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La famiglia e la maturità emotiva

La psicologia di cui mi occupo considera la maturità come sino- nimo di buona salute. Il ragazzo di dieci anni che è sano è maturo come ragazzo di dieci anni; il bimbo di tre in buona salute è maturo come bambino di tre anni; l’adolescente è ado lescente maturo e non prematuramente adulto. L’adulto sano è maturo come adulto, e con ciò si vuol dire che egli è passato attraverso tutti gli stadi di immaturità, tutti gli stati ai matu rità propri delle età anteriori. […] Per rendere giustizia a questo concetto di “maturità secondo l’età” bisognerebbe esporre da capo tutta la teoria dello sviluppo emoti- vo, ma io presumo che i miei lettori ab biano qualche nozione di psicologia dinamica e della teoria in base a cui la psicanalisi opera. Dato questo concetto di maturità, il mio tema sarà allora il ruo- lo che la famiglia svolge nei confronti dell’instaurarsi della sanità individuale. Ciò suggerisce immediatamente che venga considerata la seguente domanda: può l’individuo conse guire la maturità emo- tiva altrove che nell’ambito della famiglia?

Vi sono due modi di affrontare l’argomento dello sviluppo in- dividuale dividendo la psicologia dinamica in due parti. Per primo c’è lo sviluppo della vita istintuale, le istintuali funzioni e fantasie pregenitali che si evolvono nella piena sessualità, che viene rag- giunta, come è ben noto, prima dell’inizio del periodo di latenza. Seguendo questa linea di pensiero, si arriva all’idea di adolescen- za quale momento in cui i cambiamenti della pu bertà dominano la scena e in cui le difese contro l’ansietà or ganizzate nei primi anni riappaiono o tendono a riapparire nel l’individuo che si sta sviluppando. […] Per contrasto, voglio considerare l’altro modo di vedere le cose secondo il quale ogni individuo inizia nella quasi as- soluta dipen denza, raggiunge gradi di minore dipendenza e quindi comincia a conseguire l’autonomia.

Potrebbe dimostrarsi fruttuoso ragionare in questo secondo modo invece che nel primo. Facendolo, non abbiamo bisogno di preoccuparci molto dell’età del bimbo o dell’adolescente o dell’adulto, ma bensì delle condizioni ambientali che sono ap- propriatamente adattate ai bisogni del singolo in ogni specifi co momento. In altre parole, si tratta dello stesso tema dell’assi stenza materna, che cambia in rapporto all’età del bimbo per venire in- contro alla prima dipendenza del neonato così come al proiettarsi del bimbo verso l’indipendenza. Questo secondo modo di esa-

minare la vita può essere particolarmente adatto allo studio del sano sviluppo, e il nostro scopo in questo mo mento è di studiare la sanità.

Cure materne diventano cure dei genitori, quando ambedue i genitori si assumono insieme la cura del loro bimbo, e provvedono ai rapporti fra il neonato e gli altri fi gli. Inoltre i genitori sono lì a ricevere il “contributo” che viene alla fami glia dagli altri fi gli sani. Cure dei genitori evolvono in cure della famiglia e la parola famiglia prende ad allargarsi ulte riormente fi no a includere nonni e cugini, e coloro che diventano come familiari perché conoscenti e vicini, o a causa della loro particolare posizione, come i padrini, ad esempio.

Osservando questo fenomeno in sviluppo che inizia con le cure materne per giungere alle continue attenzioni che la famiglia ri- volge all’adolescente, non possiamo non restare impressionati nel constatare quale bisogno l’uomo ha per il suo sviluppo di continui cerchi sempre più ampi e di un luogo nel cui ambito di tanto in tan- to egli possa dare un contributo quando senta insorgere l’ansia di creatività e di generosità. Tutti questi cerchi sempre più ampi sono il grembo della madre, le sue braccia, la sua sollecitudine.

Nei miei scritti ho messo in evidenza la questione del delicatis- simo adattamento della madre ai bisogni del neonato, bisogni che cambiano di minuto in minuto. Chi se non la madre si preoccupa di indovinare e capire quali sono le esigenze del bimbo? [...] Solo la famiglia del bimbo è capace di continuare questo compito iniziato dalla madre e continuato dalla madre e dal padre insieme, il compi- to di venire incontro ai suoi bisogni che includono la dipendenza e la lotta verso l’indipendenza. Questo compito implica che vengano accolti i bisogni sempre nuovi dell’individuo in sviluppo, non solo col soddisfare i suoi istinti, ma anche col riceverne il suo contri- buto, che è un elemento vitale dell’esistenza umana. Esso inoltre implica l’accettazione della sfi da che eromperà e del ritorno alla dipendenza che si alterna alla sfi da.

