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Sulla fondatezza dei ricord

4. Le distorsioni della memoria

In definitiva, suggerisce la felice prosa di Antonio Tabucchi, non esistono ricordi perfettamente identici alla realtà passata. La memoria è un’attività creativa

«paragonabile a quegli archeologi che ricostruiscono una città antica: da qualche pietra ne fanno una casa; da colonne spezzate, un tempio; da frammenti di canalizzazione, delle terme. A poco a poco è possibile immaginare la vita, gli spettacoli, la politica e l’arte»140.

Riflettendo sulla formazione dei ricordi, Ulrich Neisser sostiene che

«solo alcuni brandelli dei dati in entrata vengono rappresentati [e salvati] nella memoria. Questi frammenti ritenuti dall’esperienza forniscono la base per ricostruire un evento passato, un po’ come il paleologo che ricostruisce il dinosauro dai frammenti ossei. Da alcuni frammenti immagazzinati nella nostra memoria ricordiamo un dinosauro»141.

Andando oltre, Neisser suggerisce l’opportunità, nel rievocare il passato, di focalizzare l’attenzione, oltre che su ciò che ricordiamo, anche su ciò che non ricordiamo, cioè, per così dire, sui buchi della nostra memoria. Ma, soprattutto, evidenzia che la mente anziché ammettere l’esistenza di questi “vuoti”, alzare bandiera bianca e confessare la propria inevitabile imperfezione, inconsciamente tende a riempirli con dettagli che crede debbano essersi verificati sulla base di interferenze considerate plausibili, cioè di esperienze similari.

Riferendosi a queste situazioni, Neisser ha coniato il termine «memoria ri-episodica» (repisodic memory) per riferirsi a situazioni nelle quali la rievocazione di alcuni aspetti non è altro che l’integrazione di dettagli estratti da episodi simili142.

I riempitivi di questi “buchi”, cioè le distorsioni, sono molti diversi per origine e sviluppo. In proposito Daniel L. Schacter afferma che

      

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 Jean-Yves Tadié, Marc Tadié, Il senso della memoria, op. cit., pp. 222-223.   139 

Antonio Tabucchi, Notturno indiano, Sellerio, Palermo 1987, p. 80.

140 Jean-Yves Tadié, Marc Tadié, Il senso della memoria, op. cit., pp. 7-8.  141

 Citato in Daniel L. Schacter, Alla ricerca della memoria umana. Il cervello, la mente e il passato, op. cit., p. 31.

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«le principali distorsioni sono quattro. [1°] Il bisogno di coerenza o di cambiamento fanno prevalere sul passato l’attuale percezione di sé, considerata in continuità o in contrasto con il ricordo143. [2°] Nel giudizio a posteriori il passato viene filtrato attraverso le conoscenze presenti144. [3°] L’egocentrismo illustra la grande forza del sé nell’orchestrare le percezioni e i ricordi145. [4°] Gli stereotipi dimostrano come le memorie generiche influenzino la nostra interpretazione del mondo, anche quando non ci rendiamo conto della loro esistenza o influenza146»147.

Indagare ed esemplificare oltre le distorsioni ci porterebbe molto lontano. Ai nostri fini è sufficiente avere evidenziato la loro esistenza.

Appartengono al campo delle distorsioni anche i cosiddetti “falsi ricordi”, cioè i ricordi inventanti che alcuni soggetti producono in assoluta buona fede, convinti che siano rappresentazione fedele del passato148.

«Se ci atteniamo alla visione tradizionale per cui i ricordi altro non sono che engrammi attivati, queste realtà lasciano perplessi: perché – si chiede Schacter – le persone raccontano certe esperienze se non c’è un engramma corrispondente?

Ma, se consideriamo che l’ambiente di recupero contribuisce alla costruzione del ricordo, questi risultati si chiariscono. Se […] l’ambiente di recupero consiste in informazioni provenienti da fonti normalmente fidate e che riguardano esperienze apparentemente credibili, alcuni soggetti possono interpretare le sensazioni soggettive suscitate dall’indizio – un vago senso di familiarità, frammenti di altre esperienze plausibili, forse persino sogni e fantasie non

      

