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Giochi con la clessidra

5. La fabbrica della festa

In una situazione in cui l’analfabetismo è ancora una realtà che riguarda oltre il 60% della popolazione, e dove la circolazione culturale è prevalen- temente orale, a far ascoltare le canzoni provvedono, come è noto, tutte le diverse tipologie dello spettacolo dal vivo che una grande metropoli come Napoli – l’unica fino alla metà dell’Ottocento a potersi paragonare a Lon- dra e a Parigi – può offrire a un ceto medio urbano in crescita. Il teatro di varietà è legato al mondo della produzione delle canzoni in diversi modi: accordi fra editori, musicisti, autori di testi, ed impresari, proprietari e divi del café-chantant, oppure da commissioni ed esclusive fra questi ultimi ed i nomi più quotati dell’universo produttivo canzonettistico.

canzoni sono gli impresari. Come Oreste Capaccioli, direttore artistico dei più reputati café chantant partenopei, agente teatrale con corrispondenti in tutte le maggiori città italiane, che cura molte delle tournée europee di can- tanti e musicisti napoletani, alla volta degli alberghi e dei locali di Londra, Parigi, Berlino, Amburgo e delle Esposizioni Internazionali.

E non è da trascurare il ruolo di una miriade di teatri, teatrini, baracche, casotti, bar e caffé che tutti indistintamente, dal più popolare al più signorile, propongono canzoni: fra un atto e l’altro o alla fine di una farsa di Scarpetta o di una operetta, negli intervalli dell’opera dei pupi e dei drammoni di Federi- co Stella, fra un piatto di spaghetti e uno spumone. Senza contare, poi, i pia- nini e i cantori girovaghi che circolano ininterrottamente per le strade della città o le prestazioni di posteggiatori e gavottisti, che allietano le serate all’a- perto, le giornate agli stabilimenti balneari, i trattenimenti privati dei napole- tani. Anche i canali di circolazione culturale apparentemente più tradizionali, come cantori girovaghi, posteggiatori, pianini, teatri popolari, venditori am- bulanti di copielle, seppur poco controllabili da parte dell’industria editoriale ne dipendono, almeno per quanto riguarda la quantità, la qualità, i tempi di uscita, lancio, distribuzione e pubblicizzazione delle canzoni.

Dove però l’editoria musicale e l’industria culturale napoletane mostra- no tutta la loro spregiudicatezza è nella reinvenzione di una festa tradizio- nale: Piedigrotta.

Piedigrotta è come la città in cui è nata: una stratificazione di epoche, culture, storie. Da festa pagana, legata alla ricchezza simbolica della grotta dove ha luogo, a festa cristiana (che di quella pagana mantiene le simbolo- gie e i temi inerenti alla fertilità), a festa nazionale borbonica, occasione di sfoggio della potenza dell’esercito e del lusso della corte. Nell’ultimo ven- tennio dell’Ottocento, aggiorna velocemente questa storia di sovrapposi- zioni e sincretismi, trasformandosi nel più rapido ed efficace momento di diffusione di decine e decine, centinaia e centinaia, di canzonette, composte per i concorsi indetti dalle molte case editrici napoletane, dalle loro riviste, dalla stampa quotidiana e periodica, dai grandi magazzini, dai grandi alber- ghi, dai teatri e dagli stabilimenti balneari.

I concorsi mettono in competizione canzoni ed autori. I testi letterari e musicali che risultano vincitori – i primi tre classificati, e una serie più o meno lunga di altri ritenuti meritevoli – sono eseguiti in pubblico qualche giorno prima della festa, durante le audizioni: lunghe passerelle di divi del teatro e del café chantant. In queste sedi il pubblico, per acclamazione – e qui entra in ballo la potenza della claque (e quella economica degli editori che la organizzano) – ratifica o meno le scelte della giuria.

Ma il lavoro di preparazione della settembrina Piedigrotta comincia già nella primavera precedente, cosicché nel mese di agosto sono in vendita gli

Album di decine di case editrici diverse, le quali, inoltre, provvedono a far distribuire le copielle con i testi delle canzoni, affittano legioni di pianini, assoldano cantanti e musicisti per dare concerti nei luoghi pubblici, nelle redazioni dei giornali, nei teatri e nei caffé. Poiché è noto che una canzone, tanto più è ascoltata con attenzione casuale nel ritmo del quotidiano, tanto più piace, proprio per la sua celebrata capacità di innervarsi, attraverso la ripetizione, nel vissuto degli ascoltatori.

