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Promessa o dazione di utilità

o promessa di utilità”

IV) Promessa o dazione di utilità

Vero e proprio tratto genetico della norma, la promessa o dazione di utilità configura quel pactum sceleris che dà disvalore incrementale al reato de quo. Nella promessa ravvisiamo una prospettazione di utilità ad atto compiuto (essendone poi irrilevante l‟effettivo adempimento212

, visto che l‟atto contrario ai doveri posizionali configura, a quel punto, tutto il disvalore del reato), nella dazione, invece, si richiede una traditio materiale (o simbolica, si pensi alla tipica ipotesi di “consegna delle chiavi”). Singolare l‟esclusione dell‟“offerta”, contemplante una generale “messa a disposizione del beneficio” ed incriminata sia negli strumenti internazionali, sia nei reati italiani di corruzione pubblica.

Tali condotte rilevano solo in quanto antecedenti al compimento dell‟atto, l‟incriminazione di ipotesi susseguenti è sembrata echeggiare troppo da vicino infondati doveri di imparzialità, che certo non possono esigersi da funzionari di enti privati (sia pure con le perplessità manifestate sub Cap. 1, 5).

La nozione di “utilità” è discussa dalla dottrina. Ad autori che ne sostengono una caratura esclusivamente patrimoniale (diretta, si pensi al danaro, o indiretta, si pensi ad un viaggio, rispondente ad interessi ludici, ma economicamente stimabile), si contrappongono altri (la maggioranza invero213), che sostengono una qualificazione non patrimoniale. A ben vedere, la risposta a tale interrogativo è data dal ruolo che tale “utilità” occupa nell‟economia funzionale della norma: quella locuzione “a

seguito di”, inserita tra il pactum e l‟atto difforme (che integra

l‟infedeltà), rappresenta un chiaro nesso di causalità psicologica tra i due214. Alla luce di ciò, l‟unica “utilità” che rileva è quella in grado di

212

Foffani, Commento all’art. 2635 c.c., in Commentario breve alle Leggi penali

complementari a cura di Paliero-Palazzo, 2a ed., Padova, 2007, 2635, 1888 e ss. 213

Foffani, Commento, op. cit. , 1888 e ss. ; A. Zambusi, Infedeltà, op. cit. , 1035 e ss. ; E. Musco, La tutela penale, op. cit. , 227 e ss.

214 Cfr. A. Martini, art. 2635 op. cit. , 521 e ss , che ricostruisce un’opzione esegetica

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dispiegare un‟adeguata “forza motivante” all‟atto infedele. Sarà, dunque, necessario apprezzare, caso per caso, l‟impatto psicologico che la prospettazione dell‟estraneo abbia avuto sulla mens dell‟intraneo: se sia, cioè, stata tale da muovere al compimento dell‟atto infedele. Da questo punto di vista, non possiamo escludere che, una volta calata nella psicologia dei soggetti, anche un‟utilità non strettamente patrimoniale sia valsa ad innescare la condotta antidoverosa.

Tale conclusione porta, peraltro, ad una rigorizzazione nell‟interpretazione della fattispecie: si assiste, infatti, ad un ampliamento non patrimonialistico dell‟utilità, ma, parimenti, ad un restringimento “funzionalistico” della stessa. In particolare, rileveranno solo quelle utilità specificamente prospettate in relazione al compimento di uno specifico atto (anche se ne viene esclusa la natura concordata o prevedibile, cfr. infra), con esonero di tutti quei benefit elargiti “in occasione” dello stesso (e dunque ad esso non eziologicamente orientati), o generaliter per creare un clima propizio ad illecite collaborazioni future.

Direttamente correlato a ciò, anche il problema dei ccdd. “munuscula”: modeste regalìe, donativi di modico valore potranno integrare la nozione di utilità di cui all‟art. 2635CC? La risposta a tale interrogativo deve essere data in chiave teleologica:215 dispiegheranno questi ultimi una adeguata forza motivante al compimento dell‟atto? Di volta in volta, la soluzione sarà rinvenuta nel caso concreto, con una precisazione: l‟atto compravenduto dovrà essere oggetto di rigoroso onere dimostrativo. Da qui, la necessità di correlare specificamente il modico donativo al compimento dello stesso, senza poter radicare la sua rilevanza in una

(“a seguito di”) rispetto alla corruzione pubblica (“per..”). Tale dicotomia potrebbe adombrare una possibile recisione con la suddetta causalità psicologica, qualificando il

pactum come mero requisito temporale (anteriore) al compimento dell’atto, il quale

rileverebbe unitariamente, e non in quanto cagionato dall’indebito mercimonio. L’Autore però, dopo aver scrupolosamente tratteggiato questa alternativa, la confuta alla luce di una condivisibile interpretazione teleologica del tipo, che impone di calibrare le scelte semantiche sul disvalore effettivamente perseguito : la vendita infedele di cariche private.

215 Cfr. A. Gargani, La riformulazione dell’art. 318 CP, op. cit. , 627, che, ricostruendo

l’offesa sottesa al nuovo reato, esclude la rilevanza dei munuscula, per non offendere, gli stessi, la “gratuità” dell’azione amministrativa.

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prassi generale di “foraggiamento” dei rapporti (sia pure funzionale al compimento di atti contrari ai doveri d‟ufficio). Per esser più specifici: si dovrà provare (ma cfr. infra) che l‟intraneo ha compiuto quell‟atto proprio a causa di modico dono promesso o dato.

Quanto al beneficiario dell‟utilità, la norma contempla letteralisticamente solo i soggetti qualificati di cui al primo comma, ma la dottrina rileva come ben possano assurgere a ruolo di percettori anche terzi estranei alle suddette qualifiche, a patto che ne derivi un vantaggio anche all‟intraneo qualificato216.

Una precisazione finale: in dottrina si è, talora, proposta una interpretazione letterale della “promessa”, che ritiene sufficiente la mera “formulazione” della stessa, senza il perfezionamento di un sinallagma217

con la controparte (il problema non si pone, invero, per la “dazione”, che contempla strutturalmente una ricezione dalle “mani” altrui). Orbene, tale ipotesi di mancato incontro delle volontà, oltre a rivestire un ruolo assolutamente marginale nella prassi218, conduce ad esiti difformi dalla teleologia della norma. Se il disvalore (iniziale e genetico) è incentrato sul patto corruttivo, sarà ben necessario che quel patto esista nella realtà, con il necessario reciproco consenso (da reato a concorso necessario) che esso impone.

V) Compimento od omissione di un atto in violazione dei doveri