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e la meccanica quantistica

Pochi anni dopo la relatività generale prende forma definitiva l'altra grande teoria fisica del Novecento, la meccanica quantistica il cui punto di partenza fu la famosa ipotesi di Planck (1900). Non abbiamo qui il tempo di sviluppar- la, basti dire che, per molti versi, essa ri- sulta assai più enigmatica della relatività, anche perchè introduce aspetti indeter- ministici nella fisica e, pur se dotata di un potente e preciso formalismo mate- matico, e risulti finora corroborata da tutti gli esperimenti, manca di un chiaro significato intuitivo e lascia molti inter- rogativi aperti, tra i quali la dispersione dei pacchetti d'onda, le inconsistenze nella descrizione del processo di misura (e sì che la meccanica quantistica nasce all'insegna dell'esse est percipi, rigettando le quantità non osservabili), la non lo- calità e il conseguente intreccio quanti- stico (entanglement), il Gatto di Schrö- dinger, l'Amico di Wigner, i mondi pa-

Nuova Secondaria - n. 7 2013 - Anno XXX

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ralleli, il teletrasporto, il calcolo quan- tistico. Essa nacque in due forme diffe- renti ma equivalenti, come meccanica on-

dulatoria (Schrödinger, 1926), e come meccanica delle matrici (Heisenberg,

1925).

La prima è più naturale: sussiste infatti un'analogia formale tra meccanica e ot- tica geometrica, e quest'ultima è un caso limite dell'ottica ondulatoria; la meccanica quantistica deve essere allora il caso limite di una meccanica ondula- toria. La seconda, più astratta e «rivolu- zionaria», riconosce nella spettroscopia atomica nuove «regole del gioco», inter- pretabili in senso matriciale. Alla base di questi due modi ci sono però due visioni profondamente differenti; alla fine pre- vale la cosiddetta interpretazione di Co-

penhagen (N. Bohr - Congresso Solvay,

1927) della stessa, che rinuncia comple- tamente ad un'intepretazione «realistica» della «funzione d'onda» che descrive lo stato di un sistema fisico in favore di una probabilistica (M. Born), asserendo che ciò è comunque il massimo che si può ottenere, e che un «completamento» del- la teoria è logicamente insostenibile. Il Principio di Indeteminazione di Heisen-

berg chiarisce quantitativamente l'impos-

sibilità di un'ipotetica descrizione com- pleta dello stato di un sistema. Il Prin-

cipio di Complementarità di Bohr stabi-

lisce che le due descrizioni, corpuscolare (nelle interazioni) e ondulatoria (nel moto indisturbato) della materia, pos- sono essere usate, ma non contempora- neamente: esse sono il retaggio della no- stra visione classica del mondo, che per forza di cose non può adattarsi al mi- cromondo.

La funzione d'onda può vagamente es- sere assimilata ad un «oggetto impossi- bile» (si pensi ad una tribarra di Penrose, che non può esistere nello spazio ordi- nario, ma che comunque può essere coe- rentemente descritta in senso mate- matico).

Il realismo di Schrödinger, Einstein e de Broglie esce sconfitto. Einstein, che pure è di fatto tra i fondatori della teoria dei quanti, e ha scritto lavori de- cisivi sulla teoria della radiazione quan- tistica - sulla derivazione della legge del corpo nero dall'ipotesi generale di quan- tizzazione di Bohr e sul significato delle regole di quantizzazione di Bohr-Som- merfeld (quest'ultimo lavoro verrà let- teralmente ignorato per quarant'anni e riscoperto da Keller nel 1958), tutto que- sto poco dopo il completamento della memoria sulla relatività generale - fino alla fine rimarrà scettico, accettandone comunque l'aspetto statistico, ossia come descrizione corretta di aggregati di particelle, e continuerà a cercare in-

cessantemente una teoria «che descriva i fatti stessi, non le loro probabilità»: «La meccanica quantistica è degna di ogni ri- spetto, ma una voce interiore mi dice che non è ancora la soluzione giusta. È una teoria che ci dice molte cose, ma che non ci fa penetrare a fondo nel se- greto del gran Vecchio. In ogni caso sono convinto che questi non giochi a dadi col mondo».

«Le nostre prospettive scientifiche sono ormai agli antipodi, tu (rivolto a Max Born) credi che Dio giochi a dadi con il mondo; io credo invece che tutto obbe- disca ad una legge, in un mondo di realtà obiettive che cerco di cogliere per via fu- riosamente speculativa. Lo credo ferma- mente, ma spero che qualcuno scopra una strada più realistica - o meglio un fondamento più tangibile - di quanto non abbia saputo fare io.

Nemmeno il grande successo iniziale del- la teoria dei quanti riesce a convincermi che alla base di tutto ci sia la casualità, anche se so bene che i colleghi più gio- vani considerano questo atteggiamento come effetto di sclerosi. Un giorno si sa- prà quale di questi due atteggiamenti istintivi sarà stato quello giusto...» Gli ultimi anni della vita di Einstein sono particolarmente dedicati alle cosiddette teorie unitarie (questo filone di ricerca risale al 1922), ulteriori ampliamenti del- la relatività generale atti ad abbracciare l'elettromagnetismo e i fenomeni micro- scopici, nel tentativo di trovare uno schema alternativo alla meccanica quan- tistica.

«D'altronde scoprire se tali soluzioni (delle equazioni di campo generalizzate, prive ovunque di singolarità) esistono o meno è superiore alle possibilità attuali della matematica...», «...ma io non ho an- cora gettato la spugna e mi ci arrovello notte e giorno. È una sorte felice quella di essere catturato fino all'ultimo dal fa- scino del lavoro. Diversamente troppo si soffrirebbe della stoltezza e della demen-

M.C.Escher, Tribarra di Penrose.

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za umana, come vengono alla luce so- prattutto nella politica.».

Tuttavia, con umiltà, accettava anche la possibilità di essere in errore: «...Ma con- sidero tranquillamente possibile che la fisica non possa essere in realtà fondata sul concetto di campo, ciò su strutture continue. Nel qual caso non rimarrà

niente, nè di tutto il mio castello in aria,

nè della restante fisica contempora- nea».