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Il principio indennitario come parte integrante del “diritto costitu- costitu-zionale elettorale”

L’indennità nella Costituzione italiana

7. Il principio indennitario come parte integrante del “diritto costitu- costitu-zionale elettorale”

Per quanto riguarda le norme riconducibili al “diritto costituzionale eletto-rale”, occorre partire dal comma 2 dell’art. 3 Cost. che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale (…) che impediscono l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica del Paese 51.

Il principio fondamentale in questione trova una sua immediata specifica-zione in due norme chiave dell’ordinamento costituzionale repubblicano: l’art. 48 e l’art. 51 Cost. 52.

50 In questo senso si esprime praticamente tutta la dottrina che è intervenuta in materia. V. NOCILLA, Il libero mandato parlamentare, in Il Parlamento, Atti del XV Convegno annuale

del-l’AIC, Cedam, Padova, 2001, 55; A. MANZELLA, Il Parlamento, cit., 259; P. MARSOCCI, Art. 69, cit., 1328; S. TABACCHI, Indennità parlamentare, cit., 456 ss.; C. BOLOGNA, Art. 69, cit., 632; F. RIGANO, L’indennità del parlamentare, cit., 129.

51 L’espressione utilizzata “lavoratori” ha una forte carica ideologica ed è il frutto del complesso accordo tra le forze politiche in Assemblea Costituente e del loro tentativo di tro-vare una sintesi tra le diverse ideologie che si confrontavano. Essa può intendersi, senza vo-lerne svalutare la portata come cittadini, depurando quindi il termine della sua carica ideolo-gica. Sulla portata dell’art. 3, comma 2, si rinvia innanzitutto a P. BARILE, Diritti dell’uomo e

libertà fondamentali, Il Mulino, Bologna, 1984, 91. Sulle intenzioni perseguite dai

Costituen-ti, v. la ricostruzione di A. GIORGIS, La costituzionalizzazione dei diritti all’eguaglianza

sostan-ziale, Jovene, Napoli, 1999.

52 Questo è stato espressamente riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sent. n. 166 del 1972. La giurisprudenza della Corte costituzionale sembra avvalorare la tesi per cui l’art. 3, comma 2, debba essere letto non come “super norma”, ma alla luce delle altre norme costitu-zionali, nel senso che tale principio fondamentale precisa ed arricchisce il loro significato. V. in questo senso, A. PIZZORUSSO, Eguaglianza (diritto di), in Enc. scienze sociali, vol. III, 1993.

L’art. 48 Cost., comma 1, offre, innanzitutto, un riconoscimento costituzio-nale al principio del suffragio universale, attribuendo lo status di elettore a tut-ti i cittadini (indipendentemente dal sesso) che abbiano raggiunto la maggiore età e che abbiano la capacità di agire 53. Il possesso di questo status conferisce al cittadino l’elettorato attivo ossia la capacità di poter esercitare concretamen-te il diritto di voto 54.

Il comma 2 dell’art. 48 Cost. definisce le caratteristiche del voto nel nuovo ordinamento repubblicano. Esso, come noto, deve essere personale ed eguale, libero e segreto. Ognuna di queste caratteristiche impegna la Repubblica, in-tesa come complesso degli enti e degli organi che la compongono, ad operare per far si che esse siano garantite 55.

Tra le caratteristiche ricordate, una in particolare, la libertà del voto, intesa come libertà di scegliere, senza restrizioni o coercizioni, i propri rappresentan-ti, presuppone che esistano condizioni tali da consentire a chiunque ne abbia i requisiti formali di poter concretamente concorrere all’elezione 56. In questo senso, essa ha un legame evidente con il principio indennitario.

Questo legame è, come si è visto, storico. Nell’Ottocento, il principio in-dennitario è, infatti, ritenuto dai suoi sostenitori, il corollario necessario del-l’ampliamento del suffragio e del superamento dei sistemi censuari. L’eroga-zione di un’indennità è, infatti, funzionale a far sì che i rappresentanti della Nazione possano essere scelti dagli elettori anche al di fuori della cerchia dei cittadini abbienti.