Nello stesso tempo, quotidiani e settimanali stampano canzoni nuove, pubblicano i profili agiografici degli autori (comprensivi di successi passa- ti, presenti e futuri, illustrati da effigi al tratto e poi da fotografie), storie della canzone napoletana dalle origini ai giorni nostri, panegirici ispirati al

genio e alla naturale musicalità partenopee. Mentre il bando dei concorsi, il

loro svolgimento, le scelte della giuria, la conclusiva presentazione al pub- blico delle canzoni finaliste e vincenti, sono immancabilmente accompa- gnati da polemiche furibonde fra autori, giudici, editori, partecipanti ed e- secutori, che si lanciano vicendevolmente strali infuocati dalle colonne del- la stampa cittadina.

Il tutto culmina, nella notte fra il 7 e l’8 settembre – quando treni specia- li riversano in città frotte di gitanti curiosi, quando ancora i turisti affollano le terrazze di caffé e alberghi e la città è riscaldata dall’atmosfera estiva – in concerti pubblici in Villa o in Piazza Plebiscito, mentre orchestre itine- ranti, capeggiate e dirette dagli autori delle canzoni, percorrono ininterrot- tamente le più importanti strade cittadine, fermandosi nelle redazioni e nei caffé, e vengono distribuiti a tappeto i quotidiani che sostengono questa o quella canzone, questo o quell’autore, fra lo scorazzare di pianini che suo- nano incessantemente i motivi dell’anno. Il Risanamento, permettendo l’in- tervento sul centro cittadino, offre occasioni per creare un circuito di nuovi spazi di incontro e di commercio. Così il cuore della nuova Piedigrotta si colloca ben lontano dai luoghi rituali: tra la Galleria Umberto – che con la sua concentrazione di bar e di negozi di lusso, con il suo Salone Margheri-

ta, si pone a centro e a modello di un nuovo modo di concepire ed usare la

città – e le nuove arterie create dallo “sventramento”, dove aprono i batten- ti, in una incredibile densità, teatri, caffé, luoghi di ritrovo, caffé concerto in grado di fornire svaghi e distrazioni dei più diversi generi.

Piedigrotta non è solo il momento in cui tutto il complesso sistema pro- duttivo della canzone entra massicciamente in azione ma, anche, l’occa- sione in cui acquistano evidenza le sinergie fra diversi settori economici cit- tadini. Ad esempio, offre opportunità pubblicitarie per le industrie e i com- merci. Nascono così le canzoni-réclame, il finanziamento pubblicitario di

copielle, spartiti, album, cartoline musicali e manifestazioni canore, l’orga-

un momento di potenziamento dell’offerta turistica della città, delle sue strutture ricettive e di servizi, di spettacolo e divertimento. È, insomma, non soltanto, come da quell’epoca comincia a venir chiamata, la festa delle can-

zoni. È la festa di un nuovo modo di produrre e di consumare, di usare il

territorio, i linguaggi e le risorse sociali ed economiche della città.

Nelle Piedigrotta tardo ottocentesche è possibile ravvisare le tracce non solo della tanto proclamata vocazione turistica napoletana, ma anche della propensione e della volontà della imprenditoria cittadina di difendere e in- crementare, aggiornandola, questa risorsa economica tradizionale. E gli sforzi per trasformare il tradizionale turismo intellettuale e di lusso in un moderno turismo di massa sembrano andare nella giusta direzione. Almeno a giudicare dalle testimonianze fornite dai giornali cittadini: Il Mattino nel 1909 (6 sett.) riporta la notizia della presenza di oltre 500.000 persone giunte in città. Una città, evidentemente, preparata ad accoglierle ed attrez- zata a riceverle.

