permanente come produzione e mancata rimozione di uno stato antigiuridico: a) nel pensiero di G Leone
5. Segue: le obiezioni alla concezione c.d “bifasica” della perma-
nenza
Al di là delle declinazioni offerte dai vari Autori che hanno sviluppato e
65 G.BETTIOL,L.PETTOELLO MANTOVANI, Diritto, cit., 610.
66 B.P
ETROCELLI, Principi, cit., 262 ss.
67 B.PETROCELLI, Principi, cit., 263. 68 B.PETROCELLI, op. loc. cit. 69 B.PETROCELLI, Principi, cit., 264. 70 B.PETROCELLI, op. loc. cit. 71 B.PETROCELLI, Principi, cit., 267.
accolto la tesi in esame, il nucleo centrale della concezione c.d. bifasica del reato permanente può individuarsi nell’idea per la quale, a determina- te condizioni, la norma incriminatrice imporrebbe di ripristinare lo status quo ante e di elidere, con operazione quasi matematica, l’offesa ai beni giuridici cagionata dalla consumazione del reato. Sarebbe, insomma, pur sempre il Tatbestand, prevedendo (o meno) un obbligo di rimozione dello stato antigiuridico, a determinare quali reati siano (o meno) reati perma- nenti 72.
Se, tuttavia, è il precetto e solo il precetto espresso dalla norma incri- minatrice a determinare la natura del reato, sia consentito osservare, an- cor prima di passare in rassegna le travolgenti critiche che sono state avanzate a questa tesi, come appaia del tutto illogico, già in un’ottica in- terna alla stessa teoria c.d. bifasica, parlare di reati che potrebbero essere solo eventualmente permanenti; di reati, cioè, che sarebbero istantanei ma potrebbero realizzarsi anche in forma permanente.
Se, infatti, è la presenza o meno del secondo precetto, che incrimina un comportamento omissivo di mancata rimozione dello stato antigiuridico, a differenziare i reati istantanei dai reati permanenti, poiché tale precetto sarebbe presente nella norma incriminatrice che configura i reati perma- nenti ed assente in quella che configura i reati istantanei, come potrebbe- ro essere considerati istantanei reati in cui, sia pur eventualmente, potreb- be assumere penale rilevanza la mancata rimozione dello stato antigiuri- dico?
Se si ritiene – come fanno i fautori della teoria bifasica – che i reati siano istantanei in quanto la norma non incrimina anche la mancata ri- mozione di uno stato antigiuridico, il precetto che impone all’agente di ri- pristinare lo status quo ante non può certo emergere per il mero fatto che, nel caso concreto, il soggetto abbia mantenuto per un certo tempo una si- tuazione antigiuridica senza rimuoverla!
È del tutto fuori discussione che un precetto normativo possa apparire e scomparire, a piacere, a seconda delle evenienze della fattispecie con- creta; se dei reati permanenti si vuole dare una definizione tatbestands- orientiert, risulta poi del tutto contraddittorio ritenere che la natura del reato possa mutare a seconda delle caratteristiche della fattispecie con- creta.
Se, insomma, si intende distinguere il reato permanente da quello istan- taneo sulla base dei precetti espressi dal dettato normativo, delle due l’una: o secondo la configurazione del Tatbestand è punita anche la mancata ri- mozione dello stato antigiuridico – e allora, secondo la concezione bifasi-
72 «È sempre in rapporto alla norma, infatti, che bisogna stabilire il carattere permanen-
te di un reato»; (G.LEONE, Del reato, cit., 393); «è alla formulazione del precetto che biso- gna fare riferimento per ritenere la natura permanente di un reato» (G.RAGNO, I reati, cit., 23). V. anche le numerose citazioni contenute nel paragrafo precedente.
ca, il reato è permanente – oppure il Tatbestand non contiene l’obbligo di ripristinare la situazione precedente – e allora, il reato è irrimediabilmen- te istantaneo.
A tutto concedere, potrebbe essere la fattispecie concreta ad essere even- tualmente istantanea, perché, ad es., nell’integrare un reato permanente, l’agente ha infranto il primo precetto (ha creato uno stato antigiuridico), ma non il secondo (ha desistito immediatamente dall’azione); tuttavia, non potrebbe certo essere il Tatbestand a diventare “eventualmente perma- nente” 73.
