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Einstein era schivo, solitario («Sono un cavallo che vuole tirare da solo»), anche se, da un certo punto della sua vita, «più famoso di un cane a cinque zampe», ma tenace e tutt'altro che distratto o indif- ferente alle vicende umane, sia generali che del prossimo e sempre corretto e ge- neroso nei riguardi di colleghi e colla- boratori (Schwarzschild, Bose, Infeld...); il tutto, con uno spiccatissimo senso del- l'ironia - quando fu pubblicato un libro contenente le opinioni di cento autori

contro di lui, osservò: «Se io fossi in er- rore, ne sarebbe bastato uno solo» - uni- to nello stesso tempo a grande coraggio e umiltà intellettuale.

Queste sue parole sono quanto mai at- tuali: «Perciò ci si dovrebbe guardare dal predicare ai giovani il successo, nella sua accezione corrente, come scopo della vita. Infatti il cosiddetto uomo di successo è colui che molto ri- ceve dai suoi simili, incomparabilmente di più di quanto gli sarebbe dovuto per i servigi da lui resi. Il valore di un uomo, tuttavia, si dovrebbe giudicare da ciò che dà e non da ciò che riceve». Einstein era certamente un uomo reli- gioso, ma non in senso tradizionale: cre- deva in una sorta di religione cosmica, nel senso di Spinoza (Deus sive Natura). Anche se non seguì l'ebraismo tradizio- nale, fu sempre sensibile alla questione ebraica, aderendo al sionismo; gli venne offerta nel 1952 la presidenza dello stato di Israele, ma rifiutò («Per me le equazioni sono più importanti, perchè la politica è per il presente, ma un'equa- zione è per l'eternità»; in ciò riecheggia Democrito di Abdera: «Preferisco trovare una sola spiegazione causale che essere il re di Persia»).

Lo stile scientifico di Einstein è caratte- rizzato, più che dall'abilità matematica (in ogni caso notevolissima), da uno straordinario intuito fisico (Einfühlung, immedesimazione), la sua istintiva e in- superata capacità di andare sempre al cuore dei problemi.

«Cos'ha da sperare e da temere l'umanità dal metodo scientifico? Non penso che questa sia la maniera giusta di impostare la questione.

Questo strumento può produrre, nelle mani dell'uomo, cose molto diverse: tutto dipende dalla natura degli obiettivi sentiti come importanti. Una volta sta- biliti tali obiettivi, il metodo scientifico fornisce i mezzi per raggiungerli. Esso però non può indicare gli obiettivi! Il

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metodo scientifico di per sé non avrebbe condotto in alcuna direzione, non sareb- be neppure sorto senza l'appassionata aspirazione alla conoscenza».

Il passo successivo illustra con grande chiarezza ed efficacia la sua Weltanscha-

uung: «Lei trova strano che io consideri

la comprensibilità della natura (per quanto siamo autorizzati a parlare di comprensibilità), come un miracolo (Wunder) o come un eterno mistero. Eb- bene, ciò che ci dovremmo aspettare, a priori, è proprio un mondo caotico del tutto inaccessibile al pensiero. Ci si po- trebbe (di più, ci si dovrebbe) aspettare che il mondo sia organizzato da leggi nella misura in cui interveniamo con la nostra ragione ordinatrice: sarebbe un ordine simile a quello alfabetico, del di- zionario, laddove il tipo d'ordine creato

ad esempio dalla teoria della gravitazione di Newton ha tutt'altro carattere. Anche se gli assiomi della teoria sono imposti dall'uomo, il successo di una tale costru- zione presuppone un alto grado d'ordine nel mondo oggettivo, e ciò è un qualcosa che, a priori, non si è per nulla autoriz- zati ad attendersi. è questo il “miracolo” che vieppiù si rafforza con lo sviluppo delle nostre conoscenze. è qui che si trova il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, felici solo perché hanno la coscienza di avere, con pieno successo, spogliato il mondo non solo degli dei, ma anche dei ”miracoli". Il fatto curioso è che noi dobbiamo accontentarci di ri- conoscere il “miracolo" senza che ci sia una via legittima per andare oltre».3

