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Dalla solidarietà al capitale sociale

Solidarietà sociale: storia, teorie e pratiche

2.2 Il dibattito scientifico sul termine e suoi dualism

2.2.3 Dalla solidarietà al capitale sociale

La solidarietà viene posta al centro della nuova disciplina sociologica e nasce nel contesto nel quale i mutamenti sociali imponevano di rispondere a nuove domande sull’integrazione sociale. Per via di ciò la solidarietà sociale è affiancata a termini più o meno coincidenti quali quelli di legame sociale, integrazione o

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coesione sociale e capitale sociale. Gallino (2014), nel dizionario di sociologia, anzi considera altri termini più adatti a definire quel che si intende oggi per solidarietà sociale:

[…] caduto pressoché in disuso nel lessico contemporaneo, la tematica ad esso soggiacente viene discussa ormai da decenni sotto la veste di concetti quali integrazione sociale, consenso, sistema sociale.

Durkheim per primo indaga il legame sociale, il legame fra individuo e individuo, sostenendo che questo non si possa ritrovare solo nelle società tradizionali, ma anche in quelle moderne e differenziate. Ancora oggi le linee di riflessione sul legame sociale seguono il percorso di legame nell’uguaglianza, nella comunanza di interessi e delle condizioni sociali e il legame nella differenza. Il legame sociale viene inteso come ciò che tiene insieme la società e produce pertanto integrazione o coesione sociale. In questo senso solidarietà sociale è sinonimo di integrazione e coesione.

Le riflessioni sull’integrazione sociale nascono in un contesto nel quale si cercava una visione sistemica che permettesse di definire e mantenere l’ordine sociale, il quale «non più percepito dagli uomini come naturale scontato – diventa un elemento da studiare scientificamente e da costruire razionalmente –» (Raffini 2011, 450). La partenza fortemente positivista e organicista di Comte o Saint Simon sono rapidamente messe in parziale discussione. Tutte queste considerazioni partono dal presupposto di fondo, del resto, che la solidarietà sociale sia un fatto, che può tuttavia incontrare manifestazioni di frammentazione quando il legame sociale si spezza e l’individuo è isolato. In questo senso già i classici affrontano ciò che non è e non forma solidarietà: Durkheim tramite il concetto di anomia, Marx con l’elaborazione di riflessioni sull’alienazione e Weber grazie agli studi sulla burocratizzazione (ivi). Oggi la ragione per cui si discute la solidarietà e se ne teme la sua assenza è invece legata a fenomeni di precarietà (Standing [2011] 2012, Castel [2009] 2015), paure e insicurezza (Beck [1986] 2013, [1994-1996-1997] 2000), di solitudini (Bauman [1999] (2008), legate alla riduzione del mondo a mercato (Latouche 1998). Questo insieme di preoccupazioni viene spesso identificato con l’affermarsi del neoliberismo, definito da Dardot e Laval [2009] (2013) la “nuova ragione del mondo”. In questo senso la coesione sociale è più vicina all’universo semantico della solidarietà, che non al concetto di integrazione: viene richiamata quale rimedio alla povertà, all’esclusione e alla disoccupazione (Riniolo 2013).

Società civile e Terzo settore sono legate in doppio senso alla solidarietà e sono oggi spesso richiamati anche dagli stessi attori istituzionali come rimedio alla frammentazione sociale. In primo luogo, perché tradizionalmente rappresentano il sentimento morale di cooperazione verso l’altro e verso la comunità e in secondo luogo perché considerati, da parte degli scienziati politici

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e sociali, spazi dove si produce e riproduce il legame fra individui. In questa seconda accezione è utile tracciare i legami della solidarietà e del Terzo settore con il concetto di capitale sociale.

Le teorie del capitale sociale hanno dato origine prima alle teorie sulla società civile e in seguito sono state ugualmente adottate per la concettualizzazione del Terzo settore. E infatti, in parallelo al dibattito sulla solidarietà e il solidarismo si sono sviluppate delle riflessioni su cosa sia società civile e società politica che sono state poi riprese e rielaborate dagli studi sul Terzo settore, in particolare tramite le ricerche sul capitale sociale di tradizione tocquevilliana – che pure non è l’unico modello, opposto specialmente al modello marxista e poi gramsciano di società civile –.