Ma anche prescindendo dalla contraddizione appena messa in evi- denza, ci pare che il decisivo punto debole della teoria c.d. bifasica, come è stato da tempo autorevolmente rilevato, sia il fatto che l’obbligo di rimuovere lo stato antigiuridico creato con una precedente condotta, semplicemente, «non esiste»: «esso è un puro prodotto dottrinale, un fantasma d’obbligo, evocato per spiegare una certa situazione alla qua- le poi si ricorre, con evidente circolo vizioso, per dimostrare la sua realtà» 74.
Tale obbligo non si ritrova nelle singole norme incriminatrici che, se- condo i fautori della teoria bifasica, prevedono reati permanenti: non ve n’è traccia nella norma che prevede il reato di sequestro di persona (art. 605 c.p.), che descrive la condotta di chi «priva qualcuno della libertà personale» e non anche di chi successivamente “non ridà la libertà per- sonale a qualcuno”; non esiste nella norma che punisce l’associazione per delinquere (art. 416 c.p.), che incrimina «chi si associa allo scopo di commettere uno o più delitti», non anche chi successivamente “non si dissocia”; è assente dal dispositivo del primo comma dell’art. 347 c.p. 75,
che punisce «chiunque usurpa una funzione pubblica» e non chi “non smette di esercitarla, dopo averla usurpata”; da quello di cui all’art. 516 c.p. 76, che prende di mira la condotta di chi «pone in vendita o mette al-
trimenti in commercio [...] sostanze alimentari non genuine» e non chi,
73 Che «la c.d. eventualità della permanenza» non possa che risolversi «sul piano della
condotta realizzata» è osservato lucidamente anche da A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 421.
74 M.GALLO, Reato, cit., 332. Nello stesso senso anche: R.BARTOLI, Sulla struttura, cit.,
144; F.COPPI, voce Reato, cit., 322; G.DE FRANCESCO, Profili, cit., 565; G.GRISOLIA, Il reato, cit., 35; G.MARINI, Lineamenti, cit., 596; A. PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 410 ss.; S. PROSDOCIMI, Profili, cit., 168 ss.; R.RAMPIONI, Contributo, cit., 16-17; M.SINISCALCO, Tem- pus, cit., 1100. Contra, ritiene che il problema della concezione bifasica risieda più che altro nell’elaborazione di una «nozione non più unitaria del reato» e non ne «l’asserita inesisten- za dell’obbligo di controagire», che «può anche avere una sua fonte, da individuare diretta- mente nel precetto penale violato dall’agente», L.ALIBRANDI, voce Reato, cit., 2.
75 Il reato è (eventualmente) permanente secondo G.LEONE, Del reato, cit., 483; B.PE-
TROCELLI, op. loc. cit.; G.RAGNO, I reati, cit., 311.
dopo averle poste in vendita, “non le ritira dal commercio”; e si potrebbe continuare.
Sarà anche vero che, talvolta, una seconda condotta, forse interpreta- bile come “omissiva”, era (o è ancora) prevista dalla norma incriminatri- ce: si pensi al delitto, più volte menzionato dai fautori della concezione bifasica, di ratto ai fini di matrimonio (art. 522 co. 1 c.p. abr.), che in- criminava non solo «chiunque, con violenza o minaccia, sottrae [...] una donna non coniugata», ma anche chi la «ritiene»; o al delitto di violazio- ne di domicilio, che rende punibili le condotte di chi «s’introduce» (art. 614 co. 1 c.p.) e quelle di chi «si trattiene» (art. 614 co. 2 c.p.) nel domi- cilio altrui.
Sennonché, come nota con grande lucidità lo stesso Ragno, «il disposto dell’art. 522 c.p.» non può, ad es., «essere esteso all’art. 605 c.p.», poiché al- trimenti saremmo di fronte ad «una interpretazione analogica che, tra l’altro, sarebbe in malam partem» 77. Né, aggiungiamo noi, dalla menzione di tale
obbligo in qualche norma incriminatrice – sempreché, naturalmente, in tali casi si possa realmente parlare di un obbligo di “rimozione dello stato antigiuridico” e non di una semplice modalità alternativa di realizzazione del reato – sembra potersi realmente inferire una sorta di teoria generale del reato permanente, estensibile indiscriminatamente anche ai casi in cui la norma incrimina una sola, e ben determinata, condotta.
