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Le crisi e il mutamento di un modello sociale e politico

Solidarietà sociale: storia, teorie e pratiche

2.3 La svolta degli anni Settanta e la ricerca di paradigmi solidal

2.3.1 Le crisi e il mutamento di un modello sociale e politico

Gli anni Settanta sono un momento significativo per quanto riguarda la solidarietà e il Terzo settore. Questa fase storica è un punto di svolta nei modelli di vita delle società occidentali, che descrivo brevemente qui di seguito.

Alain Touraine nel 1969 nel testo la Societé post-industrielle ha definito questa transizione come il passaggio ad una società post-industriale. In essa la maggior parte dei lavoratori non è più coinvolta nella produzione di beni materiali, cresce il settore terziario e si diffondono le tecnologie informatiche e l’automazione della produzione, con conseguente riduzione del numero degli addetti alle industrie. Il mutamento imposto dalle nuove tecnologie è alla base di una “società di rete” secondo Castells ([1996-2000] 2014). Questo contesto viene descritto da diversi autori come una transizione dalla modernità ad una “tardo modernità” (Giddens [1990] 1994), “modernità riflessiva” caratterizzata da una “società del rischio” (Beck [1986] 2013), “postmodernità” composta da una

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“società liquida” (Bauman [2000] 2002). Un’epoca di fine delle grandi narrazioni sul mondo e sulla realtà (Lyotard [1979] 1981).

È questo inoltre il momento all’origine della crisi del welfare state e dello sviluppo del neoliberismo, del crollo dei partiti di massa e della crisi della democrazia rappresentativa, delle crisi sociali e culturali che hanno accompagnato la globalizzazione e l’individualizzazione – fenomeni oggi ulteriormente rafforzati e cambiati – di cui ho reso conto nel primo capitolo (§1.1). Il Sessantotto sancisce la crisi dei partiti e del modello tradizionale di politica, una rottura che ancora oggi si sta producendo; è il momento in cui si esprimono dure critiche ai partiti tradizionali tramite la prima stagione dei movimenti. Questi sono espressione di individualismo e ricerca di nuove identità. Il modello del catch-all party di Otto Kirchheimer descriveva come i partiti fossero sempre più direzionati verso un modello unico di partito, sempre più istituzionalizzato e sempre più lontano dalla base sociale e segnava un allontanamento della politica dagli elettori. Oltre ai movimenti, negli anni Settanta esplode l’attivismo nelle organizzazioni non governative nel settore dei diritti umani, il quale passa da essere appannaggio delle élite a interessare masse sempre più ampie di persone (Eckel 2013). Mentre i movimenti hanno risposto alla crisi della politica tradizionale politicizzando la vita privata, all’opposto le organizzazioni non governative nate nello stesso contesto sempre più si sono difese dal contesto della guerra fredda dietro lo scudo dell’imparzialità (Miedema 2019).

Le nuove identità esprimono un diverso universo culturale e valoriale, che ha portato a temere una perdita di qualunque valore e qualunque etica, insomma il processo di individualizzazione e sganciamento dalle istituzioni tradizionali veniva – e molto spesso viene ancora – interpretato come una sostanziale crisi valoriale e culturale a cui porre argine da alcune più limitate retroguardie. Inglehart ha efficacemente descritto questo ribaltamento di valori (1977) nelle società industriali avanzate.

Molte letture si sono concentrate spesso anche sulle giovani generazioni che a partire dagli anni Ottanta, sono state spesso considerate apatiche e poco partecipative, specie in paragone con le generazioni del Sessantotto. In particolare, si è messo in luce l’orientamento al privato dei giovani (de Lillo 2007) e lo loro “eclissi dalla politica” (Ricolfi 2002).

A partire dalla seconda metà degli anni Settanta il welfare state chiude notoriamente la sua il suo Trentennio glorioso. Il cambio di scenario non è solo legato alle trasformazioni politiche, valoriali e sociali, ma anche da uno scenario economico e demografico differente (Kazepov e Carbone 2018). Facendo una rapida rassegna, dal punto di vista del sistema economico e produttivo cambia l’organizzazione del lavoro e il mercato diventa globale, dal punto di vista