È subito evidente che accennando alla sfi da e alla dipendenza mi riferisco a qualcosa che si rivela in modo tipico, e può essere chiaramente osservato, nell’adolescenza; essa costituisce infatti un fondamentale problema dell’educazione; come fare a essere lì in attesa che l’adolescente diventi infantile e dipendente […]. E nello stesso tempo ad essere in grado di far fronte al suo bisogno di pro- rompere in atteggiamento di sfi da per affermare una indipendenza

personale? È probabilmente la propria famiglia la meglio adatta ad accogliere tale pretesa, la simultanea pretesa di tolleranza da parte dei genitori per gli atteggiamenti di sfi da perfi no violenti, di dispor- re delle loro attenzioni, di ricevere denaro e cure. L’adolescente che se ne va di casa in nessun modo ha perduto, come è ben noto, il bisogno di una casa e di una famiglia.

A questo punto dovrei ricapitolare: nel corso del suo sviluppo emotivo l’individuo si muove dalla dipendenza verso l’indipenden- za e in condizioni di sanità conserva la capacità di spostarsi di qua e di là dall’una all’altra. Questo processo non si compie facilmente e rapidamente. Si complica dell’alternarsi di sfi de e di ritorni dalla sfi da alla dipendenza. Nella sfi da l’individuo erompe al di là di tut- to ciò che si trova immediatamente attorno a lui a dare sicurezza. Affi nché ciò porti frutto, sono necessarie due cose. Egli ha bisogno di trovare un cerchio più ampio pronto a succedere, e d’altro can- to, il che è quasi lo stesso, di conservare la capacità di ritornare alla situazione che è stata rotta. Nel caso pratico, il bimbo ha bisogno di allontanarsi dalle braccia e dal grembo della madre, ma non di andare nello spazio; questo distacco deve immettere in una più am- pia area di controllo; qualcosa che ripeta simbolicamente il grembo dal quale il bimbo si è allontanato. Un bimbo un poco più grande scappa via di casa, ma in fondo al giardino la sua fuga è fi nita. È ora il recinto del giardino a simbolizzare il più stretto cerchio che lo cingeva e dal quale è appena uscito; cioè la casa. Più tardi il bimbo elaborerà tutte queste cose andando a scuola e in rapporto ad altri gruppi fuori della casa. Ogni volta questi gruppi esterni rappresen- tano il distacco dalla casa, e allo stesso tempo l’immagine simbolica della casa da cui ci si è allontanati […].

Quando tutto ciò si svolge bene, il bambino è in grado di ritor- nare a casa, malgrado la sfi da che è implicita nell’atto di andarsene. Potremmo descrivere ciò dal punto di vista dell’intima economia del bambino, cioè dal punto di vista dell’organizzazione della realtà psichica personale. Ma la possibilità di scoprire una soluzione per- sonale dipende in larga misura dall’esistenza di una famiglia e dalla guida dei genitori. Capovolgendo il punto di vista, è molto diffi - cile per il bambino risolvere i confl itti di lealtà in questo muoversi dentro e fuori senza un’appropriata guida della famiglia. Si può di solito contare su una guida comprensiva, perché generalmen- te c’è una famiglia e ci sono genitori che si sentono responsabili e sono contenti di esserlo. Nella grande maggioranza dei casi ci

sono una casa e una famiglia che rimangono intatte e offrono all’individuo l’opportunità per lo sviluppo personale in que- sto importante aspetto. Un numero sorprendente di persone può guardarsi indietro ed affermare che, malgrado gli errori commessi dalla loro famiglia, questa non li ha mai realmente

abbandonati […].

Nell’ambito della stessa casa, quando ci sono altri fi gli, il bim- bo fruisce di un aiuto incommensurabile dall’avere l’opportunità di condividere dei problemi. È questa un’altra questione impor- tante, ma il punto di vista che voglio mettere in evidenza è che, quando una famiglia è intatta e i fratelli e le sorelle sono dei veri consanguinei, il singolo ha la migliore opportunità di iniziare a condurre una vita sociale. La ragione principale è che al centro di ogni cosa sta il rapporto col padre e la madre reali e per quanto questo divida i fi gli perché è causa di odio reciproco, il suo effetto principale è di legarli e di creare una situazione in cui odiare non porta pregiudizio.

