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Genitorialità: concetti chiave

6.1 Famiglia e genitorialità

La cosiddetta “Famiglia di Eulau” viene assunta a più antica testimonianza di famiglia umana (fig. 6.1).

Figura 6.1 – La Famiglia di Eulau, considerata la più antica testimonianza di famiglia umana.

La tomba che ha custodito i corpi – due adulti (maschio e femmina) e a due bambini (circa 5 e 9 anni) – é stata rinvenuta in Germania, precisamente in Sassonia nei pressi di Eulau e viene fatta risalire a 4.600 anni fa; a datarla è stato un gruppo di ricerca coordinato dall’Università tedesca Johannes Gutenberg Mainz, che è riuscito

a stabilire anche la parentela fra gli individui sepolti grazie ad una serie di indagini molecolari70. L’analisi scheletrica indica che la morte avvenne sicuramente per causa violenta, mentre l’esame del DNA ha evidenziato un legame di parentela familiare, come d’altra parte suggerito dalla singolarità della sepoltura: ciascun adulto stringe frontalmente a sé un bambino, quasi a proteggerlo, consolarlo, rassicurarlo, mantenendo compatto ed unito anche nell’aldilà, per sempre, quello che appare in tutto e per tutto un nucleo familiare. Il reperto induce dunque a ritenere che già nel neolitico fosse maturato un significativo senso di relazione familiare e di pietas verso i membri del clan di appartenenza.

Così dai tempi dei tempi. Oggi, invece, l’ampio mutamento sociale, culturale, economico ha via via aperto la strada a forme assai diversificate di vita privata e personale, che hanno progressivamente modificato – e messo anche in crisi – il tradizionale modello di famiglia coniugale. Nei tempi attuali il concetto di famiglia si è notevolmente modificato, tanto che il ricorso ad esso non più rivelatore di un prototipo di vita domestica. Le espressioni più varie del tipo “nuove famiglie”, “costellazioni di famiglie”, “arcipelago di famiglie” mettono in luce le differenze dei sistemi domestici in virtù della differenze di composizione, di vincoli, di schemi organizzativi adottati dagli adulti conviventi. Le cause ritenute alla base della crisi del tradizionale modello di famiglia sono numerosissime e talvolta imprevedibili, tra cui il calo e il ritardo dei matrimoni, l’aumento delle convivenze (o famiglie di fatto, o unioni libere), l’aumento delle separazioni e dei divorzi, l’aumento delle famiglie con un solo genitore, l’aumento delle famiglie ricostituite (in cui almeno uno dei coniugi o partner proviene da una precedente unione), l’aumento delle famiglie unipersonali (composte da una sola persona), l’aumento di nascite in coppie omosessuali, l’aumento delle nascite al di fuori del matrimonio, l’aumento delle nuove socialità (comunità intenzionali, ecovillaggi, cohousing), che rappresentano un essenziale elenco, certamente non esaustivo ma esemplificativo (cfr. OECD, 201171; Donati, 201272).

Si tratta di fenomeni che testimoniano un cambiamento complessivo della mentalità, un mutamento culturale in atto che coinvolge la struttura familiare e che

70 Fonte: Johannes Gutenberg-Universität Mainz (http://www.uni-mainz.de/eng/12890.php) 71

www.oecd.org/social/family/database.

esprime l’affermazione di un sempre maggiore pluralismo culturale all’interno della stessa società.

Indubbiamente, l’interiorità più profonda di ciascun individuo è più che mai soggetta alle interferenze e alle influenze connesse alla capacità della famiglia di essere protagonista dei mutamenti storici e socioculturali di rilievo; tuttavia, se essa riesce a farsi sempre interprete del composito assetto entro cui si dispiega, altrettanto non si può dire riguardo all’assolvimento della funzione ontologica per cui è stata socialmente istituita – quella genitoriale – la cui inottemperanza tanto concorre alle difficoltà delle giovani generazioni. E come da tempo evidenzia un’ampia letteratura di natura psicologica, sociologica, psichiatrica, il disagio della persona evidenzia quasi sempre un’accentuata disunità nelle relazioni interpersonali: un problema che parte spesso da lontano, fin dai primi mesi di vita, da un dialogo insufficiente – più spesso qualitativamente assente – nella relazione genitore-bambino.

I numerosi significati collegati al concetto di genitorialità non possono perciò prescindere dalla comprensione dei bisogni primari dell’uomo e dei comportamenti più consoni alla loro soddisfazione (cfr. fig. 6.2) né dalla conoscenza dei fondamentali aspetti dello sviluppo e delle capacità adattive e relazionali dell’individuo al proprio ambiente. Lo schema fa riferimento alle correnti epistemiche che hanno maggiormente contribuito a connotare gli interventi di sostegno o di riparazione familiare – sostanzialmente di derivazione psicodinamica – ed afferenti alle teorie sulle relazioni oggettuali73 ma soprattutto alla teoria dell’attaccamento elaborata da Bowlby verso la metà degli anni ‘5074. Le “relazioni di attaccamento” si instaurerebbero in forma organizzata a partire dalla fine del primo anno di vita e non sarebbero finalizzate alla gratificazione di bisogni o desideri di natura libidica – come nella teoria psicoanalitica classica – ma piuttosto ad assicurare sicurezza e protezione nei confronti dei pericoli. Alle rappresentazioni

73

Teorie elaborate in primis da Melanie Klein ma anche da Michael Balint e da Donald Winnicott. 74

Si vedano, in italiano, le opere di John Bowlby del 1976, 1978, 1983, 1989. Il merito di Bowlby è stato quello di avanzare il primo serio tentativo di mettere in discussione la posizione psicoanalitica classica inerente le motivazioni – prevalentemente di natura libidica – che condurrebbero gli esseri umani ad instaurare reciproci legami, integrando tale visione con contributi di ricerca sviluppati in altri ambiti scientifici (dall’etologia alle teorie evoluzionistiche, dalla teoria sistemica alla cibernetica, dal cognitivismo alla neuropsicologia) e presentando una prospettiva integrata in base alla quale l’individuo esprimerebbe, sin dai primordi della sua vita, un’innata predisposizione a sviluppare rapporti significativi con figure aventi funzioni genitoriali primarie.

interne di se stessi, delle proprie figure d’attaccamento e delle reciproche interrelazioni Bowlby diede il nome di “modelli operativi interni” (internal working

models): tali modelli relazionali – che sono interpsichicamente rappresentati, si

sviluppano a partire dai primi anni di vita e si mantengono nel tempo con una certa stabilità – vengono utilizzati dall’individuo per relazionarsi all’ambiente.

Figura 6.2 – Schema semplificato dei bisogni fondamentali (a destra) e dei connessi sistemi

comportamentali di risposta (a sinistra). Da Baldoni (2010).

Ne deriva che le esperienze ed i connessi vissuti rimarrebbero conservati in preposti depositi mnestici – a vari livelli – avendo potere e funzione di influenzamento sui successivi comportamenti, in virtù delle attese scaturite dalle passate esperienze.

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