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L’evoluzione della posizione giuridica del convivente non proprietario della casa familiare

3. L’assegnazione della casa familiare nella coppia di fatto: evoluzione giurisprudenziale e recenti svilupp

3.2 Convivente more uxorio e tutela possessoria nella sentenza della Corte di Cassazione n ° 7214/

3.2.1 L’evoluzione della posizione giuridica del convivente non proprietario della casa familiare

Le problematiche nascenti dall’assegnazione della casa familiare nella crisi delle coppie di fatto concernono molto spesso la

qualificazione giuridica della situazione abitativa di cui può (o non può?) essere titolare il convivente, nell’ipotesi in cui l’immobile adibito a casa familiare sia di proprietà esclusiva dell’altro partner. Un punto fermo della disciplina della materia de qua rimane la possibilità di assegnare la casa familiare al convivente, in seguito alla crisi della coppia di fatto, soltanto qualora esistano figli, minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti.

Si potrebbe da ciò dedurre, a contrario, che in carenza di tale presupposto, stante il mancato riconoscimento giuridico delle convivenze di fatto, il convivente non proprietario possa essere allontanato dalla casa familiare sic et simpliciter. Tuttavia tale affermazione sortirebbe, comprensibilmente, effetti pregiudizievoli nei confronti del convivente di fatto, il quale, pur non potendo vantare giuridicamente alcun diritto sull’immobile quantomeno ex lege, si troverebbe, in ipotesi di crisi affettiva sfociante nella rottura del rapporto, con un’espressione oggi molto utilizzata (a fronte della larga diffusione sociale del fenomeno), “fuori di casa dall’oggi al domani”.

Tempo addietro era prevalente l’orientamento, giurisprudenziale e dottrinario, secondo il quale il convivente non comproprietario della casa familiare fosse un mero ospite, e come tale potesse essere estromesso ad nutum senza alcuna formalità. In altre parole, il convivente di fatto era considerato mero detentore per ragioni di

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servizio o di ospitalità, come tale sprovvisto di tutela a fronte di allontanamento dalla casa familiare. Con il passare del tempo e l’evoluzione sociale e culturale del fenomeno delle convivenze di fatto nella società odierna, la prospettiva ha subito un deciso cambio di rotta ed il convivente more uxorio viene ritenuto titolare di un vero e proprio “diritto di detenzione”155, tutelabile con l’azione di spoglio:

in particolare, si tratterebbe di detenzione qualificata in quanto il convivente è titolare di un interesse proprio al godimento della casa familiare. Pertanto, viene ritenuto pienamente legittimato a reagire attraverso l’azione di spoglio156

nei confronti di eventuali spossessamenti violenti o clandestini, posti in essere dall’altro convivente possessore o codetentore (il quale potrebbe

eventualmente riottenere la piena disponibilità della casa familiare soltanto ricorrendo in giudizio).

In dottrina157 si è rilevato in proposito che il tradizionale

orientamento, volto a considerare il convivente more uxorio alla stregua di detentore non qualificato o “senza interesse”158

, ha spinto a legittimare l’estromissione dello stesso dalla casa familiare. Alla stregua di una sensibilità sempre più diffusa verso i bisogni di

effettiva tutela e della progressiva rilevanza delle convivenze di fatto,

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La detenzione consiste nella relazione materiale con la cosa fondata su un titolo che attribuisce o un diritto personale di godimento o una mera

obbligazione. Si distingue dal possesso in quanto la relazione di fatto con la cosa non corrisponde ad un diritto reale, ma da un rapporto obbligatorio o, come nel caso del convivente more uxorio, da una relazione con il possessore della cosa. Rif. AA.VV., Diritto Privato, Tomo Terzo, Utet Giuridica, 2010, pag. 996 ss.

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L’azione “di spoglio”, o di reintegrazione, è una delle azioni a difesa del possesso prevista dal codice civile all’art. 1168. Affinché possa essere esperita lo spoglio deve essere stato attuato con violenza o clandestinità (cioè

occultamente), e la legittimazione attiva in giudizio spetta, oltre al possessore, anche al detentore qualificato nel termine di un anno dal lamentato spoglio.

157 Terranova, in Trattato di diritto di famiglia, 2011, pag. 1173 ss. 158

Si distingue tra detenzione qualificata, non qualificata e “senza interesse”. La prima è detenzione tutelabile nei confronti di chiunque, in quanto la titolarità sussiste in virtù di un interesse proprio; nella seconda si detiene nell’interesse del possessore della cosa, ed è tutelabile esclusivamente contro terzi; l’ultima, in quanto subordinata a ragioni di mera ospitalità è carente in toto di tutela giuridica.

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si è creato un orientamento maggiormente incline a contemplare, anche nelle relazioni di convivenza, un rapporto giuridico di

detenzione autonoma o qualificata, tutelabile con l’azione di spoglio anche nei confronti del codetentore o possessore- proprietario. E il diverso trattamento costituzionale rivolto alle due tipologie di unioni sentimentali, quella fondata sul vincolo matrimoniale e quella di fatto, dunque non istituzionalizzata, non rappresenta un valido argomento per escludere la tutela attraverso reintegrazione del convivente allontanato dalla casa familiare.

Il Tribunale di Milano, nel 2008159, ha ritenuto che il comportamento di chi, come nella fattispecie concreta che si è presentata, sostituisce le serrature della casa familiare estromettendo il convivente, integra uno spoglio violento quanto al modus operandi, concretizzatosi nella privazione del potere di fatto sull’immobile, poiché il cambio delle serrature ha impedito al convivente estromesso di esercitare la detenzione della casa familiare. Nel caso di specie la convivenza fra il ricorrente in giudizio e la resistente presentava i connotati della stabilità e non transitorietà, oltre al costante apporto di somme di danaro e la domiciliazione: pertanto il Tribunale ha escluso che il convivente abbia abitato nella casa per ragione di mera ospitalità. Il convivente proprietario della casa familiare non potrà dunque cambiare le serrature ed estromettere il partner convivente, adducendo soltanto che l’affectio sia venuta meno e che non può essere disposto alcun provvedimento di assegnazione in assenza di prole da tutelare: il convivente more uxorio oggi viene considerato vero e proprio detentore qualificato.

3.2.2 La tutela del convivente non proprietario nella sentenza