Questa funzione si mantiene inalterata, se non accresciuta, nelle democra-zie pluraliste o pluriclasse del Novecento. In esse, la rappresentanza generale si articola nelle rappresentanze delle diverse istanze sociali o delle diverse

clas-53 L’universalità è un principio supremo dell’ordinamento repubblicano (v. Corte cost. n. 1146 del 1988, in Giur. cost., 1988, I, III, 5565 con nota di S.BARTOLE, La Corte pensa alle

ri-forme istituzionali?, 5573) ed ha valenza per ogni tipo di votazione sia essa un’elezione oppure

una deliberazione referendaria.

54 Sulla natura del voto si fronteggiano storicamente due interpretazioni. Da un lato, esso è definito come un diritto naturale dell’individuo. Da un altro lato, il voto è una funzione che il cittadino svolge per concorrere al buon funzionamento dello Stato. Per superare questa dico-tomia, sempre presente nella giuspubblicistica italiana F. Lanchester ha proposto la ricondu-zione delle due funzioni nell’ambito del circuito democratico (ID., Voto (diritto di) - Diritto

pubblico, in Enc. dir., vol. XLVI, 1993, 1107 ss. spec. 1119). Entrambe le tesi influiscono sul

diritto elettorale, cfr. sul punto E. GROSSO, La titolarità del diritto di voto. Partecipazione ed

ap-partenenza alla comunità politica nel diritto costituzionale europeo, Giappichelli, Torino, 2001,

16.

55 V. in proposito, E. BETTINELLI, Voto (diritto di), in Dig. disc. pubbl., Torino, 1990, 228 ss.; E. GROSSO, Art. 48, in R.BIFULCO,A.CELOTTO,M.OLIVETTI (a cura di), Commentario alla

Costituzione, vol. I, cit., 961 ss.; L.A. MAZZAROLLI, Art. 48, in V.CRISAFULLI,L.PALADIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Cedam, Padova, 1990, 324 ss. V. in tempi più recenti la ricostruzione di M. RUBECHI, Il diritto di voto. Profili costituzionali e prospettive

evolu-tive, Giappichelli, Torino, 2016, spec. 7 ss.

si sociali. Ogni classe sociale deve vedersi garantito il diritto di poter proporre i propri rappresentanti senza limitazioni legate all’agiatezza o meno dei propri componenti. Non necessariamente il rappresentante deve essere espressione diretta della classe e delle istanze sociali che vuole rappresentare, ma questo non può essere nemmeno ostacolato.

Per questa ragione, l’indennità prevista per i parlamentari ai sensi dell’art. 69 Cost. è condizione necessaria per l’inveramento della libertà di scelta af-fermata nell’art. 48 della Costituzione repubblicana.

Con riferimento a tutte le altre cariche elettive, dove pure l’elettore ex art. 48 deve poter compiere una scelta libera, la Costituzione non prevede la me-desima garanzia dell’indennità. Così facendo rinvia al Legislatore il compito di valutare se la specifica funzione di rappresentanza, a livello regionale e locale, richieda un impegno tale da risultare non compatibile con un’altra attività la-vorativa e se, in mancanza di un’indennità, questa funzione rischi di essere preclusa ai cittadini non abbienti. Qualora questo rischio sia stimato come rea-le, occorre valutare l’adozione di misure, tra cui anche la previsione di un’in-dennità, volte ad evitare una illegittima contrazione della libertà di scelta rico-nosciuta ai cittadini, per ogni tipo di elezione, a norma dell’art. 48, comma 1 e 2, Cost.

Le medesime questioni sono affrontate, da un diverso punto di vista, nel-l’art. 51 Cost. Tale norma prevede al primo capoverso del comma 1, per tutti i cittadini, dell’uno e dell’altro sesso, il diritto di accesso agli uffici pubblici e

alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza secondo i requisiti stabiliti

dal-la legge 57. Il secondo capoverso, introdotto nel 2003 a seguito di una specifica riforma costituzionale, è dedicato alle pari opportunità 58.

