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Veganesimo

Nel documento ANIMALI  POLITICI. (pagine 146-152)

6   UNA PANORAMICA SU ASSOCIATI, ATTIVISTI E VOLONTARI

6.4   Veganesimo

Un aspetto centrale, anche se fortemente dibattuto fra gli animal advocates, è quello riguardante le scelte alimentari e il consumo di alimenti animali o di derivazione animale. Prima di entrare nel dettaglio delle risposte fornite alla domanda specifica presente nel questionario, valutiamo brevemente e in termini astratti quali sono le posizioni a riguardo, sulla base dell’osservazione dell’acceso dibattito (soprattutto online) maturato in ambienti animalisti e antispecisti. Riferendoci all’animal advocacy in senso lato, non risulta tuttora unanimità riguardo la necessità di adottare uno stile di vita e comportamenti (a tavola, ma non solo) che escludano radicalmente lo sfruttamento animale. Pur essendo evidente la contraddittorietà di tale posizione, in questa sede non è nostro obiettivo proporne una critica, ma soltanto evidenziare come vi siano sostenitori di un approccio volto alla tutela degli animali non-umani, ma che non escludono in linea di principio la possibilità di cibarsene, alla luce di una considerazione di centralità e supremazia riservata alla nostra specie. Oltrepassata tale posizione, emergono tuttavia, anche fra quanti abbiano abolito dalla loro dieta il consumo di alimenti animali o di derivazione animale, posizioni piuttosto discordanti. Taluni ritengono assolutamente centrale, allorquando si conducano azioni e lotte al fianco di altri soggetti collettivi, il fatto che questi ultimi sposino il veganismo; altri, invece, paiono più tolleranti, alla luce di discorsi legati a un cambiamento della società in senso lato, basato sulla necessità di intersezioni con soggetti i quali, pur continuando a perseguire un’alimentazione carnea, per altri versi si pongono in modo estremamente conflittuale nei confronti della modernità neo-liberista. Tali diverse posizioni sono state sottolineate dagli intervistati con riferimenti a episodi specifici che li hanno visti coinvolti.

Anche lì (all’Incontro di Liberazione Animale tenutosi in Val di Susa, ndA) c’era stato un tentativo di contaminare le lotte, ma alcune cose sono un po’ complicate….ci sono dei principi che uno non può tradire, ci sono sicuramente poi delle strategie che ti portano a fare delle cose che sembra che poi tradiscano…alcune cose sono imprescindibili…Ora banalmente ti faccio un esempio: in quell’episodio in Val di Susa avevamo trovato che, dietro la cucina dove si parlava di antispecismo, eccetera, c’era un serraglio con i conigli prigionieri. Se non c’è il rispetto di questo punto imprescindibile, non ha senso andare avanti: probabilmente i tempi non sono ancora maturi per alcune contaminazioni. (Vita da Cani, Intervista 1, S.D.)

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Io ti racconto: tre settimane fa sono andato a fare un blitz a una Fiera (sic) dell’Unità: Che Guevara, De Andrè, il subcomandante Marcos, gli animaletti chiusi in gabbia così, ci stavano picchiando perché dicevano che non erano cazzi nostri gli animali chiusi, e lì c’era scritto “la libertà è di tutti” e sotto c’era una gallina imprigionata (Cani Sciolti, Intervista 3, A.V.)

Noi ci siam sempre posti fin dall’inizio questo problema...nella nostra idea era: se ci chiedono di cucinare per un’iniziativa, prima facciamo un’assemblea politica in quello spazio, poi dopo l’assemblea politica si ragiona su come costruire insieme l’iniziativa… Abbiamo sempre proposto, ma con una scusa o con l’altra l’assemblea politica è sempre slittata, per cui poi noi a seconda di quanto era importante esserci si decideva se fare l’iniziativa, quindi se cucinare o meno….penso che per tutti fossimo un collettivo politico, antispecista, vegano e non solo quelli che cucinano, perchè lo mettevamo in chiaro fin da subito, perché avevamo annusato fin da subito questa possibilità. (Farro & Fuoco, Intervista 3, G.G.)

