è intrinsecamente educativa
T ECNICA F UNZIONI DELL ’ ESPERTO
2.3 Il modello di analisi della trama enattiva della relazione educativa
Integrando gli assunti portanti delle prime tre prospettive di analisi della relazione educativa, enuncianti la prima la necessità umana di estrinsecarsi ai “valori perenni”, la seconda il beneficio di riconoscere la dimensione contestuale entro cui tale estrinsecazione si realizza, la terza la convenienza di porre ad assunto metodologico l’alternanza ciclica tra azione e riflessione, riteniamo che l’ultima linea interpretativa sia del tutto incisiva – nella sua globalità – nel render conto della reale funzione della relazione educativa in quanto fondamento per lo sviluppo individuale e l’estrinsecazione del Sé.
In altre parole, la prospettiva enattiva ci appare sintetizzare e comprendere in sé tutte le precedenti in quanto, rimandando ad una visione ermeneutica dell’umano, implica una possibilità conoscitiva che dipende sì dal linguaggio, sì dalla storia ma soprattutto dal fatto che l’individuo esiste in una realtà non separata dalla propria dimensione corporea. Ci appaiono utili, in questo frangente, le riflessioni di Strollo (2008):
L’azione umana è qui intesa come fulcro di un incessante processo di significazione che non attiene solo alla cognizione, ma anche alla dimensione storica ed emotiva individuale, un processo il cui carattere esplicito si accompagna a livelli impliciti di azione. Il processo di significazione si avvale - secondo la definizione di Merleau-Ponty ripresa nell’ambito delle scienze cognitive - di “schemi incarnati” che non sono personali o peculiari dell’individuo che li sperimenta e li adopera, ma risultano piuttosto modalità esperienziali culturalmente condivise.
Gli studi empirici condotti nell’ambito di questo filone delle scienze cognitive sembrano offrire alla riflessione bio-pedagogica un significativo contributo interpretativo, in quanto consentono di individuare nella particolare e dinamica conformazione del sistema biologico umano le radici del carattere costitutivo, anonimo e intersoggettivo dell’intenzionalità, rintracciabili nei principi di enazione, emergenza e coevoluzione” (Strollo, 2008, pag. 42).
Riteniamo perciò la visione ermeneutica del tutto bastevole ai fini di della più approfondita analisi – seppur generale – della relazione educativa in quanto capace, più di altre, da un lato di porre l’accento su una pluralità di visioni legate a quella che si può definire la “lettura dell’esperienza umana” e, dall’altro, di evitare di partire da premesse stabilite non mancando nel contempo di attingere ad interpretazioni paradigmatiche diverse, seppure congruenti rispetto alla concezione della vita umana. Tra queste:
(a) l’interpretazione personalistica, che concependo la persona non tanto nella sua singolarità ma nel suo essere polo di vita relazionale, attesta la centralità della persona e la sua dimensione comunitaria, opponendosi ad ogni visione individualistica (negante la dimensione comunitaria) e totalitaristica (negante l’unicità, il valore di ogni singola persona assoggettata invece a mero oggetto) dell’uomo: “non c’è persona senza rapporto vitale con altri, come non c’è rapporto vero finché la persona non è profondamente se stessa”;
(b) l’interpretazione sistemico-costruttivista, perché più di altre sa cogliere ed evidenziare le capacità umane di fronteggiare le avversità, di riadattarsi alle più diverse situazioni di vita, di evolvere, considerate in quanto competenze che –
sviluppandosi sempre in una dimensione relazionale – si rafforzano in tutte le esperienze favorenti un sentimento di efficacia personale e di valorizzazione del Sé;
(c) l’interpretazione fenomenologica, per la sua capacità di “ambire alle cose stesse” – cioè alla manifestazione di ciò che è e che si mostra all’esperienza – in maniera scevra da tutte le costruzioni di saperi e di prassi ereditati dalla tradizione, dalla storia, dalla cultura, dalla scienza;
(d) l’interpretazione riflessiva, per la sua tensione a porre l’accento sulla disposizione della mente umana nel recuperare le proprie autonome capacità di agire, pensare, sentire, che sovente la stessa mente depaupera, nasconde, smarrisce;
(e) l’interpretazione enattiva, per la sua propensione a render conto della relazione educativa nei termini di “processo intersoggettivo che consente l’autoformazione”, nel senso che come non esiste una mente che governa il corpo ma ambedue dialogano costantemente per allargare i mondi di esperienza, conoscitivi ed evolutivi dell’individuo, analogamente per l’educazione diventa altrettanto decisivo configurarsi nello stesso modo, dato che l’apprendimento non avviene mai al di fuori di un assetto intersoggettivo, ove le menti – intese non solo come intelligenze ma come personalità – dialogano.
