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DELL’OPERA

1.3 LA POPULAR MUSIC COME PRODOTTO

1.4.2 LA STRUTTURA DELLA CANZONE E IL RUOLO DEI PRODUTTOR

A partire dalla fine del XIX secolo la canzone nella popular music si è standardizzata in uno schema composto da una serie di elementi che combinati tra loro danno vita ad una forma (la forma - canzone) che si ripete oramai da decenni. Questi elementi sono: l’intro (l’introduzione strumentale: il termine storico in realtà è verse, che però oggi indica un elemento diverso); il verse (in origine consisteva in una parte recitativa, oggi è l’elemento narrativo del brano che solitamente non viene ripetuto); chorus (corrispondente dell’italiano “ritornello”, è la parte principale nella quale è spesso contenuto il titolo della canzone); hook (non consiste in un vero e proprio elemento a sé stante ma è “l’elemento memorabile […], momento del chorus o anche del verse”)113; il bridge (in realtà è elemento assai vago e

variabile nel contenuto; in Inghilterra è detto “middle eight” perché spesso composto da otto battute tra verse e chorus, come stacco netto tra i due); la

coda (l’ultima parte del brano, spesso è una variazione del chorus che

termina sfumando).

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62 Come scrive il musicista e musicologo Fabbri “l’articolazione interna di una canzone (…) ha a che fare con tattiche e strategie dell’attenzione, e della convinzione; le parti di una canzone si succedono con funzioni paragonabili a quelle delle parti dell’orazione descritte e teorizzate dalla retorica”114. La struttura del brano può avere una funzione essenziale nella trasmissione di un emozione, di un messaggio. Pensiamo a molti dei grandi successi dei Beatles, splendidi esempi di canzoni organizzate e di perfetti esperimenti retorici. Infatti la canzone pop è davvero un esercizio sofisticato di retorica, poiché mette in gioco due linguaggi: la musica e il testo115. E’ quindi importante che l’autore valuti in modo approfondito la relazione tra gli elementi in funzione del risultato che vuole raggiungere. Pensiamo alla possibilità di determinare un senso di attesa nella mente dell’ascoltatore, grazie alle strutture musicali, o testuali, o le due combinate insieme116. Oppure mirare al risultato contrario, sorprendendo l’ascoltatore

con una costruzione “a montaggio”, dove varie parti di canzone sono assemblate senza soluzione di continuità; o ancora, catturare l’attenzione del pubblico attraverso una ipnotica “ripetizione di strutture identiche”117.

Un altro aspetto davvero rilevante, che non deve sfuggire ad un buon autore, consiste nell’incapacità dell’ascoltatore di mantenere un’attenzione costante per tutto il brano; affinché il pubblico possa rispondere positivamente alla sollecitazione della musica dovranno essere presenti nel brano dei momenti di intensità superiori agli altri, creando dinamiche che possano spingere l’energia del brano in momenti precisi e ridotti nel numero, affinché la riposta di chi ascolta possa essere massima. Ecco dunque spiegata la funzione dell’hook e di conseguenza della necessità dell’inserimento nelle composizioni di bridge (o middle eight, all’inglese) “monocordi, geometrici e ripetitivi”118 che creino un momento di bassa

dinamica prima del picco d’intensità determinato proprio dell’elemento memorabile, il “gancio”119.

114

FABBRI,Il suono in cui viviamo – inventare, produrre e diffondere musica, cit., 62.

115

FABBRI,Il suono in cui viviamo – inventare, produrre e diffondere musica, cit., 64.

116

Pensiamo alle brevi note di teoria della musica brevemente analizzate: la risoluzione di un movimento verso il grado sensibile nella melodia può creare grande enfasi e suspence per poi trasformarsi in un senso di appagamento e consonanza.

117

FABBRI,Il suono in cui viviamo – inventare, produrre e diffondere musica, cit., 64.

118

FABBRI,Il suono in cui viviamo – inventare, produrre e diffondere musica, cit., 66.

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63 Due sono gli schemi formali più ricorrenti nella popular music, rintracciabili in moltissime composizioni di generi assai lontani tra loro (come i Beatles e il musical americano)120. Il primo consiste nella successione di verse, chorus

e bridge (CB)121, noto anche come schema Tin Pan Alley122; il secondo è

composto da strofa e ritornello (SR), particolarmente caro alla musica leggera italiana. L’elemento che li differenzia è la posizione dello hook: nello schema CB è posto in apertura del brano mentre in quello SR si trova alla fine.

Come dicevamo poc’anzi, l’attenzione al profilo retorico ed emozionale del brano passa anche dalla struttura; lo schema strofa – ritornello è “discorsivo, coinvolgente, additivo, finalistico”123. Il momento di massima

intensità è costruito pazientemente lungo tutta la durata del brano, e può essere semmai ripetuto; ma dato che non può creare lo stesso effetto, è comune la ripetizione alla fine del brano del ritornello ma ad un pitch diverso, un’ottava sopra, aumentando magari la grandezza e la complessità del suono.

Il secondo schema invece è “esclamativo, distaccato, sottrattivo (…). Non è una narrazione, ma una messa in scena”124. Lo hook è all’inizio del brano: evitare un calo d’intensità è più complicato ma l’obiettivo viene raggiunto attraverso un meccanismo di sottrazione (come la ripetizione di un ritornello ma in versione strumentale). Se il primo schema, dunque, non ha possibilità di evolversi e di variare nella forma, il secondo si basa proprio sulla narrazione e continua presentazione di elementi nuovi, con un’inesauribile possibilità di variare le forme.

Tornando all’esempio dei Beatles, essi hanno usato principalmente lo schema CB nella prima parte della loro carriera, spostandosi sullo schema SR nella seconda metà degli anni ’60. Dal punto di vista dei testi, questa alternanza è legata alla ricerca di una immedesimazione del pubblico nelle storie narrate dal quartetto di Liverpool; le canzoni del primo periodo

120

Ma anche nella canzone italiana, come “Sapore di sale” di Gino Paoli o “Nel blu dipinto di blu” di Modugno.

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Spesso la struttura dei brani con questo schema è la seguente: chorus – chorus – bridge – chorus – bridge – chorus.

122

Il quartiere di New York City sede di numerose etichette discografiche a partire dalla fine del XIX secolo.

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FABBRI,Il suono in cui viviamo – inventare, produrre e diffondere musica, cit., 67.

124

64 (con schema CB) descrivevano situazioni vaghe e poco circostanziate, narrate in prima persona; nella seconda fase la narrazione si fece più dettagliata e specifica, oltre che impersonale (grazie all’utilizzo della struttura SR, che garantisce maggiore libertà espressiva), escludendo l’automatica immedesimazione che aveva di fatto contagiato il pubblico giovanile dell’epoca. La maturazione artistica della band si perfezionò anche grazie all’abbandono dello schema CB in favore di quello SR, più complesso e meno immediato; ma l’immediatezza per i Beatles nel secondo lustro dei ’60s, grazie al loro successo senza precedenti, non era più un fattore determinante per scalare le classifiche di vendita.

La struttura della canzone dunque svolge una funzione retorica importante; la composizione di un brano deve seguire le forme della canzone: questo aspetto determina una standardizzazione dei brani di

popular music. Prima ancora dell’analisi della melodia (l’elemento più

riconoscibile di un brano musicale) è opportuno confrontare gli schemi strutturali delle composizioni musicali.

Nel processo creativo della sistemazione della struttura molto spesso intervengono i produttori musicali, cioè coloro che sono chiamati a supervisionare dal punto di vista artistico la produzione del brano (o del disco).