L’attuazione dell’istituto costituzionale dell’indennità per i parlamentari
3. La quota fissa dell’indennità o “indennità in senso stretto”
Con riferimento all’ambito dell’indennità parlamentare, l’art. 1 della legge del 1965 prevede che l’indennità, spettante ai membri del Parlamento a norma dell’art. 69 Cost. per garantire il libero svolgimento del mandato, sia “costitui-ta da quote mensili comprensive anche del rimborso delle spese di segreteria e di rappresentanza”.
13 Così U. ZAMPETTI, Art. 69, cit., 246, il quale cita anche l’intervento del Presidente della Camera, Bucciarelli Ducci, che nella seduta del 7 ottobre 1965 (Atti Camera, IV leg. Seduta del 7 ottobre 1965, 17814), in cui si svolse la discussione generale sulla proposta di legge che avrebbe poi condotto alla legge n. 1261 del 1965, affermò come ormai solo fittiziamente l’indennità po-teva dirsi stabilita dalla legge.
14 Ibidem, 246, nt. 4.
La formulazione non è ottimale.
Da un punto di vista formale, il Legislatore sembra, dunque, aderire ad un’interpretazione della nozione costituzionale secondo cui in essa rientrano sia l’indennità di funzione sia un forfait per le spese di segreteria e di rappre-sentanza. Ogni altro emolumento, a qualunque titolo erogato, tra cui le diarie, pur previste nel successivo art. 2, non godrebbero, seguendo la lettera della legge, della garanzia costituzionale e, pertanto, spetterebbe al Legislatore o al-le Camere stesse di valutarne la necessità e l’opportunità.
Inoltre, l’aver specificato che l’indennità riconosciuta sia da intendersi co-me comprensiva anche del rimborso di spese di segreteria e di rappresentanza può creare una duplicazione nel caso in cui siano previsti, per altra via, ulte-riori rimborsi per i medesimi scopi 16.
Per quanto riguarda l’indennità fissa, la legge del 1965 non provvede, di-versamente da quanto fatto in precedenza, a quantificare l’emolumento, ma affida tale compito agli Uffici di Presidenza delle due Camere 17. Nel far que-sto la legge specifica che le quote mensili non debbano superare “il dodicesi-mo del trattamento complessivo massidodicesi-mo annuo lordo dei magistrati con fun-zioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate” 18.
Il fatto che la legge n. 1261 del 1965 definisca un parametro per la deter-minazione può superare almeno in parte le obiezioni di natura formale avan-zate con riguardo alla legge precedente 19.
Con l’unica avvertenza che la norma, in realtà, aggancia ma non equipara l’indennità dei parlamentari allo stipendio del magistrato presidente di sezione della Corte di cassazione poiché si limita ad individuare un limite massimo, la-sciando, quindi, agli Uffici di Presidenza discrezionalità nella scelta del quantum o del parametro percentuale di equiparazione 20.
16 Sulla questione cfr. anche A. MANZELLA, Il Parlamento, cit., 200.
17 Nell’ambito del dibattito parlamentare, la questione fu analizzata ed al Senato fu anche presentato un emendamento dal gruppo socialista che proponeva di fissare l’ammontare dell’in-dennità nella legge prevedendo il suo adeguamento automatico al costo della vita. V. U. Z AM-PETTI, Art. 69, cit., 247, nt. 7.
18 L’aggancio del trattamento economico di appartenenti ad organi costituzionali a quello di certe categorie di funzionari statali è sperimentato, per la prima volta, per i giudici della Corte costituzionale ai sensi dell’art. 6, legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1. Cfr. G. CONTINI,
In-dennità parlamentare, cit., 113, nt. 48.
19 Il rinvio operato dalla legge agli Uffici di Presidenza delle due Camere per la determina-zione degli emolumenti sollevava gli stessi dubbi di costituzionalità, sorti nella vigenza della prima legge di attuazione del disposto costituzionale, con riferimento alla determinazione della diaria. Essi sarebbero certamente fondati se si fosse aderito ad una lettura restrittiva della riser-va di legge di cui all’art. 69 Cost. per cui ad essere stabilito dalla legge debba essere anche il
quantum dell’indennità. Essi possono essere invece superati se si aderisce alla tesi, sostenuta
anche nel capitolo precedente, per cui la riserva di legge prevista in Costituzione non impone la quantificazione, ma richiede solo una precisa sistemazione legislativa della materia e i criteri per la determinazione degli emolumenti.
l’am-Tali Uffici di Presidenza devono, pur senza che la legge lo specifichi, giun-gere ad un accordo sull’ammontare finale dell’indennità di deputati e di sena-tori. Infatti, come si è detto, una differenziazione non sembra ammissibile sia per il tenore proprio dell’art. 69 Cost. sia per il principio del bicameralismo perfetto che informa il nostro ordinamento.
