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2.3 La tutela “esterna” alla coppia: il diritto all’abitazione nei confronti dei terz

2.3.2 Le tutele nel comodato

Nella società odierna molto spesso la casa familiare in cui le coppie di fatto convivono e sviluppano la loro comunione di vita risulta di proprietà di terzi, i quali per lo più sono parenti( frequentemente, genitori) di uno dei conviventi: la detenzione della casa familiare trova fondamento in un contratto di comodato, il quale è disciplinato dagli artt. 1803 ss. c.c., essenzialmente gratuito e a tempo od uso determinato, con l’obbligo finale di restitutio. Parti del contratto di comodato così stipulato sono il comodante- terzo proprietario dell’immobile e comodatario- convivente(o conviventi, se trattasi di stipulazione congiunta) della coppia di fatto. Le questioni principali e più dibattute riguardano le sorti dei componenti della coppia di fatto a seguito di crisi affettiva e conseguente rottura del rapporto, in relazione alla casa concessa in comodato da un terzo. Occorre distinguere due ipotesi fondamentali, le quali presentano profili di disciplina differenziati :

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1) Assenza di figli della coppia di fatto: qualora il comodatario lasci l’immobile a seguito della rottura del rapporto con il convivente, la disciplina generale prevista dall’art. 1810 c.c. prevede che se la durata del contratto non è stata convenuta né risulta dall’uso cui l’immobile è destinato, il comodatario è tenuto a restituire la casa ex familiare dietro semplice richiesta del comodante;

2) Presenza di prole minorenne o maggiorenne non economicamente autosufficiente104: il convivente a cui sia stato affidato il minore ha diritto di rimanere nella casa familiare, poiché se il comodato era stato stipulato per far fronte alle necessità della famiglia, e in particolare dei figli, il convivente non può essere allontanato.

Con riguardo specifico a tale ultima ipotesi, si pone il problema di valutare l’an e i termini di opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare, disposto iussu iudicis oppure a seguito di accordo scaturente dalla procedura relativa a figli di genitori non uniti in matrimonio, al comodante: all’interno della diatriba convivente-comodatario viene a trovarsi inevitabilmente coinvolto il terzo comodante, soprattutto genitore o parente del convivente non assegnatario della casa familiare. Queste situazioni giuridiche soggettive si presentano entrambe come meritevoli di tutela: da una parte, il comodante titolare dei diritti di proprietà legittimamente riconosciuti sull’immobile adibito a centro di aggregazione di affetti altrui( molto spesso, di un figlio/a); dall’altra, l’ex convivente assegnatario della casa familiare in quanto affidatario dei figli della coppia, il cui interesse a permanere nell’habitat domestico dove la famiglia ha vissuto prima del verificarsi della crisi

104 Questo diritto, come rilevato anche nel Vademecum per le coppie conviventi

del Comune di Milano, spetta soltanto alle coppie eterosessuali, a causa dell’impossibilità per le coppie di fatto omosessuali di generare figli; tuttavia potrebbe considerarsi , de jure condendo, come ugualmente meritevole di tutela la situazione della coppia omosex la quale, recandosi all’estero, abbia fatto ricorso alla fecondazione assistita, maternità surrogata od adozione, non riconosciuti giuridicamente in Italia.

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dei genitori non uniti in matrimonio. I pregiudizi che deriverebbero dal propendere verso soluzioni volte a privilegiare l’una o l’altra posizione soggettiva non sono indifferenti: in caso di assegnazione della casa familiare disposta a seguito di provvedimento giudiziale, che sia in sede contenziosa o consensuale, a favore dell’ ex convivente di fatto, rifiutando il subentro di costui nel contratto di comodato il quale sarebbe in opponibile al comodante significherebbe rendere inutile e neutralizzare in toto il provvedimento stesso. Inoltre, significherebbe anche discriminare il titolo di abitazione della casa familiare in comodato rispetto alla disciplina prevista in tema di locazione, nella quale è ormai unanimemente riconosciuta la successione ex lege nel contratto in favore del convivente, con la conseguente opponibilità nei confronti dei terzi. La soluzione opposta, ossia considerare assolutamente incontestabile l’opponibilità del provvedimento al comodante della casa familiare assegnata al convivente del comodatario, avrebbe come conseguenza la vanificazione del diritto di proprietà, il quale come disciplinato dall’art. 832 c.c. non conosce limitazioni eccetto quelle previste dalla legge, totalmente assente sul fronte di una casistica così variegata quale la vicenda avente per protagonisti comodante- genitore, comodatario- figlio ed ex convivente di quest’ultimo assegnatario della casa familiare.

