grande adattabilità che le permetteva di produrre, a differenza di altri costruttori, macchine non standardizzate, ma costruite «su misura», in modo da sposare al meglio le loro caratteristiche e prestazioni con le esi-

Macchine agricole da un catalogo della Riva del 1893.

3. Durante questa manifestazione il prof. Galileo Ferraris

aveva pubblicamente ricevuto dal mondo tecno-scienti- fico il tributo che gli spettava per il suo originario e fon- damentale contributo allo sviluppo dei sistemi elettrici in corrente alternata, e per la sua teoria del campo elettrico rotante che aveva portato allo sviluppo del motore elet- trico a corrente alternata trifase. Va anche ricordato che Ferraris già durante la esposizione di Torino del 1884, aveva dato una pubblica dimostrazione dei vantaggi del trasporto della corrente alternata, su distanze di qualche decina di chilometri.

Nuova Secondaria - n. 7 2013 - Anno XXX

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genze degli stabilimenti in cui venivano impiegate, fossero essi impianti tessili, chi- mici, alimentari o impianti di produzione di energia elettrica. E’ probabilmente proprio grazie a questa adattabilità che nel 1895 la «Riva» ricevette, superando la con- correnza di diversa altre società italiane e straniere, il primo ordine importante per sei turbine da 550 kW da destinare a due impianti idroelettrici piemontesi, le cen- trali di Castellamonte e Bussoleno, rea- lizzate dalla società «Siemens & Halske». Questa commessa fu importantissima per creare referenze e «immagine» per vincere la successiva commessa della Centrale di Paderno della «Società Edison» che sancì il definitivo ingresso della «Riva» nel mondo elettrico. La Edison, dopo i primi non facili anni di vita ed esperienza mi- lanese, aveva ben compreso che il suo fu- turo si sarebbe giocato sull’utilizzo di una fonte energetica che affrancasse la produ- zione di energia elettrica dai costi e dalle fluttuazioni di prezzo del carbone, tanto che già nel 1890 aveva fatto eseguire uno studio di fattibilità, ed aveva ottenuto la concessione governativa, per l’utilizzo delle rapide del fiume Adda a Paderno. Si trattava di una delle risorse idriche più cospicue disponibile nelle immediate vi-

cinanze di Milano, anche se la possibilità del suo sfruttamento era addirittura pre- matura, non essendo ancora disponibile, alla data della richiesta di concessione, la tecnologia per il trasporto a distanza del- l’energia elettrica. In effetti, la costruzione di questo impianto iniziò diversi anni più tardi e la sua completa entrata in servizio avvenne solo tra il 1898 e il 1900. Ma a questa data Paderno conquistò il temporaneo primato della più grande centrale elettrica in funzione in Europa, fornendo alla città di Milano energia per alimentare non solo l’illuminazione pub- blica, ma anche i tram elettrici ed anche diverse utenze industriali. Le sette turbine idrauliche della centrale sull’Adda, erano del tipo Francis e fornivano ciascuna la potenza di 1600 kW alla velocità di 180 giri al minuto; vennero prodotte dalla Riva in due lotti, le prime quattro nel 1896, e le altre tre nel 1899. Nel 1898, con la produzione di turbine di analoghe ca- ratteristiche per la Centrale di Vizzola Ti- cino della «Società Lombarda di distribu- zione di Energia Elettrica», la «Riva» ot- teneva la preferenza anche della principale concorrente italiana della Edison. Il suc- cesso tecnico e commerciale della Riva nell’ultimo lustro dell’Ottocento fu com-

pletato dalla conquista di una commessa internazionale che rimase a lungo nella memoria dell’azienda: la fornitura, nel 1899, di due turbine Francis da 2200 kW per l’impianto idroelettrico di Hamilton, gestito dalla società canadese «Cataract Power Ltd», che sfruttava il salto delle ca- scate del Niagara.

I primi anni del Novecento consolidarono il successo della Riva, facendola divenire il primo produttore italiano di turbine idrauliche. Più in generale, gli anni che precedettero la Prima Guerra Mondiale furono un periodo favorevole per lo svi- luppo economico e industriale italiano, ai quali l’affermarsi della produzione di energia idroelettrica, che cominciò ad es- sere definita «carbone bianco», diede un notevole contributo. Va peraltro os- servato che l’affermazione delle Riva e di altre industrie meccaniche italiane pro- duttrici di macchinari idraulici e mecca- nici per il settore idroelettrico (Ansaldo, De Pretto, Calzoni, ed altre) solamente nel primo dopoguerra fu completata dal sorgere di una equivalente capacità co- struttiva anche nel settore elettrotecnico (generatori, trasformatori, eccetera), con l’affermarsi di costruttori italiani, quali Ansaldo, San Giorgio e Marelli, che po-

Una delle turbine idraulica per l'impianto delle cascate

del Niagara (1900).

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sero termine al predominio delle industrie elettriche tedesche, dando modo all’indu- stria nazionale di sostenere in modo quasi totalmente autonomo la graduale elettrificazione del paese. Come è noto (ma il discorso meriterebbe ben più che un fugace accenno) tale sviluppo proseguì a ritmi intensi fino allo scoppio della Se- conda Guerra Mondiale, per poi ripren- dere con decisione nei primi anni ’50, ba- sandosi quasi interamente sulle risorse idriche nazionali, mentre successivamente sarebbero stati gli impianti termoelettrici a prendere il sopravvento.