Nel dettaglio, gli Uffici di Presidenza (rectius l’Ufficio di Presidenza della Camera ed il Consiglio di Presidenza del Senato) hanno più volte modificato il parametro entro i paletti fissati dalla legge. Si è partiti da una quota dell’87 per cento riferita prima al nono aumento graduale dei Presidenti di Sezione della Corte di Cassazione, poi al secondo aumento graduale ed, infine, alla po-sizione economica iniziale. Poi, a seguito di una riarticolazione degli scatti dei magistrati, si è agganciata, nel 1993, l’indennità di deputati e senatori al 96 per cento del sedicesimo scatto (su trenta possibili scatti) dell’ottava classe stipen-diale dei magistrati 21.
Sulla base del parametro adottato, gli Uffici di presidenza hanno previsto un adeguamento quasi automatico dell’indennità di deputati e senatori alle va-riazioni subite dallo stipendio dei magistrati e dalle indennità integrative loro applicabili 22. Gli aumenti sono stati conteggiati dal Collegio dei deputati que-stori e dal Collegio dei senatori queque-stori e rimessi per l’approvazione agli Uffi-ci di Presidenza delle due Camere.
La traiettoria della quota fissa dell’indennità è assai interessante.
Gli incrementi più significativi si sono avuti negli anni Ottanta e negli anni Novanta 23. Nel primo decennio l’indennità è aumentata da 1.823.000 lire (941,55 euro) a 11.086.000 lire (5725 euro) mensili. Al termine degli anni No-vanta, essa è giunta a 19.315.000 (9975 euro) sempre per dodici mensilità 24. Gli aumenti considerevoli registrati sono in parte legati al recupero dell’inflazione che nei due decenni considerati è stata rispettivamente del 169 per cento e del 47 per cento ed in parte dipendenti anche dalle innovazioni introdotte sul
re-pia discrezionalità lasciata agli Uffici di presidenza, non è esente da fondati sospetti di incostitu-zionalità.
21 Per il Senato v. la delibera del Consiglio di Presidenza 30 giugno 1993, n. 45 e per la Ca-mera dei deputati la deliberazione del 30 giugno 1993, n. 62.
22 L’adeguamento automatico, deciso dagli Uffici di presidenza nell’ottobre del 1968, fu so-speso dai medesimi Uffici solo dal 1975 al 1977 come risposta alla grave crisi economica che colpì l’Europa occidentale e l’Italia in particolare a seguito dello shock petrolifero del 1973. V. in proposito le delibere degli Uffici di Presidenza del 30 ottobre 1975 e del 9 novembre 1977. Cfr. U. ZAMPETTI, Art. 69, cit., 249, nt. 13.
23 In termini assoluti può apparire notevole anche l’incremento rilevabile negli anni Settanta da 860 mila lire a 1 milione 820 mila lire al mese. Occorre però considerare l’inflazione che nel decennio ha raggiunto il 236,05 per cento secondo i calcoli realizzati utilizzando l’indice ITC-PI2005 dell’Istat.
24 I dati forniti sono tratti da una tabella fornita dalla Presidenza del Consiglio alla segreteria della Conferenza per i Rapporti Stato Regioni ed Autonomie Locali è pubblicata come allegato alla delibera 56/CSR del 3 aprile 2019.
gime fiscale applicabile alle indennità 25. Questo non toglie che tali aumenti debbano essere considerati come il risultato dell’onda lunga della professiona-lizzazione della politica e del ruolo assunto dai partiti nella formazione e sele-zione dei rappresentanti almeno fino alla loro crisi dei primi anni Novanta.
Gli adeguamenti automatici sono comunque continuati, anche se con ritmo più ridotto, sino al termine del 2005 quando la quota fissa ha toccato la quota massima di 12.434 euro mensili 26.
La situazione è cambiata in modo significativo a partire dalla legge 23 di-cembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
plu-riennale dello Stato (legge finanziaria 2006) 27. L’art. 1, comma 52, della legge in questione ha imposto una riduzione del 10 per cento dell’ammontare mas-simo delle indennità mensili spettanti ai componenti della Camera e del Sena-to. L’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ed il Consiglio di Presi-denza del Senato della Repubblica hanno conseguentemente disposto una ri-duzione pari al 10 per cento dell’importo lordo, in quel momento corrisposto, della quota mensile dell’indennità parlamentare 28.
La tendenza a ridurre gli emolumenti è proseguita con la legge 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2008). L’art. 1, comma 375, di tale legge ha
stabili-to un blocco, per cinque anni dall’entrata in vigore della legge finanziaria, degli adeguamenti automatici delle quote mensili dell’indennità parlamentare.
Questi due interventi hanno ridotto la discrezionalità che la legge del 1965 attribuiva agli Uffici di Presidenza stabilendo, in via legislativa, l’ammontare della quota fissa dell’indennità. Tale tendenza è proseguita nel triennio 2011-2013, in conseguenza di alcuni provvedimenti di legge assunti per fronteggiare la crisi economica e che hanno inciso sul trattamento economico dei parla-mentari.
In prima battuta, l’art. 1 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modi-ficazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 ha stabilito un tetto al trattamento economico omnicomprensivo corrisposto ai titolari di cariche elettive ed inca-richi di vertice di diversi organismi pari alla media, ponderata rispetto al PIL,
25 L’inflazione è stata calcolata dall’A. sulla base dell’indice ITCPI 2005 dell’Istat indicando come periodo di calcolo la data d’inizio e quella di fine di ciascun decennio.
