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Il mutamento del Terzo settore

3.1 Definire il Terzo settore

3.1.1 Società civile e Terzo settore

Se la solidarietà organica di Durkheim si collocava sullo sfondo e in concorrenza con la solidarietà di classe del movimento operaio e socialista, oggi la solidarietà è invece riscoperta come categoria fondamentale di nuove aggregazioni non partitiche ed è diventata soprattutto in Italia sinonimo di volontariato, motivazione dell’agire politico al di fuori dei partiti tradizionali (Salsano 2008, 111).

Ed è qui che il percorso sul concetto, le teorie e le pratiche sulla solidarietà voleva condurre, ossia alle organizzazioni di Terzo settore in quanto eredi della storia descritta fino ad adesso, per il loro richiamarsi alla solidarietà, al principio del dono e della relazione, facendosi promotrici dei diritti individuali e collettivi dei soggetti.

Prima del concetto di Terzo settore vi è quello di società civile, è opportuno

dunque sintetizzare brevemente le linee di analisi su di essa per poi procedere nell’indagine della tesi.

La società civile, come il Terzo settore, è innanzitutto definita in negativo come quella sfera distinta da Stato e mercato (Smisman 2006, 3) dove trova espressione la cittadinanza che partecipa alla vita sociale della propria comunità. Nelle trattazioni che riguardano la “riemersione” della società civile troviamo narrazioni che superano la dicotomia Stato-mercato individuando sostanzialmente tre o quattro settori. Cohen e Arato (1992, IX) distinguono fra società politica, società economica e società civile, Laville ([1994] 1998, 63) trattando dell'economia solidale ugualmente individua tre sfere: pubblico, privato e il settore di autoproduzione, volontariato e baratto; Donati (1996) invece individua quattro settori: oltre al Terzo settore vi sono Stato, mercato e settore informale. Su avviso di Zamagni e Bruni (2014), il Terzo settore deve essere identificato all’interno di un modello identitario di molto pre-esistente alle recenti analisi sulla sua emersione. Riconduce le organizzazioni della società civile (OSC) alla nascita del principio di sussidiarietà orizzontale rinvenibile in Grozio e Althusius già nel 1615, in quanto «espressione diretta della società civile, cioè come libera adesione di persone ad un progetto da realizzarsi in comune per perseguire interessi collettivi, ancorché non universalistici» (Zamagni 2011b, 17). Moro (2013) rappresenta in sfere parzialmente coincidenti Terzo settore e società civile, intendendo il non profit come lo spazio formale e la società civile quello informale. In questo quadro la cittadinanza attiva afferisce in larga parte all’universo del Terzo settore ma non completamente.

132 Figura 3. Rapporto tra Terzo settore, società civile e attivismo civico.

Fonte: Moro e Vannini (2008, 59).

La società civile è per altro l’elemento con cui spesso viene identificato anche lo stesso Terzo settore o settore non profit oggi, come testimoniato ad esempio dalla decisione del gruppo di ricerca della Johns Hopkins University di sostituire il termine da loro introdotto nonprofit sector con quello di civil society sector (Salamon, Sokolowski e Haddock 2017).

I modelli di società civile hanno naturalmente inciso nell’elaborazione delle definizioni di Terzo settore, e anzi sono spesso coincidenti. Magatti (2005) distingue a proposito quattro modelli: statalista, individualista, associativo e comunicativo.

Nel modello statalista la dicotomia hobbesiana fra stato di natura e società civile identifica sostanzialmente lo Stato con la società civile. La tradizione

individualista di Locke identifica la società civile con la società politica. Quindi il

concetto di società civile nel giusnaturalismo moderno non emancipava ancora la società civile dallo Stato (Bedeschi e Giner 1998).

Il modello tocquevilliano è il modello adottato oggi da gran parte della letteratura, in particolare quella sul Terzo settore in senso stretto. È questo filone che collega la teorizzazione del concetto di capitale sociale all’associarsi, vede infatti nelle associazioni il laboratorio democratico di un Paese. La solidarietà è qui intesa come universale (o organica, à la Durkheim). Questo modello raccoglie molti studi, di differente approccio, riguardanti il capitale sociale, quali Coleman (1989, 1990), Putnam (1993) e Fukuyama (1996) o le riflessioni su modelli di economia non esclusivamente capitalista o monetaria, i modelli di economia civile (Zamagni e Bruni 2014) ed economia solidale (Laville [1994] 1998), il modello antiutilitarista di Caillé (1998). Questo modello intende la società civile come differente dallo Stato, in quanto caratterizzata da una natura associativa e