Il quadro viene ulteriormente a complicarsi quando entra “in scena” un altro soggetto: un ipotetico terzo acquirente dell’immobile adibito a casa familiare. Occorre sottolineare che il provvedimento di assegnazione della casa familiare per disciplina generale è opponibile al terzo acquirente unicamente se cronologicamente antecedente all’acquisto dell’immobile ad opera del terzo, lasciando comunque a quest’ultimo un margine di autonomia nel decidere se procedere o meno all’acquisto. Ciò non avviene nel contratto di comodato: il comodante si troverebbe vincolato alla destinazione impressa

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all’immobile( ossia all’assegnazione dello stesso all’ex convivente, in ipotesi, del figlio) cronologicamente successiva alla stipulazione del contratto, trovandosi così a subire un inevitabile pregiudizio alla sua autonomia privata. Un’altra lesione di non poco conto può derivare dalla stipulazione del contratto di comodato ab origine a tempo indeterminato: a differenza del locatore105, cui il provvedimento di assegnazione è opponibile con la successione nel contratto da parte del convivente dell’originario conduttore, ma è maggiormente tutelato in quanto continua a percepire il canone e conosce precisamente ed inequivocabilmente la durata temporale del vincolo scaturente dall’assegnazione( ossia la scadenza del contratto originariamente pattuita), il comodante potrebbe addirittura andare incontro ad una permanenza sine die dell’assegnatario ex convivente del comodatario originario. Come sempre quando si è di fronte a due situazioni giuridiche contrapposte, entrambe meritevoli di tutela giuridica e soprattutto sociale, è necessario propendere per un bilanciamento di interessi, il quale alla fine sposta l’ago della virtuale bilancia verso l’una o l’altra posizione, favorendo una e svantaggiando l’altra. In un’ottica di recente rivalutazione( per lo più, di conferma di precedente impostazione) si pone il Dlgs. n. 154/2013, applicabile espressamente alle procedure inaugurate da famiglie di fatto: tale normativa considera, alla stregua della riforma introdotta dalla legge n. 54/2006, come assolutamente predominante l’interesse dei figli della coppia di fatto in tema di assegnazione della casa familiare originata dalla crisi della stessa, il cui scopo prioritario è tutelare a garantire ai figli, minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti, la prosecuzione delle consuetudini di vita all’interno dell’habitat domestico. “Prioritariamente conto dell’interesse dei figli”, recita il novellato art. 337-sexies c.c., ma non esclusivamente: ciò significa che il comodante in ogni caso non

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potrà essere eccessivamente pregiudicato oltre i limiti previsti dalla legge a tutela del suo diritto di proprietà. Ciò nonostante, la trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare a carico dell’ex convivente assegnatario, il quale rende opponibile ai terzi tra cui il comodante ai sensi dell’art. 2643 c.c. come riproposto nell’art.337-sexies c.c., si rivela determinante e assurge al rango di onere funzionale a garantire proprio la posizione dell’assegnatario, da cui si ravvisa dunque la sua evidente opportunità. Secondo la disciplina generale del contratto di comodato, ex art. 1809, 2° comma, c.c. il comodato contratto a tempo indeterminato può cessare i suoi effetti in caso di urgente ed impreveduto bisogno del comodante, il quale può esigerne la restituzione immediata( recesso ad nutum): a differenza della locazione, in cui la successione nel contratto da parte dell’ex convivente dell’originario conduttore è prevista dalla legge(art. 6, L. n. 392/1978) ed avviene automaticamente con indubbie garanzie per il locatore, il quale conosce fin dall’inizio quale sarà il dies ad quem di tale sostituzione, nel contratto di comodato ciò non avviene a causa dell’assenza di una normativa ad hoc. Pertanto è auspicabile in questo caso, come in molte altre aree relative alla materia della convivenza more uxorio ( in più al riconoscimento giuridico delle coppie di fatto stesso) un intervento del legislatore; nell’attesa questo vuoto viene colmato dalla giurisprudenza, la quale oscilla però fra i due poli del comodante e comodatario subentrante, affermando che per il momento non sia possibile condividere con certezza l’una o l’altra posizione ma ogni fattispecie particolare andrà decisa sulla base delle circostanze del caso concreto.