La costruzione della particolare identità napoletana legata alle canzoni, e l’elemento di differenziazione dell’immagine connesso a questa descri- zione, si costituiscono nell’uso dello spazio pubblico. L’editoria musicale, i comitati che riuniscono i maggiori soggetti economici pubblici e privati, le istituzioni e gli enti locali, i pubblici poteri, le amministrazioni, le imprese e gli organismi della società civile, intervengono nei processi di rappresen- tazione e produzione del discorso pubblico con politiche e modalità che gli studiosi francesi raccolti intorno alla teoria delle industrie culturali defini- ranno (negli anni Novanta del XX secolo) relazioni pubbliche generalizzate che «aspirano, in tutti gli ambiti della vita sociale, a fabbricare adesione e tendono a indirizzarsi soprattutto agli individui/consumatori/cittadini» (Miège, 1995). Tornando alle canzoni, alle modalità di promozione e di lancio adottate dagli editori, alle sinergie con l’industria dell’informazione, a quelle stabilite con i comparti del turismo e del commercio, e alla funzio- ne di promozione, indirizzo e finanziamento delle iniziative piedigrottesche assunta da istituzioni, enti locali, associazioni di categoria, banche, non possiamo non osservare la funzione consensuale svolta dalla canzone e dal- la sua pubblicistica. Un consenso che – in questo particolare momento sto- rico (poi, nel XX secolo, altri usi del medesimo armamentario verranno) – riguarda complessivamente nuovi stili di vita e di consumo, nuovi riferi- menti economici e culturali, nuove modalità di sfruttamento e d’uso del ter- ritorio e delle sue risorse naturali e culturali.

Dall’esempio della Piedigrotta delle canzoni hanno origine le Feste E-

stive, nate dalla collaborazione di privati cittadini (commercianti, industria-

li, istituti di credito) e delle autorità comunali. Durano tutta l’estate per culminare a settembre proprio in Piedigrotta ed offrono – fra spettacoli, ga-

re sportive, concorsi, esposizioni, concerti, inaugurazioni, tornei, svaghi di ogni genere – occasioni di ritrovo, di divertimento, di mondanità, di con- sumo e di iniziative a livello commerciale e politico.

L’organizzazione e la pubblicizzazione di tali manifestazioni, racco- gliendo, d’altronde, l’esempio della Piedigrotta, bada a sottolineare ed esal- tare la fusione fra i costumi, le tradizioni popolari, il fascino e la magia del- le atmosfere cittadine. E le coniugano con la concretezza delle opportunità offerte dal territorio, dalla salubrità del clima e delle acque minerali e mari- ne, e con le novità – le opere del Risanamento, dell’Acquedotto, della indu- strializzazione, del fervore dei commerci – che pongono la città in prossi- mità degli standard europei. Nell’ambito delle Feste Estive, gli stabilimenti balneari e quelli termo-minerali, i café-chantant e i ritrovi più eleganti or- ganizzano speciali programmi di intrattenimento. Si programmano calenda- ri di gite nel golfo, si svolgono quotidianamente concerti gratuiti in Villa Nazionale, in Piazza Plebiscito e in Galleria Umberto I; i comuni vesuviani predispongono «trattenimenti e svaghi estivi», mentre la Società Nazionale delle Strade Ferrate del Mediterraneo e la Navigazione Generale d’Italia concedono particolari agevolazioni riguardanti il prezzo e la durata dei bi- glietti dei viaggiatori diretti a Napoli. Nel 1895 i componenti del comitato promotore delle Feste Estive napoletane, presieduto da Enrico Arlotta, de- cidono di definire il carattere delle manifestazioni – che si aprono il 21 lu- glio con una grande festa pirotecnica in Piazza Plebiscito e proseguono, fra corse al Campo di Marte, regate, caroselli velocipedistici, illuminazioni spettacolari, fiaccolate, concerti, fontane luminose, ascensioni aerostatiche, esposizioni di prodotti industriali e spettacoli, fino alla grande festa di Pie- digrotta – in funzione di quelle che essi ritengono essere le caratteristiche presenti, ma soprattutto le potenzialità future della città: da un lato metro- poli di industrie e di commerci, dall’altro stazione climatica, meta di turi- smo internazionale.

La città attende un turismo europeo: i negozi più importanti hanno carte

de visite plurilingue, si stampano giornali e bollettini per turisti, come «Le

Golfe de Naples» (1882 circa) o il «Journal de Naples» (1904 circa); Bideri stampa per i F.lli Mele diverse serie di “cartoline musicali” che accostano pubblicità della ditta, illustrazioni di Francesco Scoppetta e canzoni famo- se, stilizzando un Ricordo di Napoli per viaggiatori e turisti.

Una Napoli industriale, dunque, dell’industria ultra-leggera dello spetta- colo, del tempo libero, del turismo, in cui campeggiano la ricchezza e la complessità, degli apparati dell’industria culturale: agili e leggeri, radicati in un territorio ricco di storie e culture, ma spregiudicati, innovativi e, quindi, capaci di raggiungere straordinarie articolazioni.