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relazionale. Differenti correnti si sono sviluppate in questo senso, Magatti (2005) ne individua quattro. La prima ha una matrice liberale, di cui rappresentante è Walzer (2002); sulla base di essa è importante la garanzia del pluralismo, ossia che le appartenenze non siano totalizzanti e identificanti, ma che i membri della società civile possano circolare liberamente nel tessuto associativo. La seconda linea, corporativista, intende i soggetti della società civile come un sostegno al governo e all’amministrazione statale (Magatti 2005). La terza linea mette al centro l’appartenenza comunitaria, per potersi opporre a tendenze all’atomizzazione (Fukuyama 1996). L’ultima linea vede la società civile come lo spazio dell’azione solidale. Ritroviamo qui ad esempio Caillé: la relazione (il dono) è infatti all’origine della società:

Ragionare in termini di interazionismo del dono è adottare un punto di vista radicalmente immanente e orizzontalista, e mostrare come i termini opposti, la base e il vertice si producano e riproducano a partire dallo stesso movimento (Caillé 1988, 47).

Il modello gramsciano di società civile invece parte da un concetto di solidarietà elaborato in chiave marxista, a sua volta tratto dalla concezione hegeliana di società civile. È la solidarietà fra uguali, fra pari detentori dello stesso interesse. L’elaborazione di Gramsci della società civile è però profondamente diversa da quella marxista, si ritiene infatti che la struttura in Gramsci non sia determinante la sovrastruttura, ma viceversa. Egli ritiene che la società civile sia assieme alla politica parte integrante dell’apparato ideologico concettuale, il quale possiede appunto un ruolo egemone.

Si specula inconsciamente […] sulla distinzione tra società politica e società civile e si afferma che l’attività economica è propria della società civile e la società politica non deve intervenire nella sua regolamentazione. Ma in realtà questa distinzione è puramente metodica, non organica e nella concreta vita storica società politica e società civile sono una stessa cosa (Gramsci [1934-35] 1975, Q 4, pp. 38, 460).

In Gramsci la classe operaia è identificata come il soggetto che può e deve esercitare la propria egemonia sul resto della società, ciò dà alla solidarietà un significato avversativo. La società civile è lo spazio dove c’è riproduzione delle idee, dove diverse ideologie valori e interessi cercano di stabilire consenso tramite l’esercizio dell’egemonia. Le riflessioni di Gramsci sono sviluppate da Habermas, il quale, come noto, elabora il concetto di sfera pubblica e agire

comunicativo; Habermas concepisce la società civile quindi come lo spazio dove si

sviluppano idee, valori e cultura. La ricostruzione della storia dell’opinione pubblica ([1962] 2005) sviluppa la questione centrale del riconoscimento dei diritti civili e il progressivo sganciamento del sociale dal politico. La società civile è quindi elemento delle società avanzate, fondamentale per esercitare un controllo sul sistema politico e riconnettere i mondi vitali con gli ambiti sistemici. Cohen e Arato (1992), proseguono le riflessioni di Habermas, individuando nei

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movimenti quegli attori capaci di innovare il sistema politico, secondo gli autori è infatti la tensione fra movimenti e sistema politico che può creare una vera società civile democratica. Definiscono la società civile come il «framework istituzionale di un moderno mondo della vita stabilizzato dai diritti fondamentali che includono all’interno del loro ambito le sfere del pubblico e del privato, dal punto di vista del mondo della vita» (1992). In questo senso, del resto, anche secondo Touraine la società civile è lo spazio dove si può realizzare il processo di soggettivazione, lo sviluppo della propria identità, nella relazione con gli altri e con la propria cultura.

In questa tesi la società civile viene intesa quale spazio proprio di azione solidale e dunque frutto di una differenziazione sociale che la rende attore produttore di “beni relazionali” (Donati 1996, Donati e Solci 1996). In un contesto di individualizzazione dell’azione collettiva, essa è anche lo spazio dove il soggetto può realizzare sé stesso, la relazione con gli altri, la propria cultura e la partecipazione politica: è lo spazio che riconnette i mondi vitali con gli ambiti sistemici. Sarà possibile approfondire questa riflessione nei prossimi paragrafi.