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Dimensioni e funzioni della genitorialità

Genitorialità: concetti chiave

6.3 Dimensioni e funzioni della genitorialità

Se la genitorialità ha un substrato biologico che si esprime nella “spinta” a perpetuare e a conservare la specie attraverso specifici comportamenti geneticamente determinati, compresi l’allevamento l’accudimento della prole, la

complessità della struttura psichica e dell’organizzazione sociale – se non altro nelle culture occidentalizzate o tecnologicamente più avanzate – hanno allontanato non poco l’uomo da tale programmazione su base innata. Una via per comprendere la complessità di ciò che viene indicato come “genitorialità” è quello di esplorare le dimensioni lungo le quali essa si manifesta ed opera.

Una gran mole di lavori è stata prodotta nel tentativo di identificare gli elementi teorici dello specifico costrutto (cfr. Bornstein, 2002). Una prospettiva interessante è quella di Hoghughi e Long (2004, pag. 6), che definiscono la genitorialità come quell’insieme di attività intenzionalmente volte a garantire e a promuovere il benessere – il “welfare” – dei bambini, articolando tale insieme in:

(a) attività genitoriali, ovvero quegli elementi fondamentali che rendono la genitorialità necessaria e sufficiente, tra cui la cura, il controllo, la promozione dello sviluppo. Ognuno di questi elementi prevede da un lato la prevenzione delle avversità e di tutto ciò che può danneggiare il bambino e dall’altro la promozione della positività e di tutto ciò che può aiutare il bambino;

(b) aree funzionali, ovvero quegli aspetti principali inerenti il funzionamento in età evolutiva e su cui le attività genitoriali si concentrano. Le aree di funzionamento riguardano la salute fisica, il funzionamento intellettuale e l’educazione, il comportamento sociale, la salute mentale;

(c) prerequisiti, vale a dire ciò di cui i genitori necessitano in partenza per esercitare il loro “mestiere”. La gamma di risorse di cui i genitori abbisognano per svolgere i loro compiti complessi è certamente ampia e variegata e cambia a seconda del contesto: non è pertanto possibile fornire un inventario esaustivo. Tuttavia, nell'interesse di un quadro integrato, sembra di poter individuare nella capacità di comprensione e nella conoscenza, nella motivazione, nelle risorse e nelle opportunità (comprendenti le tendenze comportamentali, le reti sociali, le abilità, le risorse materiali), alcune irriducibili e irrinunciabili categorie di prerequisiti genitoriali.

Si tratta, per lo più, di quadri concettuali tesi alla valutazione di prassi genitoriali agite nell’ambito di singole famiglie, oltre che alla predisposizione di consoni programmi di sostegno; tuttavia, sebbene tali analisi abbiano un’origine ed un’applicabilità prevalentemente di ordine clinico, possono risultare utili per

strutturare la gran mole di letteratura sull’argomento ed offrire utili indicazioni per la ricerca sul campo.

Un’altra visione che riteniamo interessante è quella di Fava Vizziello (2003; cfr. anche Fava Vizziello e Simonelli, 2005) la quale, pur occupandosi della genitorialità da una prospettiva prevalentemente psicopatologica, offre un quadro definitorio del costrutto assai chiaro ed utile anche a fini di ricerca. L’autrice definisce la genitorialità nei termini di funzione autonoma e processuale dell’essere umano che preesiste al reale concepimento di un bambino, ritenendo essa concepimento e nascita di un “bambino reale” solamente una delle espressioni attraverso cui la funzione genitoriale può esprimersi. La funzione genitoriale entra in gioco in diverse situazioni della vita attraverso la capacità dell’individuo (a) di interpretare i bisogni, (b) di accudire, (c) di proteggere.

Secondo Fava Vizziello le prime espressioni della genitorialità possono essere osservate a partire dalla fine del primo anno di vita, quando il bambino fa i primi tentativi di imboccare la madre con il cucchiaio con il quale ella lo sta nutrendo. In sostanza, si innesta un sistema intersoggettivo, ovverossia un processo che, attraverso l’interazione reale e fantasmatica del bambino e dell’adulto, pone le basi per la costruzione di quello che è, appunto, il sistema dello sviluppo della funzione genitoriale. La genitorialità – o funzione genitoriale – è una caratteristica della persona che è possibile osservare in diversi aspetti e momenti del ciclo di vita e si caratterizza per alcune dimensioni fondamentali quali: la conoscenza dell’aspetto e del funzionamento corporeo dell’altro, la capacità di esplorare i cambiamenti dell’altro, la conoscenza del funzionamento mentale dell’altro, il piacere di provvedere all’altro. La funzione genitoriale non sempre evolve e funziona in consonanza con il funzionamento della personalità, nel senso che lo sviluppo e il funzionamento della funzione genitoriale influiscono sullo sviluppo e sul funzionamento individuale ma non coincidono: ad esempio, un genitore tossicodipendente può svolgere con sintonia la funzione genitoriale nei confronti del proprio figlio, nonostante le gravi difficoltà che caratterizzano la sua condizione psicopatologica. D’altra parte, quando la genitorialità viene definita come “funzione che evolve nel tempo” – sia nel corso del ciclo di vita dell’adulto, sia lungo lo sviluppo del bambino – si sottintende che le competenze genitoriali non sono date “una volta per tutte” ma si modificano nel corso dei cambiamenti individuali

dell’adulto, dello sviluppo del bambino e dell’evoluzione della relazione. Ad esempio, una madre può accudire con molta sensibilità il figlio di 3 mesi nel momento del pasto ma essere in difficoltà quando, a 12 mesi, il bambino vorrà autonomizzarsi imparando ad alimentarsi da solo.

Affinché la genitorialità adulta possa dunque estrinsecarsi e realizzarsi, è necessaria l’implicazione di numerose variabili, tra cui la presenza di un modello di comprensione degli stati d’animo dell’altro, il vissuto di poter generare con un altro da sé – un bambino – uscendo dalla posizione di figlio, il vissuto di poter essere un genitore in grado di dare al figlio, reale o potenziale, ciò di cui ha bisogno, la presenza di un mondo rappresentazionale ricco di personaggi genitoriali in continuo movimento, in un gioco a più persone, almeno triadico.

Ambedue le prospettive su delineate considerano le funzioni e le competenze attraverso cui il genitore agisce il suo ruolo le quali, pur innestandosi in un substrato filo ed ontogenetico, sono ritenute dipendere da fattori contestuali e culturali oltre che sociali. Un’interessante analisi che ripercorre le più indicative descrizioni di funzioni e competenze genitoriali da parte di accreditati studiosi è quella elaborata da Gianluigi Visentini (2003; 2004)75, qui sinteticamente adattata in tabella 6.1. Tale disamina si trova riferita anche in Stefanini e Martinetti (2010, pp. 141-143) e in Volpini e Camerini (2011, pag. 16).

75

Il dott. Visentini ha elaborato l’approfondita disamina delle funzioni genitoriali – che qui riferiamo in modo sintetico e parziale – ai fini della sua tesi “Genitorialità e disabilità” (2003) realizzata a conclusione del Master “Genitorialità. Interventi preventivi, diagnostici e terapeutici” presso l’Università di Padova, diretto da Grazia Maria Fava Vizziello. Ringraziamo vivamente il dott. Visentini per la gentile e generosa concessione.

Tabella 6.1 - Funzioni della genitorialità. Mutuato da Visentini (2003, 2004). Vedi anche

Stefanini e Martinetti (2010, pp. 141-143) e Volpini e Camerini (2011, pag. 16).

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