Così scrive al figlio e alla sorella di Besso il 21 marzo 1955, in occasione del-

la morte del suo amico: «...La sua fine è stata armoniosa come la sua vita intera e come la cerchia dei suoi cari. Raramen- te la capacità di condurre una vita in ar- monia è congiunta ad un intelligenza acuta come la sua, ma in lui questo inu- suale incontro aveva avuto luogo. Quel che più ammiravo, nell'uomo, è l'esser riuscito a vivere molti anni non solo in pace ma addirittura in accordo costante con una donna; un'impresa nella quale io per due volte ho miseramente fallito. Ponemmo le basi della nostra amicizia durante gli anni di studio, a Zurigo, in- contrandoci regolarmente per le serate di musica. Egli, più anziano ed informa- to, trasmetteva molti stimoli. L'ambito dei suoi interessi sembrava semplice- mente illimitato, ma quelli critico-filo- sofici apparivano i più forti. Più tardi ci

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riunirà l'Ufficio Brevetti. Nei colloqui sulla via di casa c'era un incanto incom- parabile, era come se le mediocrità quotidiane fossero all'improvviso uscite di scena...Egli mi ha preceduto di poco nel congedarsi da questo strano mondo. Per noi che crediamo nella fisica, la di- visione tra passato, presente e futuro ha solo il valore di un'ostinata illusione...». Einstein morì in effetti poco dopo, il 18 aprile. Il New York Times titolò: «Ein- stein è vissuto qui».

Epilogo

Si è già detto di come la relatività gene- rale sia lo strumento principe dell'astro- fisica della cosmologia contemporanea. Concludiamo con le parole di Mario Ra- setti, notissimo fisico contemporaneo, con cui egli sintetizza la struttura del principale modello cosmologico attuale, il modello inflazionario, che, nella sua concezione di base ha un fondamentale punto di contatto con l'idea di S. Ago- stino della creazione col tempo, anzichè nel tempo. Il carattere di casualità viene, ovviamente, dal fatto che si descrive l'universo stesso tramite una funzione

d'onda, secondo i dettami della mecca- nica quantistica.

Scrive dunque Rasetti: «All'inizio ogni cosa potè essere creata dal nulla. è come il crescendo trascinante di una sinfonia cosmica: un minuscolo frammento di spazio, forse di dimensioni molto più piccole di quelle accessibili alla nostra percezione, frutto di una casuale e im- prevedibile fluttuazione quantistica, perviene ad esistere. In esso si stabilisce il titanico processo di inazione che lo di- lata a dimensioni cosmiche.

Poi tutto si congela, anche parte delle di- mensioni spazio-temporali, e l'espansio- ne viene frenata, in un'esplosione di ca- lore. Infine il calore e l'energia gravita- zionale dello spazio in espansione mo- dellano la materia, mentre l'intera strut- tura gradualmente si raffredda, sce- gliendo il suo percorso dinamico fra una miriade infinita di possibilità equivalenti, in un gioco di topologie e di spazi alter- nativi. Una sinfonia che deve ad Einstein gran parte dei suoi temi, dei suoi movi- menti, delle sue armonie e che è certo la più grande delle sue eredità: un nuovo modo di pensare».

Il presente lavoro è essenzialmente il testo di una conferenza tenuta su invito dell’As- sociazione Amici del l’Arte di S. Eufemia della Fonte, Brescia, l’11/5/2005, e repli- cata presso il Liceo C. Marzoli, Palazzolo sull’Oglio (BS), il 5/3/2007.

Ringrazio entrambe le istituzioni per il loro gentile invito e per la loro cortesia e di- sponibilità. Tali occasioni mi hanno per- messo di leggere e rileggere numerosi scritti del grande scienziato di Ulm, dal fa- scino perenne.

