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Il dibattito dottrinale in merito all’intangibilità diritti previdenziali quesiti.

3. Dalla limitata applicabilità della teoria dei diritti quesiti in materia previdenziale alla

3.1. Il dibattito dottrinale in merito all’intangibilità diritti previdenziali quesiti.

L’esigenza di salvaguardare l’equilibrio finanziario emerge anche seguendo il percorso giurisprudenziale in tema di tutela dei diritti quesiti e di leggi pensionistiche che incidono in pejus su rapporti previdenziali ancora in itinere .

Si tratta di un aspetto alquanto problematico: a causa della poliedricità del concetto di diritto quesito; a causa delle difficoltà di rinvenire, specie in materia pensionistica, situazioni giuridiche intangibili; a causa del richiamo al più ampio tema giuridico della successione delle leggi nel tempo ed, infine, a causa delle difficoltà che si riscontrano nella misura in cui si valutano scelte legislative che vanno ad circoscrivere l’efficacia del principio dell’affidamento dei cittadini nelle certezza del diritto.

Innanzitutto, è possibile, grosso modo, definire un diritto come quesito, quando esso “… consegue ad un fatto idoneo a produrlo in virtù della legge vigente al tempo del fatto e che

è immediatamente entrato a far parte del patrimonio della persona, sebbene l’occasione per farlo

252 Nella sentenza citata, la Corte ha dichiarato infondata la questione giustificando la scelta operata dal legislatore per esigenze di contenimento della spesa pubblica, di svincolare i trattamenti pensionistici dall’andamento delle successive retribuzioni e di cercare di salvaguardarne nel tempo il potere d’acquisto e l’adeguatezza attraverso il solo meccanismo della perequazione automatica dell’importo alle variazioni del costo della vita. Tale meccanismo secondo la Corte costituzionale, risulta coerente sia con il prevalente carattere contributivo assunto dal sistema pensionistico sia con la profonda riforma che ha interessato il pubblico impiego ed in particolare la dirigenza pubblica. Riprende a chiare lettere quanto affermato dalla sentenza n. 30 del 2004, l’ord. n. 383 del 2004 con cui viene dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, della legge 17 aprile 1985, n. 141, nella parte in cui non dispone, con decorrenza 1° gennaio 1988, a favore di tutte le categorie di pubblici dipendenti, la riliquidazione della pensione sulla base dei trattamenti economici spettanti al corrispondente personale in attività di servizio.

valere si presenta sotto la nuova legge”253.

La prima difficoltà a cui si va incontro, è rappresentata dalla configurazione di situazione giuridiche previdenziali effettivamente quesite ed intangibili.

Volendo sintetizzare l’ampio dibattito dottrinario su tale tematica, si possono individuare due orientamenti.

Da una parte vi è chi, comeG. FERRARO 254, evidenzia come la teoria dei diritti

quesiti in materia pensionistica presenti sfaccettature del tutto peculiari, a causa innanzitutto del prolungato perdurare nel tempo - coincidente per quasi l’intero arco di una vita - del fatto costitutivo del diritto e della prestazione da eseguire.

Secondo questo primo orientamento, tanto il diritto alla pensione, che si acquisisce non appena maturate le condizioni per chiedere il collocamento a riposo, quanto il

diritto sulla pensione, che si afferma invece al momento stesso del collocamento a

riposo, possono essere qualificati diritti soggettivi perfetti. Con la conseguenza che, per entrambe le fattispecie, si può parlare di diritti quesiti, anche se solo la seconda configuri un diritto di credito, effettivamente esigibile.

Da questa prospettiva, il ‘diritto alla pensione’ è qualcosa di più di una mera aspettativa di fatto. Di aspettativa, secondo questo primo orientamento, è possibile parlare avendo riguardo al solo momento iniziale dell’attività lavorativa non ancora sfociato nello status di soggetto pensionabile.

Si arriva così a sostenere che tali diritti, in caso di ius superveniens, restano tendenzialmente disciplinati dalle norme del tempo in cui furono acquisiti e, rappresentando posizioni giuridiche intangibili, sono insensibili ad ogni disciplina legislativa successiva con efficacia retroattiva255.

A sostegno poi della configurabilità di diritti quesiti in materia pensionistica, G. FERRARO cita a titolo esemplificativo la Legge Amato, nella parte in cui espressamente manifesta la volontà di salvaguardare i diritti quesiti. Secondo l’autore, da ciò si può

253

Definizione richiamata da G. FERRARO, I diritti quesiti tra giurisdizione e legiferazione, in Riv. Dir. del

lavoro, 1995, p. 278 e ss. 254

Cfr.G. FERRARO, I diritti quesiti tra giurisdizione e legiferazione, in Riv. Dir. del lavoro, 1995, p. 278 e ss.

