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Tornando alle particolarità del finish che il consumatore conferisce alla merce culturale, c’è in definitiva da notare che – anche se ciascuno può tro- vare in essa ciò che è in grado di leggere (è interessato a leggere, preferisce leggere) in «riferimento ai propri sistemi di significazione» (Eco, 1990) – il “consumo” del prodotto culturale è comunque “determinato” dalla produ- zione nella misura in cui questa stabilisce le condizioni di “appropriazione” del bene (e, di conseguenza, contribuisce in maniera determinante a stabi- lirne il contesto, e le situazioni comunicative in cui avvengono lettura, in- terpretazione ed uso).

E, durante la seconda metà del XX secolo, ci sono due modalità fonda- mentali nelle quali gli individui possono venire a contatto con i prodotti culturali e fare di essi «un prodotto effettivo». La prima è quella che equi- para le merci culturali a tutte le altre merci, vale a dire il mercato in cui il

consumatore attua un processo di scambio denaro vs merce (libri, dischi, file…). La seconda implica da parte dell’utente una cooperazione interpre- tativa all’offerta dei palinsesti, che ha come risultato finale la produzione di

sé come componente di una merce: l’audience. Si configura, così, un dop- pio lavoro della labouring audience (Smythe, 1981). Da una parte c’è il le- arning to buy goods and to spend their income accordingly: il lavoro che i

membri dell’audience svolgono per l’inserzionista al quale sono stati ven- duti imparando a comprare beni; lavoro che tutti svolgiamo in tutto il tem- po della nostra vita cosciente, osservando vecchi e nuovi modelli, particola- ri marche, e comparando qualità delle merci per strada, a casa di amici, a scuola, sul posto di lavoro.

People in audiences, we should remember, have had a rich history of education for their work as audience members. As children, teenagers, and adults they have observed old and new models of particular brands of products on the streets, in homes of friends, at the job front, etc. Much time will have been spent in discuss- ing the “good” and “bad” features of brands of commodities in hundred of contest. A constant process of direct experience with commodities goes on and blends into all aspects of people’s lives all the time. Advertisers get this huge volume of audi- ence work (creation of consumer consciousness) as a bonus even before a specific media free-lunch-advertising program appears on the tube face and initiates a new episode in audience work (Smythe, 1981:40).

Ma, fondamentalmente, c’è il lavoro che ci costituisce come componenti delle audience, vale a dire la watching activity (Jhally 1982; Livant Jhally 1986). Attività che trova il suo senso e il suo fondamento soltanto nella co-

operazione interpretativa, che si svolge in stretta embricazione con l’“atti-

vità del guardare” e ricava da essa piacere, gratificazione, utilità. In questo modo si potrebbe dire che gli individui che compongono le audience fanno

di loro stessi un prodotto coproducendo prodotti culturali i quali, in questi

determinati rapporti di produzione rappresentano un fattore produttivo. Da questa prima esplorazione delle particolarità del finish delle merci culturali possiamo provvisoriamente concludere che il valore di queste ul- time è in relazione con la capacità culturale e sociale dei consumatori di appropriarsene cognitivamente e di scambiarle socialmente. Il che vuol di- re, anche, che in una economia la crescita complessiva delle capacità di

appropriazione cognitiva delle merci culturali (vale a dire una crescita delle

abilità di cooperazione interpretativa e di consumo produttivo legata a un aumento della conoscenza tacita complessivamente acquisita dagli indivi- dui) fa crescere complessivamente il valore della produzione industriale.

In più, il valore di scambio della merce culturale non è legato soltanto alla quantità di informazione in esso incorporata dal produttore. Anzi, gran

parte del valore è determinato anche dal surplus di senso (plusvalore cultu-

rale) che i prodotti incorporano nel lavoro di appropriazione – decodifica,

interpretazione, negoziazione – che i consumatori possono/vogliono fare dell’informazione cristallizzata nei prodotti e, soprattutto, nella trasmissio- ne e circolazione sociale e quotidiana dei “significati” e dei “valori” (cultu- rali, informativi, sociali, di intrattenimento) ad essi attribuiti.

La parte più imponente del lavoro di “valorizzazione sociale” dei pro- dotti culturali avviene soprattutto nelle interazioni sociali corollarie al con- sumo. Il percorso interpretativo individuale, infatti, è sempre connesso a quello relazionale. Le modalità, le situazioni, i contesti di interazione con- corrono sempre ai processi di interpretazione dei contenuti mediali (Mor- ley, 1986; Lull, 1990). Nello stesso tempo, il consumo mediale non solo avviene all’interno di gruppi già esistenti, stabili e strutturati (come la fa- miglia), ma concorre anche alla formazione di gruppi, nei quali gli indivi- dui – sulla base della condivisione delle preferenze di consumo – entrano stabilmente e reciprocamente in relazione, danno vita a pratiche sociali e sviluppano repertori comuni di storie, discorsi, conoscenze, espressioni, oggetti (cfr. Jenkins, 1992). Ed è, anche, un requisito indispensabile alla vi- ta di relazione, perché garantisce koiné ed argomenti ad ogni possibile scambio sociale (Bausinger, 1984).

