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Come sostenuto anche da M. NIGRO, L’edilizia popolare come servizio pubblico in Riv. Trim. di dir. pubbl., 1957, p.118 e ss.

incapacità di procurarsi autonomamente sulla base del proprio lavoro i beni indispensabili per vivere; ed infine la mancanza di ulteriori fonti di reddito o beni per far fronte alle esigenze della vita.

Il primo comma, inoltre, fissa, assai genericamente, dei parametri per determinare l’entità della prestazione sociale da corrispondere in tali casi: si tratta pur sempre di un ‘minimo vitale’: tale prestazione consiste, cioè, nella somministrazione di mezzi sufficienti alla sussistenza.

Il secondo comma, invece, individua una diversa situazione giuridica soggettiva che riguarda espressamente i lavoratori (subordinati e non): vi è il riconoscimento, cioè, in capo a questi ultimi, del diritto a ricevere una prestazione pensionistica a fronte di situazioni di bisogno, generate da eventi socialmente rilevanti, come la vecchiaia, l’infortunio, l’invalidità, la disoccupazione involontario.

Da una prima lettura del testo costituzionale sembrerebbe che l’elencazione contenuta al secondo comma non abbia valore tassativo. Anzi nel corso del tempo, si è registrata la tendenza del Legislatore ordinario a farsi interprete di ulteriori, ‘nuovi’ bisogni socialmente rilevanti, e meritevoli di protezione giuridica.75

In tale prospettiva, l’elencazione prevista nel testo costituzionale pone solo un vincolo al legislatore ordinario, nel senso di «rendere irreversibile l’evoluzione cui si era

giunti all’entrata in vigore della Costituzione, non escludendo, però, la possibilità di un’ulteriore estensione della tutela previdenziale».76 Da questo punto di vista, dunque, una volta individuato

dal legislatore ordinario l’evento socialmente rilevante da cui scaturisce una situazione di bisogno, la garanzia apprestata si deve considerare facente parte di un patrimonio sociale acquisito e irretrattabile da parte dello stesso Legislatore ordinario.

Sicuramente, la tutela che la nostra Carta Costituzionale appresta ai lavoratori ai sensi del secondo comma dell’art. 38, risulta essere diversa rispetto a quella prevista per gli assistibili.

La differenza rileva innanzitutto sotto il profilo dell’entità della prestazione garantita: mentre al primo comma si riconosce il dovere di garantire mezzi

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Si pensi al fatto che la norma costituzionale non menziona espressamente quale evento socialmente rilevante la morte del lavoratore; eppure il Legislatore ordinario ha riconosciuto come evento socialmente rilevante e generatore di una situazione di bisogno la condizione dei familiari superstiti, i quali rimangono privi di una fonte di sostentamento. Si pensi anche alla tutela che il Legislatore ordinario, in attuazione di precetti posti da fonti comunitarie, ha accordato ai lavoratori dipendenti, per i crediti retributivi, nel caso di insolvenza del datore di lavoro. Cfr. CINELLI, op. cit., p. 164 e ss.; M. PERSIANI, Commentario cit., p. 243; G. ALIBRANDI, La previdenza sociale nella nuova Costituzione, in

Diritto del lavoro, 1948, p. 379.

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sufficienti per vivere ad ogni cittadino che versi in condizione di inabilità e sia privo di altre fonte di reddito, al secondo comma, il Legislatore costituzionale stabilisce che debbano essere «preveduti e assicurati» mezzi «adeguati alle esigenze di vita», lasciando presumere così che, da una parte, la prestazione pensionistica dei lavoratori possa venir attuata attraverso meccanismi diversi, per strutture ed effetti, rispetto all’assistenza sociale; dall’altra che, in ragione della centralità che nel nostro assetto costituzionale assume il principio lavoristico per effetto dell’art. 1 , 4, 35 Cost., e in ragione del contributo di ciascun lavoratore al progresso materiale e spirituale del Paese, l’entità della prestazione pensionistica prevista ai sensi secondo comma comprenda, sì, i mezzi necessari per vivere, ma non si esaurisca in essa, dovendo rispondere al parametro costituzionale della adeguatezza alle esigenze di vita del lavoratore che richiama - con le dovute specificazione, che in seguito verranno illustrate - la più ampia tutela prevista ai sensi dell’art. 36 Cost., primo comma, laddove quelle esigenze di vita, trattandosi di retribuzione da lavoro, possono dirsi garantite, nella misura in cui il lavoratore e la sua famiglia riescano a condurre un’esistenza libera e dignitosa.

Con il terzo comma, stabilendo che «gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione

e all’avviamento professionale», il Legislatore costituzionale si pone, in chiave

programmatica, l’obiettivo di predisporre le strutture necessarie a rendere effettivi il diritto al lavoro garantito all’art. 4 e il diritto al pieno sviluppo della persona umana di cui all’art. 3, secondo comma, nei confronti di tutti i soggetti che si trovano in condizione di inferiorità rispetto alle altre, garantendo la realizzazione di un’eguaglianza sostanziale di tutti i cittadini.