Le sollecitazioni derivate dalle prospettive d’analisi su delineate hanno guidato alla predisposizione di un modello dinamico – rappresentante l’inevitabilità di un processo evolutivo ma nel contempo integrativo ed espansivo – nell’intento di render conto della trama enattivo-generativa della relazione educativa per la costruzione, la formazione e l’autentica esplicitazione del Sé, al fine ultimo di garantire la co-evoluzione dell’Umanità (fig. 2.3).
Figura 2.3 – Modello di analisi della trama enattiva della relazione educativa, intesa come
processo intersoggettivo dinamico e in continuo divenire, avente funzione enattiva – cioè generativa di conoscenza – in vista della più autentica estrinsecazione del Sé e al fine ultimo di garantire la co-evoluzione dell’Umanità.
Riteniamo, di conseguenza, che un percorso educativo enattivo sia tale quando si dispiega in un assetto intersoggettivo di mutua trascendenza e si realizza attraverso alcuni passaggi fondanti:
1) dall’Io, per un inizio che ponga al centro dell’interesse la differenza dell’Io – ovvero la “persona in potenza” – mai scevra dai temi tra loro connessi della libertà, dell’autonomia e della responsabilità e declinati, in un orizzonte educativo, in termini di ulteriorità, per far sì che la relazione educativa – intesa quale strumento di co-costruzione della conoscenza e non mera triangolazione unidirezionale tra educatore, educando, contesto – assicuri quel valore aggiunto che è determinato dalla capacità simbolica dell’individuo di costruire il “suo mondo”;
2) al Sé, in quanto, attraverso una reciprocità apprenditiva tra educatore ed educando, basata su consuetudini di caregiving, quindi sulla premura e sulla primarietà della cura oltre che su pratiche scaffolding nonché sull’avviamento alla riflessività critica dei propri pensieri e vissuti, accompagni, in un assetto rispettoso dell’integrale antropologico, alla tras-formazione verso un’autentica
estrinsecazione del Sé, ovvero della persona nel suo proprio essere;
3) al Noi, cui anela il processo educativo enattivo per tramite della co-costruzione di trame cognitive, affettive e relazionali, il cui esito finale non è la produzione di conoscenza bensì la compartecipata consapevolezza, negli agenti del processo, che è esso stesso conoscenza e generazione di saperi (cfr. Margiotta, 2013, pp. 34-36). Nel corso dell’azione educativa il sistema Noi (educatore-educando- contesto) co-evolve congiuntamente alle traiettorie dei distinti agenti. Nel trasformare, attraverso l’azione, l’ambiente a sé circostante, ciascun agente trasforma sé stesso e, contestualmente, l’azione trasforma il sistema Noi nel mentre il processo (che è educativo, nel peculiare caso) si dispiega. Con ciò si vuol intendere che ogni tras-formazione è insita nell’azione – cioè nell’atto educativo – e non ne è l’effetto. Del resto, fintanto che il sistema si trasforma, esso conosce: “conosce perché si trasforma ma si trasforma anche perché conosce” (Rossi, 2007, pag. 25).
Sulla base di questo modello è stata progettata la proposta formativa a supporto della prima genitorialità, di cui si renderà conto nella seconda parte del presente lavoro (capp. 8 e 9).