Un affettuoso ringraziamento va a mia moglie (e collega) Elena per i suoi preziosi consigli e per il suo sostegno, come pure a mio figlio Marcello. Questo modesto lavoro è rivolto principalmente ai giovani come lui.

Mauro Spera Università Cattolica, Brescia

BIBLIOGRAFIA

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S.W. Hawking, J.F.R. Ellis The large scale structure of space-time, Cambridge University Press, Cambridge 1973. L.D. Landau, E. Lifšits, Teoria dei campi, Editori Riuniti - MIR, Roma 1976.

T. Levi-Civita, The absolute differential calculus, Dover, New York 1977.

C.W. Misner, K.S. Thorne, J.A. Wheeler, Gravitation, W. H. Freeman, San Francisco 1973. R. Penrose, Il grande, il piccolo e la mente umana, Raffaello Cortina, Milano 1998. M. Rasetti, Albert Einstein, Franco Angeli, Milano 1987.

C. Rovelli, Quantum Gravity, Cambridge University Press, Cambridge 2004. R. Wald, General Relativity, The University of Chicago Press, Chicago 1984.

3. Lettera a M. Solovine, 30 marzo 1952.

È

da molti lamentato il fatto che nell’insegnamento scientifico non compaia mai la dimensione tem- porale. L’insegnamento è, per così dire, ridotto ad una coordinata temporale che, tuttavia, è fuori della storia, sia delle idee, che delle tecniche, che del linguaggio. E tuttavia, come, quando si percorre un erto sentiero alpino fa piacere contem- plare dall’alto il cammino compiuto e scoprire la logica del percorso, così sa- rebbe auspicabile fosse nell’insegna- mento. Purtroppo, è difficile trovare testi che si prestino alle esigenze didat- tiche, poiché già nel settecento l’apparato teorico diventa di difficile accesso, tanto che si distingue tra fisica e fisica matema-

tica non solo nelle memorie indirizzate

ai dotti, ma anche nei manuali scolastici. Ciò che si può fare è andare alla ricerca dei testi che segnano la nascita di un nuovo paradigma scientifico, quando gli autori si cimentano soprattutto con concetti nuovi che non hanno ancora trovato una formalizzazione matematica. Un magnifico esempio è rappresentato dal Trattato sull’equilibrio dei liquidi di Pascal, pubblicato qualche anno dopo la morte del suo autore nel 1663 e che in- dicò un terreno scientifico ricco di problemi e aperto a nuove ricerche. La lettura di passi di questo saggio è

estremamente interessante – oltre che fa- cile – per vari motivi. Per il linguaggio utilizzato, in cui non vi compaiono ter- mini attualmente di uso comune, perché illustra come veniva fatta nel ‘600 la ri- cerca scientifica, per l’uso di unità di mi- sura strane ed inconsuete (per noi) e, in- fine, per il modo di rappresentare i valori delle grandezze fisiche. Vi è un al- tro motivo di interesse ed è l’assenza di formule. Le formule, nell’immaginario collettivo, e anche per colpa della tradi- zione didattica, sembrano rappresentare l’essenza della fisica.

Negli scritti degli autori del seicento le relazioni tra grandezze sono espresse sot- to forma di proporzioni: il grande mo- dello è quello della geometria di Euclide e di Archimede, perfino dopo Newton. Il testo che proponiamo di portare in classe è, ovviamente, scritto in francese secentesco e l’abbiamo tradotto cercando di restare fedeli all’originale. Si tratta del calcolo della massa dell’atmosfera terre- stre e, prima di affrontare la lettura è ne- cessario che i ragazzi facciano il calcolo in classe, utilizzando dati e forme mo- derni.

Il che significa, per esempio, ricordare che l’area della superficie della sfera è data da 4πR2, cosa che, ai tempi di

Pascal, si enunciava in modo diverso.

Un’attività didattica