Il concetto di capitale sociale ha diversi punti in comune con quello di cultura

civica. La partecipazione sociale e la partecipazione politica sono fino dai tempi

di Tocqueville considerate bacini vicini e complementari.

Almond e Verba (1963) hanno compiuto un primo lavoro sistematico sulla cultura civica e la democrazia, tramite la ricerca comparata in cinque nazioni (Messico, Italia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti). Sostiene Laitin (1995, 168) che «la variabile dipendente implicita di molte parti empiriche di The Civic Culture non era la democrazia, ma la partecipazione democratica» e da queste ricerche è emersa la prima analisi piuttosto critica della realtà italiana, collocata tra le cinque nazioni più in basso quanto a cultura civica. Queste considerazioni hanno prodotto una serie di analisi sul contesto italiano del dopoguerra che è stato definito come caratterizzato da “familismo amorale” (Banfield 1958).

Autori come Cartocci (2007) o Putnam (1993) hanno in realtà evidenziato come la realtà italiana sia meglio distinguibile per subculture politiche e civiche e che sia fuorviante voler individuare una cultura civica di base. In questo nuovo quadro in particolare l’Italia del Sud viene rappresentata come richiusa negli egoismi famigliari, con poche associazioni e poco spirito civico, una società “asociale” (Sciolla 2004). Del resto, oggi, classiche distinzioni fra regioni bianche e rosse si vedono sfumare ed è anche nel rinnovamento degli schemi di cultura e partecipazione politica che si rintraccia un mutamento nella costruzione del capitale sociale.

Il termine capitale sociale viene introdotto nelle scienze sociali da Pierre Bourdieu nel 1980 (2015) e poi da Coleman (1988, 1990). Entrambi gli Autori attribuiscono «un “taglio” più individualistico e rational choice all’idea già espressa da autori classici come Tocqueville» (Sciolla 2004, 33).

Bourdieu definisce il capitale sociale come:

Il complesso di risorse, attuali e potenziali, legate al possesso di una rete durevole di relazioni – più o meno istituzionalizzate – di conoscenze e riconoscimenti

114 reciproci; o, espresso altrimenti, si tratta di risorse che riguardano l’appartenenza a un

gruppo ([1980] 2015, 102).

Sciolla evidenzia come con il termine successivamente si intenda «perlopiù mettere in luce quei tre “ingredienti” – valori morali (civicness), aspettative di fiducia, inclinazione associativa – trattati anche dal programma di ricerca sulla “cultura civica”» (2004, 33).

Tratto separatamente lo specifico legame fra capitale sociale e Terzo settore (§3.1.2). In questo momento della trattazione è utile aver evidenziato la vicinanza semantica di concetti quali solidarietà, legame sociale, capitale sociale, società civile e quanto dunque questi siano stati fondamentali nella costruzione del concetto di Terzo settore. Per lungo tempo infatti l’associarsi è stato considerato essenziale elemento di produzione di capitale sociale e quindi di coesione sociale, il che portava a considerarlo come un bene in sé. La recente letteratura critica sul Terzo settore italiano vuole per lo meno mettere in discussione il legame fra l’associarsi e la produzione di esternalità sempre e comunque positive (Moro 2014; Busso e Gargiulo 2016). Gallino (1979) evidenziava anzi che l’associarsi può anche produrre effetti dissociativi in società altamente differenziate. Oggi questi effetti scompositivi sembrano tanto più evidenti con lo stabilirsi di una letteratura sulla mercatizzazione e burocratizzazione del Terzo settore (§3.3). C’è infine da considerare che, cambia il modo di relazionarsi nei gruppi e dell’associarsi (§3.2). É necessario rivalutare il legame fra la produzione di capitale sociale e i suoi tre “ingredienti” tradizionali: civicness, fiducia e associazione.