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Decisione Quadro 2003/568/GA

o promessa di utilità”

I) Decisione Quadro 2003/568/GA

Stante la persistente inadeguatezza degli ordinamenti nazionali, il legislatore comunitario torna a prevedere un importante strumento di “riforma” in subiecta materia, stavolta con un grado di vincolatività superiore. Con la stipula del Trattato di Amsterdam, infatti, il settore GAI viene trasferito dal cd. “terzo pilastro” al primo, con la disponibilità a legiferare mediante strumenti coercitivi (regolamenti e decisioni). Non è, del resto, un caso che la Decisione in commento sia il secondo atto comunitario dedicato alla “corruzione nel settore privato” e sostituisca, abrogandola, la analizzata Azione comune del 1998 (cfr. sub Cap. 3, 4.I). Il nono Considerando di tale strumento annette ancora primaria rilevanza al bene-concorrenza246, che dunque costituisce tratto ispiratore della successiva regolamentazione.

L‟art. 2 della Decisione247

incrimina, mediante due differenti disposizioni, la corruzione attiva e passiva.

245

V. Militello, I reati, op. cit. , 706

246

“Gli Stati membri annettono particolare importanza alla lotta contro la corruzione

sia nel settore pubblico che in quello privato, poiché ritengono che la corruzione in entrambi tali settori costituisca una minaccia allo stato di diritto e inoltre generi distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali e ostacoli un corretto sviluppo economico”

247

“Articolo 2: Corruzione attiva e passiva nel settore privato

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le seguenti condotte intenzionali costituiscano un illecito penale allorché sono compiute nell'ambito di attività professionali:

a) promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere; b) sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per

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Tale scelta manifesta, come noto, una divergenza strutturale rispetto al modello italiano. Ciò non dovrebbe, tuttavia, condurre ad esiti sostanzialmente opposti: l‟offerta o promessa della dazione dovrebbero, infatti, trovare conferma nell‟accettazione della controparte, dunque nel perfezionamento del sinallagma. Ciò produce l‟esigenza di incriminare autonomamente fatti di “istigazione alla corruzione”, cui la Decisione Quadro provvede mediante il suo art.3.248

Nonostante ciò, alcuni autori249 sostengono la rilevanza unilaterale delle condotte di corruzione attiva (a prescindere dalla conclusione del

pactum), derubricando il richiesto reato di “istigazione” ad una fase

ancora anteriore al “tentativo unilaterale”: il concorso morale nella condotta del corruttore attivo.

Questo l‟impianto fondamentale del modello tratteggiato: la previsione di condotte estese (promettere, offrire, concedere) da parte di soggetti che esercitino funzioni direttive o lavorative, nell‟ambito di un‟entità del settore privato (con o senza scopo lucrativo), di un intermediario come possibile “mezzo” per la loro concreta effettuazione, l‟attaccamento ad un modello di corruzione propria antecedente.

Si riscontra una limitazione alle sole “attività professionali”: tale nozione deve intendersi come esclusione dal tracciato tipico delle attività occasionali, saltuarie, prive di idoneità a ripetersi250.

Problematica, poi, l‟individuazione del dovere violato, che l‟art. 1 rimanda alla determinazione da parte degli ordinamenti nazionali, pur richiedendo l‟incriminazione di “almeno qualsiasi comportamento sleale

che costituisca una violazione di un'obbligazione legale o, se del caso, una violazione di normative professionali o di istruzioni professionali applicabili nell'ambito dell'attività di una "persona" che svolge funzioni

conto di un'entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere.”

248

“Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie a fare sì che l'istigazione ai tipi

di condotta di cui all'articolo 2 e il loro favoreggiamento siano puniti come reato.” 249

G. Armone, La corruzione nel settore privato, in AAVV Diritto penale europeo e

ordinamento italiano, Giuffrè, Milano, 2006 , 265 e ss. 250

Cfr. D. Perrone, L’introduzione nell’ordinamento italiano della fattispecie di

corruzione privata: in attesa dell’attuazione della l. 25 febbraio 2008, N. 34, in Cass. pen. N° 2/2009, 771

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privato.” Tale definizione non è, tuttavia, in grado di sopire le diatribe

interne al diritto italiano (cfr. retro), circa la natura degli obblighi integranti la presente nozione. Degna di nota la richiesta della “slealtà” della violazione: tale requisito, diversamente modulabile in fase discendente, può costituire clausola di restrizione della presente nozione, nel senso di richiedere o un dolo specifico (connotante fraudolenza) o un danno all‟ente (additivo rispetto al perturbamento concorrenziale)251

. Per ciò che concerne la struttura, ovvia la previsione di una condotta speculare dal versante passivo.

Nella conferma della tutela al bene-concorrenza, il legislatore comunitario richiede la previsione di sanzioni penali (non sufficienti, dunque, altri rimedi di natura civile od amministrativa) per quelle condotte che comportino o possano comportare distorsione della concorrenza. Manca ogni tipo di referente individuale, che invece alloggiava nel testo dell‟Azione comune, con ciò dotando la normativa di un sensibile vaglio al riconoscimento delle sussidiarietà penale. Ad ogni modo, come rilevabile dalla lettura del nono Considerando, la prospettiva di concorrenza che sembra essere accolta dalla norma è quella “macro”, tale comunque da comprendere olisticamente anche gli interessi economici di concorrenti commerciali e consumatori. Ciò significa che le altre condotte corruttive private, non distorsive del regolare funzionamento del mercato, potranno ben essere presidiate con altre sanzioni di natura diversa.

Completa il quadro la previsione di sanzioni privative di libertà personale, in una cornice di almeno uno-tre anni (salva una maggior afflittività), e di sanzioni interdittive.

E‟ previsto, altresì, un sistema di responsabilità degli enti, che richiama da vicino i criteri di imputazione previsti dal nostro d.lgs. 231/2001. In particolare, nel caso di reato commesso dagli apicali sembra applicarsi la nota teoria dell‟immedesimazione: stante l‟aderente potere di rappresentanza, è come se l‟illecito fosse stato commesso dall‟ente,

251

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donde la sua punibilità. Nel caso, invece, di sottoposti, si risccontra un additivo onere dimostrativo: la prova del mancato controllo da parte dei superiori sarà tratto caratteristico dell‟ascrizione di responsabilità (dunque una sorta di “colpa di organizzazione”). Completa il sistema l‟introduzione di un criterio di “beneficio” : ciò che è scontato per fatti di corruzione attiva, meno scontato (anche se non irrealistico, cfr. infra) per fatti di corruzione passiva.