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Il dibattito di fine Ottocento ed inizio Novecento sulla natura giu- giu-ridica dell’indennità

la biforcazione tra Stati Uniti d’America ed Europa

6. Il dibattito di fine Ottocento ed inizio Novecento sulla natura giu- giu-ridica dell’indennità

Prima di concentrare l’attenzione sul caso italiano merita riflettere sull’af-fermazione dell’indennità parlamentare in Germania, tra l’Ottocento ed il pri-mo Novecento. Questo perché si deve alla dottrina tedesca, a cavallo dei due secoli, il merito di aver affrontato per prima il tema dell’indennità ponendo attenzione non tanto al profilo individuale del deputato che la riceve quanto piuttosto alla natura dell’emolumento.

Le speculazioni della dottrina traggono origine dalla particolare situazione tedesca per cui, a fine Ottocento, l’indennità veniva riconosciuta ai rappresen-tanti dagli Stati confederati, ma non dall’Impero ai membri del Reichstag.

La Costituzione del 1871 aveva, infatti, sancito che i deputati del Reichstag non dovessero come tali ricevere indennità o stipendio 47. Grande sostenitore di questo divieto era stato, e rimase per lungo tempo, il Cancelliere Otto von Bi-smarck. Egli, infatti, solo concesse, sotto la pressione dei partiti democratici e salvo poi farlo ritirare, ai deputati del sud dell’Impero di poter utilizzare gratui-tamente le ferrovie per recarsi a Berlino e così poter partecipare alle sessioni.

La posizione di Bismarck non era però ideologica. D’altra parte proprio la Costituzione prussiana, Stato di cui egli era stato primo ministro per un de-cennio, prevedeva fin dal 1850 per i membri della seconda Camera (quella elet-tiva nella forma di governo prussiana del tempo) il rimborso delle spese di viag-gio nonché una retribuzione che era qualificata come irrinunciabile, da stabi-lirsi per legge 48.

46 V. in proposito, E. PAGLIANO, Indennità parlamentare, cit., 17 ss.

47 La Verfassung des deutschen Kaiserreichs del 16 aprile 1871, nota anche come Bismarcksche

Reichsverfassung prevedeva, ex art. 32, che “Die Mitglieder des Reichstages dürfen als solche

keine Besoldung oder Entschädigung beziehen”. È interessante notare l’inciso “als solche”, in quanto tali, che specifica come essi fossero in molti casi già stipendiati in quanto “beamten” dallo Stato.

Per un verso, la sua opposizione alla retribuzione dei rappresentanti impe-riali era certamente pragmatica, un ulteriore esempio della sua real politik 49. Infatti, occorre ricordare che, all’epoca dell’approvazione della Costituzione nel 1870, egli aveva appena concesso una significativa estensione del suffragio, di-venuto così quasi universale, al fine di accogliere le istanze sempre più pressan-ti dei parpressan-tipressan-ti democrapressan-tici e socialispressan-ti. Pertanto, il divieto di concedere l’inden-nità ai deputati del Reichstag era lo strumento per evitare un eccessivo e repen-tino rinnovamento della classe politica e, pure, per non fornire in particolar modo ai partiti socialisti un facile strumento per avvalersi di un finanziamento attraverso i contributi richiesti da tali partiti ai propri rappresentanti eletti.

Per un altro verso, però, la sua posizione aveva una forte radice storica nel fatto che il Reichstag era erede della Dieta imperiale tedesca che si sviluppò a partire dal Consiglio della corona all’epoca di Enrico I. Nel corso del tempo la Dieta imperiale diventò un’assemblea sempre più composita fino ad assomi-gliare, dopo le riforme di Massimiliano I nel XV secolo, ad un Parlamento a Stati 50. Dopo il Congresso di Westfalia i membri della Dieta imperiale furono chiamati a risiedere stabilmente a Ratisbona, in qualità di rappresentanti di-plomatici, di fatto, degli Stati dell’Impero 51.

Quando nel 1871 il Reichstag, con la nuova Costituzione, divenne elettivo e fu chiamato ad assolvere la funzione di massima garanzia legislativa del prin-cipio politico unitario, contrapposto al federalistico Bundesrat, i suoi membri continuarono ad essere sostanzialmente i medesimi rappresentanti che erano in gran parte già retribuiti come funzionari degli Stati o come membri di altre assemblee dell’Impero. Questo spiega perché la spinta per l’indennità fu assai debole e prevalse l’opzione della gratuità.

Queste sono le premesse storiche entro cui deve collocarsi la riflessione, nel 1892, di Jellinek sulla natura dell’indennità 52. Egli, infatti, parte dalla tesi che al membro di una Camera, in quanto organo dello Stato, è accordata una posizione eccezionale rispetto agli altri cittadini ed a lui spettano alcuni privi-legi. Questi privilegi e queste immunità non costituiscono un diritto personale dei membri della Camera, ma soltanto disposizioni di diritto obiettivo.

49 Il termine fu usato per la prima volta da G. DIEZEL, Grundsätze der Realpolitik, angewandt

auf die staatlichen Zustände Deutschlands (1853), il quale intendeva un’attività politica non

basa-ta su sentimenti ed ideologie bensì su interessi ed obiettivi concreti. Si v. sull’azione di Bi-smarck, il volume assai interessante di E. EYCK, Bismarck and the German Empire, Norton, New York, 1968.