[…]

Mi sia permesso di enunciare un principio generale. Mi sem- brerebbe importante comprendere che, fi ntantoché la famiglia è intatta, tutto è in ultima analisi legato al padre e alla madre reali. Nella vita e nella fantasia conscie il fi glio può essersi allontanato dal padre e dalla madre e nel far ciò può aver conse guito un gran- de sollievo. Tuttavia la strada per ritornare al pa dre e alla madre si conserva sempre nell’inconscio. Nella sua inconscia fantasia è sempre al proprio padre e alla propria madre che il fi glio rivolge fondamentalmente le sue pretese. In modo graduale egli giunge a perdere molte o quasi tutte le dirette rivendicazioni sul padre e sulla madre reali, ma ciò av viene nella fantasia conscia. Ciò che ha avuto luogo è stata una graduale dislocazione dai genitori reali ver- so l’esterno. La famiglia esiste come qualcosa che è cementato da questo fatto. Cioè che per ogni singolo membro il padre e la madre reali sono vivi nella intima realtà psichica.

In tal modo constatiamo due tendenze. La prima è la ten denza nell’individuo ad allontanarsi dalla madre, da ambedue i genitori, dalla famiglia, e ad ogni passo acquistare una mag giore libertà di idee e di funzionamento. L’altra procede nella direzione opposta e consiste nel bisogno di conservare o di es sere capaci di ricostituire il rapporto col padre e colla madre reali. È questa seconda tenden- za che fa della prima una parte dello sviluppo e non la disgrega-

zione della personalità dell’individuo. Non si tratta di riconoscere intellettualmente che l’area in continuo allargamento dei rapporti conserva simbolicamente l’idea del padre e della madre, ma si trat- ta della capacità del l’Individuo di tornare realmente ai genitori e alla madre, di tornare al centro, agli inizi, ad ogni momento op- portuno, forse nel lampo di un sogno o nella forma di una poesia o di uno scherzo. L’origine di ogni dislocazione è nei genitori e nella madre, e ciò deve essere ricordato. […]

Sono dunque due le principali caratteristiche con cui (nel linguaggio che ho scelto di usare qui) la famiglia contribuisce alla maturità emotiva dell’individuo: una consiste nella continua opportunità di usufruire di un alto grado di dipendenza, l’altra nell’opportunità offerta all’individuo di staccarsi dai genitori ver- so la famiglia, dalla famiglia verso il gruppo sociale subito esterno a questa, e da questo nucleo a un altro e forse a un altro e un altro ancora. Questi cerchi sempre più ampi, che in ultimo diven- tano raggruppamenti politici o religiosi o culturali nell’ambito della società, [...], rappresentano il prodotto fi nale di qualcosa che prende inizio con le cure materne, e con quelle dei genitori, e quindi continua come famiglia. È la famiglia che sembra essere a bella posta concepita allo scopo di reggere l’inconscia dipendenza dal padre e dalla madre, il padre e la madre veri, esigenza che co- pre il bisogno del bimbo in sviluppo di erompere spavalda mente fuori.

Questo modo di vedere le cose fa uso del concetto di maturità adulta come equivalente di salute psichiatrica. È lecito dire che l’adulto maturo è capace d’identifi carsi con i raggruppamenti e le istituzioni dell’ambiente senza perdere, nel far ciò, il senso di continuare ad esistere come individuo e senza un eccessivo sacrifi - cio dei suoi impulsi spontanei, che sono la radice della creatività. Se esaminiamo l’area coperta dal termine “raggruppamenti d’am- biente”, troveremo che essa corrisponde al più ampio signifi cato del termine, cioè alla più estesa area sociale in cui l’individuo si sente identifi cato. Un’importante caratteristica è la capacità dell’individuo a riscoprire, dopo ogni azione iconoclastica, nelle forme da lui infrante, le originarie cure materne e le provvidenze dei genitori e la stabilità della famiglia, cioè tutto ciò da cui l’indi- viduo era dipendente nei primi stadi dell’esistenza. È la funzione propria della famiglia di fornire un campo di esercitazione a que- sta essenziale caratteristica della crescita personale.

Ecco due detti che s’accordano in modo sorprendente: 1. Le cose sono quelle che erano (dall’inglese)

2. Più una cosa cambia e più è la stessa cosa (dal francese) L’adulto maturo apporta vitalità a ciò che è antico, […], ricre- andolo dopo averlo distrutto. […].