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Domande e ipotesi di ricerca

Nel documento ANIMALI  POLITICI. (pagine 89-93)

4   METODI, DATI E PERCORSO DELLA RICERCA

4.3   Domande e ipotesi di ricerca

Dopo aver fornito le doverose puntualizzazioni rispetto al nostro approccio etico-epistemologico, torniamo in modo più puntuale alla ricerca, precisando dapprima domande e ipotesi, e successivamente delineando il percorso condotto e le fonti di dati utilizzate per rispondere alle domande cognitive.

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La domanda che fa da sfondo generale all’elaborato è la seguente: l’animal advocacy italiana è definibile come movimento sociale unitario? L’ipotesi preliminare è che sia difficile parlare di un’effettiva identità di movimento (Saunders, 2007), ma anche di quelle che alcuni hanno definito come multitudinous identities, ossia “the result of processes by which a dynamic network of recursive interactions among heterogeneous, autonomous actors emerges and differentiates itself, as a macroscopic unit, with respect to its environment, showing high degrees of distributed cohesion, transversal participation and transient adaptive poles of reference” (Monterde et al., 2015, p. 944). Pare più corretto riferirsi all’animal advocacy italiana, e anche nello specifico alla sua componente antispecista, come ad un insieme di sub-movimenti (Jordan & Maloney 1997; Saunders, 2007) che danno origine a uno strategic action field (Fligstein & McAdam, 2012). Una simile tesi è già stata avanzata, fra gli altri, da Maurizi (2012) e discussa da Sottofattori (2013a), ma manca di reali conferme empiriche.

Questo interrogativo costituirà la cornice del nostro lavoro. Per fornire a esso una risposta, è stato necessario individuare quesiti più specifici, che costituiscono dunque le nostre tre vere e proprie domande di ricerca:

1) Quali sono le caratteristiche individuali degli animal advocates e le motivazioni alla base dell’animal advocacy?

2) Che tipo di rapporto esiste fra i diversi tipi di animal advocates e le istituzioni sociali e politiche, e quali valori esprimono le diverse aree?

3) Quali sono le relazioni fra i diversi gruppi e le diverse aree che compongono l’animal advocacy italiana?

Tali tre domande restano tuttavia ancora piuttosto generali, e pertanto sono state tradotte in sotto-quesiti maggiormente operazionalizzabili. Nelle prossime pagine verranno dettagliate, per ognuna delle tre domande (riportate in corsivo), i quesiti maggiormente operazionalizzabili e le specifiche ipotesi che si vorranno verificare.

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1) Quali sono le caratteristiche individuali degli animal advocates e le motivazioni alla base dell’animal advocacy?

Tale prima domanda, cui si cercherà di dare risposta nel capitolo 6, si interroga sulle scelte del singolo advocate. Nella consapevolezza che caratteristiche personali e dimensione collettiva non possano essere considerate come questioni separate, i dati individuali verranno contestualizzati rispetto alle appartenenze dei membri e al contesto in cui essi agiscono: quali sono le principali caratteristiche socio-demografiche degli animal advocates? Viene ritenuta più importante l’ideologia o sono piuttosto le pratiche di vita quotidiane a essere privilegiate? La scelta di impegnarsi in tale tipo di advocacy è stata determinata da moral shock, si inscrive in una più ampia prospettiva politica, o è stata favorita dalla presenza di legami individuali?

Data l’assenza di ricerche nazionali con cui confrontarsi, per quanto riguarda le caratteristiche sociodemografiche degli animal advocates ci si limiterà ad un’analisi descrittiva e a un confronto con risultati emersi da lavori condotti in altri Paesi, di cui si è dato conto nel paragrafo 2.2.3.2..

2) Che tipo di rapporto esiste fra i diversi tipi di animal advocates e le istituzioni sociali e politiche, e quali valori esprimono le diverse aree?

