2.7 Il procedimento della crisi tra genitori non coniugati davanti al tribunale ordinario
2.7.1 I procedimenti riguardanti prole minorenne di genitori non sposati: le regole processual
Le regole processuali stabilire per il procedimento della “crisi” davanti al tribunale ordinario sono frutto di un’opzione conservatrice da parte del legislatore: si è preferito lasciare in vita, evidenziandone la differenziazione nel trattamento giuridico, i due poli dei procedimenti della crisi coniugale, previsti dagli artt. 706 ss. c.p.c., e quelli della crisi tra genitori conviventi more uxorio, decisi attraverso il procedimento in camera di consiglio ex art. 38 disp. att. c.c., fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, sentito il pubblico ministero. Per quanto riguarda la competenza territoriale del
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procedimento della crisi tra genitori non sposati, essa riveste natura inderogabile ai sensi dell’ art. 28 c.p.c., poiché è previsto l’intervento obbligatorio del pubblico ministero al fronte della delicatezza dei soggetti coinvolti(prole minorenne) e degli argomenti e diritti controversi(tra cui, insieme ad altri, il fondamentale baluardo rappresentato dalla casa familiare). La giurisprudenza della Suprema Corte ha individuato nel luogo di dimora abituale del minore giudice competente a decidere nel procedimento della crisi tra i genitori non sposati, in vista del principio di vicinanza o prossimità136.
Ai sensi dell’art. 50-bis c.p.c. i procedimenti della crisi della coppia di fatto davanti al tribunale ordinario sono attribuiti alla competenza verticale del tribunale in composizione collegiale. Nell’esperienza pratica tuttavia, per evitare dispendio di energie in più all’allungamento dei tempi del processo a causa della doverosità della presenza dell’organo giudicante collegiale in ogni fase del procedimento, sta propendendo per l’ammissione dello svolgimento di singole fasi anche solo di fronte ad un unico componente dell’organo collegiale137
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La domanda introduttiva del giudizio si propone con ricorso, e la legittimazione attiva e passiva ad agire spetta ai due genitori della coppia di fatto. Inoltre, l’intervento normativo del 2012/2013 che ha ridimensionato il ruolo degli ascendenti da un punto di vista processuale, può portare ad una configurazione di una legittimazione di costoro ad un intervento ad adiuvandum nel procedimento. Le specificità del rito camerale, quali l’elasticità nella dilatazione della fissazione del dies a quo dell’udienza, in quanto non sono previsti termini minimi, consente di convocare i genitori non sposati davanti al tribunale ordinario in termini brevi, comunque tali da garantire,
136 Cass., 7 luglio 2001, n. 9266 e Cass., 23 gennaio 2003, n. 1058, richiamate dal
Trib. Bologna, (decr.) 25 marzo 2013.
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nella fattispecie concreta, l’esercizio costituzionalmente tutelato del diritto di difesa. Poiché le controversie relative all’assegnazione della casa familiare nella crisi della coppia di fatto genitoriale vertono su diritti soggettivi, i genitori devono essere necessariamente patrocinati da un difensore, dotato della professionalità idonea a proteggere al meglio i loro delicati interessi. A differenza del procedimento di separazione tra coniugi, non è previsto che alla prima udienza( la quale, potenzialmente, potrebbe essere anche l’unica) il collegio o il giudice relatore della causa provvedano all’audizione delle parti e conseguentemente al tentativo di conciliazione, anche se niente esclude che possa avvenire nella prassi o che comunque risulti opportuno procedervi. Si è sempre molto discusso circa l’idoneità del modello del rito camerale ad essere utilizzato al fine della tutela giurisdizionale di diritti soggettivi di tale rilevanza quale il diritto all’assegnazione della casa familiare nell’ambito di famiglie di fatto, per quanto concerne il rispetto dei diritti di azione e di difesa, tra cui l’esigenza di difendersi attraverso mezzi di prova consoni. Infatti, le controversie concernenti la responsabilità genitoriale e di conseguenza, l’assegnazione della casa familiare occasionate dalla crisi richiedono spesso una complessa attività istruttoria al fine di dimostrare al giudice le capacità genitoriali delle parti in causa ovvero allo scopo di accertare i loro redditi ai fini del mantenimento. Sovente nella prassi il procedimento si articola in una serie di udienze successive, proprio per consentire una maggiore e più completa acquisizione del materiale probatorio resosi necessario, affinché il giudice giunga ad una cognizione piena nel rispetto del principio costituzionale del contraddittorio e soprattutto della parità di trattamento con i figli di coppie unite in matrimonio. Tale prolungamento del procedimento per fissazione di una o più udienze successive comporta che il provvedimento finale costituito da un decreto definitivo sarà rinviato di molti messi, addirittura anni. Si