57 Il riferimento usato dalla Costituzione ai “requisiti stabiliti dalla legge” diede origine ad un interessante dibattito. Per taluni esso doveva essere inteso come legittimante deroghe pun-tuali in particolare al principio di parità, così C. ESPOSITO, La Costituzione italiana, Cedam, Pa-dova, 1954, 47 nonché ID., Le donne ed i pubblici uffici, in Giur. cost., 1958, 869 ss. Per altri, invece, ribadiva il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. In proposito, si rinvia a V. C RISAFUL-LI, Eguaglianza dei sessi, requisiti e sindacato della Corte, in Giur. cost., 1958, 862 ss.

58 L’introduzione è avvenuta grazie alla legge costituzionale n. 1 del 2003. V. in proposito M. AINIS, La riforma dell’art. 51 Cost. e i suoi riflessi nell’ordinamento, in R.BIN,G.BRUNELLI, A.PUGIOTTO,P.VERONESI (a cura di), La parità dei sessi nella rappresentanza politica, cit., 33. Essa fa seguito a interventi analoghi volti a fissare il medesimo principio nella legislazione gene-rale. Il riferimento è alla legge costituzionale n. 2 del 2001 che prevede la promozione di condi-zioni di parità per l’accesso alle consultacondi-zioni elettorali e la legge costituzionale n. 3 del 2001 che ha introdotto uno specifico comma nel novellato art. 117 Cost. in cui si prescrive che le Re-gioni rimuovano ogni ostacolo “che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovano la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”. V. sul punto specifico G. BRUNELLI, Le quote riprendono quota (A proposito di

azioni positive in materia elettorale regionale), in Le Regioni, 2001, 541 ss.; M. CARTABIA, Il

principio della parità tra uomini e donne nell’art. 117, 7° comma, Cost., in T. GROPPI,M.O LI-VETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo Titolo V, 2a

ed., Giappichelli, Torino, 2003, 129 ss.

I due capoversi definiscono oggi l’elettorato passivo.

L’accesso alle cariche elettive è riconosciuto come un diritto fondamentale che deve essere garantito a tutti i cittadini, in condizioni di eguaglianza, per ogni tipo di elezione. Le uniche differenziazioni possibili tra i cittadini sono quelle adottate dal Legislatore per garantire le pari opportunità oppure quelle definite direttamente in Costituzione dagli artt. 56, comma 2 e 58, comma 2 e 65 Cost. per le elezioni alla Camera dei deputati ed al Senato, e dall’art. 122 Cost. per le elezioni regionali 59.

La legge può, inoltre, stabilire eventuali limitazioni a tale diritto fondamen-tale 60, ma esse devono rispettare il principio di eguaglianza-ragionevolezza 61; devono fondarsi sulla protezione di altri interessi costituzionali di pari ran-go 62; devono essere strumentali e proporzionali all’obiettivo perseguito 63.

Il comma 3 dell’art. 51 Cost. sancisce, come garanzie specifiche di invera-mento di quanto previsto dal comma 1, il diritto per i cittadini eletti a disporre “del tempo necessario” all’adempimento della loro funzione ed il diritto “a conservare il proprio posto di lavoro” 64.

presenza di donne nelle Istituzioni rappresentative v. M. CAIELLI, Le norme sulla parità dei sessi

nella rappresentanza politica come azioni positive, in R.BIN,G.BRUNELLI,A.PUGIOTTO,P.V E-RONESI (a cura di), La parità dei sessi nella rappresentanza politica, cit., 47; L.CALIFANO (a cura di), Donne, politica e processi decisionali, Giappichelli, Torino, 2004; E.PALICI DI SUNI, Tra

pa-rità e differenza. Dal voto alle donne alle quote elettorali, Giappichelli, Torino, 2004; L. G IAN-FORMAGGIO, Eguaglianza, donne e diritto, Il Mulino, Bologna, 2005; G.BRUNELLI, Donne e

po-litica. Quote rosa? Perché le donne in politica sono ancora così poche, Il Mulino, Bologna, 2006;

