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Secondo una prima tesi, sviluppata subito dopo la promulgazione del codice Rocco da Giovanni Leone, occorrerebbe innanzitutto distinguere due tipi di reato abituale: il reato abituale della prima specie 6 e il reato abi-

tuale della seconda specie 7, ciascuno dei quali richiederebbe «indagini [...]

notevolmente differenti» 8.

Nel primo gruppo rientrerebbero quei reati nei quali è necessario «che l’agente ponga in essere una serie di determinate azioni» 9, «le quali, prese

singolarmente, non rivestono carattere di reato» 10. Tali azioni dovrebbero

essere indicate «esplicitamente» dal legislatore, «in modo che rientrino nella struttura giuridica del reato» 11.

Esempio emblematico di reato abituale della prima specie sarebbe co- stituito dal «delitto di sfruttamento di prostitute», di cui all’abrogato art. 534 c.p. 12, rispetto al quale «perché possa integrarsi il delitto [...] non ba-

sta un fatto isolato; [...] occorre, invece, una certa ripetizione di tali fatti, una certa serie di consegne di danaro ricavato dalla prostituzione» 13.

I reati abituali della prima specie sarebbero, pertanto, reati a «condotta [...] complessa», in ciò simili ai «reati plurisussistenti» 14; tuttavia, da que-

sti potrebbero essere distinti poiché, mentre nei reati plurisussistenti il «processo esecutivo» sarebbe composto da meri «atti [...] irriducibili, non [...] frazionabili», costitutivi di un’unica «azione» 15, nel reato abituale la

6 G.LEONE, Del reato, cit., 23 ss. 7 G.LEONE, Del reato, cit., 160 ss. 8 G.LEONE, Del reato, cit., 22. 9 G.LEONE, Del reato, cit., 24. 10 G.LEONE, Del reato, cit., 23. 11 G.LEONE, Del reato, cit., 24.

12 La norma recitava: «Chiunque si fa mantenere, anche in parte, da una donna, sfrut-

tando i guadagni che essa ricava dalla sua prostituzione, è punito [...]».

13 G.LEONE, Del reato, cit., 23-24. 14 G.LEONE, Del reato, cit., 39. 15 G.LEONE, Del reato, cit., 41.

condotta sarebbe sì scindibile «in una pluralità di parti consecutive», ma ciascuna di queste costituirebbe «già di per sé [...] un’entità complessa», suscettibile di ulteriore «scomposizione» e pertanto «strutturalmente si- mile a quella ch’è azione nel reato plurisussistente» 16.

Così, ad es., mentre nel «processo esecutivo del furto» i vari «momenti» dell’«introduzione della chiave falsa nella toppa, apertura della porta, in- gresso del ladro nella casa», e via dicendo, non potrebbero essere ulterior- mente frazionati, dovendo pertanto essere qualificati come meri «atti» 17,

«la complessa condotta realizzante il delitto di sfruttamento di prostitute [...] si riduce in varie consegne di danaro [...], accompagnata ognuna dalla relativa richiesta, dagli eventuali atti d’intimidazione o di seduzione e dal- le altre probabili accidentalità», il che mostrerebbe che ogni singola con- segna non è atto ma vera e propria «azione» 18.

Inoltre, le “azioni” che configurano un reato abituale della prima specie si distinguerebbero dai meri “atti” costitutivi dei reati plurisussistenti an- che perché «le singole azioni [...] nel reato abituale non presentano carat- tere criminoso», non avendo «alcun punto di incidenza, sia pure indiretta, sul bene giuridico protetto dalla norma ipotizzante il reato abituale mede- simo» 19.

Ad es., dato che il legislatore «ha detto che ad integrare il reato di cui all’art. 534 c.p., non basta farsi consegnare da una prostituta del denaro [...], ma occorre farselo consegnare ripetutamente» 20, le singole azioni

sarebbero del tutto indifferenti al diritto penale, assumendo rilevanza giuridica soltanto ed esclusivamente «quando il reato abituale si sarà compiuto» 21.

Da ciò conseguirebbe ulteriormente che, prima di questo momento, le azioni, essendo «caratterizzate dalla equivocità della loro direzione», non potrebbero nemmeno essere punite a titolo di tentativo 22. Al contrario, nei

reati plurisussistenti, «i singoli atti, nei quali l’esecuzione può frazionar- si», mostrerebbero sempre «una squisita ed energica rilevanza» crimino- sa, anche senza «che l’attività dell’agente progredisca verso l’evento appe- tito» e sarebbero quindi «punibili a titolo di tentativo» 23.

Inoltre, le varie azioni componenti il reato abituale della prima specie, che potrebbero essere «dissimili [...] per la loro struttura», pur dovendo sempre

16 G.LEONE, Del reato, cit., 42. 17 G.LEONE, Del reato, cit., 41. 18 G.LEONE, Del reato, cit., 42. 19 G.LEONE, Del reato, cit., 48. 20 G.LEONE, Del reato, cit., 73. 21 G.LEONE, Del reato, cit., 74. 22 G.LEONE, Del reato, cit., 75. 23 G.LEONE, Del reato, cit., 72.

essere dirette «contro il medesimo bene [...] giuridico» 24, sarebbero unificate

da un «dolo unitario» e «complesso», che, secondo Leone, sarebbe il «vero e unico elemento di coesione» tra queste ultime 25. In particolare, il dolo del

reato abituale della prima specie dovrebbe sia «investire le singole azioni», così frazionandosi «nella coscienza e volontà di una pluralità di azioni», sia dirigersi «ad un evento unico», nella consapevolezza «che questo evento si può raggiungere unicamente compiendo una pluralità di azioni» 26.

