L’attuazione dell’istituto costituzionale dell’indennità per i parlamentari
11. L’indennità o assegno di fine mandato
L’indennità di fine mandato è un assegno che il deputato o il senatore rice-ve al termine della Legislatura nel caso in cui non rice-venga rieletto. L’esigenza di un assegno una tantum iniziò ad essere avvertita solo a metà degli anni Sessan-ta del secolo scorso 93. In due occasioni, nel 1965 e nel 1966, il tema fu posto esplicitamente all’attenzione della Camera dei deputati 94.
Le motivazioni addotte a favore dell’adozione di un tale contributo furono due: quella di favorire un “reinserimento nella vita civile” del deputato o sena-tore non rieletto, legato al fatto che se il parlamentare abbandona la sua pro-fessione originaria un successivo rientro può divenire assai difficile e quella, più teorica e legata all’organo, di facilitare il ricambio parlamentare 95. La pri-ma motivazione avvicinava l’assegno di fine pri-mandato ad una sorta di indennità di buonuscita, rafforzando la natura retributiva dell’indennità. La seconda mo-tivazione aveva, invece, fondamento nel principio del ricambio generazionale utile a rendere maggiormente accessibile la rappresentanza ai portatori di nuove istanze sociali.
Entrambe le motivazioni, vale la pena sottolineare, si iscrivevano in una
93 Timidi riferimenti a tale necessità si rinvengono già in precedenza nei dibattiti in sede di approvazione dei bilanci interni delle due Camere, come ricorda L. CIAURRO, L’assegno di fine
mandato per gli ex parlamentari, in Nuovi studi politici, 3-4, 34, 2004, 209 ss.
94 I dibattiti parlamentari cui ci si riferisce sono quelli verificatisi nelle sedute della Camera dei deputati del 4 febbraio 1965, in occasione del dibattito sul Conto consuntivo delle spese interne della Camera dei deputati per l’esercizio finanziario dal 10 luglio 1962 al 30 giugno 1963 e del 28 aprile 1966, in sede di Progetto di bilancio delle spese interne della Camera dei deputati per l’an-no finanziario dal 10 gennaio al 31 dicembre 1966. Su di essi e sugli interventi degli On.li Leonardi e Greggi, v. L. CIAURRO, L’assegno di fine mandato per gli ex parlamentari, cit., 211.
95 V. sul punto le osservazioni di U. ZAMPETTI, op. cit. Contra, nel senso di non ritenere tale incentivo all’esodo particolarmente significativo, L. CIAURRO, L’assegno di fine mandato per gli
tendenza alla professionalizzazione della politica che, in quegli anni, iniziava ad apparire, per il ruolo acquisito dai partiti politici e dalle burocrazie di par-tito, assai evidente e che si rifletteva sui processi di selezione della classe poli-tica 96.
Nonostante che il tema dell’indennità di fine mandato fosse stato posto nel dibattito parlamentare, la legge n. 1265 del 1965 non dispose alcunché al ri-guardo, forse anche confidando sulle trattative in corso con l’INA per istituire tale assegno in forma assicurativa 97.
Il fallimento di questa strada portò, tra il 1968 ed il 1969, le due Camere ad optare per l’istituzione di un fondo da loro direttamente amministrato. Questo avvenne attraverso due deliberazioni dell’Ufficio di Presidenza della Camera e del Consiglio di Presidenza del Senato 98.
L’assegno di fine mandato è stato poi compiutamente disciplinato dalle due Camere nel 1975 99. Di lì in avanti si sono succeduti ulteriori interventi che ne hanno modificato il nomen iuris – è stato alternativamente definito in-dennità di fine mandato o di reinserimento, assegno di fine mandato o di
rein-serimento – e l’imputazione del medesimo, transitato dal fondo per la
previ-denza ad un fondo autonomo e, infine, al fondo per la solidarietà. Le due Ca-mere hanno mantenuto nel tempo significative differenziazioni sia con riferi-mento al nomen iuris sia con rifeririferi-mento alle modalità di erogazione 100.
La scelta del nomen iuris non può essere considerata neutra. L’“indennità di fine mandato” o l’indennità di reinserimento sembrano, innanzitutto, con-nettere tale emolumento all’indennità parlamentare di cui all’art. 69 Cost. Que-sta connessione formale imporrebbe la definizione legislativa di tale emolu-mento.
Il nomen iuris “assegno di solidarietà” potrebbe, invece, essere un indice
96 V. sulle trasformazioni, a quel tempo in atto, l’analisi di G. SARTORI, Dove va il
Parlamen-to?, in G. SARTORI (a cura di), Il Parlamento italiano 1946-1963, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1963, 281 ss., spec. 329.