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Per comprendere le ragioni della distorsione di coerenza è forse utile ricorrere alla “teoria implicita della stabilità” elaborata dal sociologo canadese Michael Ross secondo cui è abbastanza frequente non ricordare con chiarezza le opinioni coltivate in passato e supplire desumendole da quelle attuali, il che conferisce, implicitamente, la stabilità voluta. «Le distorsioni indotte dall’istanza di coerenza o di cambiamento sono evidenti soprattutto quando ricordiamo rapporti personali molto stretti. Prendiamo per esempio il ritornello della canzone The way we are (Come eravamo), cantata da Barbra Streisand: “Memories / may be beautiful, and yet / what’s too painful to remember / we simply choose to forget; / for it’s the laughter / we will remember / whenever we remember / the way we were” (“Ricordi / possono essere bellissimi, eppure / quello che è troppo doloroso da ricordare / scegliamo semplicemente di dimenticarlo; / perché sono le risate che vogliamo ricordare / ogni volta che ricordiamo / come eravamo”). Il testo della canzone suggerisce la difficoltà di scindere i ricordi di “come eravamo” dalla valutazione presente di “come siamo”. […] Le distorsioni dovute alle istanze di coerenza o di cambiamento aiutano a ridurre quella che gli psicologi definiscono “dissonanza cognitiva”, il disagio psicologico provocato da pensieri e sentimenti in conflitto». Daniel L. Schacter, Il fragile potere della mente. Come la mente dimentica e ricorda, op. cit., pp. 163-170.

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 «Una volta appreso l’esito di un evento ci sembra di avere sempre saputo che sarebbe andato a finire così. Il giudizio a posteriori, ovvero la tendenza a considerare inevitabile l’esito di un evento, è parente stretto del bisogno di coerenza: ricostruiamo il passato per adeguarlo a quanto sappiamo nel presente. […] Il giudizio a posteriori è onnipresente perché prevale l’impulso di ricostruire un passato che sia coerente con le informazioni del momento. Quando si conosce l’esito di una vicenda si ricordano più facilmente gli episodi e gli esempi che lo confermano. […] È una sensazione che ci consola infondendoci maggiore stima nella nostra saggezza e capacità di previsione». Ivi, pp. 170-175.

145 «La tendenza egocentrica nella memoria riflette l’importante ruolo del sé nell’organizzare e regolare la vita mentale.

[…] Il ruolo preminente del sé nella codifica e nella riattivazione del ricordo, combinato alla forte tendenza a considerarsi in termini positivi, prepara la strada alle distorsioni mnestiche ove le esperienze passate vengono filtrate in vista dell’autopromozione. […] La tendenza egocentrica si riflette in svariate manovre correlate, riattivazione mnestica selettiva, esagerazione delle difficoltà passate, condanna dei vecchi atteggiamenti, che avvolgono il sé presente in un confortante alone di illusioni positive». Ivi, pp. 175-179. 

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 «Gli stereotipi sono generalizzazioni usate per classificare persone e oggetti. Molti psicologi sociali li ritengono un sistema per risparmiare energia che semplifica il compito di comprendere il mondo circostante. Valutare le qualità individuali di ogni persona che incontriamo costa un notevole sforzo, ecco perché preferiamo basarci sulle generalizzazioni tratte da varie fonti, comprese le conversazioni, i media e le esperienze dirette. […] Allport [autore de

La natura del pregiudizio, 1954] fu davvero profetico perché secondo le ultime notizie il ricorso agli stereotipi è

automatico, avviene al di fuori della consapevolezza». Ivi, pp. 179-184. 

147 Ivi, pp. 163 et sgg.  148

I “falsi ricordi” sono così numerosi e se ne sa così poco che a Philadelphia nel 1992 è stato creato un centro, The

false memory syndrome Foundation, incaricato di studiarli. Cfr. Maria Antonietta Brandimonte, Psicologia della memoria, op. cit., p. 29. Per una sintesi degli studi compiuti circa i cosiddetti “falsi ricordi” cfr. Antonietta Curci,

Tiziana Lanciano, Testimonianza, memorie ed emozioni, in Guglielmo Gulotta, Antonietta Curci (a cura di), Mente,

società e diritto, Giuffrè, Milano 2010, pp. 131-147. Per una esemplificazione dei molti tipi di “falsi ricordi” di cui è

capace la mente cfr. Christopher Chabris, Daniel Simons, Il gorilla invisibile… e molti altri modi in cui le nostre

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riconosciuti come tali – come segni di un engramma che entra in funzione. Una volta avviato il processo basta poco perché i soggetti facciano ciò che tutti normalmente fanno: riunire i frammenti e le sensazioni plausibili in una vicenda o narrazione coerente»149.

Ma questo non significa che viviamo in un mondo di ricordi totalmente fabbricati e infondati perché, come detto, esistono buone ragioni per credere che i ricordi della nostra vita siano sostanzialmente attendibili nei loro contorni generali.

«Era il 1927 o forse il 1928. Non ho memoria per le date e non sono di quelli che annotano con cura ciò che hanno fatto o pensato». George Simenon150