2.5 L’interesse dei figli della famiglia di fatto
2.5.3 I figli maggiorenni della coppia di fatto
La legge n. 54/2006 spicca per aver, per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico, tutelato implicitamente anche i diritti dei figli maggiorenni nati da genitori non sposati. Infatti, l’art. 4, 2° comma, della suddetta legge, nel prevedere espressamente l’applicabilità delle disposizioni della medesima anche “ai procedimenti relativi a figli di genitori non coniugati”, non stabilì tuttavia alcun limite temporale o riferimento anche solo indiretto all’età della prole della coppia di fatto. La conseguenza era che la tutela garantita nell’ambito delle procedure di separazione e di divorzio ai figli maggiorenni
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incolpevolmente non economicamente autosufficienti di permanere nella casa familiare a seguito di crisi genitoriale, dovesse necessariamente intendersi ampliata anche ai figli maggiorenni nati da genitori non uniti in matrimonio. A seguito della riforma attuata dal Dlgs. n. 154/2013, tale statuizione ne esce confermata in quanto l’art. 337-bis c.c. contempla nel novero dei procedimenti cui applicare gli artt. da 337-ter al 337-octies c.c. anche quelli relativi ai figli nati fuori da un vincolo matrimoniale. Inequivocabilmente, l’art. 337-sexies c.c. dovrà essere applicato anche per la tutela abitativa dei figli maggiorenni nati da coppie non unite in matrimonio, e i requisiti giurisprudenziali già individuati a seguito dell’entrata in vigore dell’ex art. 155-quater c.c. devono ritenersi tutt’ora attuali, poiché il primo comma è sostanzialmente identico a quello dell’abrogato articolo. Tali requisiti essenziali ai fini dell’assegnazione della casa familiare in tema di famiglia di fatto che presenta figli maggiorenni conviventi, sono:
1) La mancata autosufficienza economica dei figli maggiorenni della coppia di fatto, i quali non siano in grado di provvedere al proprio mantenimento in maniera dignitosa117 e conforme alla propria personalità, formazione professionale e culturale;
2) L’incolpevolezza della suddetta condizione. Infatti in talune situazioni, il figlio maggiorenne può essere ritenuto responsabile della propria non autosufficienza economica, materialmente e spiritualmente: soprattutto, quando non si impegni a ricercare un’occupazione ovvero rifiuti senza giustificato motivo, oggettivo o soggettivo, occasioni di lavoro offertogli/le.
117 La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8227 del 2009, ha statuito al riguardo
che il lavoro precario non è ritenuta condizione sufficiente a garantire
l’indipendenza economica del figlio maggiorenne, in quanto l’autosufficienza dal punto di vista economico richiede una concreta continuità e stabilità lavorativa.
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Una questione estremamente ricorrente nel nostro Paese è quella che riguarda l’assegnazione della casa familiare e, una volta ottenuta, la conservazione del relativo provvedimento, in presenza di figli maggiorenni che non riescono o non vogliono superare gli esami universitari, protraendo in capo ai genitori, anche di fatto, il rischio dell’insufficienza economica sine die. In una recente sentenza della Corte di Cassazione118, una figlia ormai ultratrentenne studentessa universitaria fuori sede, la quale per ingiustificata inerzia non ha ancora terminato gli studi, oltre ad aver perso il diritto al mantenimento da parte dei genitori ha causato anche la perdita del beneficio del diritto all’assegnazione della casa familiare in capo alla madre. Pertanto, l’atteggiamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato di avvalersi di opportunità lavorativa è pienamente sindacabile e perseguibile in sede giudiziale, poiché porta al concreto rischio che in caso di crisi tra genitori di fatto l’interesse del figlio a permanere nell’habitat domestico non venga considerato poi così meritevole di tutela, a discapito dell’interesse del genitore convivente assegnatario. A ciò si ricollega la nozione di convivenza considerata rilevante dalla giurisprudenza di legittimità ai fini dell’assegnazione della casa familiare in presenza di figli maggiorenni: id est, la “stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione delle ipotesi di saltuario ritorno”119
(le quali si configurerebbero come rapporti di mera ospitalità). La sussistenza e la permanenza continuativa e costante dei presupposti fondamentali della mancata autosufficienza economica e della sua incolpevolezza in capo ai figli maggiorenni conviventi deve essere dimostrata in giudizio dal genitore convivente, il quale chieda l’assegnazione della casa familiare. Eventualmente, il figlio maggiorenne potrebbe sostenere le ragioni e le richieste formulate dal genitore nel processo tramite un
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Cass. Civ., n. 27377 del 2013.
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intervento ad adiuvandum120. La ratio che abbraccia tutte le sentenze nella materia de qua della giurisprudenza di legittimità, basate sul presupposto fondamentale offerto dalla normativa ex art. 337-sexies c.c. dell’interesse della prole(indifferentemente dunque, sia minorenne che maggiorenne) è quella protettiva. Pertanto, in difetto di tali due requisiti fondamentali, la casa familiare non potrà essere assegnata al genitore anche se con lo stesso continuino a convivere i figli maggiorenni, né nella disciplina generale in tema di divorzio, separazione ed annullamento del matrimonio né tantomeno nell’ambito delle famiglie di fatto. Con la precisazione che il giudice adito dovrà valutare, causa la mancanza di una normativa più specifica, le singole circostanze del caso concreto operando quel bilanciamento di interessi che il legislatore dimostra di spostare, se non completamente, quasi in toto a favore dei figli. Non proprio totalmente a mio parere, in quanto il legislatore non ha previsto una disciplina normativa ad hoc per l’assegnazione della casa familiare in presenza di figli maggiorenni, meno che mai frutto di un’unione di fatto, dovendo il giudice pressoché servirsi del criterio di matrice giurisprudenziale dell’incolpevolezza della non autosufficienza economica da parte del figlio maggiorenne. E soprattutto, ha perso l’occasione, con la recente riforma del 2013, anche di indicare quantomeno un termine temporale finale o dies ad quem della durata del diritto di assegnazione della casa familiare al genitore convivente con la prole maggiorenne, dando seguito ad altrettante problematiche.