97 V. in merito, L. CIAURRO, L’assegno di fine mandato per gli ex parlamentari, cit., 211.
98 Ci si riferisce alla delibera dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati del 30 ot-tobre 1968 che dispose l’istituzione di un fondo avente validità limitata alla V legislatura ed alle delibere del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica del 28 ottobre del 1968 e del 17 aprile 1969. La prima istituì il fondo, mentre la seconda disciplinò il meccanismo di eroga-zione, coinvolgendo in modo significativo i Gruppi parlamentari. Cfr. L. CIAURRO, L’assegno di
fine mandato per gli ex parlamentari, cit., 212.
99 V. in proposito la deliberazione del Consiglio di Presidenza del Senato del 23 ottobre 1975 che adottò un nuovo Regolamento autonomo e la deliberazione dell’Ufficio di Presidenza della Camera del 30 ottobre 1975 che invece aggiunse una parte al Regolamento per la previ-denza, di cui evidentemente riteneva far parte l’assegno stesso.
100 Le differenze sono state pure oggetto di critica da parte del Consiglio di Stato che nel pa-rere Sez. I, n. 1927 del 2002 ha sottolineato come tali disparità abbiano condotto ad una diso-mogeneità a seconda che il rappresentante della Nazione sia chiamato a svolgere il mandato presso la Camera o presso il Senato.
per valorizzare la funzione mutualistica ed assicurativa dell’erogazione di una somma ai parlamentari non rieletti. In questa prospettiva potrebbe ritenersi legittimo, nel silenzio della legge e fin tanto che tale silenzio permanga, l’inter-vento delle due Camere in via regolamentare. Occorre comunque osservare che il legame con l’organizzazione ed il funzionamento delle due Camere, tito-lo abilitante l’intervento regolamentare, appare sempre più sfumato. Forse per-cepibile, a tutela dei singoli parlamentari, negli anni in cui la professionalizza-zione era più forte ed il ruolo dei partiti preponderante nella seleprofessionalizza-zione delle candidature; molto meno oggi in un contesto di partiti deboli.
Se però si guarda alla questione dell’indennità (assegno) di fine mandato o di solidarietà in modo più sostanzialistico, occorre innanzitutto osservare, che tale emolumento non presenta oggi alcun costo per le due Camere, risultando i fondi alimentati dai soli contributi obbligatoriamente trattenuti dall’indenni-tà mensile dei deputati e dei senatori 101. Per cui anche nel caso vi fosse un’in-sufficienza del fondo, le Camere potrebbero integrarlo con trasferimenti dal bilancio generale per consentire le erogazioni, solo in via temporanea, doven-do infatti restituire al bilancio generale le somme ricevute.
L’ammontare dell’assegno dipende unicamente dall’anzianità di mandato e dai contributi versati. Attualmente per quanto riguarda la Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica, i deputati ed i senatori versano mensilmente una quota della propria indennità lorda, pari al 6,7 per cento dell’indennità lorda, ossia poco meno di 800 euro al mese.
Al termine del mandato parlamentare, i parlamentari delle due Camere ri-cevono dalle rispettive Camere un assegno di fine mandato pari all’80 per cen-to dell’imporcen-to mensile lordo dell’indennità moltiplicacen-to per ogni anno di mandato effettivo (o frazione di anno non inferiore ai sei mesi) 102.
Questo significa, conti alla mano, che l’indennità di fine mandato è finan-ziata dai deputati e dai senatori, attraverso le trattenute obbligatorie disposte sulla loro indennità, senza alcun aggravio aggiuntivo per i bilanci delle due Ca-mere. In questo modo proprio come il trattamento di fine rapporto non è una buona uscita a carico del datore di lavoro, l’assegno in questione non è una vera e propria nuova indennità quanto piuttosto una parte dell’indennità di funzione, il cui pagamento viene però differito, cioè spostato in avanti al mo-mento della mancata rielezione 103.
101 Esso risulta, ai sensi art. 17, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986 anche soggetto come il TFR a tassazione separata, per evitare che si sommi al reddito dell’anno in cui viene incassato, facen-do così scattare un’aliquota fiscale più alta.
102 Alle somme ricevute non si applicano i divieti di sequestro e pignorabilità previsti dalla legge n. 1261 del 1965 per le indennità dei parlamentari.
103 Il carattere mutualistico assunto oggi dall’assegno in questione è provato anche dal fatto che esso spetta agli eredi sia legittimi che testamentari del parlamentare deceduto mentre era in carica.