50 Nel 1495 la Dieta imperiale fu divisa in 3 collegi: dei principi elettori (Kurfürsten); dei principi laici (126) ed ecclesiastici (68); delle città imperiali (Reichstädte), in tutto 51.

51 Occorre dire che essa non divenne mai un vero parlamento, inteso come organo di rap-presentanza del popolo, ma rimase sempre un’istituzione che rappresentava Stati e i Principi elettori. Questi erano soliti farsi rappresentare e molto raramente partecipavano direttamente.

52 G. JELLINEK, System der subjektiven öffentlichen Rechte, 1892, 2a ed., trad. it., di G. V I-TAGLIANO, Sistema dei diritti pubblici subiettivi, con prefazione di V. E. ORLANDO, Società edi-trice libraria, Roma-Milano-Napoli, 1912, 188.

In questo senso, il fine ultimo di tali disposizioni non è l’attribuzione di un beneficio di legge ai membri delle Camere, ma di assicurare “la indisturbata attività di un organo così importante per la vita costituzionale dello Stato, co-me è il Parlaco-mento” 53. Il fatto che tali privilegi non siano configurabili come un diritto individuale non toglie che essi rappresentino un interesse per l’indi-viduo eletto e che egli possa avanzare una pretesa giuridica al riconoscimento dell’ampliamento del suo status 54.

Tali prerogative riconosciute al deputato si configurano, di norma, come un ampliamento dello status in negativo, nel senso di non imputabilità, non sottoposizione, in taluni casi previsti dalla legge, agli arresti, a procedimenti istruttori o ad una pena.

Talvolta, però, l’ampliamento di status previsto dal diritto obiettivo può es-sere anche positivo nel senso dell’accrescimento delle prerogative. Questo è appunto il caso in cui un deputato riceva il pagamento di un onorario giorna-liero oppure il rimborso delle spese di viaggio. Le due previsioni hanno per Jellinek una diversa natura giuridica: l’onorario giornaliero rappresenta un as-segno alimentare di diritto pubblico mentre il secondo si configura come un indennizzo, in senso proprio, delle spese sostenute, regolato dalla legge 55.

Molto interessante è, però, anche la sottolineatura che l’Autore opera circa il fatto che l’irrinunciabilità spesso prevista per tali emolumenti non ha niente a che vedere con la natura giuridica della pretesa.

Essa risponde, piuttosto, a ragioni di natura essenzialmente politica, come “il desiderio di impedire che sulla elezione influisca la promessa da parte dei candidati di rinunziare alla paga, l’evitare la pressione sociale in conseguenza della rinunzia dei deputati ricchi, che potrebbe costringere quelli sprovvisti di beni di fortuna a fare lo stesso” 56.

L’accettazione dell’elezione fa sì che il deputato acquisisca anche maggiori doveri. I membri delle Assemblee parlamentari non stanno dunque in un rap-porto di servizio, ma di dovere verso lo Stato, quali organi del medesimo. Tra tali doveri, Jellinek annovera quello di intervenire alle sedute, di dare il voto o di chiedere un congedo se impossibilitato ad essere presente 57. È bene sottoli-neare che, in questa costruzione, non c’è alcun nesso tra indennità ed obblighi di servizio, ma entrambe rappresentano un riflesso dell’essere il deputato di-venuto, in seguito all’accettazione dell’incarico, organo dello Stato.

Altrettanto interessante è pure il contributo di Hatschek sulla natura

del-53 Ibidem, 187. Questa opinione è sostenuta anche da P. LABAND, Staatsrecht des deutschen

Reiches, I, Laupp, Tübingen, 1876, 329 ss., il quale però ritiene che non i singoli deputati, ma

soltanto il Reichstag sia organo dello Stato (Ibidem, 220).

54 G. JELLINEK, System der subjektiven öffentlichen Rechte, 1892, trad. it., Sistema dei diritti

pubblici subiettivi, cit., 186.

55 Ibidem, 188.

56 Ibidem, 188.

l’indennità. Egli, condividendo la tesi organicistica di Jellinek, sgancia l’inden-nità dalla funzione esercitata e la considera come un contributo per le spese di rappresentanza del deputato nell’esercizio della sua funzione organica 58.

Le tesi formulate dalla dottrina tedesca hanno il grande pregio, partendo dalla natura dell’indennità, di illuminarne una nuova funzione. Le tesi organi-cistiche mettono, infatti, in rilievo l’importanza dell’indennità o di altre forme di rimborso spese per il funzionamento del Parlamento, laddove, invece, fino a quel momento l’indennità era considerata, alternativamente, come parte del diritto elettorale del cittadino pleno iure oppure come istituto funzionale ad un esercizio effettivo della sovranità popolare.

58 J. HATSCHEK, Das Parlamentsrecht des Deutschen Reich, Erster Teil, Göschen’sche Ver-handlung, Berlin-Leipzig, 1915, 615.

Capitolo III

L’eccezione ottocentesca del Regno d’Italia,

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