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La riflessività quale dispositivo principe dell’enazione

La formatività della relazione educativa

5.3 La riflessività quale dispositivo principe dell’enazione

La considerazione principale che si è costituita a guida del presente percorso di ricerca ha riguardato la capacità della relazione educativa di essere formativa – ovvero enattiva, generativa di conoscenza, e dunque capace di “dar forma al sé” nel senso di favorire, se non consentire, l’autorealizzazione individuale in un assetto intersoggettivo – cioè la realizzazione autopoietica dell’individuo, direbbero Maturana e Varela – nonchè il disvelamento di una coscienza consapevole.

Ma qual è il dispositivo principe capace di produrre enazione? La risposta non è naturalmente univoca ma, più di altri, il modello dell’integrale antropologico di Margiotta (cfr. §2.2.4) – che molto si basa da un lato sui contributi di Dewey inerenti lo sviluppo del pensiero riflessivo quale obiettivo primario dell’educazione e dall’altro sull’indiscutibile rapporto testimoniato dalla ricerca empirica tra pensiero, contesto ed esperienza – ci sembra capace di avvalorare la significatività pedagogica del nesso tra pensiero riflessivo e processi formativi. A questo proposito scrive Margiotta (2011c):

“…in una società – la nostra – per la quale le categorie dell’instabilità, dell’incertezza, della precarietà, dell’incontrollabilità si impongono come categorie ontologiche e gnoseologiche, il pensiero riflessivo in quanto pensiero euristico e critico potrebbe costituire un «dispositivo-strumento» di formazione quanto mai necessario per una società del post Twin Tower che voglia dirigersi verso la costruzione di una nuova democrazia trovando, sempre, nell’educazione lo «spazio esperienziale» funzionale a realizzare la crescita e lo sviluppo individuale e sociale…”.

Il dispositivo principe che produce enazione giace dunque nella riflessività, processo che, avvalendosi degli strumenti del dialogo, della conversazione, della narrazione, mobilita in assetto interazionale e si fa strumento capace di “dare forma”, cioè senso e significato, ai sistemi umani di azione (ibidem).

“«Formativo» allora non è solo ciò che attiene a situazioni strutturate di apprendimento ma comprende tutto ciò che rende «significante» azioni volte alla creazione di valore. Formazione è un «dare forma» ma solo a partire dalla possibilità di «generare forme nuove» di conoscenza orientate al valore. La formazione diviene quindi lo spazio di un agire strategico orientato all’attivazione significante del senso creativo e generativo dei sistemi d’azione e degli «accoppiamenti strutturali» in cui ci si riconosce. L’agire formativo garantisce, a sua volta, la costruzione di nuovi significati e di una

ricorsiva produzione di senso e di creazione del valore. Questa visione immerge la formazione nelle interazioni di generazione di valore che, a loro volta, sono espressioni di dinamiche di interazioni tra sistemi e ambienti. Tale approccio diviene utile anche per il «miglioramento» delle strategie di formazione, generando modelli di funzionamento e consentendo un controllo a più variabili. Ma ciò è possibile solo intendendo questo processualmente; spostando cioè continuamente i «confini» del sistema inizialmente contornato, oltrepassando così la decifrazione del funzionamento (l’attività) per far posto a quella del senso. In questa ottica la formazione si configura come esperienza morfogenetica-riflessiva-interattiva (Margiotta, 1998). Morfogenetica in quanto espressione di una dimensione generativa che costituisce l’esperienza e l’azione formativa; riflessiva in quanto capace di apertura di senso massimizzando lo spazio del possibile e riaprendo combinatorie oltre le «regole di composizione» già date; interattiva per il riferimento intersoggettivo e intenzionale dell’azione formativa. Questa visione ci conduce a rileggere la formazione in chiave non di razionalità pianificatoria (espressione della vecchia logica del controllo del periodo fordista) quanto piuttosto come espressione di un programma di ricerca capace di sviluppare possibilità di costruzione in rete di sistemi d’azione della persona capaci di interpretare e governare i processi di co- evoluzione, di auto-determinazione, di personalizzazione, nella diade ricorsiva globale/locale. Diviene allora sempre più evidente come la formazione costruisca trame di significato e di valore in una con il concetto di cambiamento e di potenziale di sviluppo” (Margiotta, 2011a, pag. 74).

Per concludere, la lezione che abbiamo potuto trarre dal percorso sin qui compiuto è che una relazione intersoggettiva di natura educativa si fa formativa quando si realizza come enattiva, cioè generativa di forme significanti nelle azioni e nelle interrelazioni umane – quindi produttiva di senso – in una strategia gnoseologica e valoriale indirizzata all’estrinsecazione del Sé. In accordo con Margiotta (2012b; 2013), il dispositivo principe capace di produrre enazione non può che fondarsi sulla

riflessività.

L’educazione non può dunque che essere relazionale, in quanto processo nel contempo naturale e culturale che si dispiega in assetto intersoggettivo. È in questo spazio intersoggettivo – nella relazione educativa – che gli individui evolvono in virtù del reciproco scambio, formandosi alla coscienza. Tra i molti spazi dell’educare – ovvero tra i molti luoghi e modi dell’educare – ve ne è uno di privilegiato ed irrinunciabile – che è lo spazio “familiare” – con i vissuti primari e basilari che in

esso prendono forma e dove le interrelazioni danno origine alle radici dell’identità umana.

Resterà ora da comprendere se rendendo gli adulti – nel caso precipuo i genitori – consapevoli della “trama enattiva” della loro capacità educativa, si può contribuire a modificarne gli assetti metacognitivi inerenti i relativi saperi, le conoscenze, le prassi (cfr. Margiotta, 2011d), nella convinzione che il più efficace supporto alla genitorialità giaccia non tanto sul potenziamento del ruolo (“cosa” deve saper fare un adulto per essere genitore) quanto sulla consapevolezza se proprio Sé (“chi” deve riuscire ad essere l’individuo per potersi esprimere adeguatamente – tra gli altri – anche nel ruolo genitoriale).

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