Stretta correlazione con la materia dell’assegnazione della casa familiare a seguito di patologia nel rapporto delle coppie conviventi more uxorio presenta la tematica dell’ordine di protezione contro gli abusi familiari, in quanto l’allontanamento dalla casa familiare può essere disposto proprio anche contra uno dei conviventi di fatto. Il dato normativo è rappresentato dagli artt. 342-bis e 342-ter c.c.,
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introdotti nel codice civile dalla legge n. 154/2001 recante “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”. Il presupposto alla base del provvedimento di allontanamento dalla casa familiare del convivente, o coniuge, è quello per cui la condotta del convivente stesso rappresenta causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale dell’altro convivente125
. Non è sufficiente dunque la circostanza che le liti fra i conviventi siano in ipotesi sporadiche e prive di conseguenze lesive, poiché il pregiudizio all’integrità fisica deve essere “ grave” ; inoltre, la misura protettiva prevista dall’art. 342-bis c.c. non può essere concessa in virtù di una mera situazione di reciproca incomunicabilità ed intolleranza tra i conviventi more uxorio, a meno che i litigi non siano aggravati da violenze fisiche o minacce o tradotti comunque in violazione della dignità dell’individuo di particolare entità126
. Il grave pregiudizio all’integrità fisica del convivente della coppia di fatto ricorre invece quando gli atti di aggressività e violenza siano idonei ad arrecare nel tempo una rilevante lesione a beni giuridici fondamentali della vittima convivente, non essendo necessaria la presenza dell’elemento psicologico del dolo o della colpa127, e senza che l’eventuale stato di alcolismo del maltrattante rappresenti una scriminante. Il pregiudizio
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C. Minnella, Giur. merito, fascicolo n. 9, 2012, pag. 1810.
126 Tribunale di Bari, 1, 178, 2003 in Foro padano, 2003. 127
Trib. Reggio Calabria, sez. I, decr. 13 marzo 2008, in Fam. minori, 2009, 2, 26 «La nozione di abuso di cui all'art. 342-bis c.c. si caratterizza per la sua atipicità, nel senso che la condotta posta in essere dal soggetto ritenuto responsabile può tanto integrare una fattispecie di reato, quanto rientrare nel complesso di atti che, benché non penalmente perseguibili, siano tuttavia idonei a determinare pregiudizio all'integrità fisica e morale e alla sfera di libertà individuale. Poiché la
ratio della norma è quella di reprimere ogni forma di violenza domestica,
l'indagine del giudice deve prevalentemente riguardare l'accertamento di una violazione dei diritti fondamentali dell'individuo nell'ambito della famiglia intesa quale formazione sociale in cui si svolge la personalità dei suoi membri, sicché ai fini dell'emanazione degli ordini di protezione non rileva lo stato psichico del soggetto agente, nel senso che la tutela in oggetto potrà essere accordata anche nel caso di soggetto la cui eventuale infermità mentale possa aver determinato l'insorgere di comportamenti violenti nei confronti di altri componenti del nucleo familiare».
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ricorre inoltre non necessariamente a causa di aggressioni fisiche ma anche verbali: se tali da arrecare, causa la reiterazione e creazione di un clima di tensione continua all’interno della famiglia, una lesione alla salute fisica delle vittime. Mentre il riferimento della norma ai pregiudizi di natura morale che lesionino l’integrità della persona del convivente concerne i casi in cui le ingiurie e le minacce arrechino sofferenze di natura esclusivamente morale o psichica. E’ necessario inoltre il nesso di causalità tra la condotta del maltrattante ed il grave pregiudizio all’integrità fisica o morale dell’altro convivente, per cui eliminando ipoteticamente l’abuso l’evento rappresentato dal pregiudizio non si sarebbe verificato. Anche la violenza morale, oltre che fisica, può integrare il grave pregiudizio alla vittima tale da giustificare l’adozione dell’ordine di protezione di lasciare immediatamente la casa familiare. E’ necessario, secondo costante giurisprudenza in merito, che il pregiudizio grave all’integrità morale di un convivente sia rappresentato da un vulnus alla dignità dell’individuo di natura non comune, sotto tre profili: le modalità dell’offesa arrecata, la ripetitività o prolungata durata della sofferenza patita ovvero per la delicatezza dei particolari profili della dignità stessa lesi. Tale vulnus è sicuramente integrato da violente aggressioni verbali e minacce di arrecare mali ingiusti, in quanto lesive dell’integrità morale del convivente, e tali da giustificare dunque l’adozione dei provvedimenti previsti negli artt. 342-bis e 342-ter, c.c. Parimenti, gli atti di violenza fisica in danno del familiare convivente possono arrecare grave danno all’integrità morale di un altro membro della famiglia, come un genitore di uno dei componenti della famiglia di fatto, considerato ugualmente esperibile il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare.