Ancora più evidente, poi, l’impossibilità di cogliere la duplicità del pre- cetto nei reati omissivi permanenti 78: come si è acutamente notato, infatti,
«di omissione [...] può evidentemente parlarsi quando il reato si realizzi in forma omissiva, ad es. nel caso di indebita limitazione della libertà perso- nale, di cui all’art. 607 c.p.», ma «non può di sicuro dirsi che accanto alla norma dell’art. 607 c.p. vi sia un altro precetto che suoni: “rimuovi la tua omissione”, perché rimuovere la omissione [...] costituisce proprio la os- servanza della norma dell’art 607 c.p.» 79.
Che, peraltro, di quest’obbligo a contenuto positivo nella norma incri- minatrice non si possa trovar menzione, sembrano ammetterlo tra le righe un po’ tutti i sostenitori della teoria bifasica; il più candidamente chiaro a riguardo, tuttavia, è il Ragno, che riconosce che il primo precetto sarebbe «espresso», mentre il secondo sarebbe soltanto «implicito» 80, o meglio
«implicito nell’unico precetto che appaia in modo chiaro» 81, cioè quello
77 G.RAGNO, I reati, cit., 123.
78 Per questa critica, F.ANTOLISEI,L.CONTI, Manuale, cit., 268; R.BARTOLI, op. loc. cit.;
F.COPPI, op. loc. cit.; M.GALLO, Reato, cit., 330; A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 411; R. RAMPIONI, Contributo, cit., 17.
79 A.PECORARO-ALBANI, op. loc. cit. 80 G.RAGNO, I reati, cit., 124. 81 G.RAGNO, I reati, cit., 122.
espresso dalla norma incriminatrice; rispetto a quest’ultima, insomma, il secondo precetto lo «aggiungiamo noi» quale «punto di arrivo di una in- tuizione dommatica» 82.
Se è così, allora, appare chiaro che, nonostante il formale omaggio prestato alla formulazione della norma incriminatrice (al “precetto”), è, in realtà, tramite il riferimento a pretesi principi generali che si tenta di giustificare quella che non appare nient’altro che una «dilatazione» del Tatbestand legale 83. In particolare, nella visione del Leone, sarebbe la
stessa funzione della legge penale a non tollerare l’irrilevanza del manca- to ripristino della legalità, ogniqualvolta ciò fosse ancora in potere del- l’agente; mentre, secondo il Ragno, sarebbe la stessa esistenza di uno stato antigiuridico a imporre “logicamente” la penale rilevanza della sua mancata rimozione, non spiegandosi altrimenti la punizione di coloro che sono intervenuti nell’iter criminis solo dopo la consumazione di un reato permanente, id est dopo la creazione da parte di altri dello stato antigiuridico.
Anche prescindendo dall’intrinseca contraddittorietà di un siffatto mo- do di argomentare, ove, da un lato, si dichiara di fare esclusivamente rife- rimento al Tatbestand, e, dall’altro, si cerca, in buona sostanza, di manipo- larne struttura e contenuto, occorre rilevare come le ragioni “di principio” addotte a fondamento della tesi bifasica non possano assolutamente esse- re accettate.
Si è infatti giustamente affermato che «la funzione essenzialmente pre- ventiva del diritto penale (quanto meno al momento della posizione degli obblighi) fa sì che non si configuri un obbligo penale del reo di rimuovere – anche quando tale rimozione sia possibile – le conseguenze del reato pregresso, o di contribuire comunque all’attenuazione o riparazione di es- se» 84. Il tema ha evidenti assonanze – lo ammette anche lo stesso Leone –
con il tema delle possibili fonti dell’obbligo di garanzia di cui al secondo comma dell’art. 40 c.p., ed in particolare con l’annoso dibattito intorno al- la possibilità che una posizione di garanzia possa sorgere anche da una azione pericolosa precedente.