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demografico la popolazione invecchia, la crescita dipende maggiormente dalle migrazioni piuttosto che dai nuovi nati, i modelli familiari sono nel complesso differenti. Le sfide con cui si confronta lo stato sociale riguardano non solo i classici problemi riguardanti le disuguaglianze, dato anche l’affievolirsi del concetto di classe: l’esclusione sociale e la vulnerabilità sono i nuovi rischi di una generazione precaria (Standing [2011] 2012). Castel ([2009] 2015, 23) descrive in questo senso gli “individui per difetto” quelli che «mancano non solo di risorse

materiali, ma anche di appartenenze collettive» (corsivo mio) e che senza supporto

di uno stato sociale rischiano di non poter essere pienamente individui. I rischi diventano quindi condizione strutturale della biografia personale di ognuno (Beck [1986] 2013) e dipendono in larga parte da quello sganciamento istituzionale che lascia l’individuo solo ad affrontare i rischi del quotidiano.

A fianco al welfare state in crisi – e secondo molti a causa di – ad esempio Weisbrod (1975, 1991, 1998) - dagli anni Ottanta si registra una decisa diffusione del Terzo settore. Differenti riflessioni su la commistione pubblico e privato e sulla realizzazione di un welfare mix hanno cercato di rispondere alla crisi dello stato sociale.

Il welfare cambia natura e diviene misto da un lato e più focalizzato in politiche di attivazione. Il Terzo settore tramite la coproduzione dei servizi sociali favorisce una partecipazione della società civile (Pestoff 2012), superando un modello basato esclusivamente sull’azione statale. Ascoli e Ranci (2003) propongono una classificazione dei diversi modelli di integrazione fra settore pubblico e Terzo settore, rilevando l’importanza di quest’ultimo in particolare nell’ambito dei servizi di cura e la sua estrema dipendenza dai finanziamenti pubblici. Si afferma il principio di sussidiarietà che entra in gioco in questo cambio di ruolo dello stato sociale. Sostenuta a livello comunitario, la sussidiarietà entra nel sistema costituzionale italiano tramite la legge costituzionale 3/2001. Questa definisce la sussidiarietà verticale, ossia una differente allocazione delle competenze delle funzioni a livello della dimensione locale, e la sussidiarietà orizzontale ossia una competenza della società civile nell’amministrazione locale. Bruni e Zamagni quando trattano di economia civile (2014) o Arena (2006) e Moro (2013) quando scrivono di cittadinanza attiva si rivolgono al principio di sussidiarietà come fondativo di un nuovo modo di concepire l’economia e l’amministrazione dei servizi.

In questo senso le trasformazioni dette vanno in direzione di una maggior attivazione del singolo cittadino, ora sempre più chiamato e legittimato a farsi parte attiva nei sistemi di welfare. Molti paesi europei hanno quindi implementato politiche dirette verso un’attivazione dei cittadini (Kazepov 2002; Van Berkel e Møller 2002). Il rischio è quello di trovare vincenti e perdenti nella sfida dell’attivazione, ossia gli “individui per difetto” (Castel [2009] 2015), ora

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doppiamente penalizzati non solo dalla mancanza di risorse materiali ma anche delle risorse sociali per poter partecipare. In questa chiave alcuni economisti hanno rafforzato le riflessioni sulle capabilities (Nussbam e Sen 1993) e sul sostegno indirizzato all’emancipazione piuttosto che alla dipendenza, come ad esempio con le politiche di microcredito (Yunus [1997] 1999).

Se il secondo dopoguerra aveva fatto pensare che sistema capitalistico e

welfare keynesiano fossero un’integrazione perfetta, la ritirata dello stato sociale

e l’avanzamento del capitalismo globale ha posto le basi per il neoliberismo e la sua critica. Lo sviluppo di dottrine politiche ed economiche centrate alla critica dell’assistenzialità ed eccessiva regolamentazione dello stato sociale hanno aperto le porte a una de-regolazione e de-politicizzazione di molte sfere politiche ed economiche. Gli evidenti limiti del welfare state però non hanno trovato soluzione efficace in queste politiche neoliberiste e neoliberali, piuttosto spesso hanno rafforzato una retorica e una regolamentazione che ripiega sui singoli soggetti i rischi sociali, non più assorbiti efficacemente dallo Stato.

Il Terzo settore e le riflessioni sulla solidarietà, si sviluppano quindi in un contesto in cui la politica viene progressivamente sostituita dall’economico. Non casualmente differenti economisti cercano soluzioni per integrare la solidarietà, il sociale, nei modelli economici. Si ricercano paradigmi terzi che abbiano un approccio solidale alle nuove sfide del presente.