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UNDERLYING COMPOSITION

2.4 IL SAMPLE: TO STEAL OR NOT TO STEAL?

2.4.1 DEFINIZIONE E PROBLEMATICHE

La pratica di utilizzare melodie e frammenti di brani altrui è da più parti ritenuta un naturale metodo di creazione e composizione215. Ovviamente la diffusione delle opere musicali fino all’avvento del sound recording, e dunque la possibilità di fissare su un supporto materiale l’esecuzione musicale, non creava problemi relativamente alle ipotesi di plagio e di

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Iniziate a partire dagli anni ’20, periodo che coincide con l’invenzione del Theremin, strumento che traduce il campo elettromagnetico in suoni.

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Una celebre sperimentazione è quella dei Beatles all’interno dell’albume The Beatles (ma meglio noto con il nome di White Album) con il brano Revolution 9;

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J. SMIERS, M. VAN SCHNIJDEL, La fine del copyright, Viterbo, 2009.

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F. BRANDES, From mozart to hip-hop: the impact of bridgeport v. dimension films on musical

113 violazione dei diritti dell’autore. Anzi, la consuetudine di utilizzare “idee musicali” appartenenti ad altri artisti era avvertita spesso come pregevole citazione ed omaggio. Se per certi versi affiancare un opera di Beethoven ai Public Enemy possa destare qualche accesa reazione da parte dei puristi della musica classica, il fatto di riutilizzare intuizioni elaborate da altri non è altro che la modalità con la quale l’arte si è sviluppata lungo il corso della storia; e non solo l’arte216. Pensiamo alla celebre frase di Newton, il grande

fisico inglese vissuto tra il XVII e il XVIII secolo, nella quale egli ammetteva che non avrebbe mai potuto raggiungere i traguardi che ancora oggi gli sono attribuiti se non fosse stato per il lavoro dei grandi scienziati e pensatori venuti prima di lui: solo alzandosi sopra le spalle dei giganti egli aveva potuto vedere più lontano217. Per quanto riguarda la musica invece, il

problema dello sviluppo di quest’arte si presenta forse più complicato. Essendo, infatti, la musica intangibile, la sua influenza su di un autore piuttosto che su di un altro è un fattore difficilmente riscontrabile e provabile218. Riteniamo sia davvero vano cercare di fissare un limite o delle

regole per poter determinare un confine tra la possibilità di ispirarsi ad un autore e la triste soccombenza alla logica di un plagiatore. Inoltre va tenuto a mente che la melodia può insinuarsi nella mente di un artista ed uscirne sotto una diversa veste, in modo del tutto naturale ed inconscio. I giudici americani si sono più volte dovuti misurare con casi di plagio inconscio219. Questa problematica non è invero rilevante nell’argomento

che andiamo a trattare: il sampling musicale è un atto fisiologicamente volontario. Non può esistere una forma di sampling che non sia frutto

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BRANDES, From mozart to hip-hop: the impact of bridgeport v. dimension films on musical

creativity, cit., 3.

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“If I have seen a little further it is by standing on the shoulders of Giants”, tratta da una lettera a Robert Hooke datata 1676; dalla voce Standing on the shoulders of giants

disponibile all’URL

<http://en.wikipedia.org/wiki/Standing_on_the_shoulders_of_giants>.

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La musica peraltro presenta anche i caratteri di una scienza: è governata da regole matematiche e geometriche. Pensiamo all’esempio fatto nel primo capitolo: il rapporto tra una nota e la sua ottava superiore (di 2 a 1).

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Quello più celebre riguarda uno dei musicisti più famosi della storia della popular music. Infatti George Harrison, chitarrista e cantante dei Beatles, venne chiamato in giudizio per rispondere alle accuse di plagio mosse dall’autore del brano He’s so fine Robert Mack, nel caso Bright Tunes Music del 1976 (Bright Tunes Music v. Harrisongs Music, 420 F. Supp. 177 (S.D.N.Y. 1976)). Alla fine il processo si risolse con la soccombenza dell’ex fab four; lo stesso Harrison ammise che le canzoni erano sostanzialmente identiche e che la melodia della canzone plagiata doveva essergli rimasta in mente, nascosta per molti anni, fino a quando non si ripresentò nel momento di comporre il brano “My sweet lord”.

114 dell’attività cosciente e volontaria del sampler. Come abbiamo visto nel primo capitolo, questa pratica deriva dalle dub versions degli artisti giamaicani, importate negli Stati Uniti sul finire degli anni ’70, riprese ed utilizzate in modo incondizionato dagli artisti rap. La tecnologia digitale ha reso questa pratica di assoluta semplicità: se prima, infatti, i DJs campionavano singole parti di brani attraverso strumenti che oramai possiamo definire rudimentali e creavano così delle basi sulle quali i rappers poi cantavano appunto nello stile “rap” (cioè parlare seguendo un certo ritmo, in un susseguirsi di versi in rima prevalentemente baciata o con allitterazioni e assonanze, derivate dal talkin’ blues), ora le possibilità sono aumentate esponenzialmente grazie ai software che consentono un amplissimo spettro di variazioni, effetti, distorsioni sulla parte campionata220.

Nello specifico il sampling si riferisce alla pratica di appropriarsi di una porzione di un sound recording (o meglio, di un brano musicale fissato su di un supporto) esistente e usarlo appunto come campione per comporre un nuovo brano221. Questa nuova modalità espressiva non può certo essere

sottovalutata. Oltre ad avere una forte connotazione sociale (soprattutto nella c.d. Old School, cioè il periodo d’oro dei pionieri del genere agli inizi degli anni ’80), la musica rap (come elemento della più ampia cultura hip

hop, insieme al graffiti writings, al DJing e alla breakdance) si è imposta a livello

commerciale nel giro di poco tempo222. Fino a quel momento il problema

del sampling non si poneva in quanto la diffusione ed il peso commerciale all’interno del mercato discografico di questo genere ancora di nicchia era poco avvertito. Con lo sdoganamento del rap a musica commerciale e la

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Intendiamo strumenti sorpassati come il vinile e i registratori analogici.

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Crediamo sia importante ricordare che con il termine “campionamento” s’intende anche un altro concetto, vale a dire la modalità di registrazione digitale: la traduzione delle onde sonore in codice binario composto da 0 e 1 avviene attraverso il campionamento del brano che si va a registrare. La riproduzione non è altro che la lettura di questo codice da parte di un raggio laser. Non a caso le tecnologie precedenti al digitale sono dette analogiche, perché, in opposizione alla tecnologia digitale, il suono riprodotto è analogo a quello registrato in quanto non vi è stata nessuna codificazione e decodificazione. Dunque, a ragion di logica, e in modo provocatorio, possiamo affermare che qualsiasi brano fissato su supporto digitale è il risultato di un sampling.

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Il best seller dei Beastie Boys “License to Ill”, il loro album di debutto del 1986, volò direttamente al primo posto della Billboard 200 chart, primo LP di genere rap ad ottenere questo straordinario risultato. Fu anche un album record per le vendite: è infatti il disco (pubblicato dalla Columbia Records) che riuscì a vendere più di nove milioni di copie nel minor tempo. Dalla voce License to ill disponibile all’URL <http://en.wikipedia.org/wiki/Licensed_to_Ill>.

115 conseguente esplosione di vendite di dischi di questo genere, le modalità di concessione delle licenze, le questioni relative alla durata del sample, il fair

use, i problemi giuridici prima ancora che economici si sono imposti

all’attenzione dei media ma anche degli stessi artisti, oramai non più certi che le loro modalità espressive fossero del tutto legittime.