255

A sostegno di tale tesi, G. FERRARO richiama l’orientamento della Suprema Corte, in particolare Corte Cass. Sez. Unite, sent. n. 2995 del 28 settembre 1968, in cui si afferma che “ sono diritti

soggettivi perfetti sia il diritto alla pensione, che perfezionandosi al momento in cui si realizzano le condizioni prescritte dalla legge, acquista efficacia all’atto del provvedimento di liquidazione sia il diritto sulla pensione che, una volta liquidato, è un preciso diritto di credito a prestazione periodica”, percui: “la disciplina applicabile alla pensione è quella stabilità dalle norme in vigore all’atto della cessazione del servizio”. In tale sentenza, poi, la

Suprema Corte si soffermava sulla natura variabile del contenuto quantitativo di tale diritto soggettivo “che si colloca come elemento del rapporto di credito” con la conseguenza che secondo l’Autore “le norme sopravvenute per modificare sia pure ex nunc la preesistente disciplina della perequazione, sarebbero …

ritenere “preservato sia il livello di reddito complessivamente raggiunto che resta intangibile

nonostante i processi di trasformazione e le modifiche regolamentari, sia il processi di maturazione delle aspettative di diritto in itinere in attesa dell’integrale completamento della relativa fattispecie. Il Legislatore, cioè, avrebbe voluto enunciare un principio di intangibilità delle posizioni giuridiche maturate e in corso di maturazione, fissato a quella data e riferibile ai singoli lavoratori”256.

La costruzione della teoria dei diritti quesiti, anche in materia previdenziale, sarebbe secondo l’autore, strettamente correlata alla necessità di tutelare il principio di rilevanza costituzionale di affidamento del cittadino nella certezza del diritto che si pone come limite ad ogni reformatio in pejus ; tutela, questa, che “sembra insita anche

nel significato originario della parola pre-videnza”257.

Di diverso avviso è chi, come M. PERSIANI258, esprime dei dubbi circa la

configurabilità di un diritto quesito alla permanenza del regime previdenziale vigente al momento dell’assunzione e immodificabile nel tempo. Secondo tale Autore esso è qualificabile solo come mera aspettativa.

Come si è avuto modo di sottolineare, M. PERSIANI considera il diritto alla pensione come fattispecie complessa, a formazione successiva, non solo perché i suoi elementi si verificano in tempi diversi, ma anche perché alcuni di questi si intendono verificati a seguito della loro reiterazione nel tempo (es. il versamento dei contributi previdenziali).

Pertanto, proprio perché si è in presenza di una fattispecie a formazione progressiva e successiva, non è configurabile, con riguardo al trattamento previdenziale, una situazione giuridica intangibile e insensibile al fattore tempo.

M. PERSIANI, però, sottolinea come, a tal proposito, problemi possano sorgere con riguardo ad uno dei presupposti per attivare la tutela previdenziale: la contribuzione. Rispetto a tale elemento, sottolinea l’Autore, si porrebbe il problema di accertare se, anche prima del completamento della fattispecie previdenziale, possa ravvisarsi “l’esistenza di posizioni preliminari giuridicamente tutelate e cioè idonee a produrre

effetti giuridici”259 identificabili nel diritto ad una quota di pensione corrispondente “

alla contribuzione già versata ….[od anche]… all’immodificabilità de regime nel quale quei requisiti hanno già avuto realizzazione, ancorché parziale”260.

256

G. FERRARO, op. cit., p. 916. FERRARO, op. cit., p. 916. 257

G. FERRARO, op. cit., p. 914. 258

M. PERSIANI, Aspettative e diritti nella previdenza pubblica e privata, in ADL, 1998, p. 311 e ss.

Similmente, M. CINELLI, I livelli di garanzia nel sistema previdenziale, in ADL, 1999, p. 53 e ss.

259

M. PERSIANI, Aspettative già cit., p. 313. 260

Con riguardo a tali posizioni, l’Autore esclude la configurabilità:

- sia di un diritto alla pensione (inteso come diritto a che si verifichino, fino al loro completamento, tutti gli elementi della fattispecie costitutiva del diritto alla pensione) distinto da un diritto sulla pensione;

- sia di un diritto ad un determinato trattamento previdenziale, ossia “…a che nel

tempo necessario al completamento della fattispecie non venga modificato in pejus la disciplina legale dei requisiti per aver diritto alla pensione o dei criteri di calcolo di quest’ultimo”261.

