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Popolazione di riferimento e difficoltà nella sua definizione

Strumenti e tecniche della ricerca empirica

4.1 Popolazione di riferimento e difficoltà nella sua definizione

La definizione della popolazione di riferimento per la ricerca si è strutturata in più passaggi, che hanno condotto alla scelta finale di indagare un numero sufficientemente ampio di casi e di approfondire il fenomeno del dialogo diretto delle agenzie esterne tramite campionamento a cascata degli intervistati.

Le popolazioni di partenza che ho considerato sono dunque (i) l’ipotetico insieme di tutte le associazioni che si occupano di tutela dei diritti e advocacy in Italia, con le loro differenti sedi territoriali e il loro organico, considerando lo staff, i dialogatori in house, i volontari e i donatori; inoltre ho tenuto in considerazione (ii) tutte le agenzie esterne e i loro dialogatori che lavorano tramite esse per le

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organizzazioni di advocacy –; questi operatori, in quanto esterni, non rientrano fra i soggetti che fanno parte delle associazioni selezionate –.

Per quanto riguarda l’insieme delle organizzazioni che si occupano di

advocacy e diritti in Italia, sebbene queste siano effettivamente censite da ISTAT,

ho incontrato difficoltà nell’estrarre dal campione ipotetico un elenco delle associazioni su cui basare la ricerca.

Per compiere un’indagine sul Terzo settore si ha, innanzitutto, a disposizione il materiale raccolto e divulgato da ISTAT64. L’obiettivo della ricerca era

inizialmente di esplorare il campo e successivamente di individuare alcuni casi rilevanti: per questa ragione mi sono interrogata sulla possibilità di estrarre un elenco delle associazioni di advocacy allo scopo di individuarne alcune di maggiore interesse per la ricerca. Ho contattato il laboratorio ADELE, ma un responsabile mi ha informata del fatto che l’accesso allo stesso non è possibile per la figura del dottorando65. Mi sono rivolta allora, per maggiore chiarezza, ad una

ricercatrice ISTAT, la quale mi ha fatto presente che per l’Istituto è possibile rilasciare alcuni microdati – l’elenco delle associazioni per esempio – solo agli enti che fanno parte del SISTAN (Sistema Statistico Nazionale). Non è stato possibile quindi per questa via individuare le associazioni più rilevanti – in termini numerici per diversi parametri – dalla popolazione di riferimento. Le banche dati ISTAT, al di fuori di questa mia ricerca specifica, sono consultabili e questo mi ha permesso di compiere una sintetica analisi di contesto, che ho già introdotto nel primo capitolo. In breve, emerge il minore peso e la minore attenzione statistica per quanto riguarda le organizzazioni di advocacy (§1.2.2).

Una seconda via che ho esplorato per ottenere informazioni è stata consultare i CSV. Ho fatto un tentativo presso il CSV di Genova (CELIVO), per approfondire l’eventuale opportunità e utilità di questa strada, ma diverse ragioni mi hanno condotto alla fine a non ricorrere a questa banca dati. Le fondamentali criticità sono state le seguenti: (i) le associazioni presenti in banca dati CSV sono

64 ISTAT per altro a partire dal 2016 ha fatto partire le rilevazioni del censimento permanente in cui sono anche coinvolti gli enti di Terzo settore, per il tramite dei CSV, cfr <https://www.istat.it/it/censimenti-permanenti/istituzioni-non-profit>.

65 Il laboratorio per l’Analisi dei Dati ELEmentari (ADELE) è lo strumento fornito da ISTAT per accedere ai dati elementari d’indagine «cui non sono stati applicati metodi di controllo per la tutela della riservatezza, a condizione che la richiesta motivi la necessità di questo accesso per scopi scientifici e l’impossibilità di conseguire, attraverso le informazioni già rese disponibili dall’Istat con altri strumenti […], i risultati della ricerca», cfr <https://www.istat.it/it/informazioni-e-servizi/per-i-ricercatori/laboratorio- adele>. Oltre al laboratorio ADELE è possibile accedere al datawarehouse dell’istituto <http://dati-censimentoindustriaeservizi.istat.it/Index.aspx?lang=it> dove sono disponibili i dati relativi ai censimenti e alle nuove indagini campionarie. Tramite questi strumenti, però, non è possibile accedere al riferimento alle singole organizzazioni.