La problematica può solo essere accennata in questa sede; anche per- ché, in realtà, nessuno dei fautori della concezione bifasica giunge a giu- stificare esplicitamente la sussistenza dell’obbligo di rimozione a partire da un’eventuale posizione di garanzia dell’agente per la propria precedente azione pericolosa, consistita nella produzione dello stato antigiuridico. A riguardo, basti rammentare come la maggior parte della dottrina italiana
82 G.RAGNO, I reati, cit., 154.
83 L’efficace espressione è di G.DE FRANCESCO, op. loc. cit.
84 S. PROSDOCIMI, Profili, cit., 169. Così anche A. PECORARO-ALBANI, Del reato, cit.,
escluda – con ottime ragioni – la possibilità che da un’azione pericolosa precedente possa derivare la responsabilità dell’agente, ex art. 40 cpv. c.p., per la mancata neutralizzazione delle fonti di pericolo innescate con la precedente ingerenza nella sfera di libertà di terzi 85.
Se, dunque, non è accettabile l’idea, avanzata da Leone, che un genera- le obbligo di rimuovere uno stato antigiuridico precedentemente creato derivi dalla funzione di difesa sociale propria della legge penale, per le medesime ragioni ci sembra ancor meno accettabile affermare, come fa il Ragno, che l’esistenza di tale obbligo sia imposta “logicamente” dalla me- ra sussistenza di uno stato antigiuridico; né si riesce esattamente a com- prendere perché Ragno ritenga impossibile configurare una responsabilità concorsuale in assenza del “secondo precetto” omissivo che caratterizze- rebbe la norma incriminatrice di un reato permanente, posto che il parte- cipe risponde del reato “a titolo di concorso” non certo in virtù della for- mulazione norma incriminatrice – che viene violata direttamente, per de- finizione, dal solo autore o dai coautori –, ma in virtù del meccanismo de- lineato – per quanto lacunosamente – dagli artt. 110 ss. c.p.
Del resto, anche dando per vera la petizione di principio secondo la quale sussisterebbe un generale obbligo, penalmente rilevante, di rimuo- vere un eventuale stato antigiuridico creato con una precedente condotta, risulta davvero difficile comprendere perché tale obbligo graverebbe su coloro che commettono, ad es., un sequestro di persona e non anche un qualsiasi altro reato 86.
Perché mai, insomma, sull’autore di un delitto di furto (art. 624 c.p.) non dovrebbe gravare l’obbligo, penalmente sanzionato, di restituire la
85 Con specifico riferimento al tema della sussistenza dell’obbligo rimozione secondo
la teoria bifasica, così R.BARTOLI, op. loc. cit.; F.COPPI, op. loc. cit.; M.GALLO, Reato, cit., 332; G.GRISOLIA, op. loc. cit.; G.MARINI, op. loc. cit.; A.PECORARO-ALBANI, Del rea- to, cit., 410-411; S. PROSDOCIMI, Profili, cit., 172-173. In termini più generali, negano cittadinanza alla c.d. Ingerenztheorie, ex multis: S.CANESTRARI,L.CORNACCHIA,G.DE
SIMONE, Manuale, cit., 401-402; F.D’ALESSANDRO, Art. 40, in E. DOLCINI,G.L. GATTA
(diretto da), Codice penale commentato4, Milano, 2016, 553; G. DE VERO, Corso, cit., II,
92; G.FIANDACA, Il reato omissivo improprio, Milano, 1979, 203 ss.; G.FIANDACA,E.MU- SCO, Diritto, cit., 642-643; G.GRASSO, Il reato omissivo improprio. La struttura obiettiva della fattispecie, Milano, 1983, 277 ss.; I.LEONCINI, Obbligo di attivarsi, obbligo di garanzia e obbligo di sorveglianza, Torino, 1999, 111 ss.; F. MANTOVANI, Diritto, cit., 163-164; G. MARINUCCI,E.DOLCINI,G.L.GATTA, Manuale, cit., 255-256; M.PELISSERO, Reati omis- sivi, in C.F.GROSSO,M.PELISSERO,D.PETRINI,P.PISA, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano2, 2017, 212; T.PADOVANI, Diritto, cit., 142; M.ROMANO, Art. 40, in ID.,
Commentario sistematico del codice penale3, I, Milano, 2004, 390-391. Contra: F.ANTO-
LISEI,L.CONTI, Manuale, cit., 255 ss.; G.BETTIOL,L. PETTOELLO MANTOVANI, Diritto, cit., 321 ss.