Le prospettive relative alla centralità della dieta vegana e al suo rapporto più generale con le strutture sociali, si fronteggiano molto spesso, ad esempio, sul terreno di battaglia del supermercato. Mentre alcuni ritengono da salutare con gioia e come un primo segnale di forte cambiamento la sempre più massiccia offerta di alternative vegetali presenti negli scaffali dei supermarket, altri invece considerano tale conquista come una “vittoria di Pirro”, antropocentrica e caratterizzata da un approccio di tipo consumistico, sottolineando come anzi un veganismo inteso in tal senso aiuti le multinazionali dell’alimentazione, che possono così usufruire di una nuova nicchia di mercato.

Due anni fa la gente avrebbe venduto la mamma per avere gli hamburger vegani, le stesse persone che preferiscono andare a mangiare (e questi sono i cosiddetti antispecisti) dal kebabbaro di famiglia perché non sfrutta i dipendenti perché è tutto a conduzione famigliare, piuttosto che a Universo Vegano perché comunque potrebbe diventare una catena: per me è assurdo, è disgustoso…che vadano nelle caverne, a prender le bacche….così come io ti dico Granarolo fa schifo, però è una vittoria il fatto che comunque Granarolo abbia fatto il latte vegano, perché comunque vuol dire che si è accorto che una fetta della società sta diventando vegana. (Cani Sciolti, Intervista 3, A.V.)

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Come persona che è molto critica nei confronti di questo modello di sviluppo non dico neanche che sarebbe un bene assoluto vedere dei supermercati completamente vegan, sarebbe molto meglio vedere magari dei supermercati dove si spreca molto meno cibo, vedere una società dove la persona può autoprodurre il proprio cibo. (Essere Animali, Intervista 3, N. C.)

Alla contrapposizione onnivori/veg*ani, se ne aggiunge un’altra che riguarda vegani e vegetariani, questi ultimi spesso “additati” allo stesso modo degli onnivori, e nello specifico accusati di adottare un approccio incoerente (Leneman, 1999; Zamir, 2004; Turina, forthcoming). Secondo alcuni autori, ma anche secondo alcuni fra gli individui intervistati, tale contrapposizione tende spesso a trasformarsi in una battaglia identitaria, che può far perdere di vista il vero “nemico” comune (Mc Donald, 2000; Gaarder, 2008; Greenebaum, 2012a, 2012b). Al netto del giudizio etico, tale aspetto ben esemplifica la dinamica tipica degli strategic action fields (Fligstein & McAdam, 2012) che pare caratterizzare sotto vari fronti l’animal advocacy italiana, sia nei suoi rapporti interni sia in quelli esterni rivolti ad altri tipi di attori sociali: in questo caso l’arena è rappresentata dal mercato, mentre i giocatori sono individui vegani (e/o vegetariani), le multinazionali dell’alimentazione, ma anche le istituzioni preposte al controllo della filiera alimentare e gli altri movimenti sociali con cui condurre eventuali battaglie rispetto a questa issue.

Venendo invece ai dati emersi nella nostra survey, in termini generali va sottolineato come il 53,1% dei rispondenti si dichiari vegano ed il 31,1% vegetariano, per un totale di soggetti non onnivoro pari all’84,2%, a cui vanno aggiunti sia lo 0,6% di crudisti e fruttariani,146 sia lo 0,4% di soggetti che hanno indicato la voce “altro”, i quali sostanzialmente hanno fornito integrazioni che confermano l’adesione ad una dieta per lo meno vegetariana.147 Solo meno del 15% dei rispondenti, pertanto, si dichiara onnivoro.

Come accennato in precedenza, marcate sono le differenze dovute all’appartenenza di area, semplificabili, in modo tranchant ma efficace, come segue: sovra-rappresentazione di veganesimo rispetto alla media fra gli antispecisti (89%) e di onnivorismo nell’area della cura

146 I crudisti consumano esclusivamente verdure e frutta (ma anche altri alimenti, come semi, noci, germogli) crude o eventualmente frullate. I fruttariani sono, invece, coloro che consumano solamente ciò che è caduto direttamente dalla pianta, e dunque principalmente frutta dolce e ortaggi, escludendo invece altri alimenti, soprattutto i semi, e ciò che potrebbe danneggiare il corso di vita della pianta stessa.

147 Tale precisazione si deve alle risposte integrative rispetto alla voce “altro” fornite dai rispondenti, molto spesso volte a ribadire ulteriormente la loro decisione vegetariana o vegana per motivi etici.

