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Sul principio di gradualità, in particolare, cfr M LUCIANI, Gradualità per le riforme in Italia Oggi del 12 febbraio 16; Nella giurisprudenza costituzionale, richiamano il principio di gradualità, in

particolare le sentenze n. 128 del 1973 e n. 126 del 1977.

pubblicistica solo per una – ipotetica – gestione da parte di soggetti privati, o per l’impostazione mutualistica della previdenza infracategoriale, in quanto la dimensione pubblicistica è rappresentata proprio dall’obbligatorietà del sistema pensionistico, dall’imposizione al singolo lavoratore/datore di lavoro dell’obbligo contributivo e dalla natura stessa dell’obbligo del versamento dei contributi, quale espressione di quel dovere di solidarietà sociale ed economica del singolo lavoratore, nei confronti dell’intera collettività.

Significativo, in tal senso, è quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 173 del 1986 in materia di tetti pensionistici: «Il sistema, informato – si

ribadisce – al modello della sicurezza sociale e ai principi della solidarietà operanti nei confronti dei membri della collettività, abbraccia tutte le manifestazioni della mutualità e attua un principio di collaborazione per l’apprestamento dei mezzi di prevenzione e di difesa contro i rischi protetti. Il contributo non va a vantaggio del singolo che lo versa, ma di tutti i lavoratori, e peraltro, in proporzione del reddito che si consegue, sicchè i lavoratori a redditi più alti concorrono anche alla copertura delle prestazioni a favore delle categorie con redditi più bassi».

Ed ancora: «L’adempimento dell’obbligo contributivo corrisponde alla soddisfazione di un

interesse diverso e superiore a quello egoistico del singolo soggetto protetto e la realizzazione della tutela previdenziale corrisponde al perseguimento dell’interesse pubblico e, cioè, di tutta la collettività».101

Così, altrettanto significativo, in merito, è quanto affermato dalla Corte costituzionale in relazione alla privatizzazione dell’ente nazionale di previdenza e assistenza per i veterinari e al relativo obbligo di iscrizione: nella sentenza n. 248 del 1997, infatti, i Giudici costituzionali sottolineano come «la suddetta trasformazione ha

lasciato immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza e assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi: l’obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale».

4. L’inviolabilità del diritto a ricevere una prestazione pensionistica.

A questo punto, si impone una riflessione in merito alla natura del diritto a ricevere una prestazione previdenziale.

Esso si pone nel nostro sistema costituzionale come diritto inviolabile, in quanto espressione di quei valori costituzionali su cui è costruita la nostra forma di Stato

democratico; in quanto strumento di garanzia per la liberazione dal bisogno e per il pieno sviluppo della persona umana.102

Tale diritto, come tutti i diritti sociali, trova il proprio fondamento, non a livello legislativo, ma a livello costituzionale e, come tale, non si pone in una ‘condizione di minorità’ rispetto ai diritti di libertà solo perché il suo esercizio concreto è ‘veicolato’ da un intervento legislativo: anche per quanto riguarda il diritto a ricevere una prestazione pensionistica, infatti, vale quanto considerato da parte della dottrina sui diritti sociali in generale: in tali casi «la legge funge da mera condicio sine qua non e non

da condicio per quam che invece è già nella Costituzione».103

Sotto il profilo del fondamento assiologico del diritto a ricevere una prestazione pensionistica, dunque, passerebbe in secondo piano il problema relativo al tasso di programmaticità o precettività che l’art. 38 Cost. esprime. Da questo punto di vista, infatti, «l’eventuale mancanza del presupposto di fatto condizionante (assenza dell’organizzazione

e delle istituzioni necessarie) non tocca la garanzia di tale diritto quanto al se e al quid: questa, infatti, è già stabilità in Costituzione e non può essere negata a pena della sostanziale vanificazione di tale diritto come diritto costituzionale».104

Di conseguenza, in relazione all’an e al quid, il diritto a ricevere una prestazione pensionistica si afferma come diritto pretensivo, sì, ma pur sempre costituzionalmente tutelato e definito nel suo contenuto inviolabile.105

Viceversa, il carattere programmatico della disposizione costituzionale, o più precisamente il suo essere «norma vincolante ad applicazione differita»,106 può rilevare

102 Sulla correlazione tra diritti sociali e sviluppo della persona umana, Cfr. N. OCCHIOCUPO, op. cit., p. 68 e ss. 103 Così F. MODUGNO, I nuovi diritti nella giurisprudenza costituzionale, 1995, p. 69 e ss. In tal senso, come si è detto (cap. I, § 1), la distinzione tra diritto sociale e diritto di libertà va scemando.

104Cfr. A. BALDASSARRE, Diritti sociali, p. 31; D. BIFULCO, op. cit.,p. 167.

