• Non ci sono risultati.

Melanie Klein, Invidia e gratitudine

Il volume Envy and Gratitude. A Study of Unconscious Sources, di cui si presentano alcuni tratti salienti della traduzione italiana, fu pubblicato nel 1957, al termine del percorso professionale di Melanie Klein. Rappresenta una felice sintesi del pensiero della psi- coanalista che, dopo Freud, ha interpretato e tracciato la strada alla psicoanalisi britannica. Melanie Klein, (1882-1960), fu dapprima allieva di Sándor Ferenczi e, successivamente a Budapest seguace di Karl Abraham. In seguito alla morte repentina di quest’ultimo e a causa delle proprie vicende personali, accettò l’invito a Londra, nella primavera del 1925, di Ernst Jones che aveva sentito parlare, durante un suo viaggio in Germania, delle peculiari tesi di Mela- nie Klein riguardo alla psicoanalisi dei bambini. L’accoglienza lon- dinese fu trionfale e qui si stabilì defi nitivamente la psicoanalista che sarebbe diventata la fi gura di maggiore spicco nella storia della psicoanalisi, non solo britannica, dopo il suo fondatore Sigmund Freud. Il pensiero e la ricerca di Melanie Klein, in opposti sensi, danno avvio al fi lone della psicoanalisi britannica che va sotto il nome di psicoanalisi delle relazioni d’oggetto. Il testo, qui in parte riportato, “è rivolto alle primissime origini di due sentimenti assai comuni – l’invidia e la gratitudine” (Ivi, p. 9). Melanie Klein af- ferma di essere giunta alla conclusione che “l’invidia sia uno dei fattori che maggiormente mina l’amore e la gratitudine alle loro radici, poiché essa colpisce il rapporto più precoce, quello con la madre” (Ibidem).

X — W

Capitolo I

In questo libro mi propongo di esporre qualche nuova idea sulla vita emotiva precoce del bambino e di presentare alcune mie conclusioni relative all’età adulta ed alla salute psichica.

È implicito nelle scoperte di Freud che l’esplorazione del passa- to del paziente, della sua infanzia e del suo inconscio è una condi- zione preliminare per la comprensione della sua personalità adulta.

[...] Dobbiamo ricordare che secondo Freud la parte conscia della psiche si sviluppa dall’inconscio; perciò, nel riportare alla prima infanzia il materiale che ho tratto in primo luogo dall’analisi di bambini piccoli e poi da quella degli adulti, ho seguito una tecnica ormai usuale in psicoanalisi. L’osservazione di bambini in tenera età confermò ben presto le scoperte di Freud: penso che alcune delle conclusioni a cui sono giunta osservando bambini ancor più piccoli nei loro primi anni di vita, possano fi no a un certo punto essere confermate dall’osservazione. [...]

L’esperienza mi ha insegnato che possiamo capire la personalità adulta in tutta la sua complessità solo se riusciamo ad esplorare la psiche del bambino e a seguirne lo sviluppo nella vita successiva. L’analisi, cioè, percorre una strada che va dall’età adulta all’infan- zia e, attraversando stadi intermedi, ripercorre la strada inversa, in un movimento ricorrente di va-e-vieni che segue l’andamento della situazione di transfert.

In tutti i miei lavori ho sottolineato l’importanza fondamenta- le della prima relazione oggettuale del bambino – il rapporto con il seno materno e con la madre – e sono giunta alla conclusione che se questo oggetto primario, il quale viene introiettato, mette nell’Io radici abbastanza salde, viene posta una base solida per uno sviluppo soddisfacente. Fattori innati contribuiscono a questo lega- me. Sotto il predominio degli impulsi orali, il seno viene percepito istintivamente come la sorgente del nutrimento e perciò, in senso più profondo, della vita stessa. [...]

Mentre lo stato prenatale implica senza dubbio un sentimento di unità e sicurezza, il mantenimento di questo stato dopo la na- scita dipende dalle condizioni psicologiche e fi siche della madre e forse anche da fattori fi nora non esplorati presenti nel bambi- no prima della nascita. Potremmo perciò considerare la nostalgia universale dello stato prenatale, in parte anche come espressione di un bisogno di idealizzazione. Se noi studiamo questa nostalgia alla luce dell’idealizzazione, troviamo che una delle sue sorgenti è l’intensa angoscia persecutoria messa in moto dalla nascita. Si può formulare l’ipotesi che questa prima forma di angoscia possa far vi- vere al bambino non ancora nato esperienze spiacevoli che, insieme con i sentimenti di sicurezza dati dal grembo materno, anticipano il doppio rapporto con la madre: il seno buono e il seno cattivo.

Le circostanze della realtà esterna giocano un ruolo essenziale nel rapporto iniziale con il seno [...].

