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punisce la produzione e il mantenimento di uno stato antigiuridico

Come abbiano già evidenziato, la tesi in esame appare dunque mossa – almeno nella sua versione italiana – dall’idea, comune alla teoria bifasica, per la quale sarebbe l’osservazione della norma incriminatrice il mezzo che consentirebbe di catalogare un determinato reato all’interno della ca- tegoria dei reati permanenti, in quanto il Tatbestand di un reato perma- nente incriminerebbe sia la produzione, sia il successivo mantenimento di uno stato antigiuridico.

Sennonché, allora, anche la teoria in esame ci sembra porgere imme- diatamente il fianco alle critiche di chi, a nostro avviso correttamente, os- serva che «nella norma incriminatrice non vi è generalmente traccia espli- cita» dell’incriminazione di una successiva condotta di mantenimento 136;

come, del resto, non vi è alcuna traccia, nelle norme incriminatrici che si vorrebbero costitutive di reati permanenti, dell’incriminazione – immagi- nata dai fautori della concezione bifasica – della successiva condotta di mancata rimozione 137.

Non sembra infatti possibile ravvisare una condotta definibile come

134 G.JAKOBS, Strafrecht, cit., 171.

135 Così per es., anche se non nel suo celebre manuale, H.-H.JESCHECK, Wesen, cit., 687

nota 23. Con esempi simili anche: K.ECKSTEIN, Besitz, cit., 184 ss.; K.KÜHL, Die Beendi- gung des vorsätzlichen Begehungsdelikts, cit., 68-69; R.SCHMITZ, Unrecht, cit., 45-46. Nello stesso senso, ma parlando in questi casi non di «Dauerdelikt» ma di «Dauerstraftat», cioè di fattispecie concreta permanente: H.HAU, Die Beendigung, cit., 72-73; G.WERLE, Die Kon- kurrenz, cit., 32-33.

136 S.PROSDOCIMI, Profili, cit., 168. In questo senso anche R.BARTOLI, Sulla struttura,

cit., 146-147; R.RAMPIONI, Contributo, cit., 18 ss.

“mantenimento di uno stato antigiuridico” in reati pur qualificati come permanenti dagli Autori in esame.

Si pensi, ad es., alla norma che descrive la condotta costitutiva del rea- to di invasione di terreni o edifici, di cui al primo comma dell’art. 633 c.p. 138, che fa semplicemente riferimento al fatto di chi «invade arbitra-

riamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati» e non a quello di chi «mantiene l’invasione»; o, ancora, alla norma che puniva il plagio (art. 603 c.p.) 139, la quale incriminava la condotta di chi «sottopone una persona al

proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione» e non fa- ceva alcuna menzione della successiva condotta di mantenimento di tale stato; o, addirittura, alla stessa norma incriminatrice del sequestro di per- sona (art. 605 c.p.), che non fa certamente riferimento alla condotta di mantenimento dello stato di privazione della libertà personale della vitti- ma del reato.

Per ovviare a tale inconveniente, di non poco conto, si afferma che «l’incriminazione della condotta di mantenimento può essere anche sol- tanto implicita», portando ad esempio «la fattispecie di riduzione in schiavitù» (art. 600 c.p., nella versione antecedente alle modifiche effet- tuate con l. 11 agosto 2003, n. 228), la quale, «sebbene in apparenza indi- chi solo la condotta del ridurre altri in schiavitù, in realtà» incriminerebbe «anche tutta la successiva condotta di mantenimento di quella situazione illegale» 140.

Ma se è così, anche la tesi in esame, nonostante il suo apparente rigore formale, che si manifesta nella lodevole intenzione di voler rintracciare nella norma incriminatrice i segni della permanenza, mostra una preoc- cupante tendenza a piegare il Tatbestand alle esigenze di coerenza interna della teoria stessa, postulando l’esistenza di «un obbligo di non mantene- re» la cui esistenza si avrebbe, in realtà, l’onere di dimostrare e, che, in de- finitiva, «si rivela una mera creazione dottrinale» che finisce «in ultima analisi, col violare, sul piano della tipicità [...], il principio di legalità» 141.

