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Leggi retroattive in materia previdenziale e principio di affidamento dei cittadini nella

3. Dalla limitata applicabilità della teoria dei diritti quesiti in materia previdenziale alla

3.2. Leggi retroattive in materia previdenziale e principio di affidamento dei cittadini nella

certezza del diritto. Cenni.

Da quanto sopra precisato, emerge con evidenza la stretta correlazione tra la teoria dei diritti quesiti e il più ampio tema della successione delle leggi nel tempo, con riferimento all’incidenza dello jus superveniens sulle situazioni giuridiche pregresse o in itinere.

proprio con riguardo a tali situazioni, specie laddove il Legislatore non abbia provveduto a dettare norme transitorie o di diritto intertemporale.

Ne consegue l’importanza che assume il principio dell’irretroattività della legge, come sancito ai sensi dell’art. 11 II comma delle Disposizioni sulla legge in generale, che, come è noto, stabilisce che “legge non dispone che per l’avvenire”.

Si tratta di un principio legittimante lo Stato di diritto, posto a salvaguardia della sistematicità dell’ordinamento giuridico nel suo complesso e della certezza del diritto.

Tale principio, però, non assurge espressamente a dignità costituzionale: il principio di irretroattività della legge, infatti, è sancito a livello costituzionale solo per la materia penale (ai sensi dell’art. 25 I comma), lasciando così intendere che, per gli altri ambiti, il Legislatore, sulla base di valutazioni di opportunità sociali, politiche ed economiche, possa decidere di estendere gli effetti dello jus superveniens anche a fattispecie pregresse.

Eppure, la questione appare al quanto complessa, specie se si considera che, con tale principio, si miri a tutelare l’affidamento dei cittadini nella certezza del diritto.

Quest’ultimo, infatti, si pone come interesse meritevole di tutela anche costituzionale. Esso, cioè, godrebbe di una tutela costituzionale indiretta, in quanto “riflesso della tutela della dignità umana nel contesto di una concezione personalistica dei rapporti

tra cittadini e potere, in cui la persona non è solo bene disponibile”265 Da questo punto di

vista, dunque , tale principio mostrerebbe la sua rilevanza quando la sua lesione “sia

arrecata prescindendo dalla considerazione dell’esistenza di una relazione tra l’attività legislativa e i suoi titolari, tale da comportare , tramite la lesione degli interessi materiali di cui sono titolari, la violazione della loro dignità di soggetti giuridici e tale da precludere il libero sviluppo della personalità che è il valore di fondo della garanzia offerta dall’art. 2 Cost.”266.

A tal proposito, non si deve dimenticare, infatti, che anche la Corte costituzionale ha più volte rimarcato l’importanza del principio della irretroattività della legge e dell’affidamento del cittadino nella certezza del diritto, a partire dalla decisone n. 118 del 1957, in cui l’irretroattività della legge viene qualificato come principio fondamentale di civiltà giuridica267.

265

Cfr. S. TORRICELLI, Le modifiche retroattive in pejus della normativa pensionistica: il limite dell’affidamento, in Dir. pubblico, 1998, p.777 e ss. (in particolare p.814); F. MERUSI, L’affidamento del cittadino, Milano.

266

Così, S. TORRICELLI, op.cit., p. 814.

267

In tale sentenza, la Corte costituzionale affermava che “il principio generale della irretroattività delle

leggi presenta un’antica conquista della nostra attività giuridica …essa non è mai assurto nel nostro ordinamento alla dignità di norma costituzionale, né vi è stato elevato dalla vigente costituzione se non per la materia penale”. Ed

ancora : “per le materie diverse da quella penale l’osservanza del tradizionale principio , è dunque rimessa - così

Nonostante le affermazioni ‘di ampio respiro’ contenute nelle decisioni della Corte, la difesa del principio di irretroattività delle leggi si è nel tempo attenuata , in ragione del bilanciamento che deve essere effettuato tra tale principio ed altri valori costituzionali.

Con la conseguenza che la Corte costituzionale ha avallato l’esercizio di una discrezionalità sempre più ampia, da parte del Legislatore, nell’ emanazione delle leggi in materia pensionistica, che introducessero, con efficacia retroattiva, un trattamento previdenziale peggiore rispetto a quello precedente.