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2.6.1 Il procedimento per l’adozione dell’ordine di allontanamento dalla casa familiare contro gli abusi( art. 736-bis c.p.c.)
Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari necessitano dell’istanza del convivente vittima dei maltrattamenti, in quanto non possono essere disposti d’ufficio dal giudice; l’istanza può essere proposta dalla parte personalmente mediante ricorso scritto al tribunale del luogo di residenza o domicilio (trattasi di competenza territoriale inderogabile ex art. 28 c.p.c.), il quale provvede in camera di consiglio in composizione monocratica. A seguito dell'istanza, si verifica la designazione da parte del Presidente del Tribunale del giudice a cui è affidata la trattazione del ricorso, il quale, sentite le parti, procede ad istruire la causa nel modo che ritiene più opportuno128, e provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. Con riferimento all'attività istruttoria sono ampiamente consentite prove atipiche: dai testi informatori, alle relazioni peritali di parte, alle informazioni dai rappresentanti di uffici pubblici (assistenti sociali, forze dell'ordine), secondo lo schema già previsto in materia cautelare.
In caso di urgenza, l’art. 736-bis, 3° comma, c.c. prevede che il giudice, assunte nel caso ciò sia necessario sommarie informazioni, può immediatamente adottare l’ordine di protezione e di allontanamento dalla casa familiare del convivente maltrattante mediante decreto inaudita altera parte, senza dunque la previa instaurazione del contraddittorio, fissando l’udienza di comparizione
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In alcuni casi non è semplice per il giudice individuare la condotta pregiudizievole degna di tutela, anche per evitare di emettere ordini di allontanamento in casi “costruiti ad arte” al fine di estromettere un convivente scomodo (magari il proprietario della casa familiare). Come afferma Petitti, Le
misure contro la violenza nelle relazioni familiari: modalità applicative e problemi procedurali, in Fam. e dir., 2002, 399, “nonostante l'istruttoria sommaria tipica del
procedimento di cui all'art. 342-bis c.c. è molto importante il supporto di prove (documenti, notizie di informatori, servizi sociali etc.)”.
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delle parti in un termine massimo di quindici giorni, assegnando inoltre all’istante, il convivente vittima, un termine non superiore ad otto giorni ai fini della notificazione del ricorso e del decreto del giudice. Palesemente il giudice che utilizza tale percorso alternativo e di natura strettamente cautelare presuppone la presenza di fatti di violenza gravi ed evidenti dalla documentazione allegata in giudizio dalla parte ricorrente. Nel caso infatti di maltrattamenti incidenti sull’integrità fisica o il cui rischio di reiterazione è imminente e non suscettibile di cessare, la necessità e l’urgenza di un provvedimento di immediato allontanamento dalla casa familiare si rendono inevitabili. Successivamente all’emanazione di tale decreto, il giudice può confermare, modificare o revocare l’ordine di protezione ivi statuito alla successiva udienza in contraddittorio, consentendo dunque al convivente ipotetico maltrattante di difendere le proprie ragioni.
Un importante profilo da tenere in considerazione è che nel procedimento di cui all’art. 736-bis c.p.c. avente ad oggetto l’ordine di protezione contro gli abusi familiari, sarà possibile produrre un video oggetto di registrazione quale mezzo di prova al fine di dimostrare o negare le violenze all’interno della casa familiare tra conviventi. Il giudice in tale caso dovrà analizzare ed interpretare al dinamica dei fatti prima di prendere una decisione, alla luce delle risultanze processuali, verificando se si sia realizzata la condotta gravemente pregiudizievole per l’integrità fisica e/o morale del convivente, considerando che è diritto di ciascuna parte esercitare il proprio diritto di difesa anche in assenza del titolare di dati personali, ma sempre nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza previsti dalla normativa in materia di privacy, dunque la legittimità della produzione andrà valutata in base al bilanciamento
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tra il contenuto dei dati utilizzati ed il grado di riservatezza connesso alle esigenze di difesa129.
2.6.2 L’allontanamento dalla casa familiare del convivente more
uxorio nel diritto processuale penale
Un ulteriore passo in avanti nella tutela personale delle convivenze more uxorio è stato compiuto dalla legge n. 154/2001, la quale ha altresì il merito di aver introdotto l’art. 282-bis del codice di procedura penale. Tale articolo stabilisce che la misura cautelare personale dell’allontanamento dalla casa familiare può essere imposta, oltre ai membri della famiglia fondata sul matrimonio, anche ai prossimi congiunti ed ai membri conviventi di fatto. Con il provvedimento emesso a seguito di giudizio di natura penale, il giudice dispone l’allontanamento immediato dell’imputato dalla casa familiare, ovvero di non farvi rientro e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice procedente.
2.7 Il procedimento della crisi tra genitori non coniugati davanti