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fattispecie permanente, se osservata dal punto di vista postconsu mativo

Dall’altro lato, poi, come abbiamo visto, con la locuzione “reato abitua- le” si indica un fenomeno del tutto diverso, rappresentato dal possibile perdurare nel tempo della fattispecie dopo il momento consumativo.

Tale fenomeno, riconosciuto esplicitamente da una parte della dottri- na 195 – e, per forza di cose, implicitamente ammesso anche da tutti coloro

che parlano di reato eventualmente abituale 196 – ha natura empirico-

fattuale, nel senso che la sua sussistenza non può essere dimostrata in via esegetica, ma dipende esclusivamente dal dato storico per cui, dopo la consumazione del reato, un certo insieme di accadimenti risulta ancora sussumibile nella stessa norma incriminatrice.

In particolare, tale “insieme di accadimenti” non può che corrisponde- re – si perdoni l’insistenza sul punto – ad una successione di fatti storici, ciascuno dei quali, singolarmente considerato, dev’essere tipico, antigiuri- dico e colpevole; deve, cioè, costituire una nuova violazione della medesima norma incriminatrice, perché, se così non fosse, il fatto sarebbe penalmen- te atipico e, perciò, non potrebbe assumere rilevanza alcuna 197.

Ma allora, se quanto abbiamo affermato è vero, è giocoforza riconosce- re la fondatezza della profonda intuizione di Ronco che, sia pur isolato in

194 Cfr. per i necessari riferimenti bibliografici e giurisprudenziali, M.MIEDICO, op. loc. cit. 195 Oltre che da Petrone e Cocco (v. supra, §§ 4 ss.), la possibile protrazione delle condot-

te dopo il momento consumativo è riconosciuta espressamente come caratteristica dei reati abituali anche daR.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 173; R.A.FROSALI, Concorso, cit., 620; S. PROSDOCIMI, Profili, cit., 155 e 184 nota 116; ZAGREBELSKY, Reato, cit., 210.

196 V. gli Autori citati supra, § 9, nota 159.

dottrina, ha giudicato la categoria in esame, «sorta per suggestione deri- vante dallo “stile di vita” che connota certi reati, [...] superflua sul piano dogmatico e pratico, poiché i reati in essa ricompresi vanno ricondotti alla categoria del reato permanente» 198.

L’abitualità si sostanzia, del resto, dello stesso fenomeno nel quale si so- stanzia la permanenza.

Anche la fattispecie permanente consiste, infatti, in una successione di fatti storici, ciascuno dei quali compiutamente tipico, antigiuridico e col- pevole; una successione di violazioni normative in sé perfette che, come si è già osservato 199, sembrano riconducibili ad unità soltanto per il tramite

dell’applicazione di criteri sviluppati nell’ambito della teoria del concorso di reati 200.

Ma si dica di più. A ben vedere, la dottrina che ha studiato da vicino i due fenomeni in esame, notandone in ogni caso le indubbie affinità 201, è

finora riuscita ad individuare soltanto un’unica fondamentale differenza tra le due figure: la pretesa continuità del protrarsi nel tempo della fatti- specie nella permanenza, in opposizione all’asserita discontinuità della successione temporale di fatti storici che caratterizzano l’abitualità 202.

198 M.RONCO, Il reato, cit., 144. 199 V. supra, cap. II, §§ 15, 16 e 20.

200 Da questo punto di vista, ci pare significativo notare che, pur nel contesto di una per-

durante distinzione tra abitualità e permanenza, e pur prendendo le mosse da concezioni dell’abitualità diverse da quella qui perorata, rintraccino la ragione dell’unità del reato abi- tuale nell’ambito della teoria del concorso di reati: G.BETTIOL, L.PETTOELLO MANTOVANI, Diritto, cit., 699 ss.; D.BRUNELLI, Unità, cit., 895; G. DE VERO, Corso, cit., II, 107; G.FIAN- DACA,E.MUSCO, Diritto, cit., 697; R.A.FROSALI, Concorso, cit., 614 ss.; M.PELISSERO, Con- corso apparente di norme, in C.F.GROSSO,M.PELISSERO,D.PETRINI,P.PISA,Manuale di di- ritto penale. Parte generale, Milano2, 2017,558; F.MANTOVANI, Concorso, cit., 283 ss.; ID., Di-

ritto, cit., 496 ss.; G.MARINUCCI,E.DOLCINI,G.L.GATTA, Manuale, cit., 559; A.MORO, Unità, cit., 221 ss. e 246 ss.; L.MASERA, voce Concorso, cit., 1168; V.B.MUSCATIELLO, Pluralità, cit., 277 ss.; ID., Concorso, cit., 993; A.PAGLIARO, voce Concorso di reati, cit., 663 e 670; F.PA- LAZZO, Corso, cit., 535; D.PULITANÒ, Diritto, cit., 428; M.ROMANO, Pre-Art. 71, cit., 724; A. VALLINI, Concorso di norme e di reati, in G.DE FRANCESCO (a cura di), Le forme di manife- stazione del reato, in F.PALAZZO,C.E.PALIERO (diretto da), Trattato teorico-pratico di diritto penale, II, Torino, 2011, 267. Sulla questione, centrale nella nostra impostazione, relativa ai criteri che consentono la valutazione unitaria di una molteplice violazione dello stesso Tat- bestand, v. infra, cap. V, §§ 35.2 ss.