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(31,8%), e posizioni più vicine alle percentuali del campione totale per i protezionisti, con una leggera maggior concentrazione di vegetariani (37,1%). Al di là di questa tripartizione riassuntiva, va tuttavia precisato (come si nota anche dalla tabella 6.8.) che si registra un elevato numero di vegani fra i protezionisti (52,5%), e di vegetariani nell’area della cura (41,3%); inoltre, se gli onnivori restano circa 1/3 fra i membri dell’area della cura, si riducono a soltanto 1/10 fra i protezionisti. Tali numeri testimoniano un mutamento e una “radicalizzazione” anche di (alcune delle) aree più moderate dell’animal advocacy italiana.

Tab. 6.8. - Regime alimentare degli animal advocates

Vegano

Vegetariano

(lacto-ovo) Onnivoro Fruttariano Crudista

Altro Totale Antispecismo 89,0% (N=154) 8,1% (N=14) 0,6% (N=1) 0,0% (N=0) 1,2% (N=2) 1,2% (N=2) 100% (N=173) Cura 26,0% (N=58) 41,3% (N=92) 31,8% (N=71) 0,4% (N=1) 0,0% (N=0) 0,4% (N=1) 100% (N=223) Protezionismo 52,5% (N=147) 37,1% (N=104) 10,0% (N=28) 0,4% (N=1) 0,0% (N=0) 0,0% (N=0) 100% (N=280) Totale 53,1% (N=359) 31,1% (N=210) 14,8% (N=100) 0,3% (N=2) 0,3% (N=2) 0,4% (N=3) 100% (N=676)

Fonte: nostro questionario animal advocates italiani, 2015.

Prima di passare oltre, siano permesse alcune brevi considerazioni (che verranno poi riprese in modo approfondito nelle conclusioni) inerenti il tema del vegetarismo, in riferimento alla nostra ricerca e al peso di tale argomento sia nell’ambito della letteratura sui movimenti sociali, sia di quella riferita alla teoria sociologica più in generale. Partendo da quest’ultimo punto, la grande importanza che assume l’aspetto della dieta si può leggere a diversi livelli. In primo luogo, come accennato nel secondo capitolo, il ripiegamento delle istanze antispeciste nei termini di un semplice regime alimentare è visto come un pericolo da diversi membri dell’animal advocacy italiana, fra cui alcuni dei nostri intervistati. Tuttavia, al netto delle considerazioni militanti, il fenomeno evidenzia una dinamica tipica della

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modernità, ossia l’interesse sempre più diffuso per gli stili di vita e le scelte etiche individuali, elemento che non solo mette in discussione il confine fra pubblico e privato, ma che spesso si configura come uno strumento di potere e controllo sulle biografie degli individui contemporanei, in una forma aggiornata di quella che Foucault (1976) definiva micro-fisica del potere. D’altra parte, il rovescio di questa stessa medaglia è rappresentato dalla “riduzione” di istanze di rottura come quelle antispeciste alla conduzione di uno stile di vita: è questa la classica operazione di sussunzione degli argomenti più radicali tipicamente condotta in epoca contemporanea, e tramite la quale vengono ridimensionati i tentativi di sovvertimento dell’esistente, grazie a concessioni limitate alla sfera dei consumi privati che non intacchino la struttura profonda dell’ordinamento sociale.148

Spostandoci su temi più vicini alla letteratura dei movimenti sociali, il tema del vegetarismo (e soprattutto il suo carattere fortemente legato a una visione dello specismo in termini di pregiudizio, aspetto che sarà al centro del prossimo paragrafo) pare da leggersi, in parte, come una classica forma di azione collettiva individualizzata (Micheletti & McFarland, 2010), sempre più centrale nell’attuale paradigma caratterizzato dalla logica dell’azione connettiva (Bennett & Segerberg, 2011, 2012, 2013). Non tutti gli animal advocates invece, nella conduzione del loro regime dietetico e del loro stile di vita, attuano (quantomeno in modo consapevole) una forma di consumerismo politico (Tosi, 2006a; Rucht, 2007; Pleyers, 2011a; Forno, 2014). Anche nella stessa area antispecista, quella con una maggior percentuale di individui vegani e con un approccio maggiormente “politico” alla questione animale, diversi membri e gruppi paiono infatti discostarsi da tale tipo di approccio, ed è dunque più cauto limitarsi a individuare la loro adesione al vegetarismo come una forma di personalizzazione della protesta (Giddens, 1991; Inglehart, 1977; McDonald, 2002; Micheletti, 2003).