Dalla definizione di reato abituale della prima specie accolta dal Leone, infine, discende che la consumazione potrebbe avvenire soltanto con la verificazione dell’«evento conclusivo del reato abituale» 27, che coincide-

rebbe col «momento conclusivo della complessa condotta criminosa» e, dunque, con l’«ultima azione della serie» «che si richiede per l’integrazione del reato» 28. Tale serie dovrebbe essere composta da «almeno due azio-

ni» 29, anche se, in via interpretativa, potrebbe evincersi che determinati

reati abituali richiedano il compimento di un numero di azioni maggiore a completamento della serie necessaria per la consumazione 30.

All’interno del gruppo di reati abituali della prima specie, Giovanni Leone individua poi due ulteriori sottogruppi: i reati necessariamente abi- tuali e i reati eventualmente abituali 31.

In particolare, mentre i reati necessariamente abituali sarebbero costi- tuiti «sempre da un fatto complesso», composto da più azioni, i reati even- tualmente abituali potrebbero «consistere – a seconda dei casi – tanto in un fatto semplice che in un fatto complesso» 32. Tuttavia, si precisa, qualo-

ra «in una situazione concreta» il reato eventualmente abituale venisse realizzato mediante più azioni, la fattispecie dovrebbe comunque «essere trattata come un’ipotesi di reato necessariamente abituale» 33.

Un esempio di reato necessariamente abituale sarebbe rappresentato dal delitto di atti ostili verso uno Stato estero, che espongono lo Stato ita- liano al pericolo di guerra (art. 244 c.p.) nell’ipotesi, descritta dal primo comma 34, «dell’arruolamento», poiché quest’ultimo consisterebbe «in

24 G.LEONE, Del reato, cit., 92. 25 G.LEONE, Del reato, cit., 134. 26 G.LEONE, Del reato, cit., 133. 27 G.LEONE, Del reato, cit., 113. 28 G.LEONE, Del reato, cit., 112. 29 G.LEONE, Del reato, cit., 94. 30 G.LEONE, Del reato, cit., 93-94. 31 G.LEONE, Del reato, cit., 146 ss. 32 G.LEONE, Del reato, cit., 146. 33 G.LEONE, Del reato, cit., 147.

34 La norma incriminatrice recitava (e tutt’ora recita, anche dopo le modifiche intervenu-

un’attività complessa», per realizzare la quale non sarebbe mai sufficiente «il singolo richiamo o il singolo accaparramento di una persona» 35; rive-

stirebbe, invece, carattere di «reato eventualmente abituale» il delitto di propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale (art. 272 c.p. abr.), poi- ché, oltre a poter essere realizzato «alla spicciola, singulatim», tramite una pluralità di condotte 36, il reato avrebbe potuto essere commesso anche «in

una sola occasione», come nel caso di «un discorso fatto ad una folla» 37.

Dai reati abituali della prima specie, declinati nei due sottogruppi ap- pena citati, si distinguerebbero poi i reati abituali della seconda specie 38.

Dal punto di vista strutturale, tali reati avrebbero in comune con i reati abituali della prima specie la «pluralità di azioni simili», ma se ne distan- zierebbero perché «ogni azione ha di per sé il carattere di reato» 39, pur co-

stituendo, insieme alle altre, «un’unità indissolubile» 40.

Inoltre, rispetto alla categoria di reati in esame non potrebbe «negarsi che vi sia pluralità di elemento volontario, e, nel caso di delitti dolosi [...] dolo plurimo» 41; tuttavia, alla luce del legame esistente tra i singoli fatti

dovrebbe «pur riconoscersi la esistenza di un certo nesso psicologico» 42.

Gli unici casi di reato abituale della seconda specie individuati da Leone sarebbero il non più vigente reato di relazione adulterina (art. 559 co. 3 c.p.) 43 e quello di relazione incestuosa (art. 564 co. 2 c.p.), perché ri-

spettivamente, «ogni atto della relazione adulterina» sarebbe «un adulte- rio» 44 – e dunque un reato autonomamente punito dal primo comma del

non più vigente art. 559 c.p. 45 – e ogni atto della relazione incestuosa un

lamenti o compie altri atti ostili contro uno Stato estero, in modo da esporre lo Stato italia- no al pericolo di una guerra, è punito [...]».

35 G.L

EONE, Del reato, cit., 152.

36 G.LEONE, op. loc. cit. 37 G.LEONE, Del reato, cit., 153.

38 La norma puniva «Chiunque nel territorio dello Stato fa propaganda per la instaura-

zione violenta della dittatura di una classe sociale sulle altre, o per la soppressione violenta di una classe sociale o, comunque, per il sovvertimento violento degli ordinamenti econo- mici o sociali costituiti nello Stato, ovvero fa propaganda per la distruzione di ogni ordina- mento politico e giuridico della società».

39 G.LEONE, Del reato, cit., 166. 40 G.LEONE, Del reato, cit., 167. 41 G.LEONE, Del reato, cit., 169. 42 G.LEONE, op. loc. cit.

43 Com’è noto, la Corte costituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 147, ha dichia-

rato l’illegittimità costituzionale del reato previsto dal comma terzo della norma incrimina- trice in esame.

44 G.LEONE, Del reato, cit., 167.

45 La norma recitava, al primo comma: «La moglie adultera è punita con la reclusione

fino a un anno»; al terzo comma: «La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di re- lazione adulterina».

«incesto» 46 – già penalmente rilevante ai sensi del primo comma del-

l’art. 564 c.p. 47.

3. Segue: le obiezioni alla tesi secondo cui “abituale” è il reato realizza-