201 Sottolineano particolarmente le affinità tra le due figure: R.BARTOLI, Sulla struttura,

cit., 173-174; D.BRUNELLI, Il reato, cit., 65 ss.; G.COCCO, Reato, cit., 379-380;G.FORNASARI, voce Reato, cit., 3; A.MORO, Unità, cit., 214 ss.; V.B.MUSCATIELLO, Pluralità, cit., 280-281; M.PETRONE, Reato, cit., 24 ss. R.RAMPIONI, Contributo, cit., 69 ss.; V.ZAGREBELSKY, Reato, cit., 210-211.

202 Così: R.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 174; S.CANESTRARI,L.CORNACCHIA,G.DE SI-

MONE, op. loc. cit.; G. DE VERO, Corso, cit., 434; G.DE FRANCESCO, Diritto, cit., 2, ivi;G. FORNASARI, op. loc. cit.; V.B.MUSCATIELLO, Pluralità, cit., 281; B.PETROCELLI, Principi, cit., 268; M.PETRONE, Reato, cit., 25; R.RAMPIONI, Contributo, cit., 69; M.ROMANO, Pre-Art. 39, cit., 346; V.ZAGREBELSKY, Reato, cit., 211.

Tuttavia, già con riferimento alla permanenza, avevamo notato come erano bastati una manciata di esempi, nemmeno troppo fantasiosi, a far vacillare i dogmi; ad uno sguardo attento, infatti, la continuità ininterrotta della fattispecie non si era affatto rivelata una necessità, ma soltanto una possibilità della permanenza, che non poteva pertanto essere apodittica- mente assunta a caratteristica indefettibile della medesima 203.

Analogamente, un’altra manciata di esempi dimostra agevolmente co- me l’asserita necessaria discontinuità della fattispecie abituale non rappre- senti altro che un’illusione dogmatica, figlia di una cattiva ontologia che non tiene in nessun conto le infinite possibilità del reale.

Si pensi, ad es., ad un reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.), commesso da un padre che, per malintesi scopi educativi, obblighi i figli minorenni ad indossare costantemente un paio di orecchie d’asino; oppure a una madre che segreghi, per vergogna, il figlio disabile in un’umida cantina, fornendogli soltanto lo stretto necessario per sopravvivere. Dove potrebbe scorgersi, in un caso siffatto, l’asserita discontinuità della fattispecie nel tempo?

Si immagini il caso del proprietario di un lussuoso hotel, perfettamen- te consapevole che, a tutte le ore del giorno e della notte, in particolare in alta stagione, nel salone d’attesa dell’albergo esercitino la professione numerose prostitute d’alto bordo, che si danno addirittura il cambio per non lasciare insoddisfatto nemmeno uno dei facoltosi clienti che sono so- liti soggiornare in loco. In un caso siffatto, potrebbero realmente ravvi- sarsi interruzioni nella fattispecie, evidentemente sussumibile nel delitto di tolleranza abituale della prostituzione (art. 3 co. 1 n. 3 l. 20 febbraio 1958, n. 75)?

E ancora: se anche dovessero ravvisarsi discontinuità, interruzioni, nel- la prosecuzione nel tempo della fattispecie abituale, come potrebbero queste ultime distinguersi da quelle che caratterizzano le fattispecie per- manenti?

Si pensi ad un abusivo esercizio di una professione (art. 348 c.p.), reato ritenuto dalla dottrina maggioritaria eventualmente abituale 204, commes-

so da un giovane neolaureato in giurisprudenza, che sentendosi già in grado di esercitare la professione forense, decida di falsificare la tessera dell’Ordine del luogo e aprire uno studio legale, occupandosi ogni giorno degli affari dei propri clienti.

Come potrebbero differenziarsi le inevitabili interruzioni tra i vari atti professionali compiuti dal giovane neolaureato, ansioso di togliersi di dos- so l’odiosa etichetta di “bamboccione”, dalle altrettanto inevitabili inter-

203 V. supra, cap. II, § 16.

204 Per i necessari riferimenti bibliografici, sia consentito rinviare, per tutti, a R.PASELLA,

Art. 348, in E.DOLCINI,G.L.GATTA (diretto da), Codice penale commentato4, Milano, 2016,

ruzioni nelle attività di «esecuzione dei lavori» che costituiscono condotte tipiche del reato, pacificamente considerato permanente, di costruzione edilizia in assenza di concessione (art. 44 co. 1 lett. b d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)?

Si dirà, allora, che le interruzioni che caratterizzano le fattispecie abi- tuali si distinguono da quelle che possono ravvisarsi nelle fattispecie per- manenti perché soltanto le prime possono includere episodi commessi «anche ad apprezzabile distanza di tempo» 205.

Ci chiediamo, però, se sia davvero così, o, piuttosto, ricondotta l’abi- tualità alla permanenza e questa, a sua volta, ad un normale caso di plurima violazione della stessa norma incriminatrice nel tempo, nel quale si riconosce un’unità invece che una pluralità di reati, la vera que- stione non consista piuttosto nella determinazione dei limiti entro i quali, nonostante la presenza di interruzioni nella protrazione del tempo della fattispecie, quest’ultima possa comunque considerarsi un reato unico 206.

15. Segue: c) l’applicazione della disciplina processuale e sostanziale