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Intersoggettività come motore della relazione educativa

è intrinsecamente educativa

1.5 Intersoggettività come motore della relazione educativa

Ai fini della comprensione della personalità umana la psicologia del profondo – da Freud in poi – ha consigliato di penetrare progressivamente nel mondo interiore dell’individuo per riconoscere quelle forze ed energie che lì vi dimorano e che lo rendono unico e originale ed individuare possibili correlazioni o dissonanze fra di esse per aiutarlo a vivere la sua singolarità in modo costruttivo. La comprensione del sé avverrebbe, secondo questa visione, “dal di dentro”; ma tale approccio – definibile “intrapsichico” – comporta un rischio, connesso soprattutto ad assolutizzazioni con cui vengono attribuite all’individuo capacità e volontà di un’esistenza indipendente, disgiunta dal mondo fisico e relazionale, quindi completezza in sé di un io che si manifesta sul mondo esterno ma dal quale resta sostanzialmente disgiunto e avulso.

Una diversa chiave interpretativa che è emersa negli ultimi decenni – la prospettiva

dell’intersoggettività – suggerisce invece che l’uomo può avere comprensione di se

stesso solo se rivolge lo sguardo “intorno a sé”, in quanto, nonostante l’insindacabile irripetibile unicità di ciascuno, è anche vero che nessuno esiste se

non in un contesto che, oltre ad accogliere l’io già dato contribuisce, in totale reciprocità, anche a formarlo (Margiotta, 2011a).

Il lemma “intersoggettività” comporta un significato complesso e pregnante nel contempo. Come illustra Manenti (2006, pag. 278), “il fenomeno a cui allude si situa all’estremo di un continuum che al suo lato opposto inizia con la dimensione relazionale dell’io e passa attraverso l’interpsichico e l’interpersonale”. Secondo l’autore la dimensione relazionale attribuisce all’io una connotazione costituzionalmente sociale, aperta ad un tu. L’interpsichicità indica che tra gli individui – già costituzionalmente aperti al tu – è avvenuto un contatto, tuttavia non ancora bastevole a stabilire che tra le parti sia avvenuto un reciproco influsso per la definizione di sé. La dimensione interpersonale contempla un coinvolgimento ancor più profondo, stabilendo essa che quel contatto tra individui già avvenuto a livello relazionale e interpsichico, ora evolve in parallelo alla maturazione del reciproco influsso in termini di comprensione, collaborazione, accoglienza, sostegno, ecc. Ma è soltanto la dimensione intersoggettiva a stabilire che quell’io, oltre a dischiudersi ad un tu per costituzione data, si costruisce, forma e trasforma se stesso attraverso la relazione con l’altro e che senza questa relazione non potrebbe dirsi né darsi, aggiungendo che le identità in contatto esercitano anche un reciproco influsso in merito al riconoscimento che ciascuna ha di se stessa (figura 1.1).

Figura 1.1 – L’intersoggettività “si situa all’estremo di un continuum che al suo lato opposto

inizia con la dimensione relazionale dell’io e passa attraverso l’interpsichico e l’interpersonale” (Manenti, 2006, pag. 279).

Così, per fare un esempio, se il “modello interpsichico” rende conto di una coppia che convive nel rispetto delle reciproche autonomie di ciascuno, il “modello

intersoggettivo” rende conto di una coppia che è consapevole del fatto che il prodotto generato o co-costruito in ragione della loro relazione non sarà più recuperabile, nei distinti apporti, se la relazione medesima terminasse. Ma “intersoggettività” sta anche ad indicare che l’individuo ha bisogno degli altri non tanto per “essere individuo” ma per “vivere da individuo”, ciò comportando che la costruzione dell’identità non può che determinarsi entro un contesto strutturalmente intersoggettivo né che può sussistere al di fuori di esso.

Senza dubbio, ai nostri giorni la possibilità di impostare un’educazione di qualità è favorita dalla disponibilità ad accogliere i più recenti contributi delle scienze umane ma soprattutto i risultati delle scienze psicosociali e delle neuroscienze, che continuano a confermare quanto la qualità della vita – in specie nel primo periodo di vita (vedi Piccinno, 2010) – abbia una influenza significativamente rilevante sulla condizione di benessere psicofisico che poi l’individuo vivrà in età adulta e che gli consentirà di affrontare le difficili e sovente stressanti situazioni di vita. Un’eventuale valutazione dell’“adeguatezza della relazione educativa” dovrebbe allora accertare l’intreccio relazionale tra gli individui ed appurare la valenza – ovvero il “peso” – di aspetti e fattori biologici, psicologici, sociali, culturali. Evidenze a conferma a quest’ultima argomentazione già si trovano nel rilevante apporto di Bruner (1996), il quale affronta, in ottica psicologica, il problema filosofico di “come conosciamo le menti” e che egli indica nei termini di “processo che – a seguito di

transazioni tra individui – approda alla condivisione di assunti e di credenze

riguardanti la realtà del mondo, il funzionamento della mente, gli orientamenti degli uomini e i modi in cui dovrebbe esplicarsi la comunicazione tra loro” (ibidem, pag. 71). Questo processo viene definito intersoggettività, la cui denominazione viene attribuita da Bruner a Colwyn Trevarthen (1993; trad. it.)15.