A.APOSTOLI, La parità di genere nel campo minato della rappresentanza politica, in Rivista AIC, 2016, 4, 1 ss.; A.CONCARO,M.D’AMICO, Donne e istituzioni politiche. Analisi critica e materiali

di approfondimento, Giappichelli, Torino, 2006; M. D’AMICO, Rappresentanza politica e genere, in A.BARBERA (a cura di), Il nuovo diritto anti discriminatorio, Giuffrè, Milano, 2007, 347 ss.;A. FALCONE (a cura di), Verso una democrazia paritaria. Modelli e percorsi per la piena

partecipazio-ne delle donpartecipazio-ne alla vita politica e istituzionale, Giuffrè, Milano, 2011; L. CALIFANO, Il

riequili-brio dei sessi nella rappresentanza politica (contraddizioni, riforme e prospettive ovvero come con-ciliare la dogmatica giuridica con il divenire della storia), in Percorsi costituzionali, 2011; A.D EF-FENU, Il principio di pari opportunità di genere nelle istituzioni politiche, Giappichelli, Torino, 2012; C.NAPOLI, La rappresentanza di genere nelle assemblee elettive: le quote alla prova del

vo-to, in Rivista telematica dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, 2013, 1 ss.

59 Cfr. in proposito G.FERRARI, Elezioni (teoria generale), in Enc. dir., vol. XIV, 1965, 607 ss. spec. 639.

60 La Corte costituzionale ha qualificato tale diritto come inviolabile a partire dalla sent. n. 235 del 1988 (seguita poi da n. 571 del 1989 e n. 539 del 1990).

61 V. in questo senso la Corte costituzionale nelle sentt. n. 450 del 2000 e n. 350 del 2001.

62 V. le sentt., Corte cost. n. 235 del 1988, n. 571 del 1989 e n. 141 del 1996.

63 V. sentt., Corte cost. n. 46 del 1969, n. 162 del 1985, n. 43 del 1987, n. 235 del 1988, n. 10120 del 1988, n. 510 del 1989, n. 53 del 1990, n. 388 del 1991, n. 344 del 1993, n. 141 del 1996, n. 132 del 2001, n. 306 del 2003. Su tali sentenze e sul fatto che da esse occorre ricavare il principio per cui “l’eleggibilità rappresenta la regola e l’ineleggibilità l’eccezione” cfr. M. C UNI-BERTI, Art. 51, in Commentario breve alla Costituzione, cit., 519.

La concreta disciplina di entrambi i diritti è rimessa alla legge cui spetta, dunque, il compito di graduarne l’intensità sulla base di quanto ogni specifica funzione elettiva richieda 65. La disposizione costituzionale individua, quindi, solo il contenuto minimo dei due diritti, rinviando al Legislatore di scegliere tra le diverse possibili modalità di attuazione e quindi nello specifico circa la retribuzione delle assenze, il regime delle aspettative e degli oneri cd. riflessi, la compensazione del tempo impiegato e del ruolo assunto 66.

È facile osservare il rapporto di stretta interdipendenza tra le garanzie di base dell’art. 51, comma 1 e 3, e la garanzia dell’indennità prevista per i par-lamentari ai sensi dell’art. 69 Cost.

Esiste, infatti, una progressione tra le due norme costituzionali che il Legi-slatore è chiamato ad attuare. Se, infatti, come esplicitato dalla Corte Costitu-zionale italiana, nella sentenza n. 24 del 1968, “in un regime democratico a larga base popolare e nell’ambito del quale il potere non è riservato ai ceti che si trovino in condizioni economiche di vantaggio, il legislatore ha l’obbligo di porre in essere tutte quelle condizioni che appaiono indispensabili per consen-tire anche ai non abbienti l’accesso alle cariche pubbliche e l’esercizio delle funzioni a queste connesse” 67, le aspettative, i permessi retribuiti e non, l’in-dennità di funzione ed ogni altro emolumento o compensazione sono tutte condizioni che concorrono a mettere il cittadino nella condizione di svolgere la funzione di rappresentanza nel modo migliore possibile.