Infine il quarto ed il quinto comma, contengono disposizioni estremamente importanti circa l’organizzazione del nostro sistema di assistenza e previdenza sociale. Infatti, ai sensi del quarto comma, la Costituzione pone in capo allo Stato l’obbligo non solo di predisporre organi, ma anche di integrare gli istituti che provvederanno ai compiti previsti in tale articolo. La previdenza sociale, dunque, sotto il profilo organizzativo, è attuata direttamente da organi o istituti statali a tal fine preposti o da istituti, enti pubblici strumentali alla realizzazione delle finalità stabilite nel testo costituzionale che debbano comunque essere integrati dallo Stato.

Da questo punto di vista, la previdenza sociale apparirebbe come funzione

necessariamente pubblica, in quanto, come scrive M. PERSIANI: «L’intervento dello Stato,

secondo Costituzione, non può essere, quindi, limitato alla costituzione degli istituti ed alla disciplina dell’organizzazione dei rapporti, ma deve tendere all’effettiva realizzazione della tutela

dei soggetti protetti, realizzazione che costituisce un fine fondamentale dello Stato, nel senso che ad essa corrisponde un interesse pubblico immediato e diretto», con la conseguenza che, anche

quando lo Stato non sia chiamato direttamente a realizzare tali compiti, non significa che tali compiti non siano propri e fondamentali dello Stato; semmai «vuol dire

soltanto che la Costituzione consente un modello organizzativo basato su strutture differenziate, per tipi di tutela e di soggetti protetti e, eventualmente, articolato territorialmente».77

Ponendo l’accento, poi, sul verbo integrare utilizzato nel quarto comma, emerge l’idea di un sistema previdenziale non accentrato, ma suscettibile di essere gestito, per quanto integrato dall’attività statale, da soggetti pubblici – ma si potrebbe pensare, dato il tenore letterale della disposizione, anche ai soggetti privati78 – diversi

dallo Stato.

Una tale lettura appare ancor più avvalorata se si considera che, anche alla luce di quanto emerso dal dibattito in Assemblea Costituente, l’ultimo comma dell’art. 38, in cui si sancisce che l’assistenza privata è libera, è da intendersi in senso ampio, tale da ricomprendervi forme private non solo assistenziali in senso stretto, ma anche previdenziali.

Come si avrà modo in seguito di specificare, l’ultimo comma di tale disposizione, rimasto per troppo tempo inattuato, assume nel contesto attuale una certa rilevanza, dato il ‘necessitato’ decollo della previdenza complementare. Il tenore letterale di tale disposizione suscita in chi lo legge dubbi, circa la natura giuridica o meglio la qualificazione giuridica delle forme di previdenza complementare. In particolare, tale disposizione, a mio giudizio, si apre a due diverse interpretazioni:

- da una parte, il tenore letterale lascerebbe intendere che la previdenza complementare, appunto in quanto tale, debba ‘partecipare dell’interesse pubblico’ e dunque debba essere considerata come pilastro - sebbene non portante - del sistema previdenziale pubblico;

- dall’altra, però, l’ultimo comma di tale articolo porterebbe a considerare le forme previdenziali private secondo le logiche del mutualismo volontario; forme previdenziali destinate unicamente alla soddisfazione di interessi privati che, costituendo forme di risparmio, verrebbero ad essere solo «incoraggiate e tutelate», secondo quanto disposto dall’art. 47 Cost.

77 Cfr. M. PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, Padova, 2007, p. 15. 78 In tal senso, Cfr. P. OLIVELLI, op. cit.

2.2. L’apporto della dottrina alla definizione del modello costituzionale di sicurezza sociale.

L’art. 38 Cost.: concezione unitaria e dualista di tale modello. Cenni.

L’art. 38 della Costituzione, proprio per la sua ampiezza, è stato oggetto di diverse e contrapposte letture, che riflettono una diversa sensibilità e un diverso approccio alla qualificazione giuridica e sociologica del concetto di sicurezza sociale.79

In particolare, si sono affermate due interpretazioni del primo e del secondo comma dell’art. 38 Cost. Da una parte, c’è chi sottolinea l’irriducibilità del diritto all’assistenza sociale sancito all’art. 38 Cost., primo comma, e del diritto a ricevere invece una prestazione previdenziale come stabilito al secondo comma ad un unico schema e ad un'unica nozione di solidarietà sociale. Secondo tale visione dualistica, il modello attuativo dell’idea di sicurezza sociale è il risultato del concorso:

- da una parte, dell’assistenza sociale che tende a soddisfare i bisogni dei cittadini inabili al lavoro, finanziariamente sostenuta facendo ricorso alla solidarietà generale;

79 La letteratura giuridica e sociologica è in merito vasta. Una distinzione analitica delle diverse

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