In sintesi, dunque, anche dalle nostre interviste semi-strutturate è emersa una contrapposizione fra un approccio più politico e collettivo al veganismo (legato a una connessione rispetto ad altre critiche nei confronti dell’esistente), e uno invece maggiormente vincolato a una prospettiva culturale e individualista, che mette al centro la specifica questione animale e le pratiche di consumo etico. Ciò si declina, in modo particolare, rispetto

148 Vanno in questo senso anche le analisi che individuano nei frames e nelle tattiche delle aziende modalità simili a quelle dei movimenti sociali, anche tramite la partecipazione a singole loro campagne di natura moderata (Walker, 2009; McDonnell & King, 2013).

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a due questioni principali. In primo luogo, la forte insistenza rispetto al valore della coerenza (Turina forthcoming), aspetto sottolineato da diversi fra i soggetti interivistati e la cui rilevanza sta assumendo crescente importanza non soltanto presso l’antispecismo e l’attivismo legato alla liberazione animale, ma anche presso quei gruppi storicamente più vincolati a posizioni moderate.

C’è stata più che un’estremizzazione, direi una radicalizzazione delle vedute, nel senso di aumentare la coerenza: faccio un esempio, che è quello di una tematica a me cara, che è l’alimentazione: anni fa si sosteneva l’alimentazione vegetariana, ora si sostiene quella vegana…si è giunti a un ragionamento più coerente. (LAV, Intervista 1, C.P.)

Il secondo aspetto è invece quello inerente il diverso approccio rispetto alla ricerca di alleanze al di fuori dell’animalismo, tema su cui torneremo sia nei prossimi capitoli di analisi empirica sia nelle conclusioni, riflettendo sul rapporto fra veganismo e istanze anticapitaliste e in modo particolare sulla maggior opportunità di intessere alleanze con soggetti movimentisti eventualmente non interessati alla questione animale ma a vario titolo impegnati in una critica alle poetiche e alle politiche neo-liberiste. In chiusura di paragrafo, riportiamo alcuni altri estratti di interviste, molto differenti fra loro e particolarmente significativi in quest’ottica.

Esistono anche i vegani capitalisti, non è che essere vegano vuol dire aver già fatto le scelte giuste, aver capito tutto del mondo…Io preferirei aver di fianco a me un onnivoro anticapitalista con cui ho un sacco di cose già in comune e con cui è più facile anche sensibilizzarlo e avere nel tempo la stessa visione sulla questione animale… Per me tutto quello che faccio è politico…l’antispecismo è proprio un argomento, un ambito che si lega imprescindibilmente ad altri argomenti che sono quello del corpo, del razzismo stesso…per me è impossibile pensare che se ci sarà mai un cambiamento domani sarà solo se tratti bene gli animali. (Farro & Fuoco, Intervista 3, G.G.)

Penso sia importante che i movimenti sociali capiscano che puoi non impegnarti sugli animali tutti i giorni, ma che i tuoi eventi debbano essere privi di violenza…poi c’è il comunista settantenne che fa la festa della salamella, la festa dell’Unità dalla nascita, è difficile convincerlo che adesso bisogna mettere il

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seitan, però le nuove generazioni sono pronte a capirlo. (Essere Animali, Intervista 1, C.P.)

Se ne fregano degli animali, se ne fregano, se ne fregano, perché io ripeto per me vuol dire fregarsene, nel momento in cui tu comunque metti la politica, tu puoi essere di destra o di sinistra (io per esempio non farei amicizia con un razzista ovviamente), però se devo avere una persona al mio fianco che venga a liberare animali o faccia manifestazioni, se non dice robe razziste, non me ne frega niente di quello che tu possa avere votato…. Io dico sempre alle persone che mi criticano perché accetti di andare con le persone anche di destra, il maiale che tira fuori il muso per cercare comunque di essere liberato, non gliene frega niente….potrebbe essere anche di un pedofilo, a lui non gliene frega niente, lui vuole essere salvato; poi sono io che dopo aver fatto la liberazione eventualmente non vado a cena con questa persona o non faccio amicizia. (Cani Sciolti, Intervista 3, A.V.)

Nel documento ANIMALI  POLITICI. (pagine 146-152)