È inevitabile che delusioni ed esperienze piacevoli si presentino insieme e rafforzino il confl itto innato tra amore e odio, e cioè tra gli istinti di vita e di morte; ciò porta il bambino a sentire che esiste un seno buono ed un seno cattivo. Di conseguenza le prime esperienze emotive sono caratterizzate dalla sensazione di perdere e di riconquistare l’oggetto buono. Quando parlo di un confl itto innato tra amore e odio, voglio dire che la capacità di avere impulsi distruttivi ed amorosi è, fi no ad un certo punto, un tratto costitu- zionale, anche se variabile di intensità nei singoli individui e fi n dalla nascita soggetto all’infl uenza delle condizioni esterne.

Più volte ho formulato l’ipotesi che l’oggetto primario buono, il seno materno, formi il nucleo dell’Io e contribuisca in modo vi- tale al suo sviluppo; più volte ho anche detto che il bambino perce- pisce di internalizzare in modo concreto il seno e il latte [...]. Nella sua mente vi è inoltre un rapporto non ancora ben defi nito tra il seno e le altre parti o aspetti della madre. [...]

Questo libro tratta un aspetto particolare dei rapporti ogget- tuali precoci e dei processi di internalizzazione che hanno le loro radici nella oralità. Mi riferisco qui agli effetti dell’invidia sullo sviluppo della capacità di provare gratitudine e di essere felici. L’in- vidia accresce le diffi coltà che il bambino incontra nel costruire il suo oggetto buono, poiché la gratifi cazione di cui è stato privato viene vissuta come qualcosa che il seno frustrante ha tenuto per sé.

Va fatta una distinzione tra invidia, gelosia e avidità. L’invidia è un sentimento di rabbia perché un’altra persona possiede qualcosa che desideriamo e ne gode – l’impulso invidioso mira a portarla via o a danneggiarla. Inoltre l’invidia implica un rapporto con una sola persona ed è riconducibile al primo rapporto esclusivo con la madre. La gelosia deriva dall’invidia e coinvolge per lo meno altre due persone [...]. L’avidità è un desiderio imperioso ed insaziabile che va al di là dei bisogni del soggetto e di ciò che l’oggetto vuole e può dare. [...]

Capitolo II

L’esperienza mi ha insegnato che il primo oggetto di invidia è il seno che nutre, in quanto il bambino sente che il seno possiede tutto quello che egli desidera, ha una quantità illimitata di latte e di amore ma che lo tiene per suo godimento. Questa sensazione

aumenta il risentimento e l’odio del bambino, e di conseguenza disturba la sua relazione con la madre. Secondo me l’invidia ecces- siva indica che gli aspetti paranoidi e schizoidi sono forti in modo abnorme e in un bambino è segno di probabile gelosia. [...]

Se pensiamo che la privazione accresce l’avidità e l’angoscia di persecuzione e che, nella mente del bambino, c’è la fantasia di un seno inesauribile, oggetto dei suoi più intensi desideri, si può capire come l’invidia insorge anche quando il bambino non riceve abbastanza nutrimento.

Il bambino ha la sensazione che il seno, quando gli infl igge una privazione, diventi cattivo, perché tiene per sé il latte, l’amore e tutte le cure che sono associate al seno buono. Il bambino odia ed invidia il seno che sente come avaro e meschino.

Forse è più facile comprendere come anche il seno gratifi cante possa essere oggetto di invidia. La stessa facilità con la quale il latte fl uisce – anche se il bambino se ne sente gratifi cato – è fonte di invidia in quanto al bambino questo dono sembra qualcosa di irraggiungibile.

L’invidia primaria viene rivissuta nella situazione di transfert. [...] Il bisogno sentito dal paziente di svalutare il lavoro psicoanali- tico quando si è dimostrato profi cuo è una manifestazione di invi- dia. [...] L’invidia e gli atteggiamenti che essa provoca contrastano con il graduale strutturarsi di un oggetto buono nella situazione di transfert. Il paziente che, nel primissimo stadio della sua esistenza, non è stato capace di accettare e assimilare il cibo buono e l’oggetto buono primario, ripeterà questo suo atteggiamento nella situazione di transfert ed il corso dell’analisi verrà così compromesso.

[...]

II

Ho spesso accennato al desiderio del neonato di avere un seno inesauribile e onnipresente. [...]. Bisogna prendere in considera- zione anche un altro fattore; un atteggiamento troppo ansioso da parte della madre che offre subito il cibo al bambino non appena questi piange non gli giova in alcun modo. Egli percepisce l’ango- scia della madre e questa accresce la sua. [...].

La frustrazione, se non è eccessiva, è anch’essa uno stimolo per l’adattamento al mondo esterno e per lo sviluppo del senso della

realtà. Una certa dose di frustrazione, seguita dalla gratifi cazione, può infatti dare al neonato l’impressione di essere stato capace di superare la sua angoscia. Ho notato che i desideri insoddisfatti del neonato – desideri che possono essere soddisfatti solo fi no ad un certo punto – contribuiscono in larga misura a sviluppare l’attività sublimativa e creativa. L’assenza di confl itto del neonato, dato che si possa ipoteticamente immaginare uno stato simile, lo priverebbe di un fattore importante per l’arricchimento della sua personalità e per il rafforzamento del suo Io. I confl itti ed il desiderio di supe- rarli sono un elemento importante per la creatività.