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esclusivamente quelle che, negli ultimi anni, si sono rivolte al CSV per poter usufruire di servizi; (ii) i CSV non raccolgono uniformemente tutti i dati, che sono frammentati e diversi a seconda del CSV – e diversamente accessibili –66. Un

lavoro di unificazione di tutte le banche dati è progettato per i prossimi anni e sta coinvolgendo tutti i centri servizio. Al momento queste informazioni non sono disponibili; (iii) dai dati del CELIVO emerge che le organizzazioni più diffuse sono quelle di servizio, in particolare associazioni come le croci, le ambulanze e l’assistenza ospedaliera. Queste associazioni si interfacciano più facilmente con i CSV, mentre più scarse informazioni ci sono su associazioni che si occupano di tutela dei diritti.

Infine, sono ricorsa ai dati della banca dati online di Open cooperazione67. La

banca dati è compilata liberamente dalle associazioni che decidono di rendersi più trasparenti presso il pubblico.

Vi sono alcune criticità anche per questa banca dati dal momento che (i) la compilazione è su base volontaria, non censisce quindi tutte le organizzazioni, (ii) la banca dati, come suggerisce il nome, ha la vocazione e nasce per rendere trasparente il mondo della cooperazione. Potrebbe quindi escludere associazioni di advocacy e tutela dei diritti a vocazione meno internazionale o meno orientate ad attività di servizio.

Nonostante le citate criticità, tuttavia, questa banca dati si è rivelata la più utile al fine della costruzione di un insieme ragionato di casi da approfondire dal momento che è su base nazionale e fornisce informazioni da parte mia altrimenti difficilmente – o non – accessibili tramite CSV e ISTAT. Ha inoltre utili funzioni di confronto fra le diverse associazioni su diversi punti quali numero di volontari, donatori e staff e budget, oneri di raccolta fondi, distribuzione dei proventi eccetera. Sulla base dei dati di open cooperazione e ulteriori mie valutazioni sono quindi passata a scegliere le associazioni da studiare (vedi §4.2.2).

Per quanto riguarda la popolazione del face-to-face fundraising, ho incontrato difficoltà nella rappresentazione dell’insieme dei dialogatori e delle agenzie. Considerata la rilevanza della figura del dialogatore (per le ragioni delineate in dettaglio al §1.2.3.2) era mia intenzione approfondire questo fenomeno: ciò è

66 Dal momento che molte delle associazioni che ho indagato sono diffuse su base nazionale ma hanno un’unica sede – spesso a Roma o Milano – un’opzione che ho valutato è stata quella di rivolgermi a questi CSV. Ma le criticità evidenziate, riscontrate con il mio tentativo presso il CELIVO, mi hanno condotto a pensare non fosse la soluzione più efficace per individuare casi rilevanti.

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certamente possibile in parte tramite la scelta delle associazioni, ma trascura il rilevante fenomeno del face-to-face fundraising delle agenzie esterne – infatti tramite le associazioni ho potuto intervistare e approfondire solo le dinamiche del face-to-face in house –. Dunque, per restituire la complessità del fenomeno della trasformazione delle associazioni di advocacy, che coinvolge anche agenzie esterne che offrono loro questo servizio di raccolta fondi – non essendo parte integrante dell’associazione, ma fondamentali alla loro sopravvivenza –, ho approfondito parallelamente il face-to-face fundraising esterno.

I dialogatori sono rilevanti non solo in sé, ma anche per la definizione delle associazioni da studiare, in quanto era necessario avere una parte di associazioni che utilizzassero la raccolta fondi tramite dialogatori, per esplorare il face-to-face

fundraising e i suoi effetti in un contesto associativo. Infatti, la particolare natura

della professione rendeva, sulla base degli elementi evidenziati nel §1.2.3.2, fondamentale rappresentare una parte di associazioni che avessero scelto di utilizzare la tecnica del dialogo diretto come strategia di crescita associativa. Era necessario dunque avere innanzitutto contezza totale del numero dei dialogatori presenti sul territorio italiano, o il numero delle agenzie di dialogo di diretto, o almeno il numero delle associazioni che fanno ricorso a questa modalità di

fundraising. La prima attività di ricerca è andata quindi in questa direzione, anche

se delimitare con esattezza questi elementi non è stato possibile per diverse ragioni.