In tutti i luoghi e momenti della vita quotidiana, le “chiacchiere” sul prodotto mediale preferito (bravura degli autori e degli interpreti, significati dell’opera, pettegolezzi intorno a protagonisti della scena, del retroscena, del pubblico…) costituiscono un terreno nel quale gli individui – sulla base della condivisione delle preferenze – entrano reciprocamente in contatto. Esse, che occupano dispositivi diversi – dalla famiglia, al luogo di lavoro, dal bar, alle chat, alle riunioni mirate delle sale d’attesa, dei vagoni ferro- viari, delle code nei pubblici uffici (Goffman 1967-69) – sono struttura- te/strutturanti di e da gruppi, habitus dei partecipanti, prodotti fruiti, ecc.. In questo terreno di scambio quotidiano, si costruiscono comunità e identità poiché gli individui, riflettendo se stessi (e su se stessi, nei comportamenti, emozioni, sentimenti) nel doppio “specchio” del prodotto mediale e del- l’Altro, strutturano e negoziano rappresentazioni di sé e dell’ambiente, con- frontano e scambiano interpretazioni e significati, consolidano o ricreano stili di vita e mete esistenziali. Un processo potenzialmente molto ricco che, quindi, nella sua doppia dimensione individuale e sociale, può dare origine a processi riflessivi, all’interno dei quali negoziare strategie esistenziali e preparare azioni appropriate per raggiungere scopi e modificare situazioni.

In altre parole, la fruizione mediale può avere “usi” che non comportano soltanto “gratificazioni” inerenti alla fruizione stessa, ma estendono questo

interazioni sociali e di accumulare il “capitale cognitivo” di valori e deside- ri da proiettare nella prassi, intesa – come scrive Mosco – come la «libera e creativa attività con la quale le persone producono e cambiano il mondo e se stesse» (Mosco, 1996: 37).

Sono questi i processi, che remunerano l’attività del consumatore arric-

chendolo dal punto di vista esistenziale. È all’interno di essi che, probabil-

mente, possiamo trovare le motivazioni individuali e sociali alla radice dell’interesse, del desiderio degli individui di esporsi ai messaggi delle indu- strie culturali, di assimilarne i contenuti, di produrre il senso che li valorizza.

Ma, nello stesso tempo, e d’altro canto, le “chiacchiere”, come uno dei più forti dispositivi di produzione e scambio di senso, costituiscono anche un veicolo potente di promozione del prodotto culturale in quanto merce.

Queste osservazioni hanno un necessario corollario. Se con la coopera- zione interpretativa e la valorizzazione sociale cooperativa e intersoggetti- va, le audience lavorano a costruire il proprio valore sul mercato, altrettanto possono involontariamente o volontariamente (“deragliando” nella decodi- fica o attuando un buzz negativo) contribuire a distruggerlo. Il che stabilisce un immediato nesso fra la creazione del valore di scambio delle audience e la creazione del valore d’uso e la valorizzazione sociale dei messaggi. Il pa- trimonio individuale delle conoscenze e competenze acquisite diventa ele- mento via via più importante nel processo di valorizzazione del watching

time (e, quindi, del capitale impiegato dalle imprese di comunicazione) in

funzione del grado di complessità dell’informazione da processare, manipo- lare e “disseminare”.

Abbiamo visto che alcuni segmenti di mercato sono maggiormente pre- giati perché i loro componenti sono dotati di maggiore potere decisionale nelle scelte di acquisto e/o hanno a disposizione una quantità maggiore di danaro e/o sono orientati verso un particolare tipo di beni, così come indi- cano Livant e Jhally (1986):

However, the watching-time of all types of audiences is not the same; some market segments are more valuable because that is who advertisers wish to reach. For instance, advertisers will pay more to buy time during sporting events because the audience for sports includes a large proportion of adult men whom advertisers of high-price consumer articles (such as automobiles) are anxious to reach (Livant, Jhally, 1986: 133).

Le osservazioni sulle particolarità delle merci culturali suggeriscono, però, che alcuni segmenti di mercato possano essere considerati maggior- mente pregiati anche perché costituiti da individui capaci guardare e inter- pretare “intensivamente”, con più efficienza ed efficacia, con maggiore comprensione delle intenzioni dell’emittente e/o con maggiore capacità di

produzione di surplus di senso. Perché sono più abili «to drill down» e «to

discover more» (Mittell, 2009), e cooperano a creare valore diffondendo e approfondendo l’informazione o, anche, lavorando nell’intertesto fra le

merci-testo. Oppure perché dispongono di capitali sociali, e/o hanno pro-

pensioni e capacità individuali e/o occupano ruoli e posizioni che li qualifi- cano e li favoriscono come leader d’opinione.

O perché presentano tutte queste caratteristiche insieme.