[...] L’invidia è così tenace perché danneggia la capacità di go- dere. Infatti il godimento e la gratitudine che da esso derivano, mitigano gli impulsi distruttivi, l’invidia e l’avidità. In altre parole: poiché l’invidia e le angosce persecutorie sono strettamente colle- gate tra di loro, inevitabilmente l’una aumenta l’altra. La percezio- ne del male causato dall’invidia, la grave angoscia che ne deriva e il conseguente senso di incertezza sulla bontà dell’oggetto provocano un aumento dell’avidità e degli impulsi distruttivi. Ogni qualvolta l’oggetto venga sentito malgrado tutto come ancora buono esso viene ancora più avidamente desiderato ed introiettato; lo stesso vale per il cibo. [...]

In contrapposizione al bambino che, per colpa della sua invi- dia, non è stato capace di costruire in modo valido l’oggetto inter- no buono, il bambino che possiede una grande capacità di amore e di gratitudine stabilisce un rapporto ben radicato con l’oggetto buono ed è in grado di superare senza grave danno quegli stati di invidia, di odio e di dolore temporanei, da cui non sono esenti neppure i bambini amari e ben curati dalla madre. Quando questi stati negativi sono transitori l’oggetto buono viene riguadagnato ogni volta. Questo è un fattore essenziale per la stabilità del rap- porto con l’oggetto e per la creazione di solide basi per l’Io. Con il passare degli anni il rapporto con il seno materno diventa il punto di riferimento per lo sviluppo dei sentimenti di devozione verso le persone, e verso i valori ideali, su cui si sposta parte dell’amore che era stato in origine sperimentato per l’oggetto primario.

III

Il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti della capacità di amare. La gratitudine è un fattore essenziale per stabilire il rapporto con l’oggetto buono e per poter apprezzare la bontà degli altri e la propria. La gratitudine ha le sue radici nelle emozioni e negli atteggiamenti dei primissimi stadi dell’infanzia quando la madre è il primo ed unico oggetto del neonato. Ho già detto che questo legame precoce è basilare per lo sviluppo di ogni successivo rapporto d’amore. Anche se il rapporto esclusivo con la madre varia per intensità e durata da individuo a individuo, sono convinta che esso esiste in una certa misura nella maggior parte delle persone. [...]

Il bambino può provare un godimento completo solo se la sua capacità di amare è suffi cientemente sviluppata; ed è questo godi- mento che costituisce la base della gratitudine. Freud ha descritto lo stato di beatitudine del bambino mentre viene allattato come il prototipo della gratifi cazione sessuale. Secondo me queste espe- rienze non solo formano la base della gratifi cazione sessuale, ma di tutte le gioie future della vita e rendono realizzabile il sentimento di unità con un’altra persona. Tale unità presuppone una compren- sione completa, essenziale per stabilire un rapporto ben riuscito di amicizia o di amore. Nel migliore dei casi tale comprensione non ha bisogno di esprimersi a parole, e questa è la prova della sua ori- gine dal rapporto intimo con la madre nel periodo preverbale. La capacità di godere pienamente il rapporto primitivo con il seno è essenziale per la successiva capacità di provare piaceri di qualsiasi genere.

Se la gioia serena dell’allattamento è stata provata spesso, l’in- troiezione del seno buono sarà realizzata in modo relativamente sicuro. Una gratifi cazione completa al seno signifi ca che il bambino avverte di aver ricevuto dall’oggetto amato un dono insostituibile, che egli vuole conservare. Questa è la base della gratitudine, la quale è strettamente collegata con la fi ducia nelle fi gure percepite come buone. [...]

Quanto più spesso viene sperimentata e viene accettata piena- mente la gratifi cazione al seno, tanto più spesso vengono provati il godimento, la gratitudine e quindi anche il desiderio di ricambiare il piacere che se ne è ottenuto. Questa esperienza ricorrente rende possibile la formazione della gratitudine ad un livello profondo ed

ha un ruolo molto importante nel creare le capacità riparative e sublimative. [...]

La gratitudine è strettamente collegata con la generosità. La ricchezza interiore deriva dal fatto che si è assimilato l’oggetto buo- no e si può ora dividerne i doni con gli altri. Questo rende possibile l’introiezione di un mondo esterno più amichevole, ne deriva una sensazione di arricchimento, e se spesso la generosità non viene ap- prezzata abbastanza, la capacità di dare non diminuisce per questo. Coloro i quali non hanno invece ben radicati questi sentimenti di ricchezza e di forza interiori alternano a periodi di generosità un bisogno esagerato di stima e di gratitudine, il quale provoca in loro delle angosce persecutorie derivanti dalla sensazione di essere stati derubati ed impoveriti. [...]