In entrambi i casi, secondo, M. PERSIANI, sarebbe più corretto parlare di

aspettativa di fatto la cui essenza sta “nell’attesa di un evento (giuridico) più o meno

probabile, ma pur sempre incerto, mancando l’attribuzione di poteri giuridici idonei a garantire il completamento della fattispecie”262.

Da questo punto di vista, l’eventuale compressione delle aspettative dei singoli lavoratori che nutrono interesse a mantenere il regime previdenziale ‘preesistente’, appare giustificato se lo si relazione con un preminente interesse pubblico, collettivo da salvaguardare. In ragione della dimensione pubblicistica e necessariamente solidaristica della previdenza sociale, cioè, tale compressione appare legittima quando è volta a garantire “il mantenimento della tutela previdenziale in relazione alle

disponibilità delle risorse” in quanto “…funzionalizzata alla soddisfazione degli interessi di tutti i soggetti che di quella tutela fruiscono e fruiranno”263.

Il legislatore, così, deve legiferare tenendo conto della rilevanza sociale, collettiva, intergenerazione dell’’istanza’ previdenziale, con la conseguenza che “... il riferimento

ai diritti quesiti nello specifico contesto non sarebbe pienamente pertinente, data l’immanenza (elettiva, nella materia) dell’obbligo costituzionale di solidarietà a fronte del quale …ha motivo di cedere anche l’intangibilità degli stessi diritti già maturati”264.

Sicuramente, l’impostazione della tese fin qui sostenuta, porta a condividere le osservazioni sviluppate in particolare da M.PERSIANI.

Tuttavia, mi sembra che entrambe le teorie delineate sembrano, a tratti, allontanarsi dalla complessità delle garanzie costituzionali del diritto alla pensione.

Penso che le difficoltà che si avvertono nell’approcciarsi alla teorica dei diritti quesiti in materia previdenziali siano dovute alla stessa configurazione dei diritti previdenziali come previsti nel testo costituzionale. Mi spiego meglio.

261

M. PERSIANI, Aspettative già cit., p. 313 .

262

M. PERSIANI, Aspettative già cit., p. 314. 263

M. PERSIANI, Aspettative già cit., p. 316. 264

L’art. 38 cost., infatti, sembra tutelare il diritto alla pensione nella sua fisionomia complessa, che si regge sul delicato equilibrio, sulla tensione tra:

- dimensione statica (nel tempo), che deriva dall’inviolabilità di tale diritto come costituzionalmente riconosciuta e capace di ‘proiettarlo’ in una dimensione intertemporale;

- dimensione dinamica - complementare e funzionale alla prima - e consequenziale alla stessa apertura della disposizione costituzionale alla discrezionalità del legislatore il quale, adattando ai tempi il quantum e il quomodo di tale diritto, garantisce la sostenibilità nel tempo della stessa inviolabilità della prestazione previdenziale.

Rispetto al dettato costituzionale, dunque, le due tesi sopraesposte sembrano adombrare la struttura ‘congenita’, ‘bidimensionale’ (costituzionale e legale al contempo) di tale diritto. Infatti, a ben guardare, se la teoria per prima illustrata sembra ‘sminuire’ la carica dinamica e il carattere pubblicistico del sistema di previdenza sociale, la seconda sembra adombrare, invece, la dimensione ‘statica’ della disposizione costituzionale, nella misura in cui non ritiene configurabile nel nostro ordinamento un diritto alla pensione.

A mio giudizio, l’art. 38 Cost. riconosce e tutela, in quanto inviolabile, il diritto alla pensione. Tuttavia, guardando proprio alla struttura bidimensionale di tale diritto, solo a livello ‘legislativo’ può configurarsi un diritto ad un determinato regime pensionistico, il quale, nel tempo, può subire delle compressioni in ragione di scelte discrezionali operate in base a ragioni di opportunità socio-economica.

Con la conseguenza che, le riforme legislative che estendono retroattivamente un trattamento in pejus potrà incidere solo su questo secondo livello di tutela , senza poter vanificare e pregiudicare la garanzia costituzionale dell’ inviolabilità dell’an e del quid della pretesa previdenziale o, in altro modo detto, andando a garantire nel tempo e a rendere effettivo anche a favore delle generazioni future, quel nucleo inviolabile ‘staticamente’ tutelato dall’art. 38 Cost.

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