105 In tal senso, la Corte Costituzionale sembra superare l’impasse della programmaticità o precettività dell’art. 38 Cost. in relazione alla natura giuridica dei diritti previdenziali. Si pensi a quanto affermato nella sentenza n 80 del 1971 e nella sentenza di rigetto n. 160 del 1974, nella quale ultima la Corte afferma che il secondo comma dell’art. 38 Cost. introduce una norma «giuridicamente imperante atta a creare veri e propri

diritti di prestazione, il cui carattere precettivo non viene meno per il fatto che destinatario della norma sia lo Stato, il quale è vincolato ad operare, con organi ed istituti predisposti o da esso integrati nel settore della disciplina dei rapporti sociali assicurativi nel senso voluto dalla Costituzionale». Si veda anche Corte cost., sentenza n- 22 del 1969.

106 Si veda V. CRISAFULLI, La Costituzione e le sue disposizioni di principio, op. cit., p.128 e ss.. L’autore considera la disposizione costituzionale quale espressione di «principi programmatici» dal carattere anche innovativo. Sul pensiero di Crisafulli, v. R. BIN, Atti normativi e norme programmatiche, Milano 1988, p. 179 e ss.; C. COLAPIETRO, op. cit., p. 368. Cfr. anche M. PERSIANI, Il sistema giuridico della previdenza

sociale,1960 p. 151 e ss. In senso contrario, sul carattere precettivo di tale disposizione, LAVAGNA, Le

costituzioni rigide, 1965. La distinzione tra norme programmatiche, norme vincolanti condizionate o

ad applicazione differita e norme immediatamente vincolanti è di E. CHELI, Classificazione e

protezione dei diritti economici e sociali nella costituzionle italiana, in AAVV., Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, III, Milano, 1995, p. 1789.

nella misura in cui tale diritto, sotto il profilo del concreto godimento, si pone come «condizionato»107 dall’intervento legislativo che, inevitabilmente e dinamicamente,

condiziona il quando e il quomodo (a cui si può aggiungere anche il quantum dell’entità delle prestazioni cui si riferisce)108 dell’esercizio del medesimo da parte del rispettivo

titolare.

Da questo punto di vista, il diritto a ricevere una prestazione pensionistica acquisterebbe, così, la sua ‘pienezza’ solo quando giungesse a completamento «una

fattispecie strutturalmente complessa, perché costituita da numerosi elementi e a formazione successiva, perché alcuni di essi sono destinati a realizzarsi via via nel tempo»109 (in tal senso, si

pensi ai requisiti che il Legislatore impone, come per esempio, l’aver maturato una certa anzianità contributiva; l’avvenuto versamento della contribuzione previdenziale per un certo tempo; l’aver compiuto una determinata età anagrafica; l’estinzione del rapporto lavorativo).

Ciò ha indotto autorevole dottrina a ritenere l’impossibilità di configurare, prima del completamento di tale fattispecie progressiva, un vero e proprio diritto alla

pensione distinto dal diritto sulla pensione e qualificabile, come quest’ultimo, in termini di

vera e propria pretesa giuridica. Si tratterebbe, secondo questo orientamento di «una

mera aspettativa di fatto la cui essenza sta nell’attesa di un evento (giuridico) più o meno probabile, ma pur sempre incerto mancando l’attribuzione di poteri giuridici idonei a garantire il completamento della fattispecie».110

Pur condividendo le conclusioni formulate da tale autore,111 appare non del tutto

convincente definire la posizione soggettiva tutelata ai sensi dell’art. 38 Cost. in termini di mera aspettativa di fatto o, quanto meno, tale posizione dottrinale merita di essere specificata.

107 Secondo la distinzione operata da E. CHELI, op. cit., p. 1789, il quale, riprendendo una distinzione operata da Baldassarre in I Diritti sociali cit., distingue i diritti sociali originari o incondizionati e diritti derivati o condizionati, graduando così la categoria dei diritti sociali in ragione agli effetti. Cfr. anche C. PINELLI, Diritti costituzionali condizionati, argomento delle risorse disponibili, principio dell’equilibrio finanziario, p, 54. 108 Cfr. in particolare P. BARCELLONA, Diritti sociali e Corte costituzionale in Riv. Giur. lav e prev. soc., 1994, p. 329, secondo il quale i diritti sociali sono diritti assoluti che operano ad un doppio livello »quanto al titolo, il centro di imputazione è l’individuo sociale che vive in questa società, ma il quantum di questi

diritti non è determinato».

109 Così, M. PERSIANI, Aspettative e diritti nella previdenza pubblica e privata, in Arg di Dir. Lav., 1998, p. 311 e ss. 110 Così M. PERSIANI, Aspettative e diritti nella previdenza cit., p. 314.

111 E cioè la possibilità giuridica di modifiche in pejus in ragione della sostenibilità finanziaria nel tempo del sistema previdenziale, dovendo però andare alla ricerca dei limiti costituzionalmente imposti alla refomatio in pejus in materia previdenziale.