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pone dunque, in dottrina e giurisprudenza, l’interrogativo fondamentale del se, in questi procedimenti relativi alla crisi tra genitori non uniti in matrimonio, il collegio possa emettere provvedimenti temporanei ed urgenti alla stregua di quanto prevede l’art. 708 c.p.c., all’esito della prima udienza. L’art. 708 c.p.c. statuisce che, nei procedimenti di separazione personale tra i coniugi, all’esito dell’udienza presidenziale fallito il previo tentativo di conciliazione, il presidente del collegio possa emettere, se resosi necessari ed urgenti per proteggere gli interessi della prole e dei coniugi stessi, provvedimenti provvisori con ordinanza, anche d’ufficio. Le risposte, fornite da dottrina e giurisprudenza a tale interrogativo di indubbia rilevanza, sono essenzialmente due:
1) Dando risposta negativa alla possibilità di ricorrere in via analogica a tali provvedimenti, sorge l’alternativa del ricorso all’art. 700 c.p.c, per non lasciare scoperte di tutela situazioni meritevoli e che necessitano di interventi non ulteriormente rimandabili. L’art. 700 c.p.c. contempla un provvedimento d’urgenza che si caratterizza per l’atipicità, poiché il contenuto dello stesso può essere sia anticipatorio che conservativo, per la necessità di lasciare una notevole discrezionalità al giudice al fine di salvaguardare al meglio i diritti soggettivi;
2) Si ammette il ricorso all’applicazione analogica dell’art. 708 c.p.c., in virtù dell’art. 336 c.c., il quale ammette la possibilità di emettere provvedimenti provvisori ed urgenti nel corso di un procedimento volto alla pronuncia di misure a carattere limitativo od ablativo della potestà(oggi responsabilità) genitoriale. La ratio di tale applicazione analogica viene rinvenuta nella migliore tutela e cura del sempre prevalente
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interesse della prole, anche della coppia di fatto per cui il giudice avrebbe il potere esercitabile anche d’ufficio in questi procedimenti di emettere, in ogni stato del procedimento stesso, misure cautelari allo scopo di proteggere i figli.
Al riguardo, occorre osservare come il ricorso all’art. 700 c.p.c. sia aspramente contrastato nella materia de qua e generalmente, nel diritto di famiglia138 : il fumus boni iuris ed il periculum in mora devono essere provati da chi richiede il provvedimento, mentre nel procedimento ex art. 708 c.p.c., per la delicatezza e specificità dei diritti soggettivi controversi, il presidente adotta anche d’ufficio i provvedimenti necessari ed urgenti “sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori” e “nell’interesse della prole e dei coniugi”. Pertanto, la maggioranza degli interpreti si è orientata nel dare esito positivo al quesito, poiché le norme in materia di rito camerale non prevedono niente sul punto, dunque per ciò stesso non escludono nemmeno la possibilità di un’applicazione analogica dell’art. 708 c.p.c. anche ai procedimenti in ipotesi in tema di assegnazione della casa familiare nella crisi della coppia di genitori di fatto. Per l’esperienza pratica e normativa, è prospettabile dunque un rito camerale ad hoc per tali procedimenti, eretto su una struttura a due fasi: una prima udienza in cui viene emesso un decreto allo stato degli atti per disciplinare provvisoriamente i rapporti tra i genitori della coppia di fatto ed i relativi figli; e le udienze successive, destinate alla raccolta del materiale probatorio sottoposto ai giudizi di ammissibilità e rilevanza.
A conclusione dell’attività istruttoria, il giudice decide con provvedimento emanato nella forma del decreto ed i provvedimenti emessi a seguito di procedimento della crisi tra genitori non sposati
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Danovi F., Nobili intenti e tecniche approssimative nei nuovi procedimenti per i
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sono immediatamente esecutivi ex nuovo art. 38, 1° comma, disp. att. c.c.
Per quanto attiene alle impugnazioni, il provvedimento conclusivo può essere soggetto a reclamo alla Corte d’Appello competente secondo la disciplina generale.
Il tribunale ordinario potrà anche formalizzare gli accordi già raggiunti dalle parti relativamente all’assegnazione della casa familiare, ma non senza un confronto diretto con i genitori della