26 Dal 2006, l’indennità di deputati e senatori non è più stata adeguata. Dopo il blocco legi-slativo, va detto che l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ed il Consiglio di Presi-denza del Senato hanno sempre prorogato le misure di contenimento inizialmente previste dalla legge.
27 Cfr. con riferimento agli interventi più recenti la ricostruzione di D.ISOTTI, L’indennità
parlamentare prevista dall’art. 69 Cost.: attuazione e recenti interventi, cit., 219.
28 Questo taglio del dieci per cento ha portato l’indennità di deputati e senatori ad un valo-re, parametrato sempre rispetto alla retribuzione dei magistrati, pari a l’86,4 per cento dell’in-dennità massima. Un ulteriore decurtazione, questa volta indiretta, è avvenuta con la legge fi-nanziaria 2007 che ex art. 1, comma 575, ha ridotto del 30 per cento il trattamento economico complessivo dei ministri e dei sottosegretari di Stato che siano anche membri del Parlamento.
degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell’area euro. L’applicazione di tale norma era differita agli esiti di un’indagine affidata ad una commissione appositamente istituita e presieduta dal Presidente dell’Istat, Enrico Giovannini 29. La Com-missione Giovannini, dopo aver provveduto ad una prima ricognizione dei trat-tamenti economici riconosciuti negli altri Paesi europei, ha rimesso il proprio mandato in quanto le criticità riscontrate, in merito all’eterogeneità ed alla di-scordanza delle voci che compongono, in ogni Paese, l’indennità parlamentare, ha reso impossibile giungere ai risultati previsti dalla legge.
In seconda battuta, l’art. 13, comma 1, d.l. n. 138 del 2011, ha previsto, per gli anni 2011, 2012, 2013, una decurtazione alla indennità dei deputati e dei senatori in misura pari al 10 per cento per la parte eccedente i 90 mila euro annui e fino a 150 mila e al 20 per cento per la parte eccedente i 150 mila 30.
Il comma 2 della medesima disposizione ha, inoltre, stabilito che “ai parla-mentari che svolgono qualsiasi attività lavorativa per la quale sia percepito un reddito uguale o superiore al 15 per cento dell’indennità parlamentare la ridu-zione dell’indennità si applica in misura del 20 per cento per la parte ecceden-te i 90.000 euro e fino a 150.000 euro e in misura del 40 per cento per la parecceden-te eccedente i 150.000 euro” 31.
La particolarità di questa norma sta nel fatto che essa ha introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento, una tenue differenziazione tra i parla-mentari in merito all’indennità effettivamente percepita in ragione di un loro reddito ulteriore.
Di fatto si è sancito, a livello legislativo, il principio che Calamandrei aveva sostenuto in Assemblea Costituente e che aveva sollevato obiezioni fragorose da parte di tutti gli schieramenti presenti. Questo è avvenuto non però nella misura e secondo le nobili motivazioni che avevano spinto Calamandrei a formulare la sua proposta quanto piuttosto per esigenza di contenimento dei costi, come emerge dal fatto che la legge lega questa decurtazione all’attesa della revisione costituzionale concernente la riduzione del numero dei parlamentari ed alla rideterminazione del trattamento economico omnicomprensivo annual-mente corrisposto a deputati e senatori 32.
29 V. COMMISSIONE GIOVANNINI, Rapporto della Commissione sul livellamento retributivo
Italia-Europa, 31 marzo 2012, 24. In merito al lavoro della Commissione, v. D.ISOTTI,
L’inden-nità parlamentare prevista dall’art. 69 Cost.: attuazione e recenti interventi, cit., 222.
30 La riduzione prevista dalla legge non riguardava esclusivamente i parlamentari ma tutte le indennità percepite dai membri degli organi costituzionali. Cfr. sull’attuazione di tale disposi-zione la deliberadisposi-zione dell’Ufficio di Presidenza della Camera del 28 settembre 2011.
31 Si v. per l’attuazione del decreto legge, la delibera dell’Ufficio di Presidenza della Camera del 28 settembre 2011 in cui si specifica che, per calcolare la soglia, deve farsi “riferimento a qual-siasi reddito classificato dal Testo unico delle imposte sui redditi come reddito da lavoro autono-mo, anche di tipo occasionale, dipendente, ovvero assimilato a quello di lavoro dipendente”.
32 Il medesimo comma 2, dell’art. 13 alla lett. b) prevedeva anche che le Camere, in confor-mità con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, individuassero, entro sessanta giorni dalla
L’efficacia di quest’ultimo intervento, venendo a cadere l’ipotesi di riforma costituzionale, è stata successivamente oggetto di proroghe.
In virtù di questi interventi, ad oggi, l’indennità mensile lorda corrisposta a deputati e senatori è pari a 10435 euro. Essa è diminuita a 9975 euro per i de-putati che percepiscono altri redditi da lavoro. Il che significa che, al netto dei prelievi fiscali e contributivi, essa si attesta a circa 5000 euro, poco di più o poco di meno, a seconda della residenza e delle corrispondenti addizionali re-gionali e comunali 33.