La prima fondamentale ragione è che i dialogatori sono assunti tramite contratto di collaborazione occasionale, solitamente non risultano negli organici delle associazioni e non è quindi possibile stimare, se non tramite interviste od osservazione partecipante, il numero che lavora per un’organizzazione o un’agenzia. Inoltre, solo una parte dei dialogatori lavora alle dirette dipendenze dell’organizzazione (in house), la maggior parte dipende da un’agenzia esterna. Le agenzie sono diffuse sull’intero territorio italiano, ma non esiste un elenco puntuale a cui poter fare riferimento. Ho comunque individuato la maggiore agenzia internazionale cui sono collegate le principali agenzie esterne diffuse sul territorio (la APPCO group), ma naturalmente esistono diverse agenzie indipendenti, più piccole, di cui è difficile conoscere il numero. Una delle ragioni della difficoltà di individuazione è anche il fatto che queste agenzie si interfacciano con le organizzazioni per le quali vogliono lavorare direttamente, mentre la visibilità mediatica rimane sulle campagne o sul brand dell’associazione. Per questo a livello di comunicazione esterna delle agenzie (dai siti, pagine facebook eccetera) non è rilevabile immediatamente la natura o lo scopo del lavoro che spesso può essere collegato a una qualsiasi attività di

marketing. Il lavoro del dialogatore infine ha un alto tasso di turn-over e quindi

anche tramite le interviste è difficile definire in modo esatto il panorama delle agenzie e il numero dei loro collaboratori.

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Dal momento che non esiste un elenco di agenzie o di dialogatori cui fare riferimento, la scelta iniziale è stata quella del campionamento a valanga per individuare i singoli dialogatori; parallelamente ho tenuto traccia delle agenzie cui i miei intervistati facevano riferimento su siti internet e pagine social.

Il campionamento a valanga, orientato alle agenzie esterne, ha avuto un successo parziale, non è quindi stato sufficiente partire dai miei contatti diretti con alcuni dialogatori per ritenere la ricerca completamente soddisfacente.

Per quanto riguarda i dialogatori in house ho ritenuto di chiedere alle organizzazioni scelte l’accesso all’intervista con alcuni. Questa scelta naturalmente presenta alcune criticità: (i) la selezione del campione per mezzo dello staff dell’associazione aumenta il livello di controllo a monte e a valle dell’intervista, (ii) i dialogatori così individuati sono esclusivamente dialogatori

in house e non si accede al dialogatore tramite agenzia.

In sintesi, la mia ricerca sul campo si è divisa fra un’indagine sulla raccolta fondi face-to-face, basata su un campionamento a valanga degli intervistati, e un campionamento ragionato delle associazioni. Questi aspetti non sono distinti: infatti conoscere per chi lavorano i dialogatori esterni mi ha fornito uno strumento in più nella selezione delle associazioni, così come queste ultime mi hanno fornito i contatti per intervistare alcuni dei dialogatori in house. Attenendomi unicamente a una ricerca basata solo sull’analisi dell’associazioni non avrei avuto accesso alla dimensione delle agenzie esterne, che eppure sono fondamentali nel funzionamento di molte associazioni selezionate.

Tramite le prime interviste ai dialogatori per agenzia esterna ho individuato un elenco di associazioni che vi fanno ricorso: ho dunque scelto i casi rilevanti sulla base di queste informazioni e i criteri di cui al §4.2.2.

Il fatto che il campionamento a valanga sui dialogatori esterni e relative agenzie abbia avuto una riuscita parziale – per ragioni che evidenzio in seguito – ha fatto sì che parte prevalente della ricerca sia stata indirizzata alle associazioni, dunque molti dialogatori che ho intervistato sono stati individuati successivamente tra quelli in house delle associazioni selezionate.