A parere di chi scrive, infatti, si può parlare di un diritto alla pensione112 che esiste

nell’ordinamento costituzionale a prescindere dal completamento o meno della fattispecie complessa.

E’ proprio il radicamento, a livello costituzionale, dell’an e del quid della prestazione pensionistica a offrire una solida garanzia sulla certezza nel tempo di tale diritto e a fungere da ‘condizionamento’ stesso nei confronti del legislatore, presente e futuro.

E’ proprio in ragione del riconoscimento a livello costituzionale del suo fondamento ontologico – oserei dire anche della sua ambivalenza ‘ontologica’113 – a

rendere quell’an della prestazione pensionistica non condizionato e non condizionabile dalla disponibilità delle risorse finanziarie, e dunque fruibile dai lavoratori di ogni tempo.

Da questo punto di vista, allora, si può certamente sostenere l’inesistenza nell’ordinamento costituzionale di un ‘diritto alla pensione’, se con tale espressione si intende il diritto ad un determinato regime pensionistico. Inesistenza, giustificabile, come si avrà modo di argomentare meglio in seguito, alla luce dell’inevitabile condizionamento che il fluire del tempo esercita su tutti i rapporti di durata e alla luce della discrezionalità riconosciuta al Legislatore.

Quest’ultimo, infatti, nell’esercizio del suo potere politico, potrà sicuramente plasmare nel tempo le dinamiche dei diritti sociali; senza tuttavia mai ‘snaturare’il carattere inviolabile di tale diritto, con la conseguenza che l’eventuale esercizio arbitrario e irragionevole del potere legislativo di disporre in merito al quando, al

quomodo e al quantum, che vada a ledere l’an e il quid della prestazione pensionistica o

il contenuto essenziale (o meglio inviolabile) di tale diritto sociale, non sarà privo di ‘sanzione’, poiché sarà sempre sindacabile in sede di giudizio di legittimità costituzionale sotto il profilo della ragionevolezza delle scelte discrezionali effettuate, nel tempo, dal Legislatore.

112 Così anche G. FERRARO. Ammesso che non si tratti di un diritto pieno, la pretesa giuridica ad avere una pensione si configura come qualcosa di più di una mera aspettativa di fatto; quantomeno come una aspettativa di diritto.

113 Ambivalenza data dal fatto che il godimento di tale diritto è legato ad un unico filo con il dovere di versare i contributi previdenziali posto in capo al singolo lavoratore. In tal senso, è anche veicolo di un interesse pubblico che assume una rilevanza costituzionale; è espressione, seguendo quel concetto di democrazia in termini di Integrazione dell’io nel noi, di quel dovere inviolabile di solidarietà economica che, come si avrà modo di approfondire, assume anche una dimensione intergenerazionale.

-CAPITOLO III-

LA SOLIDARIETÀ INTERGENERAZIONALE

E IL CONDIZIONAMENTO DELL’EQUILIBRIO FINANZIARIO.

IL DIALOGO TRA IL LEGISLATORE E LA CORTE COSTITUZIONALE:

UNA PROSPETTIVA DIACRONICA.

-SEZIONE I-

Il fondamento teorico della solidarietà intergenerazionale

SOMMARIO. 1. Dall’inviolabilità all’intertemporalità dei diritti fondamentali. Introduzione al problema. – 2. Il fondamento giuridico della responsabilità intergenerazionale in senso ampio: da ‹‹Il concetto di diritto› di H.L.A. Hart alla teoria della responsabilità intergenerazionale come contenuto minimo di un nuovo diritto naturale di R. Bifulco. – 3. L’apertura al futuro delle Carte costituzionali. La possibile configurazione di un principio costituzionale di responsabilità intergenerazionale. – 4. La questione intergenerazionale come questione di giustizia sociale intertemporale. I diritti e doveri dietro un velo d’ignoranza: la responsabilità intergenerazionale nella teoria di J. Ralws. – 5. Dal generale al particolare: la solidarietà intergenerazionale nel sistema pensionistico pubblico e la problematica (in)sostenibilità dell’equità intergenerazionale. – 6. Dalla solidarietà al conflitto intergenerazionale. Le cause dell’ attuale insostenibilità della solidarietà intergenerazionale. – 6.1. Le trasformazioni del mercato del lavoro e il mancato adeguamento della rete di protezione sociale alla nuova realtà. – 6.2. Il processo di invecchiamento demografico della popolazione e il problema della equa distribuzione tra generazione dei ‘costi’ delle riforme pensionistiche. – 7. Equità intergenerazionale e ‘principio del giusto risparmio’. Il rispetto dell’equilibrio finanziario quale prima forma responsabilità giuridico - economico verso le generazioni future. – 7.1 La rilevanza dell’art. 81 Cost. per la realizzazione dell’equità intergenerazionale.

1. Dall’inviolabilità all’intertemporalità dei diritti fondamentali. Introduzione al problema.

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