86 La medesima critica è mossa anche da R.BARTOLI, op. loc. cit.; G.COCCO, Unità, cit.,
79-80; ID., Reato, cit., 384; G.CONTENTO, Corso, cit.,II, 440-441; F.COPPI, op. loc. cit.; M. GALLO, Reato, cit., 332; A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 413 ss.
cosa rubata, se è vero che per la funzione stessa della legge penale, o per logica, il precetto penale impone la restituzione in pristino della legalità interrotta? Perché mai il delitto di bigamia (art. 552 c.p.) – tipico esempio, secondo i fautori della concezione bifasica, di reato istantaneo 87 – non po-
trebbe essere considerato un reato permanente? Per quale motivo, in altri termini, nel caso della bigamia (art. 552 c.p.), il legislatore avrebbe attri- buito rilevanza giuridica «solo a quel momento od aspetto della condotta, squisitamente istantane[o], in cui il soggetto contrae il secondo matrimo- nio» 88 e lo stesso non dovrebbe valere per il reato di usurpazione di pub-
bliche funzioni (art. 347 c.p.), posto che nessuno dei due reati prevede espressamente l’obbligo di rimozione dello stato antigiuridico? Perché – per arrivare ai tempi moderni – il direttore di uno stabilimento responsa- bile di «una compromissione o un deterioramento significativi e misurabi- li delle acque» (così il nuovo art. 452 bis c.p.) non potrebbe essere consi- derato in flagranza di reato fino al momento in cui non ha rimosso lo sta- to antigiuridico, id est non ha eseguito la bonifica dei luoghi inquinati, perdurando fino a questo momento, secondo la concezione in esame, la permanenza del reato?
Consapevoli del problema, i sostenitori della teoria bifasica si affret- tano a precisare che, «può accertarsi solo in relazione alle singole norme ed alle singole incriminazioni» «in quali casi la norma nel proteggere beni immateriali assuma» quella natura «elastica» che include anche il precetto secondario 89 o che, comunque, può in ogni caso «la norma at-
tribuire rilevanza giuridica soltanto al momento iniziale della compres- sione di un bene immateriale» 90, rimandando, in sostanza, ad un’infini-
ta casistica.
Ma, allora, emerge con tutta chiarezza come, nonostante tutti gli sforzi spesi per individuare, una volta per tutte, le caratteristiche pecu- liari del reato permanente, la concezione bifasica non è in grado di for- nire alcun criterio certo per distinguere i reati permanenti dai reati istantanei.
87 G.LEONE, Del reato, cit., 390, nota 1; B.PETROCELLI, Principi, cit., 265; G.RAGNO, I
reati, cit., 56.
88 G.RAGNO, op. loc. cit. Così anche B.PETROCELLI, op. loc. cit. Una spiegazione diversa
della natura istantanea del reato è data dal Leone, che riconduce la bigamia ai casi in cui, pur essendo il reato posto a tutela di un bene giuridico immateriale, non sarebbe più in potere dell’agente la rimozione della situazione antigiuridica (G.LEONE, op. loc. cit.). A riguardo non si può che rinviare alle puntuali osservazioni di S.PROSDOCIMI, Profili, cit., 176 che pone in luce come sia «cosa quantomeno dubbia» «che non sia in potere dell’agente di far cessare la situazione instauratasi con il nuovo matrimonio [...] giacché il reo ha pur sempre la possibilità di promuovere l’accertamento dell’invalidità del secondo vincolo».
89 G.LEONE, Del reato, cit., 393. 90 G.RAGNO, I reati, cit., 119.
Per tutte le ragioni esaminate, e forti dell’opinione concorde della quasi totalità della dottrina 91, ci pare quindi che la teoria bifasica possa essere
definitivamente archiviata.
A nostro avviso, tuttavia, rappresenterebbe un errore pensare alla con- cezione bifasica come un mero relitto storico, privo di influssi sul presen- te del diritto penale; come vedremo a breve, infatti, è all’idea della sussi- stenza di duplice precetto, quale fondamento normativo del reato perma- nente, che possono essere ricondotte alcune tesi ancora diffuse nella dot- trina italiana, che esamineremo qui di seguito.