La seconda domanda, invece, interessa il rapporto dell’advocacy coalition con la politica e costituirà il fulcro del capitolo 7. Con il termine “politica” ci si riferisce non tanto alle appartenenze partitiche o alle scelte elettorali, ma a un più ampio e complesso sistema di valori e forme di partecipazione. In tal senso, questa seconda domanda di ricerca è stata declinata come segue: esistono importanti differenze etico-valoriali fra le aree? Qual è il grado di fiducia degli animal advocates nelle istituzioni? Quali sono le carriere politiche e le overlapping memberships degli animal advocates? L’animal advocacy rappresenta la prima e unica forma di coinvolgimento e advocacy, oppure si inscrive in un percorso fatto di precedenti e parallele esperienze politiche, associative e movimentistiche?

IPOTESI: Partendo dall’ipotesi di esistenza di un frame alignment (Snow et al., 1986) fra SMOs (social movement organizations) e singoli membri, si ipotizza che gli appartenenti a gruppi formalizzati e strutturati abbiano una tendenza maggiore alla conservazione dell’esistente e in generale a posizioni etiche più moderate; al contrario, attivisti antispecisti dovrebbero essere caratterizzati da volontà di cambiamento sociale e posizioni etiche maggiormente radicali.

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Alla luce di alcune considerazioni che trovano spazio nel capitolo teorico, si ipotizza che appartenere all’advocacy coalition non porti automaticamente a sviluppare fiducia (Putnam, 1995; Diani, 2000), al contrario di quanto sostenuto da alcuni autori (Minkoff, 1997; Portes, 1998; Foley & Edwards, 1999) che individuano nei movimenti un serbatoio di fiducia politica. In modo più limitato, si ipotizza invece che coloro che esprimono valori e posizioni moderate abbiano anche un maggior grado di fiducia verso le istituzioni. Spostandoci dal piano valoriale a quello riferito alle variabili socio-demografiche, alcune ipotesi da confermare riguardano: la relazione positiva fra elevato grado di istruzione (a livello universitario) e fiducia istituzionale (Dalton, 1988), e fra anzianità e fiducia istituzionale (Diani, 2000); l’associazione individuata da Pellizzoni & Osti (2008) fra residenza urbana e mobilitazione legata a tematiche inerenti l’ambiente (in questo caso pare plausibile estendere l’assunto anche all’animal advocacy).

Al di là di tali singole e specifiche ipotesi, si discuterà più in generale la possibile ascrizione della partecipazione degli animal advocates al modello di centralità sociale (Milbrath, 1965), per i cui dettagli si rimanda al precedente capitolo.

3) Quali sono le relazioni fra i diversi gruppi e le diverse aree che compongono l’animal advocacy italiana?

L’ultima domanda, cui sarà dedicato il capitolo 8, è legata alle dinamiche organizzative e alle modalità d’azione dell’animal advocacy. Ci si è pertanto chiesti: esistono specificità in termini di network fra le diverse aree? Vi sono sostanziali differenze nelle logiche dell’azione collettiva (o connettiva) fra le differenti aree di movimento (Bennett & Segerberg, 2011, 2012, 2013)? Le modalità d’azione sono associate a diversi tipi di organizzazione?

IPOTESI: Sulla scia di alcuni classici del Resource Mobilization Approach (Oberschall, 1973; Tilly, 1978; Klandermans, Kriesi, & Tarrow, 1988; Opp, 1988), si ipotizza che il ruolo dei network abbia differente influenza su differenti aree del movimento: in particolare l’ipotesi è che ci si sposti da network organizzativi a network “privati” andando dall’area della cura al protezionismo e ancor di più all’antispecismo;90 specularmente si ritiene che sia soprattutto quest’ultima area ad agire secondo una “logica dell’azione connettiva” (Bennett & Segerberg, 2011, 2012, 2013), mentre le aree più tradizionali continuerebbero a perseguire forme classiche di organizzazione e di “logica dell’azione collettiva”.

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Si ipotizza, inoltre, che azioni riformiste/welfariste volte a migliorare la condizione degli animali non-umani siano privilegiate dall’area protezionista, e che al contrario azioni di contention maggiormente disruptive (Tarrow, 1989) siano appannaggio dell’area antispecista. Più nello specifico, si ipotizza che chi esprime valori, posizioni e autocollocazione di sinistra sia più disponibile a utilizzare forme di protesta (Opp et al., 1995), e specialmente azioni di disobbedienza civile (Wallace & Jenkins, 1995).

Nel documento ANIMALI  POLITICI. (pagine 89-93)