Tali condizioni, e tra di esse certamente l’indennità per i parlamentari, so-no pure rilevanti per far si che il rappresentante possa rispettare i doveri giu-ridici posti dall’art. 54 Cost. 68. Tale norma, dopo aver sancito, al comma 1, il

65 Il diritto a conservare il posto di lavoro si collega saldamente con i principi fondamentali della Costituzione italiana ed in particolare con l’art. 3, comma 2 e l’art. 4 Cost. V. sul punto U. POTOTSCHNIG, La Pubblica Amministrazione artt. 97-98, sez. II, Le condizioni di ammissibilità

stabilite dall’art. 51, in Comm. Branca, 1994, 361 ss. spec. 363.

66 La giurisprudenza costituzionale è intervenuta, nel tempo, ad individuare alcuni paletti al-la discrezionalità del Legisal-latore, ad esempio, affermando come il divieto di trasferimento del lavoratore sia garanzia inerente alla conservazione del posto di lavoro (v. sent. n. 28 del 1998) oppure sottolineando la necessità di differenziare le indennità riconosciute a livello locale a se-conda della grandezza dell’ente (v. sent. n. 145 del 2004). V. sul punto, G.E. VIGEVANI, Stato

democratico ed eleggibilità, Giuffrè, Milano, 2001, 219.

67 La sentenza è pubblicata in Giur. cost., 1968, 448.

68 Con riferimento ai due doveri sanciti nel comma 1 dell’art. 54 Cost. si rinvia, alle opere di G. LOMBARDI, Contributo allo studio dei doveri costituzionali, Giuffrè, Milano, 1967, spec. 129 ss.; di L. VENTURA, La fedeltà alla Costituzione, Giuffrè, Milano, 1984, 43 ss. Per la tesi di un unico dovere giuridico, in quanto le due fattispecie coinciderebbero nel dovere di fedeltà alla Re-pubblica, v. P. BARILE, Il soggetto privato nella Costituzione italiana, Cedam, Padova, 1953, 156 ss. V. anche G.M.SALERNO, Art. 54, in R.BIFULCO,A.CELOTTO,M.OLIVETTI (a cura di),

Commentario alla Costituzione, I, cit., 1078 ss. Per un esaustivo esame delle diverse posizioni

dottrinali, v. per tutti, A. MORELLI, voce Fedeltà alla Repubblica, in Dizionario di diritto

pubbli-co, diretto da S. CASSESE, vol. III, Giuffrè, Milano, 2006, 2468 ss. Per una particolare declina-zione del dovere di fedeltà v. I. MASSA PINTO, Doveri e formazioni sociali. Il dovere di fedeltà

dovere giuridico per tutti i cittadini di fedeltà alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi, dispone, al comma 2, per i cittadini a cui sono affi-date funzioni pubbliche il dovere di adempierle “con disciplina ed onore”. Tale specifico dovere è da intendersi come carattere del modo con cui si deb-bono esercitare le funzioni pubbliche 69.

Questo inciso, pur connotato da connotazioni etiche, rappresenta un dove-re propriamente giuridico che giustifica e, al tempo stesso, richiede norme ad

hoc che lo attuino 70.

L’attuazione della norma costituzionale può consistere sia in norme che fa-cilitino l’assolvimento del dovere giuridico, basti pensare proprio all’inden-nità, alle aspettative obbligatorie o agli obblighi di astensione, sia in norme che sanzionino le violazioni. Tra queste vi sono, per esempio, le sanzioni di-sciplinari che possono colpire deputati e senatori ai sensi dei rispettivi regola-menti parlamentari 71.

8. L’istituto dell’indennità come parte integrante delle norme

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