Tuttavia, questa discrezionalità non si è mai tramutata in ‘libertà’. Vale a dire che la Corte costituzionale si è sempre riservata, anche in materia previdenziale, la possibilità di valutare, sotto il profilo della ragionevolezza delle scelte legislative, lo jus superveniens qualificando l’intervento legislativo, come irragionevole, quando esso si traduce “in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali

fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica”268.

L’analisi della giurisprudenza costituzionale in tale ambito va così condotta esso attenersi, essendo, sianel pubblico sia nel privato, la certezza dei rapporti preteriti (anche se non definiti in via di giudicato, transazione ecc…), uno dei cardini della tranquillità sociale e del vivere civile”. Affermazione che,

come un leitmotiv, in modo più o meno incisivo, come si avrà modo di sottolineare, sarà ripreso dalla giurisprudenza successiva . Si vedano, tra tante: Corte cost.: sent. n. 349 del 1985; n. 822 del 1988; n. 155 del 1990; n. 397 del 1990; n. 6 del 1994.; 390 del 1995; n. 126 del 1997; n. 211 del 1997; n. 416 del 1999; n. 525 del 2000; 446 del 2002.

268

Come spesso la Corte afferma. Vedi sentenze citate in nota precedente, tra cui, in particolare, sent. 390/1995; sent. 416 del 1999 consultabile in Mass. Giur. Lav, 2000, p. 130 e ss. con commento di A. CELOTTO, Un importante riconoscimento del principio di «affidamento del cittadino nella sicurezza

giuridica» o in Giur. Cost. 1999, 3641 e ss., con nota redazionale di A. CELOTTO e con commento di P. CARNEVALE, “... Al fuggir di giovinezza ... nel doman s'ha più certezza”(Brevi riflessioni sul processo di

valorizzazione del principio di affidamento nella giurisprudenza costituzionale), ibidem, 3643 e ss.. Più

recentemente, spiegano le dinamiche del giudizio di ragionevolezza e di tutela del principio dell’affidamento del cittadino nella certezza del diritto, Corte cost., sent. n. 446 del 2002, con cui la Corte dichiara, tra l’altro, infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 comma 41 della Legge n. 335 del 1995, sollevata in riferimento agli art. 2, 3, 36 e 38 cost., nella parte in cui prevede l'applicazione delle relative disposizioni anche al trattamento di reversibilità spettante al coniuge superstite di lavoratore collocato in pensione prima della data di entrata in vigore della legge stessa e in particolare per quello deceduto dopo. La Corte, in tale decisione affermava, ancora una volta che, anche in materia previdenziale, il legislatore può modificare la disciplina di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori solo entro i limiti della ragionevolezza - e può, pertanto, entro questo limite, al fine di salvaguardare equilibri di bilancio e contenere la spesa previdenziale, ridurre trattamenti pensionistici in atto. Tuttavia, escludeva sia la lesione dell'affidamento nella stabilità della relativa disciplina a favore del coniuge del titolare della pensione diretta, la cui qualità di "superstite" si configurava, all'epoca dell'entrata in vigore della legge, in termini di mera eventualità, sia che si potesse argomentare in termini di diritto quesito in riferimento a trattamenti non ancora attivati. Per un primo commento di tale decisione, si rinvia a P. MAURIELLO, Ancora sul principio

dell'affidamento nella sicurezza giuridica, in Giur. It., 2003, p. 841 e ss.

In materia non pensionistitica, si richiama anche, Corte cost., sent. n. 234 del 2007, coerente con l’orientamento giurisprudenziale manifestato nel tempo dalla Corte costituzionale.

mettendo in evidenza le dinamiche del giudizio di ragionevolezza da parte della Corte costituzionale. In particolare, si può ora anticipare che da tale analisi emerge, da una parte, lo sforzo della Corte costituzionale di ricercare dei limiti da opporre al potere legislativo di introdurre delle modifiche in pejus con efficacia retroattive, come appunto il principio di affidamento; dall’altra, lo sforzo dei Giudici costituzionali di individuare delle cause ragionevoli e legittimante tale potere. Inoltre, da una prospettiva diacronica, si evince che le ragioni dell’equilibrio finanziario vengono sempre più richiamate dalla Corte come cause ‘ragionevoli’, legittimanti l’introduzione di leggi retroattive. E, proprio rispetto a tali cause, con l’aggravarsi della situazione finanziaria dello Stato, il principio dell’affidamento appare, in tale giurisprudenza, fortemente recessivo.

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