15 Mutuando da Riva Crugnola (2007, pag. 10), merita sottolineare la visione di Trevarthen (1993) secondo cui la consapevolezza dell’altro (awareness) sia già presente nel bambino, in modo diretto e senza mediazioni cognitive, sin dalle prime settimane di vita in ogni suo atto comunicativo, e che non compaia invece, come sostenuto da vari studiosi, solo da un certo punto del suo sviluppo. Egli infatti afferma che “II modo in cui si comporta un bambino molto piccolo quando si trova di fronte al tipo giusto di persona disponibile va a sostegno di una teoria dell’intersoggettività innata [...] un bambino di poche settimane risponde in modo sensibile, attivo e appropriato ai segni di attività mentale della madre e soprattutto alle sue emozioni. Questa responsività compare senza bisogno di addestramento e, quando il bambino viene avvicinato in maniera adeguata, in assenza di ricerca o di pensiero costruttivo. Talvolta, infatti, le espressioni del bambino sembrano entrare rapidamente in contatto con le motivazioni e le emozioni dell’altra persona” (ibidem, pag. 185). E più avanti continua: “Già alla nascita [i bambini] sono in grado di partecipare a uno scambio dinamico di stati

Tra l’altro, in un contributo inedito sui fondamenti del caregiving umano, Bruner (2004) ben illustra come l’uomo, non essendo dotato di risposte istintive specie- specifiche che gli consentano di interagire con gli altri membri della sua specie nell’interesse della sopravvivenza comune, debba necessariamente far affidamento sulla cultura e sul linguaggio che gli permettono di mantenersi unito agli altri membri del gruppo d’appartenenza e di adattarsi all’ambiente. Tale adattamento richiede l’educazione di certe capacità unicamente umane, che pur essendo “lì” in qualche stato nascente, abbisognano di molto tempo per entrare a far parte di quel kit di attrezzi culturali16 che consente all’individuo di instaurare un rapporto con la cultura di appartenenza ma, soprattutto, di operare nell’interazione con essa. Bruner non manca di sottolineare che l’acquisizione dei modi e degli strumenti della cultura umana è un’attività lunga e carica di rischi e che per operare in e con essa non è richiesta solo una maggior intelligenza (come semplicisticamente si liquida affermando che l’Uomo è specie Sapiens!) ma, piuttosto – per sintetizzare con pochissime parole il pensiero dell’autore – che il nostro adattamento cultuale sarebbe impossibile senza “la presenza dell’intersoggettività umana e i doni che essa porta – come il simbolico stare per – … che ci permettono di utilizzare gli altri come guide per adattarci al mondo o, per meglio dire, di operare in condivisione con gli altri nel costruire un mondo al quale siamo capaci di adattarci” (ibidem, pag. 19 e segg.). In sostanza, Bruner ritiene che “anima della relazione educativa” sia l’intersoggettività, che egli intende nei termini di tendenza dell’uomo ad interpretare il modo in cui gli altri agiscono come se ciò rappresentasse l’indicatore dell’azione di certi stati mentali rispondendo però “come se quegli stati mentali dirigessero il modo in cui gli altri agiscono”. Secondo Bruner l’intersoggettività viene a coincidere con una sorta di “teoria della mente”, già presente in bambini di pochi mesi seppur in forma di rudimentale congettura, secondo la quale gli altri attorno a noi hanno delle menti, ovvero un’esperienza soggettiva o dei cosiddetti “stati intenzionali”, ai quali attribuiamo un significato in virtù del quale inter-agiamo. Ad esempio, già dai diciotto mesi i bambini non imitano quello che gli altri fanno ma

mentali che ha un’organizzazione e una motivazione conversazionale, ed è potenzialmente una condivisione di intenzione e conoscenza” (ibidem, pag. 187).

16

Tale “kit di attrezzi è fatto di espedienti per andare avanti – modi di pensare, modi di interagire, modi istituzionalizzati nel ricordare, un corpo di leggi e strumenti di imposizione e un set comune di storie canoniche e di teorie per aiutare le persone ad ottenere significati comunicabili e socialmente accessibili” (Bruner, 2004, pag. 11).

quello che loro colgono di ciò che gli altri intendono fare. Analogamente, l’adulto si relaziona col proprio bambino molto piccolo come se anch’egli avesse precisi stati mentali – come convinzioni, desideri, intenzioni – ricevendo da tale ipotesi tanto quanto riceve, comportandosi allo stesso modo, il bambino medesimo17. Il punto è che relazionarsi con i bambini come se avessero una vita soggettiva propria sembra essere una condizione essenziale per il loro sviluppo: in sostanza, per la formazione e lo sviluppo del loro sé e, quindi, per la crescita umana. Bruner (2004, pag. 15) comunque non manca di mettere ben in guardia dal dare per scontata l’intersoggettività, rilevando da un lato come la sua ipertrofia appaia uno dei tratti caratteristici della nostra specie e dall’altro come il suo deterioramento “disabiliti” gli umani (su questo cfr. anche Astington, 1993).

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