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Riflessività genitoriale e sviluppo della mentalizzazione

Il nostro punto di vista si basa sull’assunto che l’acquisizione della teoria della mente è parte di un processo intersoggettivo tra bambino e caregiver […]. Secondo questa prospettiva, il caregiver facilità la creazione di mentalizzazione attraverso complessi pro- cessi linguistici e semi-linguistici; in particolare, si comporta con il bambino in modo da mostrargli che il suo comportamento può essere meglio compreso se parte da presupposto che sono le sue idee e i suoi sentimenti a determinare le sue azioni, e le reazio- ni degli altri, che possono essere generalizzate alle altre persone. […]. Il caregiver sensibile sa creare un collegamento tra la realtà fi sica e un’attenzione rivolta al mondo interno, in modo adeguato perché il bambino sappia riconoscere le situazioni tra esperienza interna ed esterna. Infi ne il bambino può arrivare alla conclusione che la reazione del caregiver verso di lui è razionale, supponendo la presenza di uno stato interiore di credenze e di desideri. In modo inconscio e progressivamente sempre più effi cace, il caregiver attri- buisce, con il suo comportamento, uno stato mentale al bambino e lo tratta come un agente mentale; il bambino percepisce questo fatto e lo usa nell’elaborazione dei modelli teleologici e, successi- vamente, nello sviluppo di un senso nucleare di un Sé mentale. Si tratta, nell’insieme, di un processo che avviene di routine durante la prima infanzia, che non è oggetto di rifl essione e che raramente viene modifi cato. I caregiver, comunque, manifestano in modi di- versi questa naturale funzione umana. Alcuni sono particolarmente attenti ai primissimi segnali di intenzionalità; altri possono aver bisogno di segnali più forti prima di percepire lo stato mentale

del bambino, con il risultato di una deformazione del senso che il bambino ha di se stesso.

Lo sviluppo del bambino e la percezione degli stati mentali in se stesso e negli altri dipende, quindi, dalle sue osservazioni del mondo mentale del caregiver. Egli è in grado di percepire gli stati mentali, nella misura in cui il comportamento del caregiver si rife- risce a quegli stati mentali, nella misura in cui il comportamento del caregiver si riferisce a quegli stati. È questo quello che fa il bambino quando il caregiver condivide con lui una situazione di gioco secondo la modalità del “far fi nta di” (da cui l’associazione tra modalità del “far fi nta di” e mentalizzazione precoce) e in molte interazioni quotidiane (come nel caso di cure fi siche, atteggiamenti di conforto, conversazioni con il gruppo dei pari) che implicano la condivisione della mentalizzazione. Questo è ciò che rende gli stati mentali, come il pensiero, intrinsecamente intersoggettivi; la condivisione di una esperienza fa parte della logica profonda dei concetti legati allo stato mentale.

La capacità di un genitore di osservare i cambiamenti, momen- to per momento, dello stato mentale del bambino, è alla base di quell’atteggiamento sensibile di cura che i teorici dell’attaccamen- to considerano la pietra angolare dell’attaccamento sicuro […]. L’attaccamento sicuro, a sua volta, fornisce la base psicologica per l’acquisizione della comprensione della mente. Il bambino sicuro si sente tranquillo nell’attribuire stati mentali che spiegano il com- portamento del caregiver. Al contrario, il bambino evitante fi no a un certo punto evita lo stato mentale dell’altro, mentre il bambino resistente si focalizza sul suo personale stato d’angoscia, escluden- do gli scambi ravvicinati intersoggettivi.

I bambini disorganizzati rappresentano una categoria partico- lare; ipervigili rispetto al comportamento del caregiver, essi usano tutti gli indizi disponibili a scopo predittivo e possono sensibiliz- zarsi in modo acuto verso gli atti intenzionali; così facendo, pos- sono essere anche più pronti a costruirsi una spiegazione mentaliz- zata del comportamento del caregiver. Riteniamo […] che in questi bambini il processo di mentalizzazione possa avere una sua eviden- za, ma non ha il ruolo centrale ed effettivo nell’organizzazione del Sé che contraddistingue i bambini con attaccamento sicuro.

La cosa più importante per lo sviluppo di una organizzazione di Sé mentalizzata è che l’esplorazione dello stato mentale del care-

giver sensibile permetta al bambino di trovare nella mente di chi gli

sentimenti e intenzioni, in altre parole, come capace di mentaliz- zare. C’è una prova consistente a favore del punto di vista per cui l’attaccamento sicuro aumenta lo sviluppo della sicurezza interiore, del senso del proprio valore e dell’autonomia […].

I bambini disorganizzati, anche se acquisiscono la capacità di mentalizzazione, falliscono nell’integrarla con la loro organizza- zione del Sé. Questo fatto potrebbe essere spiegato in vari modi tra loro correlati: a) il caregiver del bambino disorganizzato è probabi- le che sia poco affi dabile nel rispondere spontaneamente allo stato del Sé del bambino e inoltre presenta modalità sempre diverse nel modo di percepire e rifl ettere lo stato mentale del bambino; b) lo stato mentale del caregiver suscita un’ansia intensa, attraverso com- portamenti che spaventano e sono indicativi di un atteggiamento ostile verso il bambino, sia attraverso comportamenti che indicano l’aver paura, anche paura del bambino stesso; c) il bambino deve mobilitare risorse sproporzionate per comprendere il comporta- mento del genitore a discapito di una rifl essione sugli stati del Sé.

L’effetto combinato di questi fattori, probabilmente, fa sì che i bambini disorganizzati siano in certe circostanze lettori acuti della mente del caregiver, ma (è la nostra ipotesi) lettori assai modesti dei propri stati mentali. In termini di modelli concorrenti della teoria nello sviluppo della mente, questi bambini possono acquisire una teoria-teoria della mente, ma non possono ricorrere a una si- mulazione della mentalizzazione con la stessa confi denza dei bam- bini con attaccamento organizzato, anche se insicuro. Questi due modelli potrebbero essere considerati percorsi alternativi verso la mentalizzazione, il primo (teoria-teoria) accessibile a tutti, il secon- do (simulazione) più accessibile a quei bambini le cui prime relazio- ni di attaccamento hanno fatto di tale strategia una strategia sicura.