Né, d’altronde, per le stesse ragioni per le quali non è possibile rinveni- re nel nostro ordinamento un generale obbligo di rimozione, penalmente rilevante, delle conseguenze antigiuridiche del reato 142, appare possibile

138 Il reato è considerato pacificamente permanente da G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto,

cit., 210. e F.MANTOVANI, Diritto, cit., 427.

139 Il reato era un esempio di reato permanente secondo F. MANTOVANI, op. loc. cit.

Com’è noto, la Corte costituzionale, con sentenza 8 giugno 1981, n. 96, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quest’articolo.

140 Così A.PAGLIARO, Il reato, cit., 337. La norma recitava: «chiunque riduce una persona

in schiavitù, o in una condizione analoga alla schiavitù, è punito [...]».

141 Lucidamente R.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 146. Sottolinea il vulnus al principio di

legalità anche R.RAMPIONI, Contributo, cit., 20.

rintracciare un generale divieto di mantenimento di una situazione anti- giuridica creata con una precedente condotta, tale da giustificare dogma- ticamente una simile ricostruzione del reato permanente.

Ma si dica di più. A nostro avviso, tra la concezione del reato perma- nente elaborata dalla teoria in esame e quella bifasica non sussiste soltan- to una lieve analogia, dimostrata dalla sostanziale identità delle critiche che a queste ultime sono state rivolte, ma una sostanziale sovrapponibili- tà, quantomeno per quanto concerne la descrizione della struttura della condotta che caratterizzerebbe il reato permanente 143.

Sarà pur vero, infatti, che la concezione che ricostruisce il reato perma- nente come creazione e mantenimento di uno stato antigiuridico «si diffe- renzia da quella bifasica in quanto, mentre per quest’ultima il precetto se- condario ha ad oggetto la rimozione dello stato antigiuridico che può esse- re violato solo mediante un’omissione, per la teoria in esame il precetto se- condario comanda il non mantenimento della situazione, il quale può esse- re violato con un’azione o con un’omissione» 144; tuttavia, a nostro avviso, il

divieto di mantenimento non rappresenta nient’altro che l’esatto riflesso dell’obbligo di rimozione postulato dai fautori della concezione bifasica.

La vera divergenza tra le due tesi non riguarda la reale struttura del- l’imperativo secondario, la cui formulazione in termini positivi – “rimuovi lo stato antigiuridico” – o negativi (“non mantenere lo stato antigiuridico” – ci sembra una questione meramente lessicale, quanto la natura di ciò che possa essere denominato “condotta omissiva” dal punto di vista della teoria generale del reato.

Come si è visto, infatti, anche i fautori della concezione bifasica am- mettono che condotte, dal punto di vista naturalistico, commissive, possa- no contribuire alla mancata rimozione dello stato antigiuridico; sempli- cemente, approcciando il problema della distinzione tra condotte com- missive o omissive dal punto di vista strettamente normativo, e avendo già qualificato come “positivo” il precetto secondario, i sostenitori della teoria bifasica non possono che qualificare come omissive le condotte che con- trastano con quest’ultimo 145.

I fautori della concezione in esame, invece, nel criticare la concezione bifasica, si limitano ad osservare che nella «realtà» – e cioè, da un punto di vista meramente naturalistico – la fase del «mantenimento può essere attuata con condotte commissive» 146, come ad es., la «vigilanza sul seque-

143 Parla di «evidente» «sostanziale allineamento della teoria della condotta di manteni-

mento a quella del c.d. obbligo di contro-agire» anche R.RAMPIONI, Contributo, cit., 19.

144 R.BARTOLI, op. loc. cit.

145 V. supra, §§ 2 e 3. Contra, ci pare, B.PETROCELLI, Principi., cit., 264, ove riconosce la

categoria dei reati permanenti impropri, caratterizzati da un misto di condotte attive e commissive, concepite in senso naturalistico.

strato» 147; il che, però, a ben vedere, non è affatto negato da Leone e dai

suoi epigoni 148.

In ogni caso, anche al di là dell’esatta individuazione delle differenze tra le due teorie, occorre osservare come anche la concezione in esame, esattamente come quella bifasica, non riesca in definitiva ad indicare un criterio utile per la distinzione tra i reati permanenti e i reati istantanei 149.

Infatti, se si ammette che anche norme che incriminano soltanto impli- citamente il mantenimento di uno stato antigiuridico possono configurare reati permanenti diventa, a nostro modesto avviso, assai difficile com- prendere perché, ad es., il reato di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.) debba essere considerato permanente – ed anzi, necessariamente permanen- te! – e, invece, il delitto di evasione (art. 385 c.p.) debba essere considerato istantaneo 150, posto che (i) in nessuna delle due norme il divieto di man-

tenimento dello stato antigiuridico è menzionato dalla disposizione legale, (ii) entrambi i reati sono posti a tutela di beni comprimibili e, (iii) una volta abbandonato il piano della pura analisi della fattispecie astratta, non si può più certo negare che, nell’uno e nell’altro caso, l’agente – fino a quan- do non abbandoni il terreno o si costituisca – stia realizzando e mantenen- do una situazione antigiuridica.

Non contribuisce, poi, a rendere più chiara la distinzione tra reati istantanei e permanenti, il fugace accenno, da parte dei sostenitori della concezione in esame, al fatto che il mantenimento della situazione giuri- dica debba dipendere dalla volontà dall’agente 151.

In primo luogo perché tale asserzione, di per sé prodotto non esclusivo di questa tesi 152, più che un criterio effettivamente impiegabile per risol-

vere i delicati problemi sollevati dalla qualificazione di un reato come permanente o istantaneo, ci sembra piuttosto espressione della più gene- rale esigenza che la realizzazione del fatto descritto dal Tatbestand ogget- tivo sia accompagnata da un adeguato coefficiente soggettivo; purtuttavia

147 F.MANTOVANI, op. loc. cit.

148 Del resto, lo stesso Ragno, tra i più accesi sostenitori della concezione bifasica, non

solo fa un espresso parallelo tra la tesi bifasica e quella invalsa nella manualistica di lingua tedesca, sostanzialmente analoga a quella in analisi (G.RAGNO, I reati, cit., 24), ma usa spesso come sinonimi le espressioni «mantenimento» e «mancata rimozione» dello stato antigiuridico (G. RAGNO, I reati, cit., passim). Quest’uso linguistico è notato anche da R. RAMPIONI, op. loc. cit.

149 Così, R.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 146-147. Nello stesso senso, riferendosi in gene-

rale a tutte le tesi che tributano «in via prioritaria» attenzione «alla “situazione” offensiva, antigiuridica instaurata attraverso la condizione iniziale» S.PROSDOCIMI, Profili, cit., 167- 168.

150 Così F.MANTOVANI, op. loc. cit. 151 V. amplius il paragrafo precedente. 152 V. in particolare infra, § 13.

ponendosi tale asserzione, nella sua assolutezza, in netto contrasto con l’indiscusso riconoscimento dell’esistenza di reati permanenti colposi 153.

In secondo luogo perché, com’è stato acutamente osservato, «una con- dotta volontaria è ravvisabile anche nel ladro che opera per mantenere e rafforzare la disponibilità della cosa sottratta» 154 e, pertanto, se da tale

caratteristica si vuol far discendere la natura permanente del reato, si deve spiegare perché non sia un reato (necessariamente) permanente an- che il furto (art. 624 c.p.) o qualunque altro reato dove la consumazione cagiona uno stato antigiuridico che può essere rimosso volontariamente dall’autore.

A rafforzare la bontà di queste obiezioni, del resto, soccorre l’opera di comparazione.

Ci pare rilevante osservare, infatti, come l’inadeguatezza a distinguere tra Zustandsdelikte e Dauerdelikte mostrata dalla tesi secondo la quale il reato permanente è caratterizzato dalle due fasi della Herbeiführung e del- la Aufrechterhaltung dello stato antigiuridico sia stata da tempo osservata anche nell’ambito della dottrina d’oltralpe, e le critiche a questa avanzate, ribadite sino a tempi recenti, siano rimaste praticamente senza risposta.

Quasi sessant’anni orsono, già Hruschka, ripreso largamente da tutta la letteratura successiva, notava che, alla prova dei fatti, ed a prescindere dal suo carattere formale o materiale, «la formula tradizionale [con cui si de- scrive la permanenza] si dimostra troppo ampia», poiché «certamente non in tutti i casi di stati illeciti prodotti dall’autore, [...] anche il volontario mantenimento dello stato ha ancora un carattere delittuoso» 155. L’esempio

«particolarmente istruttivo» era rappresentato, già allora, dal reato di Diebstahl (§ 242 StGB): «il ladro cagiona con lo spossessamento uno stato illecito [...] nondimeno il volontario mantenimento di questo stato si ritie- ne unanimemente non punibile» 156.

153 Così, ad es., R.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 169; F.COPPI, voce Reato, cit., 324; G.

GRISOLIA, Il reato, cit., 54 ss.; A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 442-443; R.RAMPIONI, Contributo, cit., 52. Contra, affermando del tutto apoditticamente che «i reati permanenti sono essenzialmente dolosi, risultando la colpa incompatibile con la struttura oggettiva di detti reati» soltanto L.ALIBRANDI, voce Reato, cit., 3.

154 Con la consueta efficacia, pur riferendosi in generale a tutte le tesi che tributano «in

via prioritaria» attenzione «alla “situazione” offensiva, antigiuridica instaurata attraverso la condizione iniziale», S.PROSDOCIMI, Profili, cit., 168. Così anche R.BARTOLI, Sulla struttu- ra, cit., 145.

155 J.HRUSCHKA, Die Dogmatik, cit., 193. In questo senso, seppur con diversi accenti, tal-

volta senza abbandonare la teoria maggioritaria, anche: K.ECKSTEIN, Besitz, cit., 173-174; H.HAU, Die Beendigung, cit., 70; C.-J.HSUEH, Abschied, cit., 51-52; R.SCHMITZ, Unrecht, cit., 25.

156 J.HRUSCHKA, op. loc. cit. Così anche: K.ECKSTEIN, Besitz, cit., 174; H.HAU, op. loc.

cit. Ma lo stesso, precisa R.SCHMITZ, op. loc. cit., vale ad es. anche per la Unterschlagung (§ 246 StGB), per la Geldwäsche (§ 261 II n. 1 StGB), per il Betrug (§ 263 StGB): «Il possesso

Ma, si osservava, non soltanto la definizione tradizionale «comprende reati, che non dovrebbe comprendere» 157: «non comprende reati, che do-

vrebbe comprendere» 158. Infatti, «non può parafrasarsi il reato [...] per-

manente di guida senza patente con le parole “mantenimento di uno sta- to” senza violentare tale concetto» 159. Con ciò, insomma, «la formula tra-

dizionale si mostra [...] anche come troppo angusta» 160.

Se la prima critica, concernente l’eccessiva ampiezza della definizione del reato permanente invalsa nella manualistica tedesca, appare sostan- zialmente identica a quella che è stata sollevata nei confronti della versio- ne italiana della teoria, e, pertanto, non può che essere qui accolta con fa- vore, ci pare che anche la seconda obiezione mossa da Hruschka colga pienamente nel segno 161.

Peraltro, muovendo proprio dalle osservazioni del giurista tedesco, vi è già chi ha notato come anche nel nostro ordinamento «esistono fattispecie incriminatrici, pacificamente qualificate come permanenti, [...] come, ad esempio, il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti e il reato di guida in stato di ebbrezza [...] nelle quali è la sola condotta tipica a pro- trarsi nel tempo» e che, dunque, finirebbero a rigore per essere escluse dalla definizione di reato permanente qui avversata 162.

Sia, infine, consentito muovere un ulteriore e conclusivo appunto alla tesi in analisi, relativo, in particolare, all’asserzione – per vero, comune anche ad altre concezioni del reato permanente 163 – secondo la quale i

reati permanenti sarebbero tali solo necessariamente; secondo la quale,

illecito della cosa di cui l’autore si è appropriato configura un stato illecito che l’autore mantiene volontariamente, esattamente come il possesso di una cosa tra quelle indicate dal § 261 I o l’elemento del patrimonio di terzi ottenuto mediante inganno ai sensi del § 263». Esempi simili in C.-J.HSUEH, op. loc. cit.

157 J.HRUSCHKA, op. loc. cit.

158 J.HRUSCHKA, Die Dogmatik, cit., 194.

159 J.HRUSCHKA, op. loc. cit. Similmente, così, E.STRUENSEE, Die Konkurrenz, cit., 57 e,

pur rimanendo nel solco della teoria maggioritaria: S. CORDING, Der Strafklageverbrauch, cit., 42.

160 J.HRUSCHKA, op. loc. cit.

161 Non è un caso, a nostro avviso, che, soprattutto al di fuori della manualistica la defi-

nizione tradizionale sia da alcuni Autori ampliata fino ad includervi anche i casi in cui co- munque l’autore prosegue nella propria attività delittuosa (cfr. sul punto, supra, § 7, nota 113). Che, tuttavia, una mera estensione della definizione maggioritaria possa comunque portare a delle contraddizioni, posto che comunque si continua a non spiegare perché, ad es., il reato di Diebstahl (§ 242 StGB) non sarebbe permanente, in applicazione della prima parte della definizione, è notato da: J.HRUSCHKA, op. loc. cit. e K.ECKSTEIN, op. loc. cit.

162 R.BARTOLI, op. loc. cit.

163 V. in particolare, nell’ambito della concezione che definisce la permanenza come ri-

sultato del protrarsi della condotta e degli altri elementi costitutivi del reato, gli Autori indi- cati infra, § 13, nota 283.

cioè, la consumazione di tali reati potrebbe avvenire soltanto dopo il man- tenimento da parte dell’autore dello stato antigiuridico prodotto per un certo periodo di tempo 164.

Tale affermazione, come si è visto in precedenza 165, appare sostan-

zialmente motivata sulla scorta dell’argomento per cui, punendo la norma incriminatrice sia la condotta di instaurazione dello stato antigiuridico, sia quella del suo mantenimento, il Tatbestand non potrebbe essere realiz- zato col compimento della sola condotta di instaurazione.

Se questa è la motivazione, ci sembra agevole replicare osservando, in primo luogo, che le norme incriminatrici di reati considerati pacificamen- te permanenti di regola non incriminano anche la condotta di manteni- mento di uno stato antigiuridico e, dunque, cadendo la premessa – l’incriminazione anche della condotta di mantenimento – cade anche la conclusione – e cioè, che l’agente debba necessariamente anche mantene- re, per un certo periodo di tempo, lo stato antigiuridico per realizzare un reato permanente.

Inoltre, si potrebbe obiettare che, anche nelle norme che effettivamente incriminano, oltre alla condotta che “instaura” uno stato antigiuridico, una condotta – per così dire – di “mantenimento” di tale stato, il legislato- re utilizza normalmente proposizioni coordinate disgiuntive; il che sem- brerebbe univocamente indicare che le condotte siano punite in via alter- nativa, e non cumulativa. Si pensi, ad es., al reato di sottrazione consen- suale di minorenni (art. 573 c.p.), considerato da Pagliaro un tipico esem- pio di reato necessariamente permanente in cui le condotte di instaura- zione e mantenimento sono incriminate in via espressa 166, ove la norma

incrimina «chiunque sottrae un minore [...] ovvero lo ritiene» e non chi «sottrae un minore e successivamente lo ritiene» 167.

Su un piano più generale, infine, l’assunto, generalmente condiviso, se- condo cui alcuni reati permanenti – ad es., il sequestro di persona 168 – ri-

chiedano il protrarsi della condotta per un certo minimum prima che il reato possa dirsi consumato, sussistendo «prima di quel momento [...] al più tentativo» 169, a nostro avviso, non contribuisce – anche a prescindere

164 V. amplius il precedente paragrafo. 165 V. supra § 6.

166 A.PAGLIARO, Il reato, cit., 337.

167 Seppur a tutt’altri fini, questa osservazione è tratta anche da A.DALL’ORA, Condotta,

cit., 214, nota 83.

168 In questo senso, ad es., G.GRISOLIA, Il reato, cit., 9; R.RAMPIONI, Contributo, cit., 22.

Per i necessari riferimenti dottrinali e giurisprudenziali sul punto della necessaria protra- zione nel tempo della privazione di libertà della vittima, sia consentito rinviare a F.VIGANÒ, Art. 605, in E.DOLCINI,G.L.GATTA (diretto da), Codice penale commentato4, Milano, 2016,

309 ss.

dalla sua eventuale persuasività – a chiarire in cosa esattamente consista un reato permanente 170.

Come è stato acutamente notato, infatti, «vi sono azioni che vengono in essere nel loro significato [...] soltanto dopo un complesso svolgimen- to di atti [...]. Nondimeno, è facile vedere come sino a quando non si sia [...] completato lo speciale svolgimento della condotta, idonea a farla in- tendere realmente tale, il reato non è ancora» consumato, «non è sorto [...], presupponendo codesto carattere il verificarsi dell’illecito, in tutti i suoi elementi costitutivi» 171. Ma allora, si osserva, «il rilievo della dura-

ta» a cui si riferiscono coloro che, esplicitamente o implicitamente, am- mettono la categoria dei reati necessariamente permanenti, «non con- cern[e] ancora la permanenza [...], bensì la fase della sua esecuzione» 172;

attiene, cioè, non tanto alla fase successiva alla consumazione, quanto a quella precedente, del tentativo. Dunque «anche i reati istantanei posso- no avere una certa complessa esecuzione»: «la stessa realizzazione di un delitto di diffamazione può aver bisogno di una certa durata», poiché «anche la parola richiede tempo per essere pronunciata» 173. Se, tuttavia,

il dato rappresentato dalla durata nel tempo degli atti antecedenti alla consumazione è comune anche al reato istantaneo, «allora cade ogni questione, per quanto lunga possa essere la durata della fase diretta a porlo in essere» 174.

In altri termini, insomma, foss’anche vero che, in determinati reati permanenti, la condotta di mantenimento dello stato antigiuridico debba protrarsi per un certo periodo di tempo prima della consumazione, ciò non potrebbe comunque, di per sé, caratterizzare questi reati come per- manenti – e tantomeno come necessariamente permanenti –, dato che la realizzazione di un atto (o di più atti) dotati di un certa estensione tempo- rale è, ovviamente, un aspetto comune alla fase tentata di qualsiasi reato, istantaneo o permanente che sia 175.

170 In questo senso A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 421 ss. 171 Così A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 421-422.

172 A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 421. 173 A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 422. 174 A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 423.

175 Sollevano questa obiezione, oltre a Pecoraro-Albani, seppur con qualche sfumatura

differente: R.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 159-160; G.DE FRANCESCO, Profili, cit., 567 nota 26; G.GRISOLIA, Il reato, cit., 4 ss.; R.RAMPIONI, Contributo, cit., 10 ss. Nello stesso senso anche A.R.FROSALI, Concorso